La
giornata seguente passò come in un sogno e Rin arrivò a dubitare di non essersi
mai svegliato davvero. Non aveva voglia di vedere nessuno né di fare nulla.
Nonostante le insistenze di Kuro si rifiutò di toccare cibo sostenendo di avere
la nausea e, dopo aver tentato di trovare qualcosa da fare che potesse
distrarlo, si arrese e si rintanò in un angolo del letto dove restò quasi
immobile per tutto il tempo, le ginocchia portate al petto e il mento
appoggiato su di esse. I suoi occhi azzurri erano persi nel vuoto di fronte a
lui e, come era successo in ospedale la sera prima, era avvolto dalla più
totale apatia. Il suo famiglio cercò in ogni modo di smuoverlo, ma alla fine fu
costretto a desistere e, dopo aver temporeggiato nella stanza per un po’
lanciando al suo amico continue occhiate preoccupate, si decise a lasciare il
dormitorio, decidendo che Rin non rappresentava un pericolo per sé stesso e che
la sua presenza era solo un disturbo per il dolore del ragazzo.
Il mezzo
demone quasi non si accorse di essere rimasto solo, ma in fondo non gli
importava. Considerando lo stato in cui si trovava si sarebbe sentito isolato
come in mezzo al nulla anche se fosse stato in mezzo alla folla più fitta.
Comunque quel poco di lui che registrò la sparizione della creatura quasi se ne
rallegrò, perché in quel momento non aveva nessuna voglia di interagire,
soprattutto per finire il discorso della sera prima. Si lasciò sfuggire un
sospiro. Era proprio patetico, anzi di più, faceva pena, su questo
non c’erano dubbi. Non poteva andare avanti così fino a quando Yukio non si
fosse svegliato, supponendo di dare fiducia alle parole di Mephisto e di
credere che l’avrebbe fatto. Eppure, nonostante considerasse più che ridicolo
lo stato in cui si trovava non aveva né la forza né la volontà di cambiarlo,
non quel giorno almeno. Aveva ancora bisogno di smaltire gli eventi che gli
erano crollati addosso senza preavviso. E poi c’era quella maledetta incertezza
che lo teneva sospeso tra speranza e sconforto, consumandolo sempre di più con
la lentezza infinita dei secondi che passavano. Avrebbe dovuto reagire, sapeva
che se fosse rimasto lì, rintanato dentro sé stesso, non avrebbe ottenuto altro
che stare ancora più male. C’era una voce nella sua testa che lo ripeteva di
continuo come una cantilena, la voce della ragione forse. Ma in fondo lui non
l’aveva mai ascoltata se non in circostanze molto particolari.
Il cielo
coperto di nuvole mandava dentro la stanza una luce grigiastra, che, notò Rin,
non avrebbe potuto essere più deprimente. Di solito lui odiava quel tipo di
clima, trovava sempre qualche epiteto non troppo gentile con cui apostrofarlo,
ma in quel momento quel cielo era l’unica cosa che mostrasse di capire come si
sentiva lui, privato della bellezza del suo azzurro intenso ed etereo, derubato
della luce del suo astro. Gli venne quasi da ridere. Ora stava anche diventando
melodrammatico. Ogni scusa era buona per pensare ad altro, ogni sforzo mentale,
anche il più stupido ed inutile, era il benvenuto se poteva rimandare ancora
per un po’ lo scontro con la realtà urgente ed inevitabile. Ecco, forse era
proprio quello ciò che gli dava più fastidio, l’ineluttabilità di alcuni
avvenimenti che si sottraevano quasi con scherno a tutti i suoi tentativi di
modificarne il corso. E il più antipatico di tutti era la morte stessa. Quella
bastarda se ne era sempre fregata alla grande dei suoi sofferti sforzi,
passandogli davanti senza fatica e costringendolo ad assistere al suo trionfo.
Perché mai non avrebbe dovuto comportarsi così anche quella volta? Avrebbe
lasciato andare la sua preda solo perché c’era un pazzo che era convinto che
l’avrebbe fatto? Rin aveva i suoi dubbi. Se doveva accadere sarebbe accaduto.
Discorso chiuso. O almeno in teoria avrebbe dovuto esserlo. Perché lui non
l’avrebbe accettato, non un’altra volta.
Fiumi di
ricordi lo invasero insieme al dolore che si erano sempre portati dietro e che
sempre si sarebbero portati. Potevano anche averlo perdonato, poteva
anche essersi perdonato, ma mai avrebbe potuto liberarsi di
quella catena di sofferenza. Voci, fiamme, una pozza di sangue. La notte in cui
aveva perso la persona che aveva permesso che lui rimanesse in vita. Il gesto
d’amore più grande e al tempo stesso forse l’errore più imperdonabile di una
vita che avrebbe tanto voluto vedere ancora intrecciata alla sua e a quella di
Yukio, ma che era loro stata strappata ingiustamente. O forse era quella la
punizione per quello che era, il contrappasso per il peccato che scorreva nelle
sue vene sotto forma di sangue. Vedersi togliere una ad una le persone più
care, vederle morire inesorabilmente ed inutilmente per lui. Quel pensiero fece
ancora una volta traballare il suo torpore interiore con un brivido doloroso.
Circondò le ginocchia con le braccia e le strinse ancora di più al petto.
Possibile che la sua mente finisse sempre e solo in quella direzione? Ci doveva
essere una ragione. O forse aveva ragione Kuro e lui non faceva altro che
autocommiserarsi, convinto che servisse a fare il bene degli altri mentre in
realtà non era altro che un misero atto di egoismo.
Scosse il
capo, esasperato. Non doveva pensarci. Si sforzò di dirigere le sue riflessioni
altrove, cercando a tentoni qualunque altro argomento che non gli parlasse di
morte e della sua sofferenza presente. Ma i suoi pensieri tornavano sempre allo
stesso punto, per quanto lui annaspasse in mezzo a loro cercando di
distoglierli. Suo fratello. Forse iniziava a capire perché Mephisto gli aveva
impedito di vederlo. Già solo immaginarselo pieno di sangue, i vestiti neri,
bruciati e la carne martoriata dalle ustioni, immobile con gli occhi serrati
gli faceva venire la nausea. Vederlo in quello stato, saperlo per davvero con
quelle piaghe e incosciente lo avrebbe fatto impazzire di rabbia e di dolore. Avrebbe
compiuto ciecamente qualche atto scosiderato, di sicuro. Non poteva dare così
torto al preside. Però, dall’altro lato, trovarselo davanti vivo,
anche se non cosciente, avrebbe forse alimentato la sua fievole ma combattiva
speranza. Ripensò quasi istintivamente all’ultima volta che lo aveva visto.
Erano così dannatamente vicini, troppo vicini. Si era perso negli occhi di suoi
fratello, quei dannati occhi blu oceano che spesso lo avevano lasciato
interdetto con la loro impassibilità e che altrettanto di frequente lo avevano
sorpreso con i loro lampi appassionati, fugaci quanto intensi. Si sentì
avvampare e istintivamente affondò il volto nelle maniche del pigiama. Ma che
pensieri andava a fare?! Yukio era suo fratello gemello, dannazione, non
avrebbe dovuto avere certe reazioni pensando a lui. Era anche il fratello che
lo aveva baciato, però. E, come aveva giustamente detto Shima la
sera prima, c’era solo un motivo che potesse spiegare un gesto del genere, e
poco importava quando in teoria fosse sbagliato nel loro caso. Borbottò qualche
imprecazione tra i denti. Perché gli venivano in mente quelle cose? Erano quasi
peggio dei suoi pensieri patetici di prima. Eppure sapeva che non poteva
scartare neanche quella questione, per quanto scomoda fosse. Avrebbero dovuto
affrontarla prima o poi. A meno che Yukio non avesse perso la memoria a causa
di qualche complicazione dovuta al coma, rimuovendo il giorno della sua
partenza. Ma era troppo semplice per divenire realtà, sarebbe stato troppo
facile per lui far finta di nulla. Sempre che fosse possibile fingere di
essersi dimenticato di una cosa del genere. Un altro sospiro gli sfuggì dalla
labbra. Forse non era una cattiva idea sfruttare quella sua apatica calma
innaturale per riflettere in modo vagamente obiettivo sulla faccenda. E poi non
aveva nulla da fare. I suoi ricordi volarono di nuovo a quell’ultima scena, ai
loro respiri che si mischiavano, all’espressione strana negli occhi di Yukio,
alle labbra fredde ma appassionate premute contro le sue in un bacio che era
durato una vita e un istante. Non aveva avuto il sapore di marcio che
accompagnava la colpa, forse solo il brivido del proibito, la vertiggine di
infrangere una regola fondamentale ma pur sempre convenzionale. Ma non era solo
quello. C’era molto di più, una leggerezza e una dolcezza, una pura sincerità
che male si addiceva a un peccato tanto rigettato dalla legge, sia religiosa
che civile, e che aveva lasciato dietro di sé incertezza e confusione ma non il
senso del fallo. Poteva davvero essere così sbagliato?
Tornò a
sollevare la testa, puntando lo sguardo nuovamente fuori dalla finestra. La
luce gli ferì gli occhi, cosa che gli fece supporre di essere rimasto con le
palpebre serrate più a lungo di quello che aveva creduto. La luminosità aveva
cominciato lentamente a diminuire, segno che il sole doveva aver già superato
il mezzogiorno. In fondo il tempo non era scorso così lentamente come pensava.
