Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Callie_Stephanides    10/12/2011    8 recensioni
Leya di Trier ha sette anni, la notte in cui il Destino le regala un fratello: ha le pupille verticali e la coda di un rettile; nelle sue vene scorre il sangue degli uomini-drago. Due decadi più tardi, quando l’armata dei liocorni neri è ormai a un passo dallo stringere d’assedio la Capitale, l’inevitabile scontro tra gli ultimi discendenti di una stirpe perduta è solo l’inizio di un profetico riscatto.
(...) Per questo ora scrivo, in uno studio pieno d’ombra e all’ombra della mia memoria.
Scrivo perché nessuno possa celebrarmi per quello che mai sono stata: coraggiosa e nobile e bella.
Scrivo perché nessuno dimentichi di noi l’essenziale: che l’ho odiato di un amore dolcissimo e amato di un odio divorante.
Come un drago (...)
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12.
Nato libero

Ha un odore, la sconfitta?
Ha una consistenza, la disfatta?
È con il cuore che sperimenti l’umiliazione, o non è piuttosto un vento che frusta l’intero tuo corpo?
Imprigionata nella stretta di Rael, mi sentivo un insetto.
La lama della spada era gelida contro la mia gola; la sua pelle, rovente. Sollevai lo sguardo, per studiarne l’espressione, ma non assecondò il mio bisogno di rassicurazione.
I suoi occhi non mi erano mai parsi tanto feroci.
Strizzai le palpebre, inseguendo macchie rosse e bianche per non perdermi in un terribile presente. Avevo vinto, eppure, su quel patibolo, era stata la mia testa a cadere.
La luce precipitava obliqua sulla scure del boia, sugli anelli che imprigionavano le membra di Vinus, sui cardini di una vecchia porta. Il dongione, che oscurava il sole ormai alto, era una sinistra allegoria dei miei giorni: il mio era uno zenit senza luce. Una parabola incompiuta.
“Lo ripeto: sciogliete i ceppi.”
Quello non era il mio ranocchio. Rael era pieno di colori e di calore. Rael mi amava.
Tutti mi amavano: ero la Magistra.
Ero Eleutheria e Trier e quanto di buono si era salvato.
Nephyl non riusciva a muoversi. Quelle settimane di veglia e cospirazione avevano deposto il seme della complicità e dell’affetto. Ai suoi occhi, forse, non ero più la donna incapace che credeva di comandare alla guerra, ma la lama affilata di un riscatto possibile.
Avevo ottenuto il suo rispetto solo perché mi lasciasse morire?
“Obbedite,” sussurrò con un’incertezza che molto diceva del suo cuore. Sapeva che, al suo posto, non avrei ceduto, né tremato: era quanto faceva di me il bastione di un intero mondo.
Era quanto l’obbligava a salvarmi.
Spostai lo sguardo su Vinus. Incosciente, a sostenerlo erano i grossi bracciali di glythanium che l’assicuravano alla croce. La tensione innaturale delle braccia nude poneva in evidenza i muscoli fibrosi e i cordoli di mille cicatrici. Le brache, intrise di sangue e urina, stillavano gocce rugginose. Ne seguivo la caduta, ipnotizzata.
 
Plotch e plotch e plotch.
 
Erano le lacrime che non potevo permettermi di piangere.
La pressione della lama si allentò, mentre Rael mi trascinava tanto vicino alla mia preda che potevo ora fiutarne l’odore. Era rivoltante.
“Se fai un passo, sei morta.”
Deglutii a fatica, stringendo i bordi ormai slabbrati del mio orgoglio come una tiepida coltre.
“Tu lo sei già,” sibilai. “Nessuno che tradisca Trier…”
Rael, un braccio ora stretto alla vita di Vinus, mi guardò con un disprezzo venato di compassione. “È quello che sto tentando di impedirti, Leya.”
Schiusi le labbra per maledirlo, ma un fischio acuto attraversò in quell’istante la piazza, calamitando anche la mia attenzione. Conoscevo un solo virtuoso in grado di trasformare l’aria in un richiamo tanto efficace, ma risposi a quel suono con l’incredulità ferita di chi spera comunque di sbagliare.

Invece no, era Jail: anche il mio unico amico mi aveva abbandonato.
 
“Muoviti, Rael!”
 
