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Autore: Cosmopolita    12/01/2012    9 recensioni
3 settembre 1939. L'inizio della Seconda guerra mondiale. Dieci personaggi vivranno delle esperienze destinate a concatenarsi tra loro, sullo sfondo di uno dei periodi più bui della storia...
STORIA IN REVISIONE
[Mi sono resa conto che questa storia è stata un... ingenuo esperimento, diciamo così! Molte cose credevo di saperle ed ero anche convinta che la maggior parte degli espedienti narrativi fossero a dir poco geniali. Ovviamente, non è così. Rileggendola, qualche tempo fa, mi sono accorta della sua acerbità e di alcune, imbarazzanti, inesattezze storiche che, un po' per l'età, un po' per il mio iniziale entusiasmo, non avevo assolutamente considerato. Non cancellerò questa storia: dopotutto, è una tappa della mia evoluzione stilistica, mi dispiacerebbe silurarla in questo modo. Ho deciso, però, di revisionarla, di modo che chiunque abbia voglia di leggerla, non me rimanga orripilato.
Spero che chi si sia addentrato nella lettura di questa storia, abbia almeno letto queste poche righe introduttive.]
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tra le rossastre nubi,
stormi d’uccelli neri
com’esuli pensieri
nel vespero migrar

G. Carducci


Francia,dieci anni dopo (1954)
Antonio scalpitava nel sedile posteriore della macchina e Lovino era piuttosto infastidito da quel comportamento.
Feliciano invece si godeva tranquillo il verde e rigoglioso paesaggio francese, profondamente diverso dal caldo ambiente mediterraneo a cui era solitamente abituato.
La guerra ormai era finita da nove anni. Lui non era più un soldato da dodici. Eppure, il ricordo acre di quei giorni lontani è ancora molto forte.
Suo fratello era tornato in Europa solo nel ’50 in compagnia di quel Carriedo. Lovino non gli aveva mai detto come stessero davvero le cose tra lui e Antonio, ma Feliciano sapeva che il loro legame andava oltre l’amicizia. Quegli sguardi d’intesa, quelle frasi dette a mezza bocca e quelle allusioni troppo esplicite erano evidenti anche per un ingenuotto come lui.
Antonio era simpatico, l’italiano gli voleva bene come ad un fratello. Ma fin dal suo arrivo, il ragazzo aveva capito che il fratello e il suo amico gli nascondevano qualcosa oltre alla loro relazione.
Alle volte li sentiva discutere a bassa voce
-Mi amor, l'ho promesso…- lo implorava Antonio.
-Non mi interessa. Mio fratello non avrà mai più a che fare con un crucco, mi sono spiegato?- obbiettava Lovino irremovibile.
-Mi querido, non è crucco .-
-Ti voleva arrestare! – lo interrompeva, alzando la voce –E poi, non abbiamo abbastanza soldi per compiere un viaggio simile…-
Feliciano non sapeva per cosa litigassero giornalmente quei due, ma intuiva che era qualcosa di molto importante per se stesso. Ogni giorno arrivavano lettere dalla Francia, a volte perfino da Berlino. Ora che Antonio era riuscito a convincere Lovino, Feliciano aveva leggermente timore di conoscere il perché di tanta agitazione e litigi.
L’autista li fece scendere. Antonio gli offrì un lauto compenso e alla vista di quel gesto Lovino borbottò qualcosa di incomprensibile.
Feliciano fu l’unico che restò in silenzio. Al centro dell’estesa campagna, si ergeva visibile una casa di enormi dimensioni. L’italiano, da aspirante pittore qual’era, ammirò incantato quella meraviglia dell’architettura che si incastrava perfettamente con il paesaggio, ma Antonio, con fare impaziente, afferrò sia lui che suo fratello per un braccio, e ridente cominciò a correre fino a raggiungere l’abitazione.
-In questa…cosa, ci vive il tuo amico?- chiese Lovino piuttosto scettico.
-Si, mi amor!- gli rispose giulivo, prima di bussare alla porta con vigore.
Quando vide Francis apparire sulla soglia, il ragazzo non riuscì a contenersi e si buttò per abbracciarlo.
Feliciano sapeva bene che Lovino era oltremodo geloso: era arrossito di rabbia e continuava a fulminare quel biondo francese con lo sguardo.
