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Autore: lames76    12/12/2011    1 recensioni
Tutto ha avuto inizio quando Elos mi ha fatto leggere alcuni racconti che aveva preparato come background per un suo personaggio di un gioco online. Mi appassionarono molto e decisi di scrivere qualcosa nella stessa ambientazione.
E' passato molto tempo da allora e sono scucesse varie cose, ora l'ispirazione pare essere tornata e mi sono deciso a publicare qui quello che ho prodotto finora.
Ho integrato il racconto con un'ambientazione originale da me inventata, l'ho dovuto solo leggermente modificare per farcelo stare.
Spero vi piaccia e vi appassioni, attendo e spero di ricevere commenti e consigli!
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 26

Quando riprese i sensi Pardisan sentiva la testa ovattata.
I suoi occhi impiegarono diverso tempo a perdere quella specie di foschia che sembrava velarli. Si sollevò a sedere guardandosi il petto fasciato con delle bende.
Vinya gli si fece subito incontro accucciandosi al suo fianco, «Tutto bene?», la sua voce risuonò molto premurosa.
Lui le sorrise calorosamente annuendo, oramai tutto l’astio che aveva provato sembrava essere fluito via da lui con il sangue perso durante lo scontro.
«Cosa è successo?», gli chiese ansiosa la ragazza.
Lui raccontò come era proseguito il suo combattimento dopo che lei aveva perso conoscenza, «…poi la mia spada. Non capisco ancora, deve essere successo qualcosa…»
«La sua magia si è risvegliata», spiegò semplicemente la strega passandogli la sua lama avvolta in un drappo.
Quando il ragazzo tolse la stoffa che la avvolgeva vide che la lama era ricoperta da delle incisioni leggermente luminose che non aveva mai visto prima. Guardò Vinya confuso.
«Credo che sia magia dei nani», si accomodò sedendosi accanto a lui, «Non capita spesso però che gli esponenti di quella razza incantino delle armi per gli uomini»
Pardisan annuì, «C’erano delle leggende sulla spada di famiglia», si grattò il capo confuso, «Ma non vi ho mai prestato molta attenzione»
«Ma perché hai tu la spada del tuo casato? Non eri il secondogenito?», fece una pausa guardandolo negli occhi.
«Quando sono partita me l’ha donata mio padre», il ragazzo sospirò al ricordo, «Nonostante non avesse approvato la mia scelta decise di dare a me la spada invece che a mio fratello», il ragazzo si bloccò, «Berak?»
La strega sorrise in modo furbetto, «Da quando si è risvegliato sta meditando là dietro», indicò una roccia poco fuori dal campo, «Essere stato sconfitto così facilmente l’ha mandato in confusione…»
«Quindi devo ringraziare te per le bende», le sorrise ancora riconoscente, «Ed hai fatto un ottimo lavoro, nonostante le ferite mi sento molto bene»
Vide Vinya accigliarsi, «Non sono stata io a medicarti, credevo fossi riuscito a farlo da solo»
I due si guardarono confusi.

Da quando sono ripartiti sono molto più guardinghi.
Ora sanno che ci sono, anche se non sanno cosa aspettarsi.
Crederanno che io sia un angelo custode? O cosa?
E’ difficile ipotizzare, i noren pensano(?) sempre in modo così contorto.
Ma non è questo il problema.
Se continuano in questa direzione, domani pomeriggio arriveranno ad un villaggio. Tra l’altro un villaggio particolarmente grande.
Devo trovare un soluzione, non posso permettere che vi entrino senza di me altrimenti potrei perdere le loro tracce.
Maledizione a loro!
Spero ancora che, visto che si ostinano a portarsi dietro quel bestione dello WeishTar decidano di non andarci.


Il gruppo si fermò in cima alla più alta collina che avevano incontrato da quando avevano lasciato la Foresta Nera. Di fronte a loro, stretta dentro una serie di mura che la cingevano completamente, si presentava una città. Sembrava una grande città visto che non riuscivano a scorgerne completamente tutti i lati anche se si trovavano parecchio più in alto sopra di essa.
Pardisan sorrise mentre sul volto di Vinya apparve del timore. Subito il ragazzo si accigliò guardandola, «Qualcosa non và?»
Lei gli restituì uno sguardo determinato ma anche un po’ titubante, «Non sono mai stato in un posto così grande», sospirò, «I villaggi dei Lupi sono molto più piccoli e mai così… stretti!»
Berak proruppe in una sonora risata, «Quello Goldolille», spiegò, «In loro lingua significa “Città Abbraccio”, io stato in esso molte primavere fa»
«Questo implica che gli orchi sono accettati e che quindi potremo fare una sosta», il ragazzo sembrava propenso alla cosa, «Vi confesso che non vedo l’ora di dormire in un letto dopo tutti questi mesi passati all’addiaccio»
«Voi umani teneri», brontolò lo WeishTar, «Vostro dietro troppo molle»
«Almeno io che ho un didietro molle non mi sono fatto battere subito da quei briganti», rispose piccato Pardisan.
«No onore in loro», cercò di difendersi Berak, «Combattevano come scoiattoli impazziti»
«Ma erano scoiattoli letali», bofonchiò il cavaliere, «Visto come ti hanno battuto»
«Non colpire me in punto scoperto», lo ammonì bonariamente l’orco, «Questo non leale»
Sorridendo si avviarono verso la città.

Scesero lungo la collina verso la loro meta. A metà discesa l’orco e la strega proseguirono mentre Pardisan fece fermare Korvus e rimase immobile.
Attese che i suoi due compagni fossero molto più in basso poi parlò ad alta voce, «Esci fuori!», esclamò, «So che ci sei e non corri rischi con noi»
«Magari siete voi che correte rischi con me», la voce lo fece trasalire visto che proveniva dalle sue spalle. Non si era minimamente accorto che fosse così vicina anche se aveva teso i suoi sensi al massimo per percepirla.
Si voltò e vide che a parlare era una persona, completamente coperta da un lungo mantello verde scuro con tanto di cappuccio calato sul capo. Non sembrava particolarmente imponente ma questo non lo tranquillizzò, visto che i briganti che quasi li avevano uccisi tutti erano tutt’altro che degli omoni.
«Volevo ringraziarti», il cavaliere smontò di sella e si avvicinò alla figura.
«Non devi», rispose l’altro, «Se ti ho salvato è perché mi servite»
Il ragazzo si fermò, la voce era rauca ma gli pareva femminile. Anche le dimensioni minute gli facevano pensare di trovarsi di fronte una donna.
«Sei schietta vedo», sorrise, cercando di apparire calmo e, soprattutto, non minaccioso.
L’altra non rispose.
«Sono certo che se te lo chiedessi non mi diresti perché ci segui», studiò i suoi movimento ma lei non si mosse, «Posso chiederti di toglierti il cappuccio?»
L’altra rimase ferma ed in silenzio per un lungo attimo, «Sei sicuro di essere preparato a vedermi?», la sua voce risuonava ironica.
Il cavaliere annuì e lei, con un gesto secco, lo abbassò rivelando il suo volto.
Pardisan trasalì ma riuscì a mantenere un certo controllo.
Il volto che vide era tutt’altro che bello. Metà faccia era ricoperta da delle piaghe da ustione, oramai secche e che rendevano il volto terribile anche se l’occhio che circondavano era molto bello e di un verde intenso. Una cicatrice gli attraversava la metà ancora sana della faccia deturpandola, mentre quest’altro occhio era biancastro e vacuo. I capelli erano tagliati corti, quasi rasati e mancavano in alcune chiazze sempre dal lato ustionato. Le orecchie erano state mozzate, dal lato “sano” mancava completamente, dall’altro era solo un moncherino contorto. La bocca era l’unica parte quasi del tutto a posto e le labbra erano sottili ma ben delineate.
«Soddisfatto?», chiese con voce roca, mostrando che provava una sorta di morboso piacere a vedere le persone inorridire a guardarla.
Pardisan annuì, «Vieni con noi»
L’occhio sano della sua interlocutrice sembrava un serbatoio di odio ma aveva letto nel suo sguardo anche una profonda tristezza.
L’altra si calò nuovamente il cappuccio sul capo nascondendolo, «Perché?»
«Sono certo che ci seguiresti comunque», rispose schiettamente il ragazzo risalendo in sella, «E poi ti devo la vita»
La ragazza lo seguì emettendo un sonoro sbuffo.



Note: con questo capitolo Ellan va in "on hold" in attesa del ritorno dell'ispirazione. Ho qualche idea ma la mia musa ispiratrice non mi ha ancora dato la bicellata giusta all'immaginazione...
   
 
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