Se ne stava sul fondo dell’emiciclo del mercato, il volto celato dall’ombra lunga del dongione; nel pugno, le redini dello Shire di mio fratello.
Il tempo si fermò, cauterizzandomi la retina con l’immagine di un incredibile fallimento: erano gli uomini della mia vita; erano i soli che mi avessero amato e ora?
Jail sferzò il fianco del cavallo, per incoraggiarlo ad attraversare la piazza. Divisa tra sorpresa, incredulità e terrore, la folla si aprì per consentirne il passaggio.
Rael sorrise: una smorfia tesa, tuttavia, che non aveva nulla da dividere con la soddisfazione. Si caricò sulle spalle Vinus e mi allontanò con una spinta.
“Me la pagherai!” fu il singhiozzo rabbioso con cui scivolai a terra. Non mi aspettavo che si volgesse a ribattere, né lo fece.
I dracomanni non erano come noi, non lo sarebbero mai stati.
I dracomanni non odiavano con la bocca, ma con il cuore: per questo te lo strappavano dal petto.
 
L’aria profumava di un’estate prossima al tramonto; nei miei occhi, tuttavia, c’erano solo buio e tanta rabbia da perderti.

*

A raccontarmi quanto accadde dopo la fuga di Rael, fu mio padre che, al pari di Jail e di mille altri anonimi, insospettabili eleutheridi, si era reso complice del tradimento.
La mia crudeltà aveva prodotto nell’oligarchia di Trier una frattura insanabile senza che arrivassi ad avvedermene. Accanto a chi si specchiava nella mia vendetta e la sosteneva con la pavidità della pecora che si affida alla generosità del lupo, c’era anche chi ricordava i valori su cui poggiava Eleutheria e mi vedeva per quella che ero: una tiranna sanguinaria. Non avevo limiti e non avevo pietà e non mi fermavo a contare gli uomini che perdevo sul campo di battaglia: meritavo davvero il titolo di rocca? Eppure avevo l’esercito dalla mia, e tanto bastava a scoraggiare i dissidenti: come ho già detto, solo mio padre aveva osato votarmi contro nella sessione plenaria del collegio.
Quando tuttavia Rael lo cercò, per metterlo a parte delle proprie intenzioni, Leonar non mancò di far valere l’antica autorevolezza.
Ero sua figlia ed ero una donna di valore, ma non possedevo l’esperienza che pure mi arrogavo: avevo rinunciato a vivere molto prima di conoscere l’uomo e quella variabile impazzita mi avrebbe tradito.
 
Rael si rivolse a nostro padre proprio mentre mi accingevo a incontrare Vinus nei sotterranei del Gymnasium.
Era ancora pieno di collera, mio fratello; spaventato da quel che aveva letto in me e intravisto nelle cicatrici di Vinus: l’ombra che stava inghiottendo il nostro futuro non era il Drago Nero.
Era l’orrore che proveniva dal nord estremo. Era Koiros.
 
“Leya sta sbagliando tutto,” esordì. “Ci sta condannando a morte.”
Mio padre si passò la mano sul viso e annuì. “Lo so, ma quando la ruota sfugge alla sua guida…”
“Si cerca un buon fabbro. Io non voglio morire, padre.”
Leonar lo guardò pieno di sorpresa.
“Voglio che Melian e mio figlio abbiano un futuro. Voglio che Trier torni a essere la città in cui sono cresciuto.”
“Sono mutati i tempi, Rael. È capitato che…”
Mio fratello strinse i denti e picchiò un gran colpo sul tavolo che ingombrava lo studiolo. L’inchiostro si rovesciò, lasciando larghe asole brune sulle pergamene che coprivano il piano.
“È successo che voi non capite!”
Non aveva mai perso il controllo, Rael. Non si era mai concesso sino in fondo come l’uomo che era.
“Possibile che solo io me ne sia accorto? Possibile che siate così ciechi?”
Leonar schiuse le labbra ma Rael lo prevenne. “Vinus è arrivato a Trier ferito in modo tanto grave che anche Melian avrebbe potuto ammazzarlo. Era un’esca, nulla più. È chi l’ha mandato che dovrebbe preoccuparci. È chi l’ha mandato, l’unico vincitore.”
“Tu pensi…”
Rael si allontanò i capelli dal viso: era giovanissimo, eppure già pieno di disincanto. “Io non sono buono, padre. Non sono un eroe. Forse non sono migliore di Leya, ma possiedo una cosa che mia sorella ha perduto.”
 
Il senso del futuro: già, io non ce l’avevo.
 
