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Autore: Manu_Hikari    28/12/2011    2 recensioni
Come inizia questa storia?
Un po’ come iniziano tutte le storie; con un incontro. Un incontro tra due persone, come tutti gli altri, apparentemente casuale, semplice, che potrebbe capitare a tutti, certo. Ma di sicuro, i due protagonisti della nostra storia, fin dal loro primo sguardo avevano capito che non era stato un caso che proprio loro due si fossero incontrati.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Any moment, everything can change…

 

 

 

 

 

 

PROLOGO

 

 

Come  inizia questa storia?

Un po’ come iniziano tutte le storie; con un incontro. Un incontro tra due persone, come tutti gli altri, apparentemente casuale, semplice, che potrebbe capitare a tutti, certo. Ma di sicuro, i due protagonisti della nostra storia, fin dal loro primo sguardo avevano capito che non era stato un caso che proprio loro due si fossero incontrati. Sapevano di essere speciali e questo perché il destino li aveva scelti, e quando il destino ti scegli per far parte dei suoi piani e adempiere al suo volere, non puoi fare altro che assecondarlo.

Dunque il destino li aveva scelti  e li aveva legati l’uno all’altro, li aveva legati con un sentimento forte; l’amore.

Ma badate bene, non un amore convenzionale, non quello che si vede tutti i giorni passeggiando per strada. Andava  ben oltre quello fra due amici, ben oltre quello di due fidanzati…un amore al di là dei consueti schemi, fatto di complicità, di comprensione, di disponibilità, di litigi, di riconciliazioni; e non importava dove andassero, non importava cosa facessero o dicessero, sapevano che c’era sempre qualcuno su cui poter contare.

 

Una macchina scura si era allontanata da poco più di due minuti dal cancello di casa Yoshida quando Miroku Kinomya, un curioso bambino di sette anni, scavalcò la siepe che divideva quella da casa sua e si avvicinò a una  grande finestra, lasciata aperta per permettere alla fresca brezza primaverile di entrare nell’abitazione, e spiò all’interno. La finestra si apriva su una grande sala al centro della quale stavano un salotto e due poltrone disposte a semicerchio di fronte al camino spento, sulla destra una rampa di scale portava al piano superiore; quando un improvviso colpo di vento fece svolazzare le sottili tende che ornavano la finestra, Miroku ricordò il motivo che, a distanza di due settimane dall’arrivo dei nuovi inquilini in quella casa, lo aveva spinto ad avvicinarsi tanto.

Ogni giorno a quell’ora una macchina scura parcheggiava davanti all’abitazione, ne scendeva una bella signora, e poi la vettura ripartiva. Nemmeno qualche minuto dopo il lieve suono di un pianoforte si librava nell’aria, accompagnato da una lieve voce cristallina che intonava delle canzoncine, talvolta dolci, semplici o molto allegre, altre volte tanto tristi, ma sempre piene di sentimento. Fino ad allora il bambino si era accontentato di sedersi tranquillo nei pressi della siepe, sul prato, per ascoltare; talvolta, quando il cielo era limpido, si distendeva sull’erba e, guardando le nuvole, immaginava che queste si muovessero, improvvisando, solo per lui, un divertente balletto; oppure chiudeva gli occhi blu e immaginava di compiere lui stesso favolosi viaggi tra le nuvole, viaggi che venivano bruscamente interrotti quando la musica cessava e la bella signora andava via.

Tuttavia quel giorno aveva deciso di osare un po’ di più, era fermamente deciso a scoprire a chi appartenessero quella voce e quelle…dita. Sebbene non riuscisse a vedere bene all’interno, nessuno si era accorto di lui, così decise di restare lì, se non altro avrebbe sentito meglio.

E di nuovo lo pervase una sensazione di leggerezza, rivisse i suoi splendidi viaggi, vide mari, monti e colline verdeggianti, librandosi sul dorso di uno splendido gabbiano. Stava talmente bene che nemmeno quando la musica si fermò smise di sognare; sfortuna (o fortuna) volle che qualcun altro mettesse fine alle sue fantasie.

«E tu che ci fai qui, chi sei? »

Miroku trasalì spalancando gli occhioni blu per incontrare quelli color cioccolato di colei che lo aveva riportato alla realtà. Era una bimba, non molto più piccola di lui, piuttosto magrolina, con lunghi capelli castano scuro raccolti in due codini e lo guardava incuriosita, aggrappandosi a stento al davanzale della finestra.

«Oh…scusa! » Esclamò il bambino allontanandosi lievemente. «I-io abito nella casa vicina, ero curioso di sapere chi suona il piano…» Disse con aria colpevole.

«Lo suono io. » Rispose la bimba un po’ acida. « Ora devo andare. » Dicendo così fece per allontanarsi verso le scale alla sua sinistra ma Miroku la fermò.

«Aspetta, »  Esclamò. «Ma tu…sei un angelo? »

La bambina si voltò alzando un sopracciglio, visibilmente scocciata. «E cosa te lo farebbe pensare? »

«E-ecco »  Balbettò Miroku facendosi un po’ rosso essendosi reso conto dell’assurdità della sua domanda. «Mio papà è morto quando ero piccolino, tanto piccolino che non me lo ricordo, e la mamma mi dice sempre che lui ora è in cielo, con tanti angeli che gli stanno vicino; così se tu eri un angelo ti chiedevo se mi salutavi papà e se gli dicevi che gli voglio tanto bene… »

Lo sguardo acido e distaccato che fino a quel momento aveva albergato sul volto della piccolina lasciò il posto a curiosità e dolcezza; con un lieve sorriso si arrampicò sull’ampio davanzale, dandosi la spinta con un piccolo sgabello. «E che altro ti ha detto la tua mamma degli angeli? » Chiese inclinando la testa su un lato.

Il bambino parve riflettere per un istante, assumendo aria d’importanza, poi disse: « Mi ha detto che hanno la pelle candida e le guance rosee, occhi grandi e una voce melodiosa, come te, che la usano per rendere felici le anime…. »

Miroku pensava che la bambina sarebbe rimasta stupita, invece la sua espressione era impassibile; probabilmente, pensò il piccolo, non era una bimba molto allegra, almeno quando non cantava, perché quando lo faceva Miroku percepiva la sua gioia. Altrimenti come avrebbe potuto sentire dei sentimenti in una canzone se questi non venivano espressi?

«Peccato che non sei un angelo. » Riprese il bambino dopo un po’ con crescente delusione. «Quando ti ho sentito cantare ci avevo sperato tanto…ora come farò a parlare con papà? »  Chiese a se stesso.

«Ma lui non ti abbandona mai… » Miroku la guardò stupito; stava sorridendo. «Mia mamma dice che se una persona che ami va via, non va mai via del tutto…è sempre qui,» Disse toccandogli il petto «nel tuo cuoricino…Perciò se vuoi dirgli qualcosa, basta che chiudi gli occhi, lui ti leggerà nel pensiero»

Miroku dovette ricredersi; quella bambina non era affatto antipatica, anzi. Era gentile e con due parole aveva risolto il suo problema. Ora sapeva che poteva parlare con il suo papà ogni volta che voleva.

All’improvviso la bambina scattò all’in piedi, saltando giù dal davanzale; la sua mamma la stava chiamando. «Ehi, bambina!  » Gridò Miroku. «Come ti chiami? »

«Sango…»

 

 

 

  
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