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Autore: Kosoala    05/12/2011    1 recensioni
Mi svegliai. Mi faceva male la testa. Ero in un luogo buio e stretto, una stanza. C'era un piatto con un pezzo di pane, una specie di zuppa verde e molliccia e una ciotola con dell'acqua.
Mi alzai in piedi a fatica e mi guardai intorno.
Nessuna porta.
Nessuna finestra.
Solo una fessura nel muro dove far passare il vassoio con il cibo.
Come c'ero entrato lì dentro?
NDA: In questa storia succederanno delle cose non possibili nella vita reale ma non così impossibili da mettere "soprannaturale" nel genere!
Genere: Horror, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Questa è la mia vita

 

« Fottiti! »

Andrea rise. Adoravo vederla ridere.

« Baaaaaaka! »

Mi rispose. Sorrisi. Anime, condizionano la vita.

« Non siamo in Giappone! »

Le ricordai.

« Non c'entra niente! Un insulto è un insulto in qualsiasi lingua! »

Continuavo a sorriderle mentre scendevo alla nostra fermata. L'aria del mattino mi stuzzicava il naso.

Ci incamminammo verso il secondo autobus.

Entrambi vivevamo fuori città. Un'ora ad andare e una a tornare. Avevo tempo di parlare con lei. Tutto il tempo del Mondo.

Aspettammo alla fermata continuando a ridere e a scherzare.

Quanto mi piaceva! Quegli occhi azzurri con venature blu scuro. Quei capelli corti e sbarazzini di un colore indefinito, forse castani tendenti al rossiccio con ciocche corvine e riflessi dorati... era questa l'idea.

Il viso dai tratti delicati e lievemente truccato. Poca matita e del mascara blu.

Bellissima.

Affascinante.

Incantevole.

Dolce.

Simpatica.

Disponibile.

Pazza.

Pervertita...decisamente.

Non avevo mai fatto il ritratto di una “ragazza ideale”, ma se l'avessi fatto scommetto che sarebbe stato il suo.

Rimanemmo sul 9 ancora una quindicina di minuti e poi ci toccò fare un po' di strada a piedi... il mio momento preferito della giornata stava per finire.

Dovevo farlo. Dovevo parlarle... stavamo per arrivare, stava per entrare nella sua scuola.

« Andrea? »

Si bloccò.

« Sì? Dimmi Neil. »

Feci un bel respiro.

« Io... mi chiedevo se...io volevo... insomma se tu...ecco...vorresti uscire con me oggi pomeriggio? »

Mentre le facevo quel “discorso” non aveva smesso un attimo di sorridere.

« Intendo... da soli. »

Ecco. Divenni paonazzo e abbassai lo sguardo riuscendo comunque a notare il sorriso di Andrea allargarsi ancora di più.

« Certamente! Allora ci vediamo sull'autobus e ci mettiamo bene d'accordo! Ciaooooo! »

E così dicendo entrò in classe lasciandomi solo, confuso e con un'aria ebete stampata in faccia.

« Ssssssììììììììì! »

Gridai.

Entrai nella mia classe, il terzo B del linguistico abbandonando Andrea alla sua verifica di matematica.

Ero felicissimo! Non potevo crederci! Aveva accettato! Certo, eravamo amici ma io provavo qualcosa di molto superiore all'amicizia nei suoi confronti.

Le ore passarono lente... troppo lente.

***

Dopo una noiosa e asfissiante giornata scolastica uscii dalla mia aula dirigendomi a quella di Andrea al primo piano.

Come al solito salutò i suoi compagni di classe e percorremmo la strada insieme per andare a prendere il 2... che perdemmo come tutti gli altri giorni.

Aspettammo quello successivo, non avevamo fretta.

Arrivammo al capolinea per prendere quello stramaledetto 93 che era in ritardo, come al solito.

Iniziammo a chiacchierare animatamente sulla panchina. Non riuscivo a fare a meno di guardarla ammirato.

Finalmente arrivò il 93.

Ci sedemmo nei posti a quattro e stendemmo i piedi appoggiandoli sopra i sedili di fronte ai nostri.

« A proposito, come ti è andata la verifica? »

Le chiedo.

« Direi abbastanza bene... non ho fatto un esercizio ma per il resto bene! »

« A te com'è andata la giornata? »

« Al solito, l'unica cosa è che ci hanno mandato in Aula Magna perché la Vecchini non c'era. »

« Che culo! Tu dovevi essere interrogato da lei o sbaglio? »

Annuii. Lei si voltò verso il finestrino e si perse tra i suoi pensieri.

Mi bloccai a guardarla.

Solo dopo un po' mi accorsi che eravamo quasi arrivati.

« Allora, a che ora oggi? »

« Che ne dici delle 6? Ci vediamo alla mia fermata alle 6! »

Lei si alzò e prenotò la fermata.

« Ciao! »

« Ciao, a dopo! »

Le risposi.

Alla fermata successiva scesi anch'io, salutai l'autista e mi incamminai verso casa.

***

« Voglio il dolce! Il dolce! »

« Tesoro! Aspetta che Neil finisca di mangiare! Dopo prenderemo il dolce tutti insieme! »

Io arrivavo a casa alle 2 e 30. Tardi.

Mia sorella Pam voleva mangiare sempre il dolce prima che io finissi di pranzare dal momento che lei, come tutti gli altri, aveva mangiato un'ora e mezzo prima!