Era rimasto seduto senza cambiare posizione per delle ore e il torpore
indolenzito delle sue membra sembrava confermarglielo. Poi era lui quello che
prendeva in giro il suo gemello se passava le giornate seduto alla scrivania a
studiare o a compilare rapporti. Almeno Yukio si dedicava qualcosa, non perdeva
tempo come stava facendo lui in quel momento. Se i ruoli fossero stati
invertiti, se ci fosse stato lui in coma, di certo suo fratello non sarebbe
rimasto seduto a disperarsi sul letto. Si sarebbe gettato nel lavoro o nello
studio, anche se era sicuro che neanche quel genio sarebbe riuscito a staccare
i suoi pensieri dal fratello sdraiato nel letto d’ospedale. E in fondo quella
cosa lo confortava. Forse Yukio avrebbe insistito per vederlo anche se Mephisto
gli avrebbe consigliato di non farlo, se ne sarebbe fregato dello stato in cui
avrebbe potuto trovarsi. Ma in fondo era sempre lui che lo curava quando
tornava a casa pieno di graffi e lividi e poi era una specie di medico pure
lui. Avrebbe addirittura obbligato gli infermieri a dargli il permesso di
occuparsi della sua terapia e di cambiargli le fasciature. Se lo immaginava,
seduto nella sua camera di fianco al letto, con i libri e quei dannati
rapporti, intento a preparare una lezione o a correggere i compiti in classe,
che alzava ogni tanto la testa per rivolgergli qualche commento sarcastico. Non
sarebbe stata la prima volta dopotutto. Si lasciò sfuggire una risata amara.
Lui non ne sarebbe mai stato capace. Tutta quella calma, anche se forse era
solo apparente, di fronte all’ombra della morte. Ma Yukio aveva un modo tutto
suo di temere e disprezzare le cose. E avere la Morte seduta di fianco in un
corridoio d’ospedale non gli avrebbe impedito di continuare a farlo. Anche in
quel momento, in un certo senso, lo stava curando, con quei ricordi forse tanto
insignificanti ad occhi esterni ma che per loro erano tutto. In fondo non
c’erano mai state grandi parole o dimostrazioni estrose tra loro, ma piccoli
gesti e sguardi intrisi di significato. E mai come ora Rin ne era stato
conscio.
Non
poteva lasciarsi andare in quel modo. Insomma, era lui il maggiore, doveva essere
lui a dare il buon esempio a suo fratello non il contrario. Peccato che alla
fine era sempre lui quello che aveva bisogno di essere spronato. Ma questa
volta non c’era Yukio a venire a tirarlo giù dal letto, avrebbe dovuto farlo da
solo. Poteva dimostrare che era forte e che sapeva controllare le sue emozioni
e la sua interiorità. Non era altro che un ulteriore allenamento, un passo in
più verso l’acquisizione di quel controllo di cui aveva bisogno per riuscire a
sconfiggere il loro nemico. Tolse le braccia dalle ginocchia e cercò di
alzarsi, ma il suo corpo protestò notevolmente, tutto intorpidito. Lui sbuffò
decidendo però di aspettare un attimo e si sporse per prendere la sua molletta.
Aveva un certo languorino in effetti. Alla festa non aveva mangiato molto e
quindi era praticamente un giorno che non toccava cibo. E di certo anche Kuro
doveva essere piuttosto affamato. Gli avrebbe fatto trovare il suo piatto
preferito per quando sarebbe tornato. In fondo se lo meritava, la sua presenza
gli era stata come sempre preziosissima.
Fece un
altro tentativo, questa volta riuscito, di sollevarsi e fissò indietro la
frangia con la forcina, dirigendosi poi verso la cucina. Era giunto il momento
di rendersi utile, aveva poltrito fin troppo. Più tardi avrebbe chiamato
Mephisto per farsi dare notizie. E il giorno dopo magari avrebbe potuto fare
uno squillo ai suoi compagni e spiegare loro la situazione. Ma era meglio fare
una cosa alla volta. Prima avrebbe cucinato, poi avrebbe pensato a tutto il
resto.
Durante
la notte le nuvole avevano finalmente lasciato libero il cielo, permettendo
così al sole invernale di mostrarsi nella sua pallida lucentezza nel cielo
chiaro del mattino. L’aria fredda entrava dalla finestra socchiusa della stanza
da letto dei gemelli, portando con sé l’odore umido della neve a qualche raggio
di luce. Rin aveva preso sul serio la sua decisione di uscire dalla passività
in cui gli eventi della notte precedente lo aveva gettato e si era dato da fare
per restare occupato, pulendo l’appartamento da cima a fondo e dandosi ad
esperimenti culinari di vario tipo in compagnia di Kuro. In quel momento i due
erano seduti di fronte al forno chiacchierando e guardando la torta che il
mezzo demone aveva appena infornato lievitare lentamente sotto l’azione del
calore. Il famiglio cercava di mostrarsi allegro e di contagiare anche il
ragazzo per distrarlo da eventuali pensieri tristi. Comunque l’umore di Rin era
visibilmente migliorato, anche se lui restava avvolto da un’insistente
malinconia, alimentata dal fatto che quel giorno era il compleanno suo e di suo
fratello. Si era però sforzato di non lasciarsi andare e, nonostante avesse
declinato con delle scuse gli inviti dei suoi amici di uscire per festeggiare
la ricorrenza, aveva deciso che avrebbe passato una bella giornata con Kuro,
celebrando quell’occasione in famiglia come avrebbe voluto fare con Yukio. Gli
sarebbe piaciuto avere il suo gemello con sé, ma si era consolato dicendosi che
avrebbero recuperato quando l’altro si sarebbe svegliato e aveva considerato
l’idea di andarlo a trovare. In fondo il giorno prima Mephisto gli aveva
telefonato dicendogli che aveva fatto trasferire il giovane esorcista
dall’ospedale a casa sua visto che le sue condizioni sembravano essersi
stabilizzate e anche perché così avrebbe potuto tenerlo d’occhio meglio o,
usando le sue esatte parole, “controllare eventuali sviluppi imprevisti”. Il
ragazzo non aveva afferrato il significato preciso di quell’ultima frase, ma
non ci aveva fatto molto caso. Ormai era più che abituato alle stranezze e ai
misteri del preside. Conoscendolo, quella frase avrebbe potuto non contenere
alcun significato particolare e quel pazzo poteva averla usata solo perché era
d’effetto. Oppure avrebbe potuto voler dire tutto.
‘Quanto
ci vorrà perché la torta sia pronta?’domandò Kuro agitando lentamente le code.
‘Guardarla mi mette una certa fame…’.
“Una
mezz’ora circa, non di più”rispose il mezzo demone con un sorriso. “Poi sono io
quello goloso, eh, Kuro? Spero solo che mi sia uscita bene!”.
‘Sarà di
sicuro una meraviglia. L’hai fatta tu quindi è garantito!’fece il famiglio con
l’aria di chi la sa lunga. ‘Però cerchiamo di non mangiarcela tutta in una
volta o ci verrà un’indigestione!’.
“Ovvio.
L’ho fatta da tre porzioni decisamente abbondanti quindi mangiarla tutta in due
non è il massimo”sospirò Rin passandosi una mano nei capelli. “So che è
stupido, ma quasi quasi spero che Yukio si svegli direttamente oggi. Sarebbe il
regalo di compleanno più bello che io possa desiderare. Ma è altamente
improbabile…”.
‘Mai dire
mai, Rin. Magari nel suo subconscio sa che oggi è il vostro compleanno e, se il
suo corpo glielo permette, si sveglia proprio per farti quel regalo che vuoi
tanto. È capitato in alcuni casi che le persone emergessero dal coma in giorni
che per loro rappresentavano qualcosa di speciale’.
Il
ragazzo gli lanciò uno sguardo poco convinto. “Mi sembra un po’ strano. Secondo
me è solo una coincidenza. E, anche se fosse, non è detto che succeda proprio
in questa occasione. In fondo è solo un compleanno…”borbottò.
‘Solo un
compleanno, dici? Per Yukio tu sei la persona più importante al mondo e quindi
tutto ciò che ti riguarda è importante. E non negarlo, lo sai benissimo anche
tu’lo riprese Kuro scuotendo il capo davanti a quell’ostentata quanto falsa
testardaggine. ‘E, anche se non lo ammetterai mai neanche sotto tortura, per te
è lo stesso. Ce ne siamo accorti tutti che tu e tuo fratello avete un legame
speciale, anche se sembra quasi che non facciate altro che discutere tutto il
giorno!’.
A quelle
parole il volto di Rin andò in fiamme. Era ovvio che il suo famiglio non
intendeva quello che era andato a pensare lui, ma le sue parole gli avevano
ricordato troppo quelle che Mephisto gli aveva rivolto non senza malizia quella
sera sulla terrazza della True Cross. Imprecò mentalmente contro il preside per
l’ennisima volta e si schiarì la gola cercando di darsi un contegno. “Pensala
come ti pare…”riuscì a dire, volgendo lo sguardo altrove imbarazzato.
