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Autore: Walpurgisnacht    20/01/2012    0 recensioni
Primo EIP tra Kaos e Nyappy.
Storia a quattro mani via Skype, un pezzo ad ognuno, senza nessun tipo di controllo post-scrittura.
Michele lavora in un gay-bar ed è sempre andato d'accordo con suo fratello. Franco e Kevin sono suoi amici.
Alessandro è un prete, Giulietta una prosperosa, giovane donna.
Cos'hanno in comune?
...magari sono tutti killer mafiosi.
Beh, può essere la risposta giusta.
E Seth Wolfgang chi è in tutto questo?
[Surrealtà, bizzarrie e sane dosi di nonsense delirante compresi nel prezzo]
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Allora Chicco, che cazzo succede qui?" chiese Franco mentre si faceva passare un sigaro dal suo amico sbirro. Uno di quei bei cosi forti, da stendere al primo tiro qualcuno non abituato alla fine arte del fumare.
"Lo chiedi a me? Hai una bella faccia tosta a farlo. Come pretendi che lo sappia?" rispose l'altro, piccato.
Franco si diede mentalmente dell'imbecille: Chicco era sempre stata la ruota di scorta della ruota di scorta del loro allegro carro criminale. Lo usavano come portantino, galoppino e ragazzo che consegnava le pizze, niente di più. Non gli veniva mai detto niente più di quanto gli servisse sapere per completare la sua missione del momento. Chiedergli se sapeva cosa stesse succedendo era tipo sparare sulla Croce Rossa, solo meno cruento.
"Scusa" disse, sinceramente pentito, mentre tirava fuori dalla tasca il suo vecchio Nabik per accendersi il cubano.
"No, tranquillo. Capisco che tu sia sconvolto. La piccola Seth mi ha parlato un po' di quel fottuto prete-blob che ha disimparato a morire. Immagino tu abbia visto cose molto brutte".
"Non ne hai idea. La frase "brutte cose" non è nemmeno l'antipasto di quello a cui ho assistito. E non solo per colpa di don Alessandro...". Fece cadere il seguito, temendo una brutta reazione da parte della bambina. Che, se proprio vogliamo, era in effetti colei di cui stava parlando.
Per precauzione la guardò di sottecchi. Era seduta tranquilla al suo posto e giochicchiava coi boccoli. Si notava, però, che il suo volto era velato di tristezza.
"Piccola, non ce l'ho con te. Ti chiedo scusa se te la sei presa. Cerca solo di capire che quello che fai non è proprio normale...".
La giustificazione sembrò bastarle, dato che gli regalò un bel sorriso vispo mentre diceva "Oh no, tranquillo. So di fare cose strane. Papà mi ha messa in guardia dalle reazioni che potrebbero far venire. Anzi, secondo lui saresti dovuto impazzire quasi subito".
"Non è mica che ci sia andato troppo lontano, eh" commentò lui, sarcastico. Abbassò il finestrino per evitare che il fumo desse fastidio a Seth, poi guardò fuori. Quel che vide non gli piacque per niente.
Stavano sfrecciando per le strade del quartiere di Pinuccia; mancavano pochi isolati a Beddamatri, ma...
"Diavolo." restò con la bocca aperta ed il sigaro in bilico sul suo labbro. Croci.
Le pareti esterne degli edifici erano piene di bruciature dalla forma di croci. Chiuse la bocca e si sporse per guardare il più possibile: i vetri delle finestre erano rotti, i muri sporchi delle case erano percorsi da sottili catene argentate, dalle quali penzolavano ciondoli a forma di croci, grossi come la sua mano.
"Che diavolo è tutto questo." mormorò.
Seth si sporse su di lui per vedere, la boccuccia aperta in una O sorpresa.
"Chicco, quando sei venuto da no..." iniziò Franco.
"C'era già tutto, sì." rispose lui con noncuranza.
Franco tornò a sedere, tormentando il sigaro tra le mani.
Cosa significavano tutte quelle croci? Don Alessandro era stato lì?
"Credo sia un sistema per allontanare quel prete maledetto." aggiunse Chicco, svoltando bruscamente all'angolo.
Franco si ritrovò sballottato nell'auto, con la cintura che gli segava la pelle nuda del braccio.
"Ehi!" protestò "Fa' un po' di attenzione"
Chicco fece spallucce. Franco gli lanciò un'occhiata scura, prima di aspirare del fumo.
Se quelle croci servivano per allontanare il prete... no. Era un prete, lui era con Dio. Le croci servivano per satanisti e altra brutta gente, ma...
"Quindi se vede le croci lascia in pace la gente?" trillò Seth giocherellando con un boccolo biondo.
"Mmh-mhh" Chicco annuì.
Era davvero così? Allora...
"Chicco, quant'è distante il prossimo negozio di articoli religiosi?" chiese in tutta fretta.
L'altro mugugnò qualcosa, cambiando marcia.
"Un paio di isolati da qui, mi sa, tra Pinuccia e Bonibonita"
Bonibonita era esattamente all'opposto di Beddamatri.