« Lilien, falle mangiare il dolce! Che ti costa? »

Dissi, sfiancato dagli strilli continui di Pam.

« No! È l'unica cosa che facciamo tutti insieme, non portarmi via anche questo! »

Chinai la testa.

« Neil! Ti sei deciso a dire ad Andrea che sei cotto di lei dal primo? »

« Cody! »

Diventai rosso come un peperone.

« A Neil piace una ragazza? »

Chiese Duke sorpreso.

« Perché non me l'hai detto? Ai fratelli maggiori si dicono queste cose! »

« L'ho detto a Cody, è la stessa cosa. »

« Guarda che anche se siamo gemelli non siamo la stessa persona! »

Già, gemelli. Cody e Duke. Non molto alti, occhi verdi, capelli neri. L'unica differenza era il taglio di capelli. Quelli di Cody erano corti ma abbastanza lunghi per aggrapparcisi... sua citazione...penso che l'abbia più o meno presa da un telefilm, Misfits forse. Duke, invece, aveva i capelli corti con una piccola cresta.

« Avevo supposto che Cody te l'avesse detto. »

Duke sbuffò divertito e si sedette di nuovo sul divano.

« Papà? »

Gli occhi di Lilien si rattristano.

« Non lo vedo da ieri mattina. »

Classico.

Non commentai e continuai a mangiare.

« Ho finito. »

Dichiarai.

Lilien annuì e, seguita dalla piccola Pam, andò a prendere il dolce.

Una crostata. Ancora tiepida. Mi leccai le labbra.

Cody e Duke si erano seduti e Pam si era messa sulle mie ginocchia.

Lilien era in piedi e stava tagliando sette fette di crostata.

Eravamo in cinque. Le altre due erano per i nostri genitori.

Mio padre, Weston, era sicuramente andato ad ubriacarsi. Mia madre, Mariel,era morta quattro anni fa.

Questo era come un momento sacro per la nostra famiglia. Più che altro con i rimasugli di quella che era la nostra famiglia.

Ogni mese, anche se la nostra situazione economica faceva schifo, c'era il dolce.

Mia madre faceva una crostata e la mangiavamo tutti insieme.

Guardai mia sorella Lilien tagliare il dolce. Gli occhi verdi acqua semicoperti dai capelli mossi e rossicci. La vidi strisciare una spalla contro la sua guancia e alzare la testa per controllare che nessuno l'avesse vista. Era la più grande di noi, ventidue anni, e si sentiva responsabile. Forse troppo.

Mi affrettai a chinare il capo e mi ritrovai a fissare Pam. I capelli biondi, gli occhioni blu incastonati nel visetto paffuto. Ti veniva voglia di prenderla e coccolarla tutta! Era dolcissima.

Finita la mia fetta di crostata mi alzai mi fiondai nella mia camera.

***

Stavo ascoltando un disco dei Guns 'n' Roses regalatomi tempo addietro da mio cugino Thomas.

Entrò Cody. Si sedette sul letto e non disse una parola. Aveva di nuovo litigato con Lilien.

« Qual è il motivo questa volta? »

Sospirai. Era strano ma Cody, pur avendo diciannove anni, veniva a sfogarsi da me. Mi chiedevo perché non si sfogava con Duke! Era il suo gemello dopotutto!

Bha! Gli sarò stato più simpatico.

« Io non ce la faccio più! Non voglio ricordare la mamma! Mi manca da morire ma... ma non ce la faccio. Dobbiamo fare quello che eravamo abituati a fare quando lei c'era e papà era a casa con noi. Il dolce una volta al mese, la spesa tutti insieme, un gioco da tavolo una volta alla settimana... non ce la faccio più. Già nostra madre non si rendeva conto che ormai eravamo cresciuti e adesso Lilien. Non ce la faccio più. »

Si mise il viso tra le mani. Io rimasi impassibile. Ormai questi discorsi non mi toccavano più.

« Allora vattene. »

« Cosa? »

« Hai capito. Vattene. Non sei obbligato a stare qui. Hai diciannove anni. Puoi anche andartene. »

« E dove? »

« Non lo so, trovati un appartamento. Se non ti piace come si vive qui vattene. Anche a me non piace ma non mi lamento. Mangio tutti i giorni, lavoro, vado a scuola, ho un posto dove dormire. »

Uscì dalla nostra camera un po' scosso. Già, la nostra camera. Mia, di Cody e di Duke. Lilien e Pam in un'altra e papà, quando ritornava a casa, sul divano.

A casa nostra lavoravamo tutti, o quasi. Io lavoravo come commesso in un negozio di film, Cody lavorava come cameriere in un piccolo bar, Duke dava ripetizioni di matematica e Lilien era la cassiera di un supermercato. Pam, ovviamente, non poteva lavorare e non sapevo se mio padre avesse un lavoro o no. Anche se ce l'avesse avuto non avrebbe portato i soldi a casa. Se li sarebbe bevuti in una qualsiasi bettola.

Questa era la mia vita.


Allora, per chi ha deciso di leggere questo parto della mia mente malata un avvertimento: so che può sembrare la solita storia romantica da fare schifo e sdolcinata da far venire il diabete ma vi giuro che non è così. O almeno non lo sarà.
Adesso sta a voi decidere se seguire questa storia o no. Io vi ringrazio per aver letto il primo capitolo! :D

   
 
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