‘Ti senti
bene, Rin?’domandò la creatura, guardandolo attentamente. ‘Sei tutto rosso. E
riesco a sentire il tuo imbarazzo. Ho detto qualcosa che non dovevo?’.
“Ma va,
figurati! No, no, stavo solo pensando…”si affrettò ad rassicurarlo il mezzo
demone agitando le mani davanti a sé. “E non c’entra Yukio, non pensarci neanche!”.
‘Ehm,
Rin, non mi era passato neanche per la testa che potesse essere tuo fratello a
metterti in imbarazzo…Ma a quanto pare c’entra lui. Che è successo? Per caso è
questa l’altra cosa che ti tormentava, quella che non mi hai voluto dire?’.
Il
ragazzo avvampò ancora di più. Proprio antisgamo, non c’era nulla da dire. E
adesso? Cosa avrebbe dovuto dire? ‘Oh, no, no, Kuro, non è nulla. Vedi, io e
Yukio ci siamo baciati come di solito dovrebbero fare gli amanti e non ifratelli e
ho il sospetto che lui si sia innamorato di me! E io? Be’, non lo so, sai, la
cosa è un attimino illegale e moralmente sbagliata, però non posso fare altro
che pensare a quel bacio e a quanto siano belli gli occhi di Yukio!’pensò
sarcastico, immaginando lo shock che il suo famiglio avrebbe potuto prendersi
se gli avesse confessato qual era il vero motivo del suo turbamento. “Ehm,
senti, Kuro, non credo sia…Non mi sento ancora di parlartene”biascicò alla
fine, cercando di suonare convincente. “Insomma, riguarda anche Yukio e quindi…Dobbiamo
discuterne. Un giorno te lo diremo, promesso!”. Si pentì immediatamente di
quello che aveva detto. Non tanto per quello che Kuro avrebbe potuto pensare,
era quasi impossibile che il suo amico capisse davvero cos’era che lui e Yukio
gli stavano nascondendo, ma piuttosto perché alle sue stesse orecchie suonava
come se quel qualcosa fosse molto di più di un singolo bacio.
‘Come
vuoi, Rin, aspetterò’annuì la creatura, lanciandogli uno sguardo strano. ‘Cerca
di non fare casini però. Non so perché ma ho l’impressione che nemmeno tu
sappia esattamente che cosa mi stai nascondendo’.
Lui
rimase immobile per un attimo, colpito da quelle parole. In effetti Kuro non
aveva tutti i torti. In fondo aveva ammesso con sé stesso di non sapere cosa
pensare al riguardo. E avrebbe preferito non saperlo mai da un certo punto di
vista. Aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta, impedendogli
di esprimersi.
Il
ragazzo si alzò e si diresse verso l’ingresso, pensando che si trattasse di
qualche suo compagno di classe che non era stato convinto dalle sue scuse
telefoniche. Non aveva ancora detto loro cosa era capitato a Yukio, non se
l’era sentita. Aprì la porta preparandosi a tirar fuori qualche pretesto per
cacciare via in fretta il nuovo venuto ma le parole gli morirono in gola non
appena realizzò che la persona che gli stava davanti era Mephisto. Quest’ultimo
gli rivolse un sorriso serafico ma al tempo stesso decisamente inquietante e
sventolò una mano in segno di saluto.
“Buongiorno,
Rin!~ Come va?”esclamò allegro, scivolando oltre la soglia senza attendere di
venire invitato. “Ma che buon profumino che c’è! Stai cucinando? Immagino di
sì, oggi è il tuo compleanno! A proposito, tanti auguri!”.
“Sì, sì,
grazie…Cosa vuoi?”lo aggredì Rin lanciandogli uno sguardo tutt’altro che
felice. Quel demone faceva sempre come se fosse a casa sua anche quando sapeva
di non essere ospite gradito, dannazione a lui. E po quando si presentava al
loro dormitorio non era mai un buon segno. Anche se in quel momento il suo
ghigno pareva non avere quella solita sfumatura malefica di quando gli portava
cattive notizie. Un pensiero lo colpì, facendo svanire d’un tratto tutta la sua
irritazione. “Sei qui per Yukio? Ci sono novità? È successo qualcosa? Si
è…svegliato?”si affrettò a domandare senza neanche tentare di nascondere la
nota d’ansia che pervadeva il suo tono. Dannazione, in fondo aveva tutto il
diritto di sperare, no?
“Accidenti,
che cambio di umore improvviso! Tutto lo stress di questi giorni ti ha fatto
diventare lunatico!”lo prese in giro il preside dirigendosi verso la cucina per
dare un’occhiata alla fonte del profumo che si disperdeva per l’appartamento,
senza curarsi di rispondere alle sue domande. “Sul serio, dovresti rilassarti
un attimo. Guarda che lo dico per il tuo bene!”.
“Stavo
benissimo prima che arrivassi tu”lo rimbeccò lui irritato, seguendolo. “Allora?
Tu non ti presenti mai senza una ragione. Mi vuoi rispondere, razza di
clown?!”.
“Eh,
maleducati come sempre, eh? Mi fai passare la voglia di risponderti! Calma,
calma, non avere fretta! E Rilassati, non porto brutte notizie, anzi!”. Il
sorrisetto sul suo volto prese una curva sinceramente divertita. Rimase zitto
un attimo godendosi la vista del mezzo demone che, per quanto irritato, non
poteva fare a meno di pendere dalla sue labbra e poi riprese: “Sembra proprio
che qualcuno abbia deciso che doveva farti a tutti costi il regalo di
compleanno in tempo! Deve essere davvero pazzo di te!”.
Rin
sgranò gli occhi e dovette appoggiarsi ad una sedia, troppo sorpreso perfino
per badare al tono da presa in giro e alle insinuazioni dell’altro. Se quello
non era l’ennesimo giochino di quel pazzo allora le sue parole significavano
esattamente ciò che gli aveva detto Kuro appena poco prima. L’incubo era
davvero già finito. Quasi non aveva la forza per crederci. “Portami da lui,
subito”ordinò perentorio, afferrando la giacca e strattonando Mephisto per un
braccio. “Kuro, ti spiace curare la torta mentre sono via? Yukio avrà la sua
porzione a quanto pare!”.
‘Qui
penso a tutto io, non preoccuparti, Rin’lo rassicurò il famiglio con un sorriso
raggiante. ‘Visto? Che ti avevo detto? Dai, corri da Yukio!’.
Il mezzo
demone ricambiò grato il sorriso e trascinò il demone fuori dalla stanza a
forza. Quello borbottò qualcosa del tipo “Ma che modi” venendo tuttavia
prontamente ignorato e alla fine si rassegnò a seguire il ragazzo che quasi
tremava di impazienza.
“Datti
una calmata, Rin. Capisco che tu sia ansioso di vedere tuo fratello però ti
pregherei di controllarti un attimo prima che tu mi distrugga qualcosa per via
dell’agitazione”borbottò estraendo dalla tasca una delle sue chiavi speciali.
“È casa mia dopotutto. Se fosse un altro ambiente non me ne fregherebbe più di
tanto…”.
Rin fece
un frettoloso gesto d’assenso. “Ok, ok, ma vedi di muoverti”fece incrociando le
braccia sul petto. “O finisco per distruggere qualcosa per davvero!”.
Il
preside scosse il capo sospirando teatralmente, ma si affrettò a fare quello
che gli era stato detto. Non voleva altri guai, già era stato costretto a
scrivere dei rapporti noiosissimi su quello che era capitato alla squadra di
esorcisti di cui faceva parte Yukio, non voleva dover compilare altri moduli
per chiedere un risarcimento danni.
La porta
si aprì nuovamente dando questa volta sullo spazioso appartamento di Mephisto.
Normalmente il ragazzo si sarebbe soffermato a fissare con la bocca aperta lo
spazio enorme e riccamente decorato, ovviamente allegando qualche commento
decisamente fuori luogo, ma in quel momento la sua mente era troppo occupata
per curarsi di quello che lo circondava. Il padrone di casa lo condusse al
pieno di sopra spiegando che aveva sistemato Yukio nella camera degli ospiti e
che in quel momento c’era Amaimon a prendersi cura di lui. Sempre che il demone
coi capelli verdi sapesse prendersi cura di qualcosa o qualcuno che non fosse
sé stesso.
“Amaimon…Grazie,
ma davvero, non mi va”. Una voce più che familiare risuonò nel corridoio, il
tono forzatamente gentile, arrivando alle orecchie di Rin insieme con la tanta
agognata conferma che non si trattava di uno scherzo di cattivo gusto.
Il mezzo
demone non poté evitare di bloccarsi per un attimo sul posto sentendo mille
emozioni invaderlo. Dannazione, gli avevano davvero restituito il suo gemello.
Ma si riscosse subito ed accelerò il passo fino ad arrivare alla porta. Yukio
era seduto su un letto le lenzuola avvolte intorno alle gambe e il torso nudo
coperto da spesse fasciature bianche così come la parte superiore delle
braccia. Il viso però pareva non essere stato toccato dalle fiamme e a parte i
capelli un po’ in disordine e l’assenza degli occhiali, che giacevano
dimenticati sul comodino, era lo stesso di sempre. Il giovane esorcista stava
discutendo con Amaimon che se ne stava rannicchiato di fronte a lui e cercava
in tutti i modi di rifilargli un lecca lecca.