"Chicco, fa inversione. Andiamo a fare incetta di croci e acquasanta."
Gli era venuta un'idea.
"Tu sei tutto scemo, Franco. Spillone ci ha convocati d'urgenza!".
"Me ne fotto delle gerarchie se c'è la pelle di mezzo! Come hai detto tu stesso ho visto cose tremende e se c'è la minima possibilità che quel maledetto invasato di don Alessandro abbia davvero timore di una croce tatuata a fuoco sul muro... beh, non sarò io a dir di no. Vuoi che ti dica la verità?".
"Dimmi".
"Temo che avrebbe potuto uccidermi cinque o sei volte, sino ad adesso. Non posso dire con certezza lo stesso della nostra cara Seth" disse, accarezzandole i capelli dolcemente "che sembra in grado di contrastarlo, ma noialtri non abbiamo la minima possibilità contro di lui. Non senza qualche aiuto. E, ripeto, al punto in cui siamo ogni minuscolo vantaggio che possiamo prenderci sul Torquemada de 'noartri fa solo bene alle ossa del collo".
Chicco dovette convenire, seppur bofonchiando qualcosa su come Spillone non avrebbe apprezzato. E 'sticazzi, pensò Franco. Il suo capo poteva mugugnare e incazzarsi quanto gli pareva, lui non sarebbe andato a farsi sbudellare come un vitello con le zampe legate.
Il viaggio fu piuttosto lungo. Sembrava di attraversare una qualche città africana in preda alla guerra civile. Le facciate di alcuni palazzi erano parzialmente crollate e si potevano vederne i locali esposti, coi divani impolverati e i televisori fracassati dalle macerie venute giù dal soffitto. Le croci bruciavano forte, alimentate dal vento che sferzava il già desolato paesaggio. Non c'era nessuno in giro, salvo qualche sparuto gruppetto di persone che sembravano appena sbarcate da un barcone di profughi.
"Dove cazzo siamo finiti?" si disse sottovoce Franco.
Poi qualcosa colpì la sua attenzione. Un edificio particolarmente alto, che riconobbe come la ormai ex sede della New Dildos & Kinky, presentava su un fianco un... disegno? Era una figura come le croci, incise a fuoco. Ma era diversa. Sembrava rappresentasse... un tizio con una spada... che decapitava uno strano essere. Non era assolutamente in grado di capire bene cosa rappresentasse.
Gli sembrava impossibile che tutto quel casino fosse comparso dal nulla, senza un perché.
Com'era iniziato tutto quello? Cosa centravano Michele e suo fratello? Troppe, troppe domande.
Se fosse riuscito a sopravvivere a tutto quello, una bella vacanza in Brasile era quello che lo aspettava. O a San Francisco.

* * *

Cosa gli avevano fatto? Si sentiva strano.
Aveva la schiena premuta su una superficie rigida e fredda. provò a strizzare gli occhi ed una fitta di dolore gli fece pulsare la testa.
"Cazzo che male" digrignò i denti.
I muscoli delle braccia e delle gambe gli stavano andando a fuoco -sembrava che nelle spalle e sui fianchi fossero conficcati tanti aghi bollenti che facevano leva, strappandogli la carne.
Attraverso le palpebre vedeva una luce arancione -quindi era molto luminosa. Dov'era?
Deglutì; anche la gola era costretta, così come la pelle che bruciava. Strinse le dita delle mani attorno all'aria: riusciva a muoverle, almeno quelle.
Provò con quelle dei piedi. Cazzo, questo non andava affatto bene.
Cazzo no.
Dov'erano i suoi plateau che gli strizzavano i piedi? Se non aveva quelli...
Oh. Sentiva il metallo non solo sulla schiena, anche sul culo e sulle spalle. Era tutto nudo.
Era tutto nudo perché? E dove si trovava?
Aprì gli occhi all'improvviso e si ritrovò accecato dalla luce.
"Dove sono?" chiese. La sua voce uscì con un graffio doloroso.
L'eco della sua domanda risuonò per la stanza.
"Passami le chiavi" sentì una voce sconosciuta -eppure quasi familiare. Una di quelle voci femminili comuni, che si sentivano spesso in giro.
"Chiavi?" domandò con un acuto.
"Spilluccio, amore, si è svegliato"
Spilluccio? No, Spillone.
I suoi occhi si abituarono lentamente alla luce e riuscì a vedere davanti a sé un prodigioso paio di tette, strizzato in un minuscolo corpetto di lattice rosso. Beh, almeno la donna aveva gusto:
"Dove mi trovo?" ripeté. La sua voce era quasi tornata normale.
"Nel nostro laboratorio sotterraneo." fu la risposta della donna. Non riusciva ancora a vederla in viso e la cosa lo faceva innervosire "Dato che la mia piccola Seth non basta più, abbiamo pensato di usare il piccolo te."
"Chi siete?" fece Michele con voce tremolante "Cosa... cosa mi avete fatto?".