“Tu credi che sia stato Koiros a…”
“Vinus è più forte di me. Potrei arrivare a sconfiggerlo, un giorno, ma non ora, padre. L’ho battuto, perché non era in grado di muoversi: ne so abbastanza d’armi per dire che è stata fortuna.”
Leonar gli fece cenno di continuare.
“Da quando abbiamo duellato la prima volta, c’è una domanda che mi tormenta: perché ci ha risparmiati? Oggi se n’è aggiunta un’altra.”
“Quale?”
“Devo parlare con Vinus, perché è l’unico che ha le risposte che cerco; perché ha il mio sangue e perché, forse, è la nostra unica speranza.”
Mio padre chiuse gli occhi.
“Se è Koiros che l’ha ridotto così, vuol dire che il mio istinto dice il vero e che il piano potrebbe funzionare.”
“Hai un piano, Rael?”
Mio fratello sorrise, indicandosi il capo. “Sono figlio tuo: non potrei mai permettermi d’essere stupido.”
 
No, non era stupido e non era immacolato come pensavo: era un uomo ed era disperato.
 
“Tira fuori la Nornika,” ingiunse a Leonar, e mio padre, finalmente, comprese: a Rael non interessava diventare un drago per salvare Eleutheria, poiché aveva individuato qualcuno in grado di vestire quella pelle e quell’onore.
“Per ridurre in fin di vita uno come Vinus, questo Koiros deve essere spaventoso… E spaventato. Forse sa del drago, o immagina che esista una simile evenienza…”
Leonar inorridì. “Rael… Tu non vorrai…”
“Non abbiamo niente da perdere: moriremmo comunque.”
“E cosa ti assicura che…”
“Nella migliore delle ipotesi, si ammazzeranno a vicenda,” mormorò mio fratello. “Nella peggiore… Nella peggiore, sono certo che Leya nutre abbastanza rabbia da avvelenare un drago. Ci penserà lei.”
 
E aveva ragione, oh, se aveva ragione!
 
Mio padre rimase in silenzio per qualche istante, poi lo guardò. “Tuo padre sarebbe fiero di te, ma mai… Mai quanto lo sono io in questo momento.”
Rael chinò il capo, accogliendo quelle parole come la carezza che era troppo adulto per ricevere.
“Coraggio… Avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile.”
“Ho i miei uomini e altri ne verranno, ne sono certo.”
 
Jail fu il primo ad aderire: mi amava troppo per abbandonarmi alla deriva della follia.

*

Rael lasciò Trier senza colpo ferire, incalzando i fianchi dello Shire perché corresse come non aveva mai osato.
L’avevamo chiamato traditore, Vinus ed io, perché aveva preferito la libertà al nostro sangue; perché non si era arreso al terribile notturno in cui galleggiavano tutti i nostri fantasmi.
Era nato senza padroni e la sua era una lezione che faceva male ai vigliacchi come me.
Come Vinus.
Si diresse a nord-ovest, per arrestarsi nei pressi di quel che restava di Thula.
La regione, già messa a ferro e fuoco da Koiros, conservava tuttavia intatte le dense foreste che costituivano vanto e ricchezza del territorio. Negli anni della pace, il legno resistente ed elastico di quei boschi aveva nutrito l’espansione di Trier e riempito il porto di navi; in tempo di guerra, la loro impenetrabile densità poteva offrire asilo ai fuggiaschi.
La corsa dello Shire durò un giorno intero: era ormai notte fonda, infatti, quando Rael raggiunse il capanno da caccia in cui lo aspettavano Melian, Lukas e mio padre; all’alba del giorno seguente, tuttavia, là avrebbe riparato anche Jail: si erano compromessi troppo per non temere le conseguenze di un’incomprensibile scelta.
Mi conoscevano bene, soprattutto.
“È ridotto male, ma può cavarsela,” fu quanto Rael disse di Vinus, prima di affidarlo alle cure di mio padre; poi, stremato, si lasciò cadere in terra quasi non avesse più ossa.
Melian, senza una parola, gli si accucciò davanti e gli scoprì il viso, per leggere nei suoi occhi la paura che mai avrebbe osato raccontare; non alla donna che amava, almeno.
“Cosa ti preoccupa, Rael?” chiese, cercando la sua bocca per regalargli un po’ d’amore, e un sapore che non fosse quello del sangue e della polvere.
“Forse ho osato troppo. Forse non avrei dovuto…”
Melian premette con forza i palmi sul suo viso e approfondì quel bacio sensuale, disperato, eppure pieno di speranza. Gli morse le labbra sino ad avvertire il sapore del sangue, e ne raccolse in punta di lingua ogni stilla, quasi a rinnovare un giuramento antico quanto il loro amore.
“Ricorda una cosa… Leya ha un esercito, ma noi abbiamo un figlio. Le guerre non si vincono solo con le armi…”
“… Contano le ragioni che difendi,” le fece eco Rael.
Era solo una delle tante lezioni che Ruben gli aveva impartito e che Melian aveva fatto propria, perché c’era sempre, lei: una memoria che non sbiadiva e che lo costringeva a guardare oltre.
A ricordare chi era Rael di Trier, il drago di Eleutheria.
“Grazie,” le sussurrò con dolcezza, prima di rialzarsi.
“Dove vai?”
“A montare la guardia. Mia sorella è più pericolosa di quel che immagini.”
Melian si strinse nelle spalle. “Non ho bisogno d’immaginare, se posso mordere.”
Rael rise, con il sollievo di chi sa di aver fatto la scelta giusta: era lei.
Per il futuro di Melian, ogni prezzo, per quanto caro, sarebbe stato un buon prezzo; per Melian, e non per me, Vinus poteva essere sacrificato all’altare della Storia.