“Andiamo,
il mio Aniue ha detto che hai bisogno di energie! E lo zucchero ne dà
parecchie!”stava dicendo il demone con il suo solito tono piatto, allungando il
dolce verso il ragazzo che si scostò. “Forza, fratellino, non fare i capricci”.
“Ti ho
detto che non mi va, Amaimon!”protestò l’altro spingendo via la sua mano. “Ti
ringrazio davvero per tutte queste attenzioni, ma non ne ho bisogno!”.
“Cos’è,
hai paura che sia avvelenato per caso?”fu la domanda sospettosa.
“No, ma
figurati, perché mai dovrei pensare una cosa del genere?! È solo che…”iniziò
Yukio esasperato, ma fu interrotto.
“Ti
dimostro che non lo è allora!”. Amaimon gli rivolse uno sguardo quasi di sfida,
poi ritrasse il lecca lecca e se lo infilò in bocca, avendo la cura di
succhiarlo per bene. “Contento? Se fosse stato avvelenato pensi che sarei stato
così stupido da assaggiarlo a mia volta? Ecco! E adesso basta storie!”esclamò
deciso. “Mangia!”. E forzò senza troppi complimenti la caramella oltre le
labbra del ragazzo senza dargli il tempo di reagire.
Il viso
dell’esorcista andò immediatamente in fiamme, ma lui non il coraggio di
estrarre il dolce dalla bocca e si limitò a stringere le dita sul bastoncino di
plastica, imbarazzato. “Solo tu potevi fare una cosa del genere,
Amaimon…”sospirò scuotendo il capo.
Il demone
lo guardò interrogativo. “Eh? Perché, che c’è di male?”domandò.
“A volte
mi chiedo come tu faccia ad essere un demone, Otouto”si intromise Mephisto
incredulo, alzando gli occhi al cielo di fronte l’ingenuità di suo fratello,
facendoli voltare tutti e due. “Sei troppo…candido in certe
occasioni”.
“Ma,
Aniue, ho fatto quello che mi hai detto tu!”protestò quello un po’ irritato.
“Che diamine! Hai sempre da ridire! Cos’ho sbagliato ‘sta volta?!”.
“Nulla,
nulla, Amaimon. Ma andiamo a discuterne da un’altra parte. Il nostro ospite ha
visite. E ha diritto alla sua privacy!”. Il preside si avvicinò al letto e
sollevò Amaimon di peso, trascinandolo fuori dalla stanza senza aggiungere
altro e chiudendosi la porta alle spalle.
Non
appena i due demoni se ne furono andati Yukio fissò lo sguardo sul suo gemello,
un lampo che gli accendeva gli occhi blu oceano. Rin ricambiò il suo sguardo
ancora stralunato per la scena a cui aveva appena assistito, ma parve
dimenticarsene immediatamente non appena le sue iridi affondarono in quelle del
fratello. L’ombra della morte imminente che lo aveva tormentato mentre Yukio
era in coma era svanita e lui aveva ripreso la sua normale spavalderia. Ora
gliel’avrebbe fatta pagare a quel quattr’occhi.
“Rin…”mormorò
l’esorcista. Poi abbassò lo sguardo e sospirò. “Penso di doverti qualche
spiegazione. Ascolta, Nii-san, so che sei arrabbiato e…”.
Ma non
poté finire la frase perché l’altro gli fu addosso, afferrandolo per le spalle
e scuotendolo con tanta forza che le sue ferite non ancora rimarginate urlarono
di dolore. “Tu non sai proprio nulla, cazzo!”ringhiò Rin furioso. “Tu non sai
che diamine ho passato in questi fottuti giorni mentre sei stato lontano, solo
con uno stramaledetto presentimento che mi tormentava e la preoccupazione che
mi uccideva! Sei uno stronzo egoista! Altro che proteggermi! Mi vuoi far
impazzire!”.
“Nii-san,
calmati! L’ho fatto per te!”protestò lui, cercando di mantenere un tono
calmo e afferrandogli i polsi per staccarlo da sé, ma invano. La presa di suo
fratello era ferrea, come se temesse che se lo avesse lasciato lui sarebbe
sparito. Di nuovo. Quella considerazione gli provocò una fitta dolorosa.
L’aveva fatto soffrire molto per via della sua decisione, ne era conscio, ma
preferiva vederlo preoccupatissimo per lui piuttosto che in pericolo tra le
grinfie del loro padre biologico. “Se ti avessi detto che andavo a combattere
contro Satana cosa avresti fatto?”.
“Ti sarei venuto dietro, perdio! Non ti avrei di certo lasciato andare da solo
incontro a quel bastardo!”.
“Esatto.
È proprio per questo motivo che non ti ho detto nulla! Non volevo che tu
rischiassi di farti ammazzare. Ti saresti lanciato nella battaglia senza
pensare e sarebbe stata la fine. Sai bene quanto Satana sia forte, non hai
ancora neanche una chance contro di lui!”.
“Perché tu sì
invece? Ti credi tanto più forte di me perché ha quelle maledette abilitazioni
da esorcista, non è così? Avresti dovuto rifiutare quella missione! Era un
suicidio, un fottuto suicidio, dannazione!”esplose il mezzo demone,
sentendo la sua rabbia crescere a dismisura. Non li sopportava quei
ragionamenti. Lui non poteva mai fare nulla, mentre gli altri erano liberi di
scegliere di fare qualunque cosa gli passasse per la testa, per quanto stupido
e pericoloso fosse. Non era giusto. “Cazzo, Yukio, sei tu quello che è quasi
finito ammazzato! Che cazzo credevi di fare, eh? Quello aveva
ucciso quasi tutti i tuoi compagni e tu che hai fatto? Gli sei andato incontro
da solo!”. Mollò la prese sul gemello e scosse il capo ridendo
amaramente. “E poi chi è lo sconsiderato, eh, fratellino? Chi è quello che fa
le cazzate? È vero, io avrei rischiato di farmi ammazzare, ma non è esattamente
quello che è successo a te, caro il mio genio? Come la mettiamo?”.
“Fa parte
del mio lavoro rischiare la vita, Nii-san. Non potevo certo
abbandonare la missione. E non è una questione di orgoglio o manie di
grandezza. È vero, io volevo scontrarmi con lui, volevo dare
una lezione a quell’essere che ci ha rovinato la vita, volevo farlo per me e
per te. Ma, al contrario di quanto tu pensi, sono conscio di non avere chance
contro di lui e che forse non ne avrò mai”ribattè Yukio serio, fissando il suo
sguardo gelido in quello irato dell’altro ragazzo, una nota di frustrazione nel
tono. “Non ho mai detto di essere più forte di te, ma di sicuro so essere più
obiettivo e soprattuto più prudente. Questa è la differenza tra noi
due. Io ho imparato a calcolare i rischi e a decidere consciamente di
prenderli, tu non li consideri nemmeno. E questo ti porta a rimetterci molto di
più”. Sospirò. “È vero, sono quasi finito ammazzato. Ma non mi sono pentito di
avere accettato l’incarico. Non mi voglio tirare indietro, voglio combattere al
tuo fianco. Ma visto che tu cerchi sempre di impedirmelo ho deciso di fare come
te: prendere e sparire senza dire nulla. Adesso capisci come mi sento quanto
sei tu a scappare e a metterti nei guai, fuori dalla mia
portata? Lo capisci, Nii-san?”.
Rin
rimase immobile per un attimo, accusando il colpo. Era vero, anche lui si era
comportato come aveva fatto suo fratello in quell’occasione, e più di una
volta. Ma dannazione, lui era un demone e aveva tutte le abilità
che ciò comportava, il suo corpo non era fragile come quello degli
umani. Vero, forse anche quello di Yukio non aveva tutta la vulnerabilità
umana, ma di sicuro non possedeva i poteri demoniaci che permettavano a lui di
sopportare quello che sopportava negli scontri. Però il suo gemello pareva non
afferrare quel piccolo particolare. Poteva avere tutta l’esperienza e
l’addestramento che voleva, ma restava sempre un gradino sotto il livello dei
demoni per via della sua natura umana. “Sì, l’ho capito, fin troppo bene. Però
non è la stessa cosa, Yukio. Possibile che tu non lo veda? Ti è andata di culo!
Cazzo, avresti potuto bruciare vivo tra quelle fiamme! Possibile che tu non te
ne renda conto?! È vero, sei riuscito a piantare due proiettili in corpo a quel
bastardo, ma a quale costo? Guarda sotto quelle maledette fasciature! Quei
segni ti rimarranno per sempre, testimoni del tuo fottuto orgoglio!”ringhiò
puntando un dito sulle bende che coprivano il corpo dell’altro. “Lo capisci
questo, fratellino?”.