-Mon amì!- sussurrò Francis –Da quanto tempo…-
-Lo so, Francisco. Dio, quanto mi sei mancato .-
L’amico di Antonio gli accarezzò i capelli, troppo sensualmente secondo Lovino, e poi cominciò a studiare i due sconosciuti con curiosità.
-Qui est ton Romeo?- (chi è il tuo Romeo ?) chiese ad un certo punto. Nessuno dei due italiani capivano un h del francese, ma lo spagnolo rise di gusto.
-Lui!- indicò Lovino che, a sua vota lo fissò in cagnesco.
Francis si voltò verso l’altro italiano.
-Di conseguenza, lui è…-
- Feliciano, si!-
Francis li invitò ad entrare.
-è proprio come l’ultima volta, non è cambiato nulla. –commentò Antonio estasiato.
-Invece, mon cher, è cambiato tutto…-
Il francese fece loro strada fino a raggiungere il salotto, finemente arredato. I tre ospiti contemplano ammirati un apparecchio dall’aria aliena che stava trasmettendo alcune immagini. Se non fosse stato per la colorazione in bianco e nero, si sarebbero dette perfino vere.
-Oh!- esclamò Antonio colpito –Hai un feletisiore!-
Francis si accigliò, si guardò intorno e una volta capito, scoppiò a ridere –Si dice: te-le-vi-so-re!- specificò. Ma i tre non gli prestarono ascolto, catturati da quella nuova tecnologia.
-Me l’ ha riportata Sesel, dall’America. – spiegò ad Antonio.
- Sesel è qui?-
-è tornata nel ’46, Dio la benedica. Laggiù non si sentiva a casa, così mi ha riferito. Charlotte telefona molto più spesso, ora. Pensa, sono zio di due bambini!-
Lo spagnolo rise divertito –Poverini, non è una bella cosa avere te come zio!-
Anche il biondo sorrise –Non li ho mai conosciuti, ma mi farebbe piacere. – ammise con amarezza.
Quello fu un pretesto per ritornare seri.
- Dov’è lui?- domandò improvvisamente Antonio.
-Il viaggio da Berlino è più difficile…- rispose l’altro piuttosto nervoso –Soprattutto se provieni dalla zona Sovietica. -
Solo in quel momento Antonio si accorse di una presenza silenziosa, di un ragazzo biondo, con gli occhiali e i grandi occhi viola. Francis capì e si avvicinò al ragazzo sconosciuto prendendogli la mano –Lui è il mio Romeo!- spiegò semplicemente e ad Antonio non rimase altro che fare un sorriso e presentarsi.
- Antonio Fernandez Carriedo!-
- Matthew Williams, piacere di conoscerla. – rispose con una vocetta timida.
In quel momento suonarono alla porta. Il padrone di casa fece un cenno a tutti, invitandoli a rimanere lì dov’erano e corse ad aprire.
I quattro sentirono saluti affettuosi, baci, abbracci e…voci di bambini che schiamazzavano, correndo chissà dove.
Ed infatti, eccoli là: uno era un ragazzino moro, con gli occhiali, l’altro era più piccolino, biondo e con gli occhi azzurro ghiaccio.
Feliciano tremò leggermente: era incredibile la somiglianza che quel bambino aveva con Ludwig. Non si era mai dimenticato di lui…forse quel bambino era suo figlio. Il suo cuore prese a battere velocemente.
La delusione gli dipinse il volto quando vide arrivare i genitori dei due piccoli: non c’era alcun Ludwig, ma solo un uomo sui trentacinque dall’aspetto strano e una donna molto affascinante con i lunghi capelli castani.
Osservò l’uomo mentre si guardava attorno, poi i suoi occhi rossi incontrarono i suoi ambrati.
-Ou il est?- (dov’è ?) sentì che domandava a Francis. E fu una sorpresa quando il francese indicò proprio lui.
L’uomo sconosciuto lo guardò ancora e l’italiano non sapeva definire se fosse commosso o sorpreso.
Lo vide avvicinarsi lentamente a lui. La donna, probabilmente sua moglie, continuò a rivolgergli lo sguardo emozionata.
-F…Feliciano Vargas?- chiese l’uomo, piuttosto turbato.
Lui si limitò solo ad annuire, intimorito. Sentì addosso le occhiate di tutti, perfino quella dei bambini.
-Io Gilbert Beilschmidt. -
L’italiano sbarrò gli occhi –Il fratello di Ludwig Beilschmidt? -
Non sapeva se Gilbert capiva l’italiano. Forse sì, visto che fece un cenno di assenso con la testa. Feliciano era sempre più sorpreso.