*

La coscienza del ferito rimase intermittente per un paio di giorni; apriva gli occhi, a volte, ma suo era lo sguardo vacuo dei ciechi e dei neonati. Non aveva una reale percezione del luogo in cui si trovava, né del fatto che fosse ancora vivo.
Se quel pensiero l’aveva sfiorato, d’altra parte, era stato il primo ad accantonarlo.
Il suo ultimo ricordo era un demone, che fissava avido la scure del boia; ai suoi sensi indeboliti, invece, si offriva ora un vecchio dagli occhi buoni, ora una donna bellissima e silenziosa.
Se solo ci fosse stato anche Gordon, avrebbe pensato che la Morte valesse a ragione più della vita disperata che aveva condotto.
 
“Bevi.”
 
La voce di mio fratello fu la prima scheggia di realtà che lo travolse, al pari del pungolo spietato di mille ferite.
Il corpo di Vinus si tese come un arco male incoccato, mentre Rael allentava la stretta per permettergli di rilassarsi contro i guanciali.
“È digitale. Per gli eleutheridi è tossica, ma non per noi. È grazie al suo succo se le mie ferite si sono rimarginate tanto in fretta.”
Vinus si sforzò di regolare il fuoco e di dare coerenza a un quadro in cui nulla rispondeva alle sue aspettative; men che mai, almeno, quel nemico al suo capezzale.
“Ma che…”
Rael gli offrì ancora una volta la ciotola piena di un’acquerugiola giallastra, dall’aroma pungente, ma non sgradevole. “Ne hai bisogno. Bevi.”
Vinus stirò le labbra in una smorfia sarcastica, perché l’abitudine a una maschera di gelida efficienza era tanto forte da vincere persino il buonsenso. Era ferito e alla mercé di un altro dracommano: poteva davvero permettersi il lusso di quella posa?
“Ho bisogno di sapere dove sono e che… Ouch…”
Come aveva provato a sedersi, uno spasmo lancinante l’aveva travolto e paralizzato; era ricaduto sul fianco, i denti stretti alla federa per soffocare un uggiolio penoso.
“Se non te lo ricordassi, Leya ti ha fatto tagliare la coda. Mi dispiace.”
“Dispiacerà più a quella cagna, quando…”
Affondò le dita nelle coltri, tentando di recuperare una posizione plausibile.
“Non ti consiglio di apostrofarla in quel modo: è pur sempre mia sorella.”
“Bella famiglia,” grugnì Vinus, prima di risolversi ad accettare la ciotola.
“Veleno?”
“Te l’ho detto: è digitale. Me l’ha offerta la nostra migliore guaritrice e, come vedi, sono ancora qui.”
“E tu la daresti a me?”
“Ti ho sottratto a un’esecuzione capitale, perché dovrei prendermi il disturbo di avvelenarti?”
Vinus annusò sospettoso il succo, prima di sorbirlo in un unico sorso.
“Sembra piscio di liocorno.”
Mio fratello rise. “Allora, la prossima volta, chiederò al tuo amico con gli unghioni.”
Vinus sbatté le palpebre, perplesso.
“Ho salvato te e ho portato qui la tua cavalcatura. Sto tentando di rimetterti in piedi e, soprattutto, sto aspettando che tu mi ponga quella domanda.”
Il principe di Lephtys chiuse gli occhi e cominciò a ridere con un sollievo genuino e nuovo, perché nella sua esistenza da mercenario non gli era mai capitato di sfiorare il farsesco. E sì, davanti a quel fratello di sangue, salvatore e traditore al contempo, la speranza aveva qualcosa di grottesco; di comico, persino.
Come la vita.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Callie_Stephanides