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Autore: Walpurgisnacht    31/12/2011    4 recensioni
Quell’assurda richiesta che solo poche ore prima le era caduta in testa come un incudine era riuscita a destabilizzarla e rimettere in discussione se stessa. Proprio quando aveva creduto di aver raggiunto un equilibrio, di essere riuscita ad accettarsi come donna – dopo anni passati nei panni forzati di un ragazzo, ecco che quella stupida recita bastava a smontare il suo fragile equilibrio.
[Missing moment dal cap.11 di Secrets of the Heart Split in Two]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mousse, Ukyo Kuonji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Questa oneshot è un missing moment dal capitolo 11 di Secrets of the Heart Split in Two, storia scritta a quattro mani da me e Kaos e presente in questo account comunitario. Per comprenderla a fondo è necessario aver letto Secrets, vi consiglio quindi di leggere prima quest’ultima per poter capire gli avvenimenti e le riflessioni di Ukyo in questa storia.
L’ho scritta principalmente per Kaos, che durante la stesura di Secrets mi aveva istigata a scrivere una oneshot in cui ampliare le riflessioni di Ukyo. Non so se ci sono riuscita del tutto, ma dopo mesi di gestazione (seriamente ò_ò) è nata questa oneshot, un missing moment perfettamente incastrato nella storia principale.
Il titolo fa riferimento alla teoria del caos, citata nella storia – ed è anche una canzone dei Muse.
La stessa frase che apre la storia, presa dal film The Butterfly Effect, l’ho usata nei dialoghi.
E ora, enjoy!
Manasama

 
 
 
 
Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.
The Butterfly Effect
 
 
Il suono delle gocce che filtravano dal rubinetto era l’unico rumore a tenerle compagnia, ad eccezione del lieve brusio proveniente dal piano di sotto. La fortuna di avere una clientela silenziosa, pensò.
Distrutta dalla giornata appena trascorsa, Ukyo si immerse quasi totalmente nella vasca da bagno, lasciando visibili solo gli occhi.
Era stanca, emotivamente e fisicamente.
Vorrei solo sparire.
Quella mattinata era stata la peggiore della sua vita. E di giornate orribili per definizione ne aveva vissute tante, ma… quella non avrebbe nemmeno saputo come descriverla.
Riemerse solo per nascondere la testa tra le ginocchia, lasciando finalmente scorrere libere quelle lacrime che per tutto il giorno avevano minacciato di scendere copiose sul suo viso, e che aveva sfogato solo in parte.
Pianse in silenzio, senza urla e strepiti. Era troppo stanca persino per quello. Lasciò invece che tutta la tensione e il nervosismo fluissero via insieme alle sue lacrime, andandosi a mischiare con l’acqua tiepida della vasca.
Quando finirà tutto questo? Quando?
In realtà quell’assurda pantomima messa su solo per tenere buona quell’amazzone pazzoide, in cui lei aveva l’assurdo ruolo di fidanzata di Shan-pu, era appena iniziata. Quanto sarebbe durata dipendeva solo da quella donna.
Ma ovviamente non era a questo che pensava Ukyo, o non solo.
Quell’assurda richiesta che solo poche ore prima le era caduta in testa come un incudine era riuscita a destabilizzarla e rimettere in discussione se stessa. Proprio quando aveva creduto di aver raggiunto un equilibrio, di essere riuscita ad accettarsi come donna – dopo anni passati nei panni forzati di un ragazzo, ecco che quella stupida recita bastava a smontare il suo fragile equilibrio.
Strinse più forte a sé le ginocchia.
Non le avevano chiesto se per lei andava bene prendere parte a quella messinscena – l’avevano costretta e basta.
Come suo padre anni prima, quando aveva deciso che l’avrebbe cresciuta come un maschio infischiandosene dei traumi che la povera Ucchan si sarebbe portata appresso per anni.
Aveva accettato perché Ranma gliel’aveva chiesto, e perché in fondo era di buon cuore e non avrebbe lasciato degli amici – benché sui generis – nei guai. Ma nessuno si era reso conto di quanto le costasse, e persino doverlo spiegare in lacrime a Ranma era stato difficile – perché doversi mettere a nudo nella maniera più intima, mostrando il proprio io e le proprie fragilità, è la cosa più difficile al mondo. Specie se non si è abituati a sfogarsi con qualcuno, o non se ne ha mai avuto l’occasione.