-Come sta, Veh?-
Il tedesco sembrava sotto pressione. Abbassò lo sguardo e disse una parola in tedesco, una delle poche che Feliciano conosceva “Caput” .Morto. L’italiano non ebbe timore di piangere. Il suo amico Lud…morto?
-Ha lasciato…questo…- intervenne Gilbert. Il suo italiano era pessimo, ma almeno si faceva comprendere. Estrasse qualcosa da una borsa, un ritratto.
Feliciano lo prese con delicatezza, commosso e vide ritratto il suo amico Ludwig. Non in uniforme militare, serioso e moralista come se lo aspettava, ma sorridente, naturale.
-Te lo ha lasciato...- la voce di Gilbert lo portò alla realtà –Per farti capire che dietro il soldato c’è anche l’uomo. -
L’italiano distolse lo sguardo su Ludwig per fissare meglio suo fratello e ai suoi occhi in quel momento apparve come la persona più bella e buona del mondo.
Abbracciò il tedesco anche se lo conosceva appena e anche lui ricambiò con affetto. Entrambi erano legati in qualche modo a Lud.
Si guardarono, si sorrisero fugacemente. Poi Gilbert cercò con un occhiata Antonio e sogghignò divertito –Alla fine ti ho scovato, bastardo di un Carriedo. -
Lo spagnolo rise –Troppo tardi!-
-Ti devo molto, sul serio. Mi hai fatto trovare lui. – con la testa indico Feliciano –E poi…- guardò la moglie con tenerezza –Grazie a te ho incontrato ciò che amo di più al mondo..dopo i miei bambini…e dopo di me!-
Elizabeta alzò gli occhi al cielo: non avrebbe imparato mai!
-A proposito…- intervenne Francis –Come lo chiamerete il terzo pargolo?-
L’ungherese si portò istintivamente la mano sulla pancia appena accennata –Se è un maschietto Francis!- il francese sorrise –Se è una femminuccia…Irene!-
Perfino Matthew la guardò storto e il marito se ne accorse.
-In greco antico vuol dire “Pace”.- spiegò e sua moglie annuì.
-Mi piace!- commentò Francis con un sorriso di approvazione. Sentiva che Antonio stava traducendo la conversazione per i due italiani.
- Feliciano mi ha chiesto come si chiamano gli altri due. – affermò “il traduttore”.
- Roderich e Ludwig!- rispose Gilbert con una nota di orgoglio.
-Che schifo, affibbiare a due bambini il nome di due morti!- sbottò Lovino scontroso. Lo spagnolo rise e gli diete un buffetto sulla guancia.. Per fortuna, nessuno lo aveva capito.
- Ludwig è il biondo, suppongo…- continuò.
Elizabeta scosse il capo, leggermente divertita –Il biondo è Roderich. Purtroppo con i nomi non abbiamo fortuna. -
Feliciano continuava a fissare quel bambino, che per lui sarebbe sempre stato Lud, che guardava concentrato la televisione, accanto al fidanzato di Francis. All’improvviso quest’ultimo si girò verso tutti e urlò.
-Eih, guardate chi c’è?-
Tutti, lui compreso, si avvicinarono all’apparecchio per vedere. Sullo sfondo c’era un ragazzo molto simile a Matthew che sorrideva allegro. Una voce disse che il ragazzo ripreso era il regista più giovane che aveva ricevuto delle candidature agli Oscar, Alfred F. Jones.
-E chi l’avrebbe mai detto!- commentò Francis spiazzato.
Matthew invece sostenne che l’aveva sempre saputo che suo fratello sarebbe diventato famoso. Ne era quasi orgoglioso.
Tutti rimasero a guardare ammirati quel tizio occhialuto che ora sta salutando qualcuno in una posa eroica, tutti tranne Feliciano.
Lui si mise in disparte, per osservare meglio il ritratto di Ludwig.
-Salut!- gli sussurrò una voce dolce. Alzò lo sguardo e vide il viso abbronzato e molto carino di una ragazza. Sorrisero entrambi.
-Sei un amico di mio fratello?- domandò in francese, curiosa.
-Non capisco…- ammise vergognandosi.
La ragazza rise e la stanza parve risplendere –Io invece capisco molto bene te!-
Feliciano incurvò leggermente gli angoli della bocca –Veh! Sei molto carina. Come ti chiami? -
- Sesel Bonnefoy. E tu?-
- Feliciano Vargas .-
I due cominciarono a conversare e a lungo il tempo parve fermarsi, lo spazio farsi più stretto e l’esistenza limitarsi solo a loro due.