Spillone lascio il braccetto di Giulietta, che con una smorfia espresse il proprio disappunto, e si avvicinò al tavolo di legno dove era sdraiato.
Lo guardò freddamente, come era solito fare con i suoi sottoposti. Non smise di fissarlo per parecchi secondi, senza proferire la minima parola. Sembrava lo stesse studiando, come un ricercatore potrebbe fare con i suoi topini a cui piaceva staccare le zampette per vedere di nascosto l'effetto che fa.
Poi sospirò.
Cominciò a circumnavigare il tavolo, con estrema lentezza. E prese a parlare, cadenzato e calmo: "Michele, tu non mi conosci. Mi chiamo Spillone e sono il capo di tuo fratello. So cos'è successo fra di voi e mi spiace di come tu sia stato coinvolto nel nostro mondo. Ti conosco come una persona timida e riservata e mi rendo conto che quanto è accaduto ti abbia scosso. Se potessi darei la strigliata che si merita a Pistola Fumante, ma temo che questo sia ormai al di fuori della mia portata. Difatti penso che tu non sia a conoscenza dell'immenso casino che si sta scatenando là fuori, dieci metri sopra di noi".
Gli spiegò brevemente del macello alla chiesa e di tutto quello che era conseguito, col prete che andava in giro ruggendo e ammazzando gente a mucchi per portare avanti la sua personale crociata monda-peccatori. Gli raccontò di Tito. Di Seth. Di come la città fosse diventata come Mogadiscio o una qualunque altra città africana durante una guerra civile.
Michele trattenne a stento un conato di vomito.
"Questo... non è possibile...".
"Vorrei poterti dare ragione, caro il mio piccolo omosessuale. Ma non è così. Se vuoi, appena sarai in grado di muoverti, posso mostrarti su uno schermo quello che sta succedendo nelle strade. E' il delirio".
"E... e Franco?".
Il silenzio di Spillone lo spaventò.
"Franco è uno dei miei uomini più fidati." iniziò Spillone "Potresti quasi chiamarlo... il mio braccio destro. Tuttavia, ha disubbidito ai miei ordini. Invece di accorrere alla mia chiamata, ha preferito trascinare mia figlia..."
A Michele non sfuggì l'espressione omicida dell'uomo "...e quel degenerato di Chicco a Bonibonita, a pararsi il culo con le croci."
Michele non sapeva cosa dire. Non sapeva nemmeno cosa pensare -stava pensando in quel momento?
Tutto era così... assurdo. Tutte quelle informazioni, tutte in una volta, gli avevano peggiorato il mal di testa.
Si ricordava solo metà delle cose che gli aveva detto Spillone -e la donna vicino a lui continuava a fissarlo con un'espressione strana:
Quasi... materna. Era assolutamente fuori luogo.
"Però..." mormorò. Deglutì e proseguì con voce più sicura "Non mi avete ancora detto cosa mi avete fatto."
La donna sospirò e guardò Spillone, che allungò una mano. La donna la prese e le tornò il sorriso "Avrai già capito, da ciò che ti ho detto, che mia figlia Seth è... speciale."
"Ora lo sei anche tu." aggiunse la donna.
Era speciale. Cosa cazzo voleva dire? Perché?
Perché nella sua vita nulla poteva andare secondo i piani, perché tutto quello che faceva gli si ritorceva contro, perché?!
"Amore, sta tremando." notò la donna guardando l'altro.
"Una dose di sedativo. Michele, ti prego di calmarti. I tuoi poteri sono ancora instabili e una dose extra di stress è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno."
Michele si accorse di tremare. Le cinghie che gli trattenevano il polso gli stavano segando la pelle.
"Speciale- che vuol dire?" chiese. Un dolore acuto all'avambraccio gli fece strizzare gli occhi.
"Ora hai poteri che non puoi nemmeno immaginare. O meglio, potresti farlo se avessi visto la piccola Seth all'opera, cosa che non hai fatto. Ti dovrai accontentare delle supposizioni."
"Che cudele che sei, Spilluccio" fu l'ulrima cosa che Michele udì prima di sprofondare in un sonno senza sogni.

* * *

Nel frattempo, dieci metri sopra le teste dei tre.
Sborrovilla bruciava come una pira funeraria. Mucchi di cadaveri si potevano vedere in ogni via, in ogni vicolo, in ogni piazza. A farci attenzione si sarebbero potuti sentire dei lamenti provenienti da quei grovigli umani, gente che probabilmente non aveva ancora avuto la fortuna di spirare.
Gli edfici sembravano dei giganteschi fiammiferi. Le fiamme che li avvolgevano ardevano con vigore e rendevano la notte della città che stava diventando sempre di più un monumento alla guerra e alla distruzione.
A pochi passi dal rudere della chiesa di San Crispino si ergeva, nella sua santità, la causa di tutta quella devastazione.
Don Alessandro stava lì, il mantello rosso svolazzante nell'oscurità nonostante la totale assenza di vento. Accarezzava con affetto Tito, il suo caro strumento di dannