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Autore: Callie_Stephanides    24/12/2011    7 recensioni
Leya di Trier ha sette anni, la notte in cui il Destino le regala un fratello: ha le pupille verticali e la coda di un rettile; nelle sue vene scorre il sangue degli uomini-drago. Due decadi più tardi, quando l’armata dei liocorni neri è ormai a un passo dallo stringere d’assedio la Capitale, l’inevitabile scontro tra gli ultimi discendenti di una stirpe perduta è solo l’inizio di un profetico riscatto.
(...) Per questo ora scrivo, in uno studio pieno d’ombra e all’ombra della mia memoria.
Scrivo perché nessuno possa celebrarmi per quello che mai sono stata: coraggiosa e nobile e bella.
Scrivo perché nessuno dimentichi di noi l’essenziale: che l’ho odiato di un amore dolcissimo e amato di un odio divorante.
Come un drago (...)
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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13.
Non si aprono gli occhi sotto la sabbia

Al tradimento di Rael si legò l’ennesima, amarissima lezione: la rabbia non aveva colore e ne aveva mille.
La saggezza popolare la pretendeva rossa come il sangue che domandi. I soldati, nera come la morte che invochi.
La mia, di rabbia, era invece bianca come gli occhi di un cieco, perché solo una cecità imprevista e spaventosa avrebbe potuto giustificare quello che feci.
Non ero più io, eppure mi svelavo sino in fondo: non colomba, né passero, ma, come Vinus per primo aveva inteso, aquila insaziabile.
Avevo le guance in fiamme e gli occhi pieni di lacrime; non una, tuttavia, cadde lungo le mie guance: non volevo sentirmi vittima. Non era per me la sconfitta.

*

Nephyl mi tese la mano. “Magistra…” mugugnò, sospeso tra tenerezza e imbarazzo.
Non ero una donna di cui qualcuno avrebbe potuto innamorarsi, né la figlia che un uomo saggio avrebbe desiderato, ma un soldato.
Un buon soldato.
Un eccellente soldato.
Il suo palmo era caldo e ruvido; al contatto, la mia pelle pareva pietra morta.
“Quanti sono i traditori?”
Non erano parole, ma schegge; mi preparavo a una nuova guerra e i miei toni lo tradivano.
La mia ossessione per Vinus era ormai malattia; una cataratta lattiginosa che aveva divorato senno e senso.
“Come posso saperlo, Magistra?”
Strinsi i denti e mi rialzai. “Li voglio.”
Delusi, i testimoni della mia disfatta abbandonavano la piazza. Un brusio tetro si sostituiva al silenzio e a quell’urlo disumano che mi aveva riempito il cuore di vita.
“Li voglio tutti.”
 
Volevo lui, perché era veleno.
Se avessi ricordato il mio passato di guaritrice, tuttavia, avrei ritrovato le parole della vecchia Lyra e, forse, anticipato il futuro contro il quale mi illudevo ancora di combattere.
 
“Il segreto è la misura; tutto cura e tutto uccide, ma a decidere è la libra.”
 
La mia aveva perso un braccio.
Il mio cuore.

*

“Ordinate, Magistra.”
Il tono di Nephyl era incerto. Fiutava la follia oltre la calma apparente; la bestia, oltre la donna. Al contempo sapeva che quell’ossimoro dagli occhi troppo grandi e distanti era forse l’unica speranza di salvare Trier: non poteva dubitare di me.
“Perquisite la casa di mio padre. Cercate la sua donna.”
 
Quella era la tenebra che Rael aveva intravisto.
Quello, l’abisso in cui non mi avrebbe lasciato precipitare.
Ero disposta a versare il sangue di chi avevo amato?
Non posso rispondere a questa domanda, perché quel giorno non venne mai: caddi prima di diventare un’assassina.
Caddi per mano di Rael, che pure era un braccio teso, pronto a raccogliermi e a sostenermi.
Caddi per mano di Vinus, che di me aveva amato la crudeltà prima della dolcezza; il buio, prima ancora dei colori.

*

Mentre mi armavo per l’ennesimo capitolo di una guerra che combattevo soprattutto contro me stessa, mio fratello negoziava al capezzale di Vinus il futuro dell’Eumene.
Sapeva che la partita non gli assicurava sconti, né il beneficio di un qualche vantaggio, perché il principe di Lephtys era qualcuno che la Vita per prima aveva tradito e, quando suggi veleno dal seno, non cresci agnello.
Sapeva anche, tuttavia, che l’erede di Venusya non era una creatura sanguinaria e rozza come il Mito aveva preteso di dipingere gli ophelidi.
Aveva un cuore e un cervello, Rael: perché non riconoscere altrettanto al nemico?
 