America, Los Angeles.
Alfred aveva fatto ciò che Arthur gli aveva consigliato: ora era riuscito a diventare quello che voleva, era andato avanti per la sua strada e forse avrebbe potuto perfino vincere qualche Oscar! Un sogno!
Il suo film aveva convinto la maggior parte della critica, anche se il merito lui lo attribuiva tutto alla sua ispirazione, Arthur.
Quanto gli mancava! Dopo di lui, nessuno e nessuna era riuscito a fargli provare le stesse sensazioni che aveva anche in sola presenza dell’inglese.
Ora aveva quasi trent’anni e in cuor suo sapeva che sarebbe rimasto scapolo per tutta la vita. Perché Arthur, il suo Arthur, era la sua metà, l’unico che aveva amato davvero.
Avrebbe dato qualunque cosa pur di rivedere il suo viso, sentire la sua voce scorbutica mentre lo riprendeva…tutto!

La ragazza di fianco a lui gli parlava in modo spedito, l’alcool le aveva sciolto la lingua e più che parlare, sembrava farneticare; rideva, si passava una mano tra i capelli, gli toccava una parte indefinita del suo corpo (la mano, la testa?) e via con un altro giro di gin.
Ne aveva decisamente abbastanza. Pagò la sua parte e, senza salutare quella specie di sgualdrina, prese la macchina e tornò a casa. La sua grande casa, troppo grande per una sola persona.
Quella sera si era guadagnato un forte mal di testa. Per giunta aveva il raffreddore e infatti il cestino del suo studio era colmo di fazzoletti usati. Per farla breve, il proverbiale buon’umore di Alfred quella sera era andato a farsi friggere!
Chiuso nel suo studio decise che avrebbe passato lì il sabato notte: niente feste mondane, niente gente falsa tra i piedi, ma soprattutto niente domande allusive circa la sua vita privata.
Si sarebbe seduto sul divano e si sarebbe messo a fantasticare sul proprio immediato futuro, illuminato dal successo.
Le sue aspettative, almeno per quella sera, furono completamente stravolte.Mentre mangiava un hamburger, il domestico bussò alla porta: era un bravo ragazzo Toris, un lituano che parlava perfettamente l’inglese.
-Cosa c’è, Toris?- chiese un po’ seccato.
-Signore, c’è un uomo al cancello…- rispose il domestico da fuori con una voce dolce.
-Non voglio vedere nessuno, per oggi. – rispose in maniera brusca.
-Oh, ma signore…lui non la vuole vedere! È un tipo strano, mi ha detto di farle sapere che è diventato Primo Ministro inglese!-
Alfred lì per lì pensò si trattasse di un pazzo che si divertiva in quel modo. Ma poi si ricordò di una cosa…una piovosa giornata del ’44.

