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Autore: KiaeAlterEgo    18/08/2006    6 recensioni
C'era una volta, in un paese lontano, un povero e vecchio negoziante che aveva tre figli...
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, appassionati di Yugioh!

Questa fanfiction è un esperimento, una storia che potrebbe far sorridere, ma non sbellicare dalle risate...

Volevo scrivere una parodia semiseria...

Perciò non fate commenti troppo duri...

Spero che vi possa piacere!

 

IL GATTO CON GLI STIVALI

 

CAPITOLO I

 

C'era una volta in un paese lontano un povero vecchio negoziante. L'uomo aveva tre figli e per farli crescere aveva ormai speso tutti i suoi risparmi, che se ne erano andati via anche per mandare avanti il suo negozio di giochi. Gli unici beni di qualche valore ormai rimasti erano il vecchio negozio, un furgoncino ed un piccolo gatto dal musetto bianco con grandi occhioni violetti.

 

Il negoziante, che tutti chiamavano simpaticamente “nonno”, era molto vecchio e un giorno, sentendosi ormai vicino alla sua dipartita, radunò i suoi tre figli. Subito accorsero i tre fratelli. Il maggiore, Seto, era anche il più alto, un ragazzo bruno e dagli occhi blu, scorbutico e ambizioso, sempre in lite con il secondogenito, Joey, un biondino dagli occhi scuri, una vera testa calda. Il più piccolo li seguì subito dopo, Mokuba, i teneri occhioni azzurri seminascosti dalla folta frangia di capelli scuri, che gli ricadevano sulle piccole spalle.

Il nonno si era appisolato sulla sua sedia a dondolo e non dava segno di aver sentito l’arrivo dei suoi amati figlioli.

Mokuba guardava imbronciato i due fratelli che avevano iniziato l’ennesimo litigio: «Tz’, ma tu guarda come mi trattano... Sono il presidente della KaibaCorp e devo starmene qui in questo negozio puzzolente insieme ad un perdente di prima categoria...» stava dicendo con aria di sufficienza e noia Seto.

«Chi sarebbe il perdente di prima categoria?! Kaiba, vieni qui a ripeterlo!» Joey fece segno di rimboccarsi le maniche, con aria aggressiva.

Seto, guardandolo dall’alto in basso, gli rispose: «Non ho la minima intenzione di infangare la mia reputazione stando ancora un minuto vicino a te! Se questo vecchio non si sveglia, me ne vado prima di quando dovrei!»

«Vattene pure, razza di...»

«Non dire un’altra parola!» I tre fratelli si guardano attorno. Tutto si era fermato e c’era un silenzio innaturale. La sedia del nonno era bloccata a metà di un dondolio, persino il pulviscolo stava fermo a mezz’aria. In compenso in mezzo alla stanza si era materializzato un oscuro figuro. Alto e con un mantello nero che lo ricopriva interamente. «Tu!– esclamò la figura puntando il dito contro Joey –cuciti la bocca!» come per magia, o forse era proprio magia, ago e filo eseguirono alacremente l’ordine del tipo, cucendo un bel ricamo sulla bocca di Joey, che non poté nemmeno urlare di dolore perché aveva le labbra chiuse. «E tu...– questa volta la figura si rivolse verso Seto –Non ti stai dimenticando qualcosa, per caso?»

«Chi, io? Da te?»

«Non esattamente da me... Io sono solo un messaggero, per servirti». Lo sconosciuto si tolse il mantello, rivelando essere un bel giovane dalla pelle ambrata e dai lunghi capelli scuri, che indossava una camicia slacciata di seta nera ed un paio di pantaloni di pelle, neri anch’essi. I piedi e i polpacci erano cinti da un paio di anfibi neri e nella mano teneva uno scettro dalla forma inconfondibile: «Mago Nero?!» esclamarono sbalorditi i tre. Lui annuì. «Chi ti ha conciato così???» cercò di mugolare Joey anche se non riusciva ad emettere nessun suono sensato così che quello che risultò fu un: «Mhm mi mh mhnmhmmh mhnm?».

Seto guardò Joey, disgustato: «Beh, che cosa ci fai qui? Come mai sei conciato così?»

Il Mago Nero sembrava un po’ imbarazzato: «Beh... Che volete che indossi sempre quella tunica violetta, che a volte è anche scomoda?! Guardate che posso utilizzare la magia anche senza quella cosa! Mi basta questo...» Con un leggero movimento del suo fidato bastone, il filo che univa le labbra di Joey svanì come se non fosse mai esistito.

Seto alzò un sopracciglio: «Non hai ancora risposto alla mia domanda».

«Giusto, hai ragione. Dovevo riferirti un messaggio e pregarti di restare fino alla fine della tua parte, visto che è pure corta! Il messaggio dice: “Ricordati che la foto e soprattutto i negativi, li ho ancora in mano mia!”»

«Ehi, Mago Nero! Come mai fai tutto questo?» esclamò Joey.

Il Mago si raddrizzò, guardando il ragazzo dritto negli occhi: «Il Faraone mi ha ordinato di fare tutto ciò che mi ordina Lei, entro certi limiti».

«Cosa? Yugi avrebbe fatto una cosa del genere per Lei???» Joey sembrava allibito. Il Mago si limitò ad annuire.

«E ora lui dov’è?» Chiese Seto, con uno sguardo molto pericoloso.

Il Mago scosse la testa: «Non ne ho idea, subito dopo aver parlato con Lei, il Faraone è venuto da me e ci siamo messi d’accordo su alcune cose, poi se n’è andato non so dove. Lei comunque era soddisfatta».

«Chi è Lei?» chiese la piccola vocina di Mokuba.

«Tz’, è l’autrice Mokuba, colei che ha riscritto questa ridicola favola in modo che potessimo recitarla noi...»

«Beh, io il mio dovere di messaggero l’ho fatto, arrivederci!» Il Mago sparì in un battito di ciglia e tutto tornò come se lui non fosse per niente passato di lì.

«Figli miei, sono contento che siate tutti qui– esclamò il nonno, come se niente fosse –Volevo solo dirvi che sento la morte vicina e voglio esprimere le mie ultime volontà...» Alla parola “ultime volontà” tutti drizzarono le orecchie e si avvicinarono, dimenticando per un momento le loro dispute.

«Bene. Caro Seto, essendo tu il maggiore, lascio a te il mio preziosissimo negozio di giochi. Mokuba, dato che tu sei quello che va più d’accordo con lui, a te lascerò il furgoncino...»

«E io...?» fece Joey, temendo la risposta.

«Tu? A sì! Tu!– esclamò il nonno, come se avesse visto il suo secondogenito proprio in quel momento –A te darò il mio gatto!»

«Coooooosaaaaa?» Ignorando la faccia assai stupita di Joey e il sorriso soddisfatto degli altri due fratelli, il nonno si alzò faticosamente e prese in braccio un gatto piuttosto grosso per essere un felino. «Yugi?!» Tutti erano stupiti e allibiti. Yugi li osservava con i suoi occhioni violetti in mezzo al viso, tra i suoi insoliti capelli spuntavano due deliziose orecchie candide, mentre una codina era arrotolata attorno ad una gamba. Aveva artigli e zanne, proprio come un gatto. «Miao!» Esclamò con la sua vocina esitante. «Un momento! Io l’ho letta la favola del gatto con gli stivali!» Esclamò d’un tratto Joey, spezzando il silenzio stupito alla vista di Yugi.

«Oh, che sorpresa, sai anche leggere?!» chiese Seto, sarcastico.

Ignorando con una certa difficoltà i commenti del fratello maggiore, il secondogenito si rivolse al padre: «Ma era il più piccolo che riceveva il gatto! Me lo ricordo bene! Voglio io il furgone!!!»

«Mio caro figliolo– disse il nonno –a te spetterà il gatto a Seto il negozio e a Mokuba il furgoncino, fine! Ed ora andatevene, che voglio riposare!» e alla fine di questa frase aggiunse anche un paio di colpi di tosse, chiaramente finti. I tre fratelli uscirono dalla stanza, due felici mentre l’altro con il morale sotto i piedi. Il gattino, seduto a terra osservava l’anziano: «Nonno, sei sicuro?»

«Yugi, rispetta la tua parte per favore! E poi non dovresti chiederlo a me, ma al tuo Alter ego» Il gattino annuì: «Purtroppo si è chiuso in un silenzio veramente impenetrabile. La stanza della sua anima è chiusa come una tomba sigillata...» e si diresse su una poltrona, raggomitolandosi e cadendo in un sonno profondo. Mentre dormiva, le labbra del gattino si mossero a scatti, come se stesse parlando un’altra persona: «Tz’ una tomba sigillata?!»

 

 

 

Pochi giorni dopo il vecchio negoziante morì. Seto vendette subito il negozio ricevuto in eredità, per comprare, a prezzo stracciato, una fabbrica tecnologica andata in fallimento, ma che lui riuscì a riportare in auge come presidente dell’azienda, grazie anche al suo nome accattivante KaibaCorp. Mokuba invece aveva venduto il furgoncino e si era messo in affari con suo fratello. Ora viveva felice stressando Roland, il suo nuovo maggiordomo. Il giovane che aveva avuto in eredità il gatto non era per nulla soddisfatto.

«Non è giusto!– si lamentava –i miei fratelli ora sono ricchissimi e non mi danno nemmeno una fetta di formaggio da mangiare, ma io che ci faccio col gatto? L’unica cosa da fare sarebbe mangiarselo e poi cucire il suo pelo in un manicotto così in inverno potrò scaldarmi le mani...» Intanto guardava il micio con uno sguardo famelico.

Il tenero gattino lo guardava impaurito, le orecchi drizzate per essere sicuro di aver sentito bene.

Il giovane aveva ormai perso la testa e il suo cervello, di per sé già poco sviluppato, tornò all’età dei dinosauri.

«Cosciotte di gatto, gatto alle mandorle, alla cacciatora, in salmì, buono gatto!» Ormai il giovane non aveva più il controllo sulle sue azioni e inseguiva il gatto con la bava alla bocca. Il micio si fece più veloce della luce e si arrampicò lesto su un albero, il più in alto possibile, così che Joey non potesse raggiungerlo.

 

 

Come andrà a finire? Come farà il piccolo Yugi a risolvere la situazione come il gatto che interpreta?

Beh, spero che questa storia possa aver destato il vostro interesse...

Mi raccomando, se volete darmi dei consigli, recensite!

Un saluto

KiaeAlterEgo

  
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