Si concesse qualche altro minuto di pianto liberatorio, poi decise che era finalmente ora di uscire dalla vasca – l’acqua stava diventando gelida.
Scese di sotto con l’idea di prepararsi qualcosa da mettere sotto i denti, magari anche per Konatsu che si era occupato del locale da solo per tutto il giorno, e di ritardare l’apertura serale – o non aprire per nulla, era proprio esausta.
Di Konatsu non c’era traccia, ma in compenso qualcuno la attendeva seduto al bancone.
“Mousse? Che ci fai qui?”
Il ragazzo si voltò a guardarla, le spesse lenti ben piantate sul naso. Sembrava nervoso.
“Io, uhm… scusa se mi sono presentato qui così all’improvviso…”
Era chiaro che non si stava scusando per essere venuto a trovarla al ristorante, ma era un più velato “Scusami se per colpa mia stai rischiando la pelle” .
Andò sul retro del bancone e lanciò l’asciugamano che aveva in testa in un angolo, cominciando ad armeggiare con gli ingredienti per le okonomiyaki. Quando era nervosa, cucinare era l’unica cosa che la rilassava.
“Non fa niente Mousse, davvero…” disse apatica, concentrata solo sulle sue spatole. Il ragazzo rimase in silenzio ad osservarla, forse in cerca di un indizio che gli confermasse quanto detto dalla cuoca giapponese.
“Non è vero, te lo leggo in faccia… ed è per questo che mi dispiace.”
Ukyo si fermò di colpo e rimase a fissarlo per qualche secondo.
“E’ vero, non va bene. Sono stanca e sconvolta, probabilmente non vi rendete neanche conto di cosa mi comporta fingermi lesbica quando io per prima sono cresciuta con parecchi dubbi sulla mia identità! Credi sia facile comportarsi come una donna da un giorno all’altro dopo che tuo padre per anni ti ha cresciuta come un uomo?” disse, alzando il tono di voce “Come credi che mi sia sentita quando una recita nel quale sono finita invischiata per sbaglio ha rimesso in discussione quelle poche certezze che avevo?!” urlò, battendo inavvertitamente un pugno sulla piastra per le okonomiyaki.
“Ah! Maledizione!”
Immediatamente Mousse fu al suo fianco dietro al bancone, e prontamente la avvicinò al rubinetto.
“Sai, se volevi impressionarmi ci sei decisamente riuscita” le disse, mentre lasciava scorrere l’acqua fredda sulla mano della ragazza “non ho mai visto nessuno cercare di friggersi le mani di propria volontà!”
Ukyo gli lanciò un’occhiataccia di sbieco, per poi concentrarsi sulla sensazione di sollievo dovuta al getto d’acqua.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, poi Ukyo si allontanò da Mousse, e si mise alla ricerca di qualcosa sotto al bancone. Riemerse dagli scaffali più bassi con una crema per le ustioni che teneva pronta per ogni evenienza – nel suo lavoro le scottature non mancavano mai.
Mentre massaggiava la mano con la pomata alzò lo sguardo verso Mousse, tornato al proprio sgabello, che non le staccava gli occhi di dosso.
“Io, uhm… grazie, Mousse.”
Quest’ultimo inarcò un sopracciglio. “Per cosa?”
“Per avermi aiutata con… questo” disse mostrando la mano ustionata “ero così infervorata che avrei potuto continuare a sbattere il pugno sulla piastra…”
Il ragazzo fece un cenno con la testa. “Figurati… almeno da qualcosa sono riuscito a salvarti. Non è proprio come evitarti la morte per mano di un’amazzone psicopatica, o evitarti di dover recitare il ruolo della fidanzata di Shan-Pu, ma è qualcosa.”
Ukyo finì per sorridere a quelle parole.
Avrebbe dovuto odiarlo, detestarlo e aver voglia di pestarlo a mani nude per quel casino. Eppure… eppure, non poteva.
In qualche modo capiva come si sentiva Mousse, e non riusciva a biasimarlo per aver scelto di agire in quel modo.
 “Ukyo, mi spiace sul serio per quanto è successo” riprese Mousse “e credimi se ti dico che se avessi saputo dei tuoi problemi non ti avrei mai coinvolta… beh, in realtà non avrei voluto coinvolgere nessuno, ma non pensavo certo che la mia voglia di libertà dalle leggi di Joketsuzoku scatenasse un putiferio simile…”.
La ragazza rispose solo dopo qualche secondo di silenzio.
“Mousse, non vorrei sembrare troppo rude, ma prima di sfidare Shan-Pu a duello avresti dovuto rifletterci due minuti in più e renderti conto da solo che una decisione del genere avrebbe coinvolto per forza molte altre persone! So che voi di Joketsuzoku credete che ciò che accade tra voi membri del villaggio riguardi solo ed esclusivamente voi, ma qui non siete in Cina e le vostre regole non valgono!” disse tutto d’un fiato. Era qualcosa che aveva tenuto dentro per tutto il giorno, e finalmente ebbe modo di tirarlo fuori. Mousse abbassò lo sguardo. Posò gli occhiali sul bancone e rimase a fissarli, troppo imbarazzato per incrociare lo sguardo di Ukyo. Quest’ultima si sentì in colpa per il modo in cui aveva espresso il suo pensiero, soprattutto dopo la premura mostrata dal ragazzo per la sua ustione, così aggiunse, addolcendo il tono: “Con questo non voglio dire che tu abbia fatto male a ribellarti a quelle due” disse, soppesando le parole “però dovevi tenere in conto che una decisione del genere avrebbe coinvolto anche altra gente. Qui a Nerima avete stretto dei legami in un modo o nell’altro, ed era inevitabile che l’esito di quel duello li avrebbe intaccati...”
Il ragazzo sollevò lo sguardo e lentamente annuì.
“Hai perfettamente ragione Ukyo ma… non è stata una cosa premeditata. Non del tutto almeno…” disse “Era un po’ che volevo regolare i conti con quelle due e mettere in chiaro una volta per tutte che non sono il loro schiavetto. Ma alla fine sono esploso… non ne potevo più di tutte le umiliazioni che dovevo sopportare per colpa di Shan-pu... non ne potevo più di essere ignorato. Io non sono l’ultima ruota del carro…” concluse a bassa voce, ma Ukyo era abbastanza vicina da averlo sentito chiaramente. E qualcosa in quelle parole l’aveva colpita.
Lei capiva.
Capiva cosa volesse dire essere ignorati, sentirsi l’ultima ruota del carro.
La seconda scelta per qualcuno, sempre.
Era scesa a patti con questa sua condizione abbastanza di recente da poter capire come Mousse si sentisse, e venire investita da quella sofferenza come un fiume in piena.
“So cosa vuoi dire” disse “essere la ruota di scorta… è un po’ la storia della mia vita.”
“Intendi dire con… Ranma?” azzardò Mousse, con cautela. Ukyo si limitò ad annuire, con un mezzo sorriso.
“Diciamo che i recenti avvenimenti mi hanno portata a rivalutare anche i miei sentimenti nei suoi confronti… e alla fine ho deciso che era arrivato il momento di guardare avanti.”
Mousse sgranò gli occhi. “Vuoi dire che… hai rinunciato a lui?”
Ukyo fece un veloce cenno d’assenso con la testa. “Non potevo continuare ad aspettare in eterno… non era giusto per loro, ma soprattutto per me. Stava diventando… logorante, ecco.” Disse, mentre riprendeva a cucinare. “Ho fatto in modo che quei due cominciassero a chiarirsi, e poi ho tagliato i miei ponti col passato. Metaforicamente, s’intende. Ranma è mio amico, e questo non può cambiare-” “Aspetta, tu hai fatto cosa?” la interruppe Mousse “Li hai… aiutati a chiarirsi?”
La ragazza annuì, con un mezzo sorriso. “Assurdo vero? Oltre il danno la beffa – perché credimi, far capire le cose a Ranma è un’impresa titanica, soprattutto quando si parla di Akane. Ma se non l’avessi fatto io non ci sarebbe mai arrivato, e non si sarebbe mai deciso a fare il primo passo verso la signorina Tendo” rise, mentre versava la pastella per le okonomiyaki sulla piastra.
Mousse la fissò sconvolto. “Perdonami ma… perché? Insomma, hai appena deciso di rinunciare al ragazzo che ami, e lo aiuti pure a finire tra le braccia di un’altra?” “Non è un’altra, è la sua fidanzata” lo corresse “ed è stata anche gentile con me, ti dirò.” “La sostanza non cambia, è… autolesionismo!” concluse Mousse.
Ukyo scrollò le spalle.
“Cosa vuoi che ti dica, ho agito istintivamente. Era la cosa giusta da fare e l’ho fatta” continuò, mentre rigirava l’okonomiyaki sulla piastra “Magari il karma cerca di dirmi che il mio destino è fare la psicologa.” rise.
Si rese conto di sentirsi molto meglio, rispetto a prima. Più leggera. Sfogarsi con Mousse l’aveva evidentemente aiutata a togliersi qualche altro peso dalle spalle. Era un percorso lungo, lo sapeva, e probabilmente di pesi da buttar via ne aveva ancora – ma era un inizio. Un buon inizio.
“Devo dire che ti ammiro” disse Mousse, pensieroso “non tutti avrebbero avuto abbastanza forza di volontà per fare ciò che hai fatto tu. Guarda me, ho scatenato l’inferno urlando ai quattro venti che non volevo più saperne di Shan-pu, e ora invece…” lasciò la frase in sospeso, voltandosi verso la porta aperta del locale. Proprio lì davanti, Shan-pu era intenta a giocare con dei gatti randagi. Konatsu osservava la scena poco più in là.
“Ooooh, capisco…” disse Ukyo, sorridendo sorniona in direzione di Mousse, rosso d’imbarazzo.
Lasciò cadere l’argomento, probabilmente il cinese non era ancora pronto per parlarne… ma qualcosa le diceva che presto avrebbe scoperto qualcosa in merito, quando vide Ranma e Akane fare capolino dalla porta d’entrata.
“Volevamo sapere come stavi” esordì Ranma, imbarazzato. Ukyo sorrise e fece cenno a entrambi di prendere posto al bancone. Mentre versava altra pastella sulla piastra notò Mousse intento a osservare qualcosa tra le mani.
“Che fai con quella farfalla, Mousse?”
“Stavo ripensando al nostro discorso di prima” disse, tenendo la creaturina tra le dita “e mi è tornata in mente la teoria del caos.”
“Teoria del caos?” si intromise Ranma “quella che ha a che fare con farfalle e uragani?”
“Esattamente” annuì “Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.”
Lasciò andare la farfalla, che si mise a svolazzare attorno a loro sfiorandoli uno per uno, passando vicina a Shan-pu, che entrava in quel momento, per poi volare via.
“La mia voglia di ribellione ha scatenato una reazione a catena di proporzioni enormi, e sa il cielo quale sarà l’entità della sua conclusione” riprese Mousse “ma se questa teoria è vera… forse quel piccolo passo che ho fatto all’inizio, e tutti quelli successivi, porteranno a un reale cambiamento nella mia esistenza. E in quelle di tutti noi.” Disse, volgendosi a guardare Shan-pu.
Ranma sorrise, capendo ciò che Mousse intendeva. “Hmpf, di sicuro uno l’hai già ottenuto” disse, mentre i due cinesi arrossivano fino alle orecchie.
“E probabilmente ce ne sono in corso degli altri” intervenne Ukyo, e questa volta furono Ranma e Akane ad arrossire, mentre Mousse ridacchiava compiaciuto.
“E sono sicura che ne arriveranno altri, è solo questione di tempo” esordì Akane, guardando Ukyo dritta negli occhi. Quest’ultima rimase in silenzio, poi sorrise.
Proprio non riusciva ad odiarla Akane. Persino in quel momento riusciva ad infonderle un coraggio e una fiducia negli avvenimenti futuri che da sola non avrebbe mai trovato dentro se stessa.
“Già, forse” disse, sorridendo “nel frattempo spero solo che la furia cinese non si abbatta su di me, non voglio morire così giovane!”
“Oh, ma per quello siamo in buone mani, c’è Obaba!” disse Ranma, su di giri come se avesse bevuto del sakè fino ad ubriacarsi.
Ukyo rise e cominciò a distribuire le okonomiyaki ai suoi ospiti.
Mancava poco al momento in cui si sarebbe trovata faccia a faccia col suo destino – come tutti loro.
Ma non adesso, non in quel momento.
Quel momento era per se stessa, per la ritrovata Ukyo Kuonji, e per una farfalla che prometteva uragani.
   
 
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