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Autore: Carmilla Lilith    02/01/2012    5 recensioni
Suzanne è una ragazza timida è molto studiosa che si reca in gita scolastica nella cattedrale gotica di Sainte-Marie. L’incontro con Francine, un’esuberante guida turistica all’apparenza, si rivelerà piuttosto pericoloso.
Racconto partecipante al contest "Horror Pairing" indetto da LeftEye sul forum di Efp.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caramelle dagli sconosciuti

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Disclaimer: Personaggi, luoghi e nomi di questo racconto sono di mia invenzione ed appartengono solo a me.
 
Suzanne, come qualsiasi studentessa delle superiori, adorava le gite scolastiche o, come preferiva chiamarle, le uscite didattiche. Per lei la gita era un’occasione preziosa per arricchire il suo già vastissimo bagaglio culturale e non una buona scusa per sfuggire al controllo dei genitori per un paio di giorni anzi, dormire in albergo insieme alle sue compagne era ciò che Suzanne meno gradiva delle uscite didattiche.
Quel giorno la giovane era seduta da sola, gli occhi color pece persi nell’ammirazione del paesaggio e gli auricolari del suo mp3 nelle orecchie. L’autobus turistico noleggiato dalla scuola avanzava pigramente sotto il plumbeo cielo francese, diretto alla cattedrale di Sainte-Marie. Il gotico era l’unico stile architettonico che non piaceva a Suzanne e la giovane non era esattamente entusiasta della prima visita della giornata, non vedeva l’ora di trasferirsi nella valle della Loira e godersi gli stupendi castelli che si affacciavano sul fiume.
 
Una volta giunti alla cattedrale, i giovani alunni e i loro professori dovettero correre a rifugiarsi nel chiostro del monumentale edificio, dato che aveva cominciato a piovere a dirotto. La guida non era ancora arrivata e così la scolaresca ne approfittò per concedersi uno spuntino prima della visita.
Suzanne sedeva un po’ in disparte, ascoltando di sfuggita i discorsi dei suoi compagni di classe. Il suo sguardo corvino, però, non poteva evitare di posarsi su Michelle e Jean, la coppietta più popolare della classe, se non dell’intero liceo.
Michelle e Suzanne erano amiche sin dai tempi dell’asilo ma Suzanne non si era resa conto che per Michelle la loro amicizia era terminata ormai da tempo: per la prosperosa brunetta, infatti, la timida secchiona era soltanto una povera sfigata, utile per copiare i compiti per casa e per ottenere suggerimenti durante la verifiche. Purtroppo, per ottenere dei simili favori, Michelle doveva fingere di essere ancora amica di Suzanne ma, fortunatamente, si trattava di un’impresa piuttosto semplice: quella cervellona anemica, infatti, era incredibilmente ingenua. Alla bella giovane bastava ricordare a Suzanne che, se si fossero frequentate anche a scuola, i popolari non avrebbero gradito e Michelle si sarebbe ritrovata sola.
Suzanne aveva anche sorvolato sul fatto che Michelle si fosse messa insieme a Jean, pur sapendo dell’infatuazione che la dolce secchiona aveva nei confronti del “bello e dannato” della classe. In fondo, pensava Suzanne, che speranze aveva una ragazza senza forme, pallida e dai capelli indomabili come lei di conquistare quel bellissimo ragazzo biondo, palestrato e perennemente abbronzato? Michelle non aveva certamente agito con cattiveria, lei e Jean formavano una bellissima coppia, anche se vederli insieme provocava un certo dolore a Suzanne.
 
“Ehi, mia bella tenebrosa! Che ci fai tutta sola e triste?” Trillò una giovane donna bionda e slanciata, fasciata in un aderente tailleur nero.
Suzanne trasalì, distraendosi bruscamente dai suoi pensieri. Chi diavolo era quella pazza?
“Ah, che sbadata, credo sia il caso che mi presenti! Sono Francine, la vostra guida. Come ti chiami?” Si presentò la donna, notando l’espressione diffidente di Suzanne.
“Mi chiamo Suzanne, piacere.” Si presentò la giovane, continuando a squadrare Francine come se fosse stata una squilibrata pericolosa.
“Non hai risposto alla mia domanda, come mai sei tutta sola?” Domandò nuovamente Francine, estraendo una piccola scatolina in metallo dalla sua ampia tracolla.
“Non ho molta voglia di fare conversazione.” Rispose Suzanne, alludendo anche all’eccessiva confidenza che l’esuberante guida si stava prendendo.
Francine parve comprendere e le rivolse un sorriso zuccheroso, prima di porgerle la scatolina in metallo, ora aperta: conteneva delle caramelle dure di vari gusti. “Prendine pure una, sono sicura che ti piacerà! Io adoro quelle rosse.” Aggiunse la guida.
Suzanne, esitante, afferrò una rotonda caramella color rubino, ringraziando. Francine sorrise per poi dirigersi verso i professori, pronta a cominciare la visita guidata.
 
Dopo un breve appello e una spiegazione generale sulla storia della cattedrale, Francine condusse i giovani all’interno dell’edificio.
Suzanne si sentì subito a disagio, ricordando perché il gotico le piaceva così poco: la cattedrale era grande, decisamente troppo grande. Quegli spazi immensi erano adatti ad accogliere un gigante, non un essere umano! Si sentiva piccola, insignificante: era una sensazione che conosceva fin troppo bene e le chiese gotiche non facevano che amplificare la sensazione di inadeguatezza che la giovane avvertiva quotidianamente.
Francine avanzava sorridente, mentre i maschi facevano commenti non troppo galanti su di lei e fantasticavano sulle sue capacità amatorie. Michelle era avvinghiata al braccio di Jean e gli stava sussurrando qualcosa all’orecchio: probabilmente i due stavano cercando un modo per trascorrere la notte insieme senza farsi scoprire dai professori.
 
Mentre Francine spiegava l’importanza dell’organo della cattedrale (e tralasciando le varie risatine e battutine ambigue che la parola “organo” provocò nella scolaresca), Suzanne cominciò a sentirsi strana: era stordita e faticava a concentrarsi. L’unica cosa che riusciva a percepire chiaramente era l’intenso sapore di ciliegia della caramella ed un intenso calore, che la stava facendo sudare.
La giovane si allontanò un po’ dal gruppo, cercando di prendere un po’ d’aria. Francine le rivolse un’occhiata preoccupata, ma Suzanne la invitò a proseguire con un cenno.
 
Suzanne aveva sempre più caldo: si era levata sia la giacca che la felpa ed aveva ormai rinunciato a seguire le parole della guida. Francine parlava, parlava senza sosta: parlava di guglie, di pinnacoli, di pilastri, di vetrate colorate, rosoni ed archi ad ogiva. Parlava, parlava, ma che stava dicendo?
Come ci si liberava da quel maledetto sapore di ciliegia che pareva averle anestetizzato il cervello?
Alcune ragazze ridacchiarono e Suzanne si convinse che stessero ridendo di lei. Passò brevemente una mano sotto l’ascella e la sentì fradicia di sudore, non c’era da stupirsi che quelle oche giulive la prendessero in giro, invece di chiederle come stava.
Nessuno, in effetti, pareva prestare la minima attenzione a Suzanne: gli insegnanti erano rapiti dalla fluida parlantina di Francine, mentre gli alunni parevano più rapiti dalle sue curve. Le ragazze, invece, prestavano attenzione soltanto alle sue parigine in pelle scamosciata e al suo splendido rossetto color ciliegia.
Solo Francine, di tanto in tanto, osservava di sfuggita la povera Suzanne, per poi proseguire imperterrita nel giro turistico.
 
Una goccia. Suzanne era sicura di aver avvertito una goccia caderle sulla testa. Poi un’altra. Un’altra ancora.
La giovane mise una mano tra i capelli corvini e se la portò davanti al viso: c’erano tracce rossastre ed appiccicose. Perplessa, Suzanne portò la mano al naso, annusando la misteriosa sostanza: aveva un odore vagamente familiare, sgradevole e ferroso. Suzanne alzò lo sguardo verso il soffitto e cacciò un urlo terrorizzato: un enorme ferita si era aperta sul tetto della cattedrale e stava lentamente grondando sangue sui visitatori. Perché nessun altro se ne rendeva conto?
 
Francine s’interruppe al grido di Suzanne e tutti i presenti si voltarono verso la giovane, rendendosi conto dello stato in cui si era ridotta: ormai madida di sudore e rossissima in viso, Suzanne strillava spaventata, indicando il soffitto. Molti alzarono lo sguardo, senza notare nulla di strano.
“Il sangue, non vedete il sangue?!” Domandò, istericamente, Suzanne.
Francine rivolse un’occhiata preoccupata ai professori, che non avevano la più pallida idea di cosa stesse accadendo a quell’alunna tanto tranquilla e brillante.
“Michelle, accompagna fuori Suzanne e cerca di calmarla un po’. Sei la sua migliore amica, no?” Disse il professor Delacroix, l’anziano docente di Storia dell’Arte. Non voleva interrompere una visita tanto interessante soltanto perché un’allieva stava dando i numeri!
Una risatina si levò dagli alunni all’ultima affermazione del professore ma Michelle, dopo aver sbuffato scocciata, si diresse verso Suzanne e cercò di prenderla per mano .
Suzanne, ormai paonazza, indietreggiò spaventata e fissò l’amica con puro terrore. Francine, che stava per riprendere la spiegazione, s’interruppe e portò la scena all’attenzione dei professori.
 
Suzanne era terrorizzata: cos’era quel mostro che aveva davanti?
Perché nessuno urlava terrorizzato dinanzi a quella megera dai capelli di serpi e dalle orbite vuote?
Perché nessuno veniva in suo soccorso?!
“Vattene, mostro!” Urlò la giovane, indietreggiando lungo la navata. Alcune risate si levarono dai compagni delle due giovani: Michelle un mostro? Forse Suzanne stava facendo uno scherzo di pessimo gusto e nulla più!
Michelle avanzò ancora, decisa a vendicarsi dell’insulto di quella sfigata. Il professor Delacroix, intanto, era corso a cercare i guardiani dell’edificio per affidargli Suzanne.
Michelle scattò avanti e riuscì ad afferrare Suzanne per un polso, facendo urlare la giovane dal terrore. “Se io sono un mostro, tu cosa sei sgorbio?” Sussurrò Michelle, sorridendo.
Suzanne reagì immediatamente, pronta a difendersi dall’attacco dei rettili posti sulla testa di quel mostro: afferrò rapidamente il collo di quel demone con la mano liberà e sbatté con forza il cranio del mostro contro un pilastro, stordendolo.
Ora Suzanne aveva entrambe le mani libere e le utilizzò per stringere il collo di quell’immonda creatura, senza curarsi delle sue urla disumane e dei morsi che i serpenti continuavano ad infliggerle sulle braccia.
 
Tutti i visitatori osservarono impietriti la scena per alcuni secondi, poi Jean e un uomo di un’altra comitiva corsero verso Suzanne, costringendola a fatica a liberare il collo di Michelle.
“Non respira più! Non respira più!” Urlò Jean, terrorizzato, prendendo il corpo esanime della sua ragazza tra le braccia.
“Chiamate un’ambulanza, qualcuno chiami un’ambulanza!”
Suzanne nel frattempo inveiva contro l’uomo che l’aveva immobilizzata, convinta di dover uccidere quel mostro orrendo che l’aveva aggredita. Come se non bastasse quel maledetto sapore di ciliegia si faceva sempre più intenso, così come il caldo.
“Non riesco a respirare!” Urlò Suzanne, cercando di divincolarsi dalla presa dell’uomo, che ormai faticava a trattenerla.
Alcuni compagni di Suzanne accorsero per immobilizzarla ma, mentre l’afferravano, la giovane si accasciò al suolo, per poi venire scossa da forti convulsioni.
L’intera cattedrale era nel panico, mentre osservava la giovane folle che si contorceva orribilmente sulla navata centrale. Quando le convulsioni terminarono, Suzanne riuscì soltanto a mormorare“è tutta colpa del veleno dei serpenti” prima di perdere i sensi.
Nessuno si accorse di Francine, che aveva osservato l’intera scena con espressione impassibile.
 
Due ambulanze giunsero alla cattedrale di Sainte-Marie, anche se per Suzanne c’era ben poco da fare. Nessuno sapeva cosa fosse accaduto alla giovane e l’intera scolaresca era sconvolta.
 
Francine sedeva nel chiostro, fumando una sigaretta: per tutta la vita quella povera ragazza era stata ignorata da tutti, ma di sicuro chi si trovava nella cattedrale di Sainte-Marie quel piovoso giorno di Marzo non l’avrebbe mai dimenticata. L’aveva resa celebre, anche se in maniera un po’ drammatica.
Sorrise: c’era un motivo se i genitori avvertivano sempre i loro bambini di non accettare caramelle dagli sconosciuti. Era per colpa di una strega cattiva ma molto furba che si divertiva a regalare alle persone dei fluidi velenosi ed allucinogeni che sembravano delle buonissime caramelle alla ciliegia.
Nessuno aveva paura della strega, quando la incontrava, perché sembrava una ragazza bella e gentile, anche se un po’ stupidina.
No, ragazzi miei, non si accettano caramelle dagli sconosciuti.
 
L’angolo dell’autrice
 
Eccomi qua con un piccolo esperimento horror! Questo racconto è stato (purtroppo) l’unico partecipante al contest [WAR] Horror Pairing, indetto da LeftEye sul forum di Efp.
Non c’è molto da dire, tranne che ringrazio la giudice per aver comunque valutato la mia storia e per aver realizzato il bannerino.
A presto,
Carmilla Lilith.
   
 
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