“Quando tornerò a casa, farò il regista!”
risata “Si aspetta e spera. Voi americani, sempre con queste idee balzane in testa! Se tu diventerai regista, io verrò eletto Primo Ministro inglese!”

Si alzò dalla scrivania, impallidì. L’emozione gli impedì di formulare qualcosa di senso compiuto.
-Fallo entrare subito, Toris!- riuscì a dire alla fine. Sentì i passi del domestico allontanarsi.
Non poteva crederci! Non aveva mai messo di sperare che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi…
-Signore…- Toris aprì la porta e fece spazio ad un uomo. Era lui, non era cambiato di una virgola. Il suo sguardo serio e altero, la sua bellezza nobile…bastò guardarlo solamente negli occhi, quei profondi occhi verdi, per capire.
E senza dire nulla, si abbracciarono.



Arthur Kirkland ha rinunciato alla sua eredità ed ha donato lo studio legale alla sorella Hanna. Non ha sposato Lily Zwigly, che durante gli anni della guerra, è stata molto vicino a Ian Kirkland, una volta tornato dalla Russia. I due sono sposati dal 1949.
Alfred F. Jones non ha vinto l’Oscar e non ha girato più un film in vita sua. Ma lui si ritiene comunque fortunato perché “Il suo Artie è tornato!”.
Antonio Fernandez Carriedo e Lovino Vargas vivono insieme a Roma. Conducono una vita tranquilla e hanno aperto un loro ristorante.
Gilbert ed Elizabeta si amano ancora, dopo tanti anni di matrimonio. Il loro terzo figlio si chiama Irene.
Francis Bonnefoy vive felicemente con sua sorella Sesel e Matthew Williams. Di tanto in tanto, Antonio, Gilbert ed Elizabeta vanno a fargli visita, ma è soprattutto Feliciano che lo va a trovare sempre. Francis però sostiene che il reale motivo sia il fascino di Sesel!
In un cimitero militare, riposa in pace Ludwig Beilschmidt. E tanti fiori colorati ricoprono la sua tomba.

Fine.





Sono commossa. Sul serio, non mi aspettavo che questa storia prima o poi finisse. È stata la mia prima long-fic, ci sono molto affezionata.
Ringrazio tutti, tutti quelli che mi hanno seguito. Siete stati voi soprattutto a darmi la voglia di continuare, siete stati soprattutto voi a migliorarmi e vi ringrazio con tutto il mio cuore.
Questa ff ha avuto molte fonti di ispirazione: le poesie di Ungaretti (Zio Unga, sei tutti noi!!), i film: "Bastardi senza gloria" di Tarantino, "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg, "Il pianista" di Polansky, "La vita è bella" di Benigni, "Il discorso del re" di Hooper, "La leggenda del pianista sull'oceano" di Tornatore e "il Full Metal Jacket" di Kubrick (anche se parla del Vietnam...). E infine, le canzoni dei Beatles e dei Green Day!
Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite\preferite\ricordate, chi ha commentato, chi aspettava con ansia i capitoli…non riesco più a scrivere niente xD
Spero leggerete un’altra mia storia.
Un bacione grosso a tutti.
Lorenza
   
 
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