Lo
sguardo dell’esorcista si indurì e lui scostò le coperte, alzandosi per poter
fronteggiare meglio il mezzo demone. “Sì, lo capisco, Nii-san. E potrei dire
che ne sono fiero, posso dire che ogni volta che mi guarderò
allo specchio e le vedrò mi ricorderò che qualcosa posso fare anche io per
la nostra causa. Ho combattuto e, anche se non ho conseguito
una vittoria gratuita, ho vinto io. E sono pronto a rifarlo
infinite altre volte se dovesse essere necessario. Per me, per te, per la nostra vita”fece
gelido. “Non mi interessa quello che puoi pensare. Come puoi farlo tu posso
farlo io. E non tirare fuori la storia dell’essere demone o no, Rin. So quello
che stai pensando”. Si portò una mano al petto e strinse i pugni. “Le ho
sentite eccome quelle fiamme, ma non mi hanno bruciato perché in un
certo modo sono anche una parte di me, non le sento estreanee. Ostili sì, ma
non estranee. Possono consumarmi quanto possono consumare te, ma non
possono uccidermi. Perché dovrebbero estinguere sé stesse per
farlo”.
“Quello che dici non ha senso, Yukio! Ma cazzo, ti ascolti?! Guardati allo
specchio! Non hai la coda, le orecchie e non vai a fuoco, dannazione!”protestò
con forza suo fratello, scuotendo testardamente il capo. Qualche scintilla blu
corse sui suoi capelli mentre lui tremava di rabbia e di incredulità. Che
cazzo, il coma gli aveva fuso i neuroni? O forse era stato direttamente il
fuoco demoniaco? Visto che ci era finito dritto in mezzo non era poi così
impossibile. Perché diamine stava dicendo quelle cose? Lui non sapeva cosa
voleva dire avere addosso quei segni maledetti, non potevasaperlo,
non poteva capire il dolore e la solitudine che significavano. “Non sei
come me! Smettila di dire cazzate! Tu non capisci! Non puoi,
quindi smettila di…”.
Non fece
in tempo a finire la frase che si ritrovò schiacciato contro il muro. Yukio lo
aveva spinto indietro e ora gli era addosso tenendolo premuto contro il freddo
della parete, gli occhi che brillavano pericolosamente come mai li aveva visti
fare prima d’ora. Le sue iridi sembravano fatte di fuoco liquido.
Un brivido di inquietudine gli corse lungo la schiena. Non l’aveva neanche
visto muoversi. Che diamine?!
“Non
capisco, Nii-san?”mormorò l’esorcista con fin troppa calma, ma il suo tono
vibrava minaccioso. “Non sono come te? Forse ti sfugge un piccolo particolare…”.
Si chinò su di lui e gli bisbigliò nell’orecchio, facendolo rabbrividire
nuovamente: “Sono tuo fratello gemello, Rin. Sono figlio di Satana anche io”.
Poi tornò ad allontanarsi. “E questo non cambierà mai, poco importa quello che
sembro fisicamente. Io sono un demone, Nii-san”. Alzò la voce.
“Poco importa se la gente a volte preferisce fingere che non sia vero, fingere
che io sia come loro per poi rifiutarsi però di avere davvero a che fare con
me. Poco importa se non ho i poteri che hai tu, poco importa quello che pensi tu,
poco importa se non ho le fiamme sulla testa!”. Strinse la presa sulla maglia
dell’altro. “Quelle fiamme sono dentro di me! Io le sento, sono lì,
in ogni istante, di giorno, di notte, pronte a ricordarmi che prima o poi verranno
fuori e si prenderanno anche me. E a quel punto non potrai più dire che non
siamo la stessa cosa!”. Aveva praticamente urlato, gettando in
faccia a suo fratello tutto quello che si era tenuto dentro per tutto il tempo.
Sentiva la frustrazione bruciargli dentro, sfociando nel dolore sordo e
pulsante delle sue ferite. Era ora che Rin lo capisse, o meglio che lo
ammettesse. Perché era più che sicuro che suo fratello sapeva benissimo quello
che gli stava dicendo. Erano dannati allo stesso modo. “Tienitelo in testa!
Perché, anche se tu preferisci pensarmi come il fratello debole, umano,
incapace di capire cosa provi, questo non mi renderà tale. Io sono un prodotto
infernale tanto quanto lo sei tu e quanto lo è il nostro vero padre! Sei tu
quello che non vuole capire, Nii-san!”.
Rin lo
fissò completamente spiazzato, mentre la sua mente cercava invano degli
argomenti con cui ribattere a quella verità che lui aveva con così tanto
impegno cercato di ignorare. Era più facile pensare di essere l’unico, per dare
la colpa agli altri perché incapaci di comprenderlo, era più comodo pensare di
essere il solo destinato a scontrarsi con quella doppia natura, gli dava una
scusa valida per estromettere Yukio e cercare di tenerlo lontano dai pericoli.
Eppure, dall’altro lato, non poteva dimenticare che il sangue che scorreva
nelle loro vene era lo stesso, non poteva non capire che quel suo atteggiamento
era ingiusto perché privava suo fratello del diritto di combattere per la
propria identità pretendendo però di poterlo fare lui stesso. Ma lui era il
maggiore, doveva proteggerlo a qualunque costo, anche se ciò significava
rovinare il loro legame. Lo aveva deciso quel giorno dopo che si erano
affrontati in classe, aveva deciso che avrebbe impiegato ogni mezzo per
salvaguardare la vita del suo gemello. “No, no, no!”urlò disperato scuotendo il
capo e cercando senza successo di liberarsi dalla presa ferrea dell’altro. “Non
è vero! Io…dannazione, non posso lasciartelo fare, e chissene se è la verità!
Io non posso perdere anche te, Yukio! Non puoi chiedermi una cosa del genere!
Questa è una lotta tra demone e tu non lo sei, e chissene se sostenete tutti il
contrario! Io credo a quello che vedo, non me ne importa delle vostre teorie
assurde!”.
L’esorcista
strinse la presa sulla sua maglia, schiacciandolo ancora di più contro la
parete, quasi fino a fargli male. “Allora non mi lascia altra scelta, Nii-san.
D’ora in poi mi comporterò esattamente come ho fatto oggi, perché neanche io
posso perderti, anche se tu nel tuo egoismo non riesci a capirlo”disse duro.
Gli costava trattarlo in quel modo, doversi imporre con la forza su Rin, magari
farsi addirittura odiare, ma neanche lui poteva permettersi di tirarsi indietro
dal compito che si era affidato. “Così come non capisci che l’essere un demone
non dipende solo dall’aspetto o dalle capacità fisiche”.
Quell’ultima
frase colpì il mezzo demone, lasciandolo interdetto ancora una volta. Era la
stessa cosa che gli aveva detto Mephisto sulla terrazza dell’ospedale. Com’è
che tutti parevano capire le cose prima di lui, dannazione?! E poi che diamine
voleva dire quella maledetta frase?! Quella discussione sarebbe andata avanti
degenerando sempre di più. Non aveva via di chiuderla, perché sapeva di essere
nel torto con le sue argomentazioni, ma non poteva cedere, sarebbe significato
dare via libera a Yukio e permettergli di cacciarsi in altre brutte situazioni.
Eppure non poteva ribattere, era bloccato, con le spalle al muro in ogni senso.
Doveva spostare l’asse della discussione su un altro argomento prima che
cominciassero a dirsi cose dolorose di cui si sarebbero sicuramente pentiti ma
che non sarebbero state facili da cancellare. E lui non voleva sentirle dalla
bocca di Yukio. Non l’aveva mai visto così fuori di sé, neanche quando lo aveva
accusato della morte di Shiro. Avrebbe potuto giurare che l’aria intorno al suo
gemello vibrasse come accadeva quando il clima era particolarmente caldo.
C’era qualcosa che non andava in tutta quella situazione e lui non ci teneva a
sapere cosa fosse. Doveva cambiare discorso. “Mi hai
baciato. Perché?”. Le parole gli sfuggirono dalla labbra prima
ancora che lui le avesse pensate, involonrariamente, cogliendo entrambi alla
sprovvista.
Gran
parte della rabbia del minore parve sfumare a quella domanda, sostituita da un
profondo disagio. “Non vedo cosa c’entri questo ora”si costrinse a dire
cercando di rimanere neutro, mentre dentro di lui aveva iniziato ad agitarsi
una tempesta di emozioni confuse. Cosa avrebbe dovuto dire? Era conscio che
prima o poi avrebbe dovuto affrontare le conseguenze della sua azione, ma non
voleva farlo in quel momento, non era pronto.
“Nulla,
ma non è questo il punto. Ti ho fatto una domanda e credo che tu mi debba delle
spiegazioni anche a questo proposito, non trovi?”insistette Rin deciso, la voce
velata da una nota scura. Neanche a lui andava di affrontare quel discorso, ma
se proprio doveva scegliere preferiva questo al precedente. E poi avrebbe
potuto finalmente togliersi il dubbio che lo assillava.
Lo
sguardo di Yukio si rabbuiò nell’udire il tono scostante del fratello e lui
ritrasse le mani, voltando il viso altrove, incapace di sostenere oltre il suo
sguardo. La risposta alla domanda era ovvia, non aveva dubbi che anche l’altro
la conoscesse fin troppo bene. Ma poteva sempre concedergli il beneficio del
dubbio finché la cosa non fosse uscita dalle sue labbra. Ma poteva davvero fare
quel passo? E se Rin non fosse stato in grado di accettare quello che sentiva e
lo avesse rigettato? Doveva mentire, inventarsi una scusa allora? Sinceramente
non gli veniva in mente nulla di plausibile e poi negare l’evidenza non avrebbe
aiutato la situazione. Però non aveva la forza per confessare quelle emozioni,
non in quel momento, non in quel modo. “La risposta mi pare abbastanza ovvia,
Nii-san”disse dopo un attimo di silenzio, sempre tenendo gli occhi rivolti a
terra. “Non credo che necessiti di essere esplicitata”.
“E invece
sì che lo neccessita, cazzo!”ribattè il mezzo demoene con foga. “Perché non può
essere quella che penso, non deve esserlo! Yukio, ti prego…”.
Questa volta fu lui ad afferrare il gemello per le spalle, stringendo la presa
in un atto di muta supplica. “Dimmi che non lo è. Non può! È troppo…sbagliato”.
La sua voce tremò di incertezza sull’ultima parola, ma lui tentò lo stesso di
sottolinearla con una forza che non aveva. “Yukio…”.
“Potrei
anche dirtelo, Nii-san, ma mentirei. Le mie parole non cambierebbero lo stato
delle cose, quindi è inutile che io lo faccia”rispose l’esorcista con voce
quasi tremante, ma decisa. “Io non pretendo che tu mi ricambi. Vorrei solo che
tu potessi accettare i miei sentimenti perché non potrei sopportare di venire
rigettato da te. Questo è il motivo per cui ho tenuto tutto per me fino a
questo momento, ma adesso non posso più tacere”. Si sforzò di vincere la sua paura
e tornò ad affondare i suoi occhi in quelli di suo fratello, ignorando quello
sguardo che sembrava gridargli di non dire quello che stave per dire. Con quel
bacio al parco aveva superato il punto di non ritorno, quindi tanto valeva
andare fino in fondo. Aspettare oltre non aveva senso. Avrebbe affrontato
quello che sarebbe seguito. “Io…Io ti amo, Rin, l’ho sempre fatto, anche se
quando eravamo bambini ero ancora troppo inesperto per capire cosa fossero
quelle emozioni, anche se poi, quando ho finalmente iniziato a comprenderle, le
ho rigettate per lo stesso motivo per cui lo stai facendo tu ora. Però poi sono
arrivato ad iniziare a conviverci esattamente come convivo con il fatto di
essere figlio di Satana, anche se questo non vuol dire che io mi sia adeguato
completamente ad esse”.
Il
maggiore dei gemelli ritrasse le mani, portandosele al volto. “No, Yukio, non
dire queste cose, dannazione! Smettila!”gemette incredulo. Non sapeva cosa
dire, non sapeva come reagire. La ragione gli diceva di rigettare quella
dichiarazione, di prendere e andarsene, ma un’altra parte di lui tentennava,
impedendogli di trovare la forza per opporsi come avrebbe voluto. “Ma ti rendi
conto?! Cazzo, va contro tutto quello che ci hanno insegnato! Non puoi essere
serio, non puoi! È…è…un abominio! Dio! È assurdo…”.
Quell’ultima
frase colpì Yukio quasi come una pugnalata. Lo sapeva che sarebbe finita così,
Rin non sarebbe mai riuscito ad accettare una cosa del genere. Era troppo, era
la di là del limite. Però non poteva certo rinunciare a lui così facilmente.
“No, Nii-san, non lo è!”ribatté quasi con angoscia, l’urgenza di spiegarsi, di
aiutare l’altro a capire che guidava le sue parole. “Lo so che è contro tutti i
valori a cui ci hanno educati, ma io non ci posso fare nulla, dannazione!”strinse
i pugni, frustrato. “Non negherò quello che provo per te, mai! Al diavolo
quello che pensa la gente. Io non riesco a pentirmi di questo sentimento perché
non è assolutamente nulla di peccaminoso o altro, anche se agli occhi degli
altri può apparire tale!”. Allungò esitante le dita verso il viso di Rin che
aveva abbassato lo sguardo e tremava a sua volta. “Nii-san, ti prego…”.
“Ti
prego cosa?!”lo interruppe quello, incapace di trattenersi,
allontanandogli la mano con uno schiaffo. “Ti rendi conto di cosa stai
dicendo?! Come fa a non essere peccato?! Sei un ragazzo e sei
mio fratello. È assurdo, è doppiamentesbagliato! Come
può non farti senso una cosa del genere? È contro natura!”. Non appena ebbe
pronunciato quelle parole, si pentì immediatamente vedendo il lampo di dolore e
amarezza che si accese negli occhi di suo fratello. Però non poteva tornare
indietro, lui era nel giusto. O forse no?
“Ti
ripugno, Rin?”gli domandò l’esorcista dopo un attimo di silenzio, mentre un sorriso
strano gli affiorava alle labbra. “Ti faccio schifo, come lo farei a chiunque
altro mi sentisse dire queste cose. E allora sai cosa ti dico? Che non mi
importa. No, non mi importa perché io non provo sensi di colpa o disprezzo per
me stesso a causa dei miei sentimenti. Sarà l’ennesima prova del fatto che sono
anche io figlio di Satana. Come tu sei un demone esteriormente, io lo sono
dentro. I demone non si fanno questi problemi, sai? Famiglia o meno non è
importante. Non si fanno pongono la questione e se devo essere sincero nemmeno
io voglio e soprattutto riesco a pormela!”.
“Yukio,
non…Dannazione, non ti sei ancora ripreso del tutto, probabilmente lo
scontro…”tentò l’altro ragazzo disperato. Non voleva sentire quelle cose, lo
confondevano più di quanto lo fosse già, facevano vacillare tutte le
convinzioni che aveva creduto di avere. “Non è il caso di parlarne adesso, sei
ancora sconvolto per…”.
“Per
cosa, Nii-san? Smettila di parlare, non credi neanche tu a quello che stai
dicendo!”lo interruppe suo fratello, duro. Poi lo fissò intensamente:
“Perché?”.
“Perché cosa adesso?!”.
“Perché
dici che quello che provo per te è sbagliato nonostante la purezza dei miei
sentimenti?”.
Il mezzo
demone fu preso alla sprovvista da quella domanda. La discussione stava decisamente
prendendo di nuovo una piega che non gli piaceva. Aprì la bocca un paio di
volte cercando parole che non venivano, mentre la domanda gli rimbombava nella
testa. Perché era sbagliato? In fondo il bacio che si erano scambiati sapeva di
tutto tranne che di senso di colpa, ci aveva già riflettuto. E allora perché?
Si rese conto tutto d’un tratto che non lo sapeva, che le sue resistenze erano
fondate solo su dei valori che gli erano stati imposti ma che lui in fondo non
sentiva tutti suoi per davvero. “È reato, è peccato…Io…”balbettò. “Cazzo, io
non lo so perché, contento? Ma è sbagliato e basta! Non voglio
averci nulla a che fare!”.
“Peccato? Peccato,
Nii-san? Siamo i figli di Satana e mi vieni a parlare di peccato?! Siamo
dannati senza rimedio e lo sai meglio di me, quindi cosa vuoi che ci interessi
peccare o meno?”. A Yukio qausi venne da ridere. Come erano arrivati a quel
punto? Era tutta una facciata, una parte che si sforzavano in vano di recitare
per poter restare in quel mondo a cui forse non appartenevano poi per davvero.
Ma la realtà era chiara a tutti. “Abbiamo un obiettivo, sconfiggere
quell’essere che ci ha dato la vita e impedirgli di continuare a tormentare noi
e le persone a cui siamo legati, ma dubito che questo basterà a redimerci! Dimmelo
in faccia che ti fa schifo e chiudiamola qui, dimmi che non mi vuoi più
intorno, ripudiami, ma smettila di nasconderti dietro queste scuse!”.
“No,
Yukio, cazzo! Non mettermi in bocca cose che non ho detto né pensato! Sei mio
fratello, non posso ripudiarti dannazione!”esclamò Rin a sua volta esasperato,
alzando la voce quasi fino ad urlare. “Ma cerca di capire come mi sento, visto
che ti credi tanto bravo! Vuoi davvero che ti dica che la cosa mi fai schifo?
Bene, mi fai schifo, contento? Va’ ad autocommiserarti adesso,
coraggio!”.
“Secondo
te voglio sentirmi dire che ti faccio schifo?! Adesso sei tu quello che
inventa! Voglio solo la verità su quello che pensi!”.
“Cazzo,
te l’ho detto! È sbagliato!”.
“Ma
perché?!”.
“Ho già
risposto anche a questo. Smettila, dannazione, stai solo facendo del male a
tutti e due! Non sei in te, Yukio!”.
“Io sto
benissimo invece! Sei tu che non riesci a pensare con la tua testa!
Rin, si vede benissimo che non sai perché dici quello che dici! Lo fai solo
perché ce lo hanno insegnato, ripeti a memoria dei principi a cui forse neanche
credi! Ma perché deve essere come dicono loro anche per noi? Noi siamo
diversi!”.
“E
allora? Siamo sempre vissuti in questo mondo, dobbiamo adeguarci! Dio, che
diamine penserebbe Shiro se ti sentisse parlare così?!”.