 
 
“Per quale ragione mi avresti salvato?”
“Questa è una buona domanda.”
 
Immobili, davanti al fuoco, il Drago Rosso e il Drago Nero erano ombre maestose tra pagliuzze dorate.
Gli occhi di Rael rilucevano di riflessi metallici, quasi mancassero del tutto di umanità, ma Vinus non vi coglieva nulla di respingente: ricordava Freil, piuttosto, l’eroe dei dracomanni.
Ricordava le forti braccia che l’avevano sollevato e protetto, quando il Male era sceso dal Nord.
Ricordava il suo ultimo sguardo e il rimorso della paura.
 
“Le domande servono a poco e non risparmiano la vita a nessuno. Se mai è vero il contrario.”
Rael sorrise. Anche quella bocca pareva il lascito di un morto.
 
Sei qui?
Sei ancora qui?
Per me?
Come quando mi indicavi la stella e mi dicevi che un giorno avrei potuto sentirla sulla mia pelle?
 
“Tu sei il primo della mia razza con cui possa parlare, lo sai? Prima di incontrarti, non avevo che i racconti di mio padre.”
“Il vecchio?”
Vinus volse lo sguardo ai pagliericci disposti lungo il lato meridionale della modesta casupola. Solo due erano occupati, al momento: il cucciolo mezzosangue riposava sul petto materno, mentre il soldato eleutheride aveva montato la guardia.
“Leonar di Trier, il padre di Leya. È un decano del Collegio.”
“Non mi stupisce che…”
“Mia sorella non gli somiglia: a lei piace il sangue. Mio padre, invece, avrebbe voluto che i nostri popoli fossero fratelli.”
“Gli ophelidi sono nati per combattere. Nessuno può volerli come…”
Io lo voglio. E non perché siamo entrambi figli dei draghi.”
Vinus scosse il capo. “Che mi offri? Dovrei combattere con voi? Piegarmi agli ordini di una femmina pazza?”
Rael rise: un suono vellutato e caldissimo.
“È curioso: fuggo da una sorella ossessionata e scopro in un altro la medesima ossessione. Vi somigliate, voi due.”
Vinus non reagì a quella provocazione; fissava le fiamme guizzanti tra i ciocchi ormai combusti: gli ricordavano forse i miei capelli, come mille volte li aveva spiati, rossa bandiera dall’alto del dongione.
“No… Non è questo che ti domanderei. Non ora, almeno.”
“Buon per te, perché non…”
“… Non lo faresti. Tu non tradiresti mai Koiros, nemmeno se ti macellasse.”
Vinus strinse i denti.
“E l’ha già fatto.”
“L’ha fatto, e allora? Cosa cambia?”
Rael tornò a fissare le braci. “Parlami di lui.”
“Cosa?”
“Non puoi ignorare il nemico e pretendere di vincerlo.”
“In questo caso non servirebbe. Nessuno può sconfiggere Koiros. Io per primo.”
“Come fai a esserne tanto certo?”
“Perché ho visto. Tu sei stato salvato. Non sai di cosa parli.”
“È forse una colpa, la mia?”
“Forse. Forse lo è. Forse Freil avrebbe dovuto salvare il principe o tagliargli la gola.”
“O forse mio padre non immaginava che saresti diventato un vigliacco.”
Vinus sussultò. “Ripetilo e ti ammazzo. Credimi: posso farlo.”
Rael non si scompose. “Puoi minacciarmi, quello ti riesce bene. Quanto a…”
Vinus lo agganciò al collo con tale rapidità che mio fratello non riuscì ad anticiparlo. Aveva una spalla malmessa e aveva perso fiumi di sangue, eppure restava una macchina da guerra: il lupo di Koiros era il soldato perfetto.
“Portami rispetto,” sibilò all’orecchio di Rael. “Voi eleutheridi avete la bocca larga e il giudizio facile, ma…”
“È per questo che ti ho salvato: perché voglio sapere.”
“Cosa? Vuoi che ti racconti come ha ammazzato mio padre? Vuoi che ti descriva cosa ha fatto a mia madre? Alla più bella femmina di Venusya?”
“No. Voglio capire perché sono ancora vivo. Perché non mi hai ucciso, quando potevi farlo. Perché, se questo Koiros è terribile come dici, non sia ancora mai sceso in campo.”
“Perché è il nuovo dio dell’Eumene, e noi siamo il suo trastullo.”
Rael ammutolì.
Vinus guardava le braci e pensava al proprio mondo, a quel che era bruciato alle sue spalle, divorandogli il futuro.
