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Autore: Cloe87    21/12/2011    1 recensioni
Se alcuni mesi prima dell'inizio delle Galaxian Wars, una giovane donna, a prima vista normale, finisse nella vasca sacra del Tredicesimo Tempio senza motivo apparente?
Beh... forse il corso della storia potrebbe prendere tutta un’altra piega e un gruppetto di accanite pacifiste riuscire perfino a sfatare il mito... in nome del Cosmo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Che il Cosmo sia con noi'
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Che il Cosmo sia con noi: il Grande Tempio

 

I personaggi sono di Masami Kurumada e la storia non è a scopo di lucro.

 

Breve prefazione.

 

Questa è una storia che mi frulla in testa da alcuni anni, dettata dal mio affetto per tutta l’opera di Kurumada, che mi sto apprestando a sconvolgere per mano di un gruppetto di determinate ed incallite pacifiste e i loro Custodi menefreghisti. Quindi il “Saint Seiya”, come lo conoscete, prenderà una via completamente diversa man mano che si andrà avanti con il racconto, che in alcuni casi seguirà la linea originale, anche se con modalità diverse da quelle originali per tutta una serie di equivoci e raggiri, mentre in altri casi si allontanerà completamente dalla serie Kurumadiana.

Tendenzialmente seguirò il filo conduttore del manga, ma avviso che mi potrà capitare, per esigenze narrative o semplicemente perché mi piaceva di più, di utilizzare anche scene della serie animata. Inoltre alcune parti della serie originale saranno tagliate semplicemente perché, per via dell’interferenza di nuovi personaggi e della nuova piega della storia... non avranno modo di verificarsi!

Per ora mi sembra di aver detto tutto, con la speranza che questo delirio vi possa far divertire in compagnia di: Custodi dal pessimo senso dell’umorismo, Esorcisti che non sanno di esserlo, Manipolatori spazio/dimensionali lavativi, Alchimisti che non hanno nulla da spartire con l’alchimia, Sensitive impiccione, Veggenti che non sanno predire il futuro, Guaritrici con la fobia dei volatili, Medium dai capelli di colori improponibili... e ovviamente Atena e compagnia bella.

 

DA MILANO AD ATENE IN TEMPO ZERO:

Gli angeli non parlano greco.

 

Era un giorno caldo ed afoso di metà Agosto e la mia testa e le mie mani non ne volevano sapere di buttare giù qualcosa di decente. Il cestino della carta straccia straboccò quando l’ennesimo foglio appallottolato lo colpì. Vi assicuro che per una scrittrice ritrovarsi a corto di idee proprio all’ultimo capitolo del proprio romanzo è frustrante, soprattutto quando il tuo editore ti telefona ogni ora per sapere la data di consegna.

«AHHH!!! Basta, non ne posso più, ho bisogno di una vacanza!!!» sbottai guardando torva la mia macchina da scrivere e gli orrendi dialoghi che avevo composto. Ok che i miei sono romanzi rosa a sfondo storico, ma quando ci si ritrova a scrivere “Pablo, mi ami? Ma quanto mi ami?”, vuol dire che si è alla frutta, se non già al caffè (possibilmente corretto grappa).

Ebbe sì, sono scrittrice di professione e realizzo quei bei racconti mielosi usa e getta da leggere mente ci si arrostisce sulla spiaggia, acquistabili al modico costo di 3000£. Ergo, quelli che il mio professore di letteratura definiva poco elegantemente “i porno delle casalinghe”. Non avevano grande successo di critica, ma almeno mi guadagnavo da vivere.

Al dire il vero avrei desiderato occuparmi di saggistica, essendo laureata in letteratura antica, ma in seguito ebbi modo di ringraziare i mie sdolcinati romanzi strappalacrime se ho ancora la testa attaccata al collo, ma andiamo con ordine...

Insomma era una di quelle tipiche giornate “no” in cui ti ritrovi ad invidiare i tuoi stessi personaggi, che si potevano tranquillamente godere una spiaggia da sogno (la storia che stavo scrivendo era ambientata in un’isola dei Caraibi), mentre io ero nel mio tinello a grondare dal caldo fantasticando sulle vacanze che avrei saltato per finire il lavoro. Decisi quindi di prendermi una pausa gelato e uscire di casa prima di lanciare fuori dalla finestra la mia macchina da scrivere.

Le vie di Milano erano pressoché deserte. Chi poteva aveva preso la palla al balzo per recarsi nei luoghi di villeggiatura, ma non tutti avevano lasciato la città ed io incappai in uno scippatore, che, senza tanti complimenti, mi strappò la borsetta a tracolla, facendomi cadere con uno spintone in mezzo alla strada, proprio mentre sopraggiungeva un autobus.

“Ok che volevo un periodo di vacanza, ma non intendevo una cosa così definitiva!” pensai, capendo che il veicolo non avrebbe fatto in tempo a frenare e chiusi gli occhi. Ammetto che quello che avrebbe dovuto essere il mio ultimo pensiero non era stato dei più brillanti, ma infondo non sono mai stata una persona normale e andarmene con una frase degna della situazione non era da me, meglio passare a miglior vita con una battuta di spirito!

Comunque l’impatto non ci fu, o meglio, la sensazione che avvertii fu quella di un qualcosa di tagliente che mi trapassava da una parte all’altra. Il respiro mi mancava, ma aprii ugualmente gli occhi ritrovandomi immersa in una sorta di nebbia bianca, e compresi quello che era successo: a colpirmi non era stato l’autobus, ma una freccia d’oro!

«Da ora in poi è tutto nelle tue mani, Arianna.!»

La voce di un uomo mi raggiunse e io voltai il capo a fatica. Non lo vidi bene perché era avvolto da una luce dorata abbagliante e i miei sensi stavano scivolando velocemente via. Ebbi solo il tempo di chiedere: «Perché?» che la mia mente mi abbandonò e poi fu solo un confuso vorticare di luci e ombre.

 

«Arianna, avanti, respira! Non voglio accollarmi anche questo peccato!»

La voce di un uomo, nonché la sensazione di due morbide labbra, che si schiudevano sulle mie, furono le prime cose che percepii, prima di rinvenire tossendo convulsamente, sputando acqua.

«Atena sia lodata, ti sei ripresa!»

Aprii lentamente gli occhi, e mi ritrovai a fissare due iridi verdi incastonate in un viso angelico, incorniciato da dei mossi capelli blu:

Mezza rincoglionita e con la vista ancora appannata, dissi: «Buongiorno signor angelo, la fila per il collocamento per l’Inferno, il Purgatorio o il Paradiso da che parte è? Spero che non ci sia una tassa da pagare, perché mi hanno scippato la borsetta con dentro il portafoglio!»

L’angelo o quello che era mi guardò sbalordito a bocca aperta.

«Mi scusi, ma devo aver patito il trapasso e non mi sento tanto bene! Comunque non avrei mai pensato che gli angeli parlassero greco, al massimo latino. Ah, ancora una cosa, il colore della sua chioma è singolare, quale tinta usa?»

Il tizio mi guardò ancora più incredulo, per poi assumere un’espressione più composta (una defunta così schizzata probabilmente non l’aveva ancora vista):

«Veramente sei viva è vegeta, anche se hai rischiato di affogare!»

Tossicchiando cercai di mettermi a sedere, ma venni colta da un capogiro e rischiai di sbattere la testa scivolando sul freddo pavimento in pietra completamente bagnato, ma venni prontamente afferrata dall’angelo, che intuii essere a torso nudo.

«Non sono morta? Affogare? Ma se sono stata tirata sotto da un autobus per colpa di un disgraziato!»

«A me sembri viva, anche se la tua apparizione in questo luogo è una cosa inspiegabile»

«Apparizione, quale apparizione?» i giramenti di testa e la nausea mi stavano passando e anche la vista iniziava a farsi più chiara.

«Sei comparsa avvolta da una luce accecante a mezz’aria. Quando la luce si è dissolta sei caduta a peso morto nella vasca sacra».

«Vasca?»

«Quella» il tizio mi aiutò a sedere e mi indicò una sorta di piscina olimpionica in stile terme romane. Fissai sconvolta l’ambiente, una sorta di tempio greco, per poi scattare in piedi portandomi le mani al cuore:

«La freccia! La freccia non c’è più!»

Infatti non riportavo nessuna traccia di ferita (anche se la mia camicetta bianca mi faceva molto miss maglietta bagnata!)

«Freccia?» mi chiese l’uomo.

«Sì, ora ricordo! A Milano un tizio mi ha scippato e mi ha spinto sotto un autobus, ma poi non sono stata investita, ma trapassata da una freccia d’oro.» riassunsi velocemente, passandomi una mano tra i capelli fradici barcollando, per poi fermarmi ad osservare sconvolta il tizio per intero, che si era alzato prontamente per sorreggermi.

«O mio dio! Tu non sei un angelo, ma un uomo in carne ed ossa e sei completamente nudo!» per poi cacciare un urlo.

L’uomo fulmineo mi tappò la bocca “Che giornata di merda, prima lo scippatore, poi il cecchino e adesso lo stupratore!”

«Calmati, non ho intenzione di farti nulla, anzi dovresti ringraziarmi di averti evitato di affogare e ti posso garantire che in circostanze meno favorevoli non l’avrei fatto! Quindi non urlare o richiamerai gli inservienti del tempio, e in quel caso la tua posizione diventerebbe critica. Solo il Grande Sacerdote e la dea sono autorizzati ad accedere in questa parte sacra del Tempio. Se si venisse a conoscenza della tua presenza dovrei ucciderti, e preferirei evitarlo.»

Io annuì e lui mi tolse la mano dalla bocca:

«Comunque sei stata tu a finirmi addosso mentre mi stavo facendo il bagno!»

«Dove sono e come è potuto succedere?»

«Sei ad Atene nel Grande Tempio di Atena, dimora terrene della dea della giustizia e io sono il suo Grande Sacerdote. Per come sia successo speravo fossi tu a darmi la risposta!»

Vi posso garantire che ero un tantino sconvolta. Atene? Dimora terrena di Atena? Ma di che diamine stava parlando sto tipo, che tra l’altro non aveva un minino di senso del pudore, visto che se ne stava tranquillamente come mamma l’aveva fatto davanti a me, squadrandomi dall’alto in basso! (e la cosa mi metteva leggermente in imbarazzo). Ma in una situazione del genere, invece di rendermi conto del casino in cui ero finita e disperarmi come qualsiasi persona normale, mi ritrovai a dire:

«Ma come diavolo ho fatto a finire da Atene! È impossibile! Io sono di Milano e a Milano devo ritornare! Ho un capitolo da finire! Il mio editore mi ammazza! Magari con un po’ di fortuna riesco a trovare un volo che mi riporti a casa» per poi bloccarmi e costatare che non avevo con me nemmeno una lira, per poi rischiare nuovamente di finire a terra per un capogiro. Il tizio quindi mi prese in braccio senza che potessi replicare e mi fece sedere su una sedia, per poi esaminarmi attentamente.

«Nausea, capogiro, stato confusionale. I tuoi sintomi sembrano essere quelli di un trauma post teletrasporto. Sono dispiaciuto, ma ti devo comunicare che non potrai lasciare il Grande Tempio fin quando non avrò capito cosa sia successo. Non è possibile teletrasportarsi all’interno del Santuario per via della barriera divina.»

«Il teletrasporto non è contemplato tra le leggi della fisica! E anche nel caso, non so proprio come sia potuto accadere!»

«Quindi non hai la minima idea di come sei finita qui?»

«No, nessuna»

«Allora rimarrai qui il tempo necessario. Nonostante tu non sia pericolosa sei comunque un’infiltrata indesiderata. Nonché il tuo arrivo è alquanto sospetto»

«Quindi sono tua prigioniera?»

«Preferirei il termine ospite» l’uomo mi sorrise, per poi aggiungere : «Io sono» e più titubante «Arles. Tu invece sei Arianna Raschieri giusto?»

Io annuii: «Mi conosci?»

Arles andò a raccogliere un libro completamente bagnato, probabilmente quello che stava leggendo durante il suo momento di relax, che io avevo bruscamente interrotto facendo irruzione dal nulla, e me lo porse.

«Il tempio della dea perduta» lessi, per poi guardarlo stupita (non avrei mai immaginato che un uomo potesse leggere quello che scrivevo!).

«Già, se non fossi stata l’autrice dei romanzi che leggo, mio unico sollievo e conforto da un paio d’anni, probabilmente ti avrei ucciso all’istante e mi sarei tolto il problema. Anche se devo ammettere che ritrovarsi nella propria vasca una giovane donna comparsa dal nulla e palesemente estranea a questo mondo e priva di cosmo, è un fenomeno curioso. Credo che qualcuno ti abbia spedito qui a forza, non ho altra spiegazione.» per poi aggiungere: «Comunque la foto sul retro del libro non ti rende giustizia, sei meglio di persona»

Lo fissai a bocca aperta e pensai “vuoi vedere che qull’infame del mio editore aveva ragione a sostenere che se avessimo messo la mia foto sui libri, avremmo attratto anche qualche lettore maschile?”. Tolta questa osservazione, che forse avrei potuto effettivamente evitare per concentrarmi su cose più serie, le parole di Arles, mi fecero ritornare alla mente il misterioso cecchino e le sue parole senza senso. Che cavolo voleva dire “Ora è tutto nelle tue mani?” Ma evitai di rendere partecipe dei miei pensieri il mio interlocutore, che nel frattempo aveva finalmente deciso di mettersi qualcosa addosso; ovvero una sorta di tonaca nera e un elmo con tanto di maschera!

Alla vista della maschera istintivamente indietreggia, iniziando vagamente a capire di essere finita in guai seri, senza sapere ne come ne perché. “Ma proprio nel covo di una setta satanica dovevo finire!!!”. Arles comunque non si fece tanti problemi e mi prese per il braccio dopo avermi avvolto a forza con una sorta di mantello.

«Se opponi resistenza sarò costretto a farti male, e preferirei evitarlo. Quindi niente colpi di testa e non ti verrà torto un capello. Ora seguimi senza fiatare, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo!»

Io annuii e venni scortata dal Sacerdote fino ad una camera in cui fui chiusa dentro, del tutto ignara dalla maxi inculata che era venuta in mente ad Arles dopo avermi visto, per fregare alla grande i suoi sottoposti, tramite l’uso inconsapevole della mia persona!

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

 

Spero che questo capitolo abbia suscitato un po’ di curiosità e auguro a tutti un gioioso e sereno Natale!!!

 

Cloe87

  
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