“Io credo
che lui capirebbe! Certo, magari gli servirebbe del tempo, ma comprenderebbe di
certo che non possiamo adattarci ad un mondo che ci odia! Come puoi
farlo, Nii-san? Rinunceresti al nostro legame solo per adeguarti a questo
mondo? Rinunceresti ad essere felice?”. Yukio fece un passo
indietro scuotendo il capo. Non ne poteva più, stava per esplodere. Sentiva le
lacrime pungergli gli occhi, ma si sfroza in ogni modo di ricacciarle indietro.
Perché non voleva capire? Lui desiderava solo potergli stare vicino e
continuare ad amarlo in silenzio, senza pretendere nulla. Ma suo fratello
sembrava volergli negare anche questo. Non avrebbe rinnegato quello che era.
Non poteva. “Fa’ pure se vuoi, io non posso e non voglio farlo.
Per Dio, non ho nessuna intenzione di rinunciare a te solo
perché gli umani pensano che sia sbagliato, non ho nessuna intenzione di
rinunciare per loro a una delle poche ragioni che ho per sopportare questa vita
di merda!”.
Il
silenzio calò improvviso sulla stanza mentre la tensione che aveva invaso
l’aria rendendola quasi tempestosa si congelava di colpo. Il giovane esorcista
ansimava, lo sguardo angosciato puntato a forza sul mezzo demone che invece lo
fissava incredulo con gli occhi sgranati. Aveva sentito bene o se l’era
sognato?
“Yukio!”esclamò
esterrefatto dimenticando tutto d’un tratto la sua rabbia e la serietà del
discorso che stavano affrontando. “Hai imprecato! E…hai detto una parolaccia!”.
Yukio
arrossì imbarazzato e volse lo sguardo altrove, sentendo anche la sua collera
sfumare davanti a quel commento fuori luogo. “Ho anche io il mio punto di
rottura, cosa credi?”borbottò a disagio, voltandosi e andandosi a sedere sul
letto. “E di sicuro stare a stretto contatto con te che usi questo linguaggio
aulico tutti i giorni non aiuta”.
“Non
prendere scuse! Modera il linguaggio, Yukio!”fece Rin godendosi lo sguardo
allibito che l’altro gli lanciò a quell’uscita. Poi aggiunse con un mezzo
ghigno divertito: “Ho sempre desiderato dirlo, non ho saputo resistere!”.
“Spero
che tu sia soddisfatto, Nii-san. Mi hai fatto perdere completamente il
controllo sulle mie parole, complimenti”commentò sarcastico il
minore dei gemelli con un sospiro. “Sei il primo che ci riesce, ti meriteresti
un premio”.
Il mezzo
demone sospirò a sua volta e si accostò al letto lasciandosi cadere accanto al
fratello. “Sono un idiota, vero? Ho esagerato…di nuovo”ammise sinceramente
pentito. “Non mi fai schifo, Yukio, non potrai mai farmelo! Diamine, sei mio
fratello! E…”. Il suo volto si tinse di leggermente di rosso mentre il suo tono
si faceva imbarazzato. “E non penso che quello provi per me sia così sbagliato.
Insomma, io non so…Dovrebbe esserlo però, quando ci siamo baciati al parco…be’,
non mi sono sentito in colpa. Non sapeva di peccato, se capisci
cosa intendo. Ci avevo già riflettuto mentre eri in coma. Non so perché mi sono
impuntato in quel modo. È solo che…non è una cosa facile da affrontare”.
Sul volto
dell’esorcista comparve un sorriso. “Certo che capisco, Nii-san, è stato
difficile anche per me e lo è tuttora. Sono felice di sentirtelo dire. E poi
non ti devi scusare. Anche io ti ho aggredito, non avrei dovuto, sia per questo
discorso che per quello precedente. Sono stato troppo duro”disse allungando una
mano per scompigliare leggermente i capelli del gemello. “Me ne sono andato
senza considerare quanto potessi farti male. Sono stato un egoista, mi spiace,
Nii-san. Ma ti assicuro che voglio solo che tu stia bene”.
“Ma non
dire cavolate! Sono io quello che ti ha aggredito, anche fisicamente. Devo pure
averti fatto male date le tue condizioni”ribattè l’altro, scostandogli appena
la mano un po’ infastidito ma senza cattiveria. “Diciamo che siamo pari. In
fondo tu avevi le tue ragioni, vuoi solo proteggermi come io voglio proteggere
te. Io invece sono un testone perché anche se so come stanno le cose non lo
voglio ammettere. Non sei solo tu l’egoista, siamo in due!”.
“D’altra
parte siamo gemelli, no? È normale che ci comportiamo allo stesso modo in fondo
in fondo nonostante tutte le nostre differenze”concordò lui. Poi ridacchiò.
“Accidenti, sto ammettendo di assomigliarti! Devo aver subito davvero un bel
trauma!”.
“Ehi, e
con questo cosa vorresti dire?!”protestò il maggiore ridendo a sua volta.
Yukio non
potè fare a meno di pensare a quanto fosse bello suo fratello quando sorrideva
in modo così spensierato. Quasi istintivamente allungò di nuovo una mano verso
di lui questa volta per andare a sfiorare la sua guancia. Le sue dita
incontrarono quella pelle morbida e la accarezzarono, lasciando che il suo
calore gli risalisse lungo il braccio. Si perse ad assaporare quella sensazione
piacevole anche se non potè impedirsi di arrossire sentendosi addosso lo
sguardo dell’altro. Non avrebbe dovuto fare certe cose senza permesso,
soprattutto ora che il vero significato di quei gesti era stata esplicitato, ma
la tentazione era comunque troppo forte. Rin restò a guardarlo per un attimo e
poi posò incerto la propria mano su quella del gemello per impedirgli di
allontanarla, distogliendo lo sguardo mentre un lieve rossore si spargeva anche
sul suo viso. Il giovane esorcista esitò, non sapendo bene come interpretare
quell’atto, però alla fine decise di approfittarne e afferrò il mezzo demone
per entrambe le braccia, tirandoselo addosso. Il maggiore fu preso alla
sprovvista e, prima che potesse protestare in qualsiasi modo, si ritrovò seduto
in grembo all’altro, le gambe intorno alla sia vita e le braccia intorno al suo
collo, mentre Yukio lo aveva stretto a sé e gli aveva posato il mento
nell’incavo della spalla. Il calore rassicurante di quell’abbraccio abbatté
immediatamente ogni suo desiderio di opporre resistenza, compensando il freddo
in cui avevano regnato l’inquietudini e l’ansia dei giorni precedenti.
“Mi sei
mancato da morire mentre ero via. E in effetti sono quasi morto”scherzò
l’esorcista parlando con un tono di voce appena udibile. “Comunque… Buon
compleanno, Nii-san! Mi spiace solo di non averti potuto organizzare una festa
o anche solo comprarti un regalo…”.
“Scemo”lo
apostrofò Rin ridacchiando e appoggiando la testa sulla sua spalla. “Buon
compleanno anche a te, Yukio. Per la festa ci abbiamo pensato io e Kuro:
abbiamo cucinato un nuovo tipo di torta. A vederla sembra buona, poi mi dirai.
E guarda che svegliandoti proprio oggi mi hai fatto il regalo più bello che
potessi farmi, sai, quattro’occhi?”. Si scostò qual tanto che bastava per
permettere ai loro sguardi di incontrarsi. “Uff, però devo trovare il modo di
ricambiare…”.
“Be’, se
proprio ci tieni una cosa potresti farla per me, ovviamente solo se te la
senti”azzardò piano Yukio lasciando che i suoi occhi si spostassero timidamente
sulle labbra di suo fratello. “Insomma, non voglio forzarti in nessun modo…”.
L’altro
avvampò nuovamente intuendo quello che lui aveva in mente, ma poi sorrise.
“Visto che è il nostro compleanno posso anche concederti il bis”rispose con una
strana nota maliziosa nella voce appoggiando la propria fronte contro quella
del gemello. Poi tornò serio: “Yukio…Io non so come sono messo con questa cosa
che tu hai dei sentimenti per me. Intendo, non ci trovo nulla di male, te l’ho
detto prima. Però sono confuso su quello che provo per te. Prima che mi
baciassi non ci avevo mai pensato, ma poi l’idea mi ha assillato e ho fatto dei
pensieri poco opportuni, niente di che ovviamente! Voglio provare a considerare
la cosa secondo parametri non umani, e al diavolo il peccato e tutta quella
robaccia. Voglio ascoltare solo quello che sento e capire”.
“Nii-san,
tranquillo. Te l’ho detto, non voglio forzarti e neanche metterti fretta. Posso
anche aspettare. Fai quello che ti senti”lo rassicurò l’esorcista con un
sorriso. Poi aggiunse quasi divertito: “Vuoi considerare la cosa “secondo
parametri non umani”? Non sembrano parole tue o sbaglio?”.
Rin
assunse un cipiglio vagamente irritato. “Infatti non lo sono. Me lo ha detto
Mephisto. La sera del giorno in cui sei sparito sono andato da lui per farmi
dire che cosa stava succedendo, ma ovviamente lui è riuscito a stordirmi con le
sue ciance insopportabili”spiegò sbuffando. “Mi è scappato un accenno al fatto
che tu a volte ti comporti in maniera strana e che quella mattina avevi fatto
qualcosa che non avresti assolutamente dovuto fare in quanto mio fratello e lui
ha iniziato a blaterare sul fatto che io penso secondo criteri da umano anche
riguardo a cose che di umano non hanno nulla e sul fatto che tutti hanno un
“rapporto speciale ed esclusivo con il proprio fratello”, per usare le sue
parole. Dio, quanto suonava male quella frase! Lo odio quando fa così. Tra
l’altro non ho capito se mi stava prendendo in giro o se era serio. Con quella
sua dannata faccia perennemente strafottente non si capisce mai che pensa! Mi
dà sui nervi!”.