“Hai mai schiacciato un formicaio? Hai mai provato il perverso piacere di guardare quegli esserini torcersi e combattere per la vita, quando sapevi che con un dito – un dito solo – potevi distruggerli? Ecco: questo è quanto pensa Koiros, mentre il suo esercito combatte. Non ha bisogno di sporcarsi le mani, come un dio non abbandonerebbe il cielo, se non per castigare.”
“Come ha fatto con te, vero?”
Vinus rimase in silenzio.
“Hai disobbedito ai suoi ordini, pur sapendo cosa ti sarebbe toccato. Perché?”
Un grosso ciocco si spezzò, con uno schiocco secco e un’agonia di scintille.
“Ho bisogno che tu mi risponda.”
Vinus stirò le labbra, ma era una smorfia troppo amara per somigliare a un sorriso. “Non ho una risposta da darti. Non ce l’ho nemmeno per me. Mi sono maledetto come l’ho fatto, perché… Perché è stato un errore.”
“O un atto d’orgoglio.”
Il principe di Venusya scosse il capo. “E per cosa? Quando ti trovi davanti un mostro, la cosa più saggia che tu possa fare è obbedire. L’unico orgoglio che abbiamo è la vita. Solo gli stupidi la gettano via.”
“O gli eroi.”
“Chi chiami ‘eroe’? Un pazzo o un assassino?”
Mio fratello annaspò: era umano e dolce, lui. Vinus, invece, amarissimo.
“Per fare l’eroe, devi essere libero. Devi avere la possibilità di fare una scelta. Vivere? Morire? Koiros le ha bruciate tutte.”
Rael sospirò. “Tu, però, l’hai fatto: hai scelto di salvare Leya e me. Non importa che te ne sia pentito: hai trovato il coraggio di metterti contro Koiros. L’hai avuto una sola volta? Non importa: una volta basta per tutto.”
Vinus liberò una risata carica di scherno. “Una volta ti basta a capire che non lo rifarai, pivello. Continui a parlare di Koiros come se fosse un guerriero qualunque… Be’, non lo è. Non hai abbastanza cervello per immaginare che razza di demonio sia.”
“Di demoni ne ho affrontati e non sono stati tra i miei avversari più pericolosi.”
Vinus gli regalò un’occhiata che grondava sarcasmo. “E di cosa parli, quando dici ‘demoni’?”
Mio fratello non seppe cosa rispondergli – né, di lì a poco, avrei potuto far meglio io.
“Perché quelli che voi chiamate ‘demoni’ non sono tutti uguali. Ci sono i Superi, che non valgono nulla, e ci sono gli Inferi, che non vorresti conoscere mai. Lethor è un Infero. Koiros ha sangue d’Infero.”
“Che differenza c’è?”
Vinus scoprì la chiostra dei denti e fece scendere gli acuminati canini oltre il vallo. La sua pupilla si restrinse, sino ad annegare nell’iride. Le placche ossee che correvano lungo la sua schiena si sollevarono di scatto, cuspidi minacciose che sporgevano dalla nuca alla lacerazione del coccige.
Rael, che pure non temeva nulla, indietreggiò d’istinto.
“Come immaginavo… Non ti sei mai armato, vero?”
Armato?”
Vinus recuperò il proprio aspetto originario con divertita noncuranza. “Si vede che sei cresciuto come un eleutheride. Non sai niente del tuo corpo. Me ne sono accorto quando abbiamo combattuto.”
Rael abbassò lo sguardo.
“Non lo faccio d’abitudine: divento più minaccioso, ma non più rapido. È una strategia che aiuta se non hai di meglio a disposizione e se l’avversario non ti conosce. Quello che volevo mostrarti, però, è cosa intendo per ‘Infero’.”
“Anche loro sono in grado di mutare?”
“No, non come noi. Noi mutiamo, gli Inferi illudono. Sono mutaforma dal sangue misto, parassiti delle comunità che penetrano; plasmano i loro corpi perché abbiano un aspetto attraente, così da procacciarsi…”
“Vittime?”
Cibo. Spesso le loro labbra sono velenose. Un bacio può scioglierti il capo.”
“Comprendo.”
“Credi? Allora ricorda che Koiros è tanto Infero che ophelide. Ha ereditato il meglio delle due razze, a partire dal veleno. E sa come usarlo, te l’assicuro.”
Rael riattizzò il fuoco. “Quello che mi dici è utile, ma non risponde alle mie domande.”
“Intendi?”
“Perché non ha trascinato il suo esercito di mostri sino alle porte di Trier? Perché, soprattutto, ha voluto prima eliminare il principato di Venusya? Infine… Perché ha salvato te?”
Vinus si strinse nelle spalle. “Un capriccio dettato da vanità: il figlio del nemico che diventa schiavo; un dracomanno, per di più. Chi potrebbe ancora illudersi di avere scampo? Quanto al suo esercito, la verità è che pochi Inferi hanno aderito alla campagna: la maggior parte di loro non può vivere alla luce o lontano dall’acqua. Per armare un esercito, Koiros aveva comunque bisogno di mercenari d’ogni razza. È per questo, immagino, che ha salvato alcuni di noi.”
“Eppure, con il tempo, gli sei venuto a noia.”
“Che farnetichi?”
Rael sorrise. “Non fingere d’essere un ingenuo, perché non lo sei. Hai sfidato Koiros e questo non gli è piaciuto, ma non credo che sia stata l’insubordinazione in sé… O sbaglio?”
Vinus tornò a fissare le braci. “C’è stato un tempo in cui ancora pensavo che un giorno l’avrei sconfitto. Ero giovane e stupido e pieno di illusioni. Combatti, Vinus. Combatti e diventa sempre più feroce, mi dicevo. Ma per quanto diventassi potente, bastava che mi avvicinassi a lui per sentirmi un insetto. Perché quello, rispetto a Koiros, siamo tutti.”
“Eppure Koiros si è accorto che la tua forza stava crescendo. Se n’è accorto e…”
“Sa che non sono un pericolo.”
“Sa che puoi diventarlo, però, perché hai sangue di drago.”
Vinus scosse il capo. “La leggenda del Drago? Me la raccontava Gordon quando ero un cucciolo, ma ho smesso di crederci quando…”
Mio fratello si alzò senza una parola. Quando tornò, tra le sue mani c’era la pergamena che avrebbe mutato le sorti dell’Eumene.
“Questa è…”
“La Nornika. Mio padre la avvolse nelle mie fasce, quando mi affidò a Leonar. Suppongo che non volesse lasciarla nelle mani di Koiros.”
Vinus fece scorrere le dita sul documento usurato dal tempo; lo stesso che mai, bambino, aveva avuto il permesso di sfiorare, perché il segreto del Drago non poteva appartenere che al guerriero più forte di Venusya.
“Prima mi hai domandato perché ti avessi salvato; cosa pretendessi in cambio di una scelta così avventata: ebbene, ora te lo dico. Voglio che trovi il drago. Voglio che trasformi la leggenda in realtà.”
Vinus non riuscì a rispondere.
“Non sono pazzo e non sono uno sprovveduto. So cosa stai pensando e ti dico che sì, ho calcolato anche quel rischio: ho messo in conto che tu possa togliere di mezzo Koiros per occupare il suo posto. Questa, però, per quanto probabile, è un’ipotesi. Che la mia gente muoia, invece, al momento è certezza. Ti offro questo: la pergamena, in cambio del tuo aiuto. Sii il nostro drago, Vinus, e forse ci sarà un futuro anche per i dracomanni.”
“Il drago non accetta chiunque, sai anche questo? Non basta avere il suo sangue, per essere ammesso alla prova.”
Rael trasse un profondo sospiro. “E questo ti basta a rinunciare in partenza? Con la stessa docilità con cui ti sei arreso a…”
“Ti ho detto di portarmi rispetto!”
Nel silenzio sepolcrale seguito a quella secca ingiunzione, il pianto di Lukas esplose deflagrante.
“Mio figlio ha diritto a un futuro e mio figlio ha il sangue di due mondi. Forse è il momento di capire che non si aprono gli occhi sotto la sabbia. Non per vedere. Non per vivere.”
Vinus allentò la presa dalla pergamena e ne fissò ancora una volta le pieghe involute, il bordo carico di fregi, la cuspide netta del Norn.
“Per raggiungere la vetta incoronata, dovrò attraversare la Faglia. Koiros vi attaccherà senz’altro prima che io abbia percorso anche solo metà del tragitto. Mi crede morto e Trier è tutto quel che gli resta da divorare.”
Mio fratello non tradì i suoi sentimenti – non la paura, la rabbia, la disperazione che l’avevano accompagnato sino a quell’ultima, disperata offerta.
“Faremo il possibile per resistere; abbiamo molto da perdere, oltre alla vita: non ci piegheremo con facilità. Mia sorella, almeno…”
“Alla donna uccello mancano le ali. Diglielo, quando te la ritroverai davanti…”
 
 
Ma non ce ne fu bisogno, perché fu piuttosto lui a trovare me.

   
 
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