“Non te
la prendere, Nii-san, lo conosciamo in fondo. È così e lo dobbiamo sopportare.
In fondo ha fatto parecchio per noi, anche se a vederlo non si direbbe”cercò di
consolarlo suo fratello trattenendo però un risata. “Sinceramente non so se
stesse scherzando e sinceramente non ci tengo a saperlo, saranno affari suoi e
di suo fratello non trovi? Esattamente come adesso sono affari solo miei e
tuoi. Quindi basta pensare a lui”. Tornò a farsi serio facendo correre piano un
dito lungo il contorno degli zigomi del mezzo demone. “Sei sicuro di volerlo
rifare?”.
Lui annuì
deciso. “Sì, assolutamente”mormorò tornando ad alzare gli occhi.
I loro
sguardi si incontrarono, come calamitati, pozzi zaffiro che si specchiavano gli
uni negli altri, mescolando tra loro le lievi differenze di sfumature. Lo
spazio che separava i loro volti si ridusse progressivamente fino a quando le
loro labbra tornarono a sfiorarsi come qualche giorno prima al parco, ma questa
volta il contatto durò molto più a lungo perché le loro bocche continuarono a
cercarsi, separandosi per poi incontrarsi nuovamente quasi subito, perdendo man
mano l’esitazione iniziale e sostituendola ad un desiderio affamato di
passione. Per quanto approfondissero quel contatto, i due ragazzi sembrano non
esserne mai sazi, abbandonati uno tra le braccia dell’altro, i brividi di
piacere che scendevano loro lentamente lungo la spina dorsale e un dolce calore
che riempiva loro il petto. Una della mani di Yukio affondò nei capelli di Rin
mentre le dita dell’altra finirono per intrecciarsi con quelle di quest’ultimo,
mentre i loro corpi aderivano il più possibile uno all’altro. Il mezzo demone era
perso in quella sensazione di bollente intimità che lo aveva travolto
trascinandolo sempre di più nei suoi abissi. Dopo l’iniziale incertezza un
turbine di emozioni gli si era sollevato dentro, agitandosi in un caos danzante
e facendolo sentire al tempo stesso al sicuro nell’abbraccio saldo dei
sentimenti di Yukio e in bilico sul buio abisso del proibito. L’esorcista, da
parte sua, non poteva credere che quello stesse succedendo sul serio. Non aveva
mai nemmeno sperato che Rin potesse ricambiarlo, ma si era limitato ad
augurarsi che lui potesse accettare i suoi sentimenti senza allontanarlo da sé.
E invece in quel momento poteva sentirlo rispondere ai suoi baci e ai suoi
tocchi, con un sentimento uguale al suo. La passione dentro di lui si mischiava
all’esaltazione e all’adrenalina che quella scoperta aveva risvegliato in lui,
affogandolo nell’ebrezza del piacere. Si staccarono diversi minuti dopo,
ansimanti e con il viso in fiamme, ma entrambi con il sorriso sulle labbra.
“Uh…Wow”commentò
Rin imbarazzato, sistemandosi un po’ meglio sulle gambe del fratello. “Credo
che dire che non ti sono del tutto indifferente renda pochissimo il concetto.
Sarà dura spiegarlo a Kuro, temo”.
“Posso
considerarla come una dichiarazione, Nii-san?”lo provocò Yukio giocherellando
con una ciocca dei suoi capelli, ma sul suo volto continuava a splendere un
sorriso luminoso. “Già, credo che non ci metterà molto ad accorgersi che è
cambiato qualcosa tra di noi…E specialmente sarebbe molto imbarazzante farsi
cogliere in flagrante in atteggiamenti poco convenzionali”.
“Vedremo
di stare attenti!”.
“Oppure
troviamo il modo più delicato per spiegargli la faccenda. Anche se preferirei
tenerla solo per noi almeno per qualche tempo, non sei d’accordo?”.
“Assolutamente!
Voglio godermi bene la tua vicinanza prima di dividere la notizia con
qualcuno”. Il mezzo demone stampò un bacio provocatorio sulle labbra del
fratello. “E poi è più divertente fare le cose di nascosto…”.
Yukio
ricambiò il gesto con dolcezza ed intrecciò le dita con quelle dell’altro.“A
proposito, non avevi detto che avete preparato una torta per il nostro
compleanno?”domandò. “Sono impaziente di assaggiare questa tua nuova meraviglia
culinaria! Tanto posso benissimo tornare a casa già da subito, me l’ha detto Amaimon
prima. Aspettavano solo che mi svegliassi per rispedirmi al dormitorio”.
“Sì,
certo. È là tutta per noi. Ma lo sarà anche tra altri cinque minuti…”rispose il
maggiore con un ghigno sporgendosi in avanti per invitare il gemello a chiudere
di nuovo lo spazio che li separava. E ovviamente quello non si fece attendere.
Fuori
dalla porta della stanza Amaimon si staccò dal muro a cui era stato appoggiato
per tutto il tempo, volgendo lo sguardo verso suo fratello. “Bella lunga come
litigata” commentò atono estraendo l’ennesimo lecca lecca da una delle tasche e
scartandolo. “Però è finita bene come avevi detto tu, Aniue”.
“Sono
poche le volte in cui mi sbaglio, Amaimon, dovresti saperlo. Su, andiamo, non
vorrei che ci beccassero mentre origliamo. Rin potrebbe avere qualche reazione
sproporzionata come suo solito e poi quei due si meritano sul serio un po’ di
privacy adesso. Tanto quello che volevo sapere l’ho saputo, quindi non ha più
senso restare”rispose Mephisto, incamminandosi lungo il corridoio facendo cenno
all’altro demone di seguirlo. “Comunque, a quanto pare sono riuscito a
insegnare qualcosa a quella testa calda. Per una volta si è deciso a darmi
retta. Un gran bel passo avanti per lui”.
“Di che
parli?”chiese Amaimon, inclinando la testa di lato e affiancandolo.
Il
preside gli rivolse un sorrisetto strano passandogli un braccio intorno alle
spalle. “Il nostro fratellino si è finalmente deciso a provare a guardare il
mondo attraverso parametri non umani”rispose con l’aria di chi la sa molto più
lunga mentre il ghigno sul suo volto si allargava. “Chissà che non gli serva di
nuovo in un futuro non troppo lontano…A lui e soprattutto a Yukio”.
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Salve a tutti!!
E qui termina quella che
era stata pensata come una one shot (con un piccolo errore nella considerazione
della lunghezza…^^”). Devo dire che sono quasi soddisfatta. Mi sono
appassionata a scriverla, mi ha dato un sacco di opportunità per studiare i
sentimenti dei due gemelli, soprattutto di Rin in questo caso, occasioni che io
ovviamente mi sono premurata di sfruttare al limite del possibile! Spero di non
avervi annoiati troppo con tutte queste mie introspezioni, ma come ho già detto
ne vado pazza e quando inizio non riesco più a fermarmi…
Forse ho sforato un po’ con
i personaggi durante la litigata tra i due gemelli. Però mi sono sforzata di
immaginare come potessero sentirsi considerando il contesto, Rin appena uscito
dal tormento di giornate passate con un presentimento di morte incollato
addosso, Yukio appena uscito dal coma con tutte le sue certezze-incertezze
sull’aver fatto o meno la cosa giusta e su quello che prova per fratello.
Ditemi che mi pensate…La cosa della parolaccia può sembrare idiota (e in
effetti lo è -.-“) però mi piaceva come idea per abbassare di colpo la tensione
che si era creata durante tutta la discussione (e poi non ho saputo resistere!
xD Yukio che dice le parolacce, lo ammetto, desiderio della mia mente malata…)
e permettere così ai due di fare pace. Quel pizzico di banalità che hanno le cose
“normali” ma che loro sperimentano così raramente…Poi a voi il giudizio, queste
sono le mie ragioni!
Amaimon e il lecca lecca xD
Ok, scusate!!! È stato un attimo di pazzia…^^ >.<
È finita bene, sinceramente
non vado pazza per i finali tristi. Però ho lasciato delle cose in sospeso (non
per forza però si potrebbero vedere, soprattutto nelle ultime parole di
Mephisto…). Visto che era una storia relativamente corta mi sono concessa il
lusso di lasciarmi degli spunti per un eventuale seguito, ma
dovrò vedere cosa mi dirà l’ispirazione in futuro!
Spero che vi sia piaciuto
almeno un po’ questo mio esperimento! Volevo dire grazie mille a Rebychan (grazie
anche per le chiacchiere post recensione!) e a doc11 per le
loro recensioni che mi hanno accompagnata in questo micro percorso!! Grazie
anche a Flame Drago del Fuoco che ha tenuto la storia tra le
seguite! E ringrazio chiunque in futuro mi darà un segno di apprezzamento per
il mio lavoro!
Alla
prossima!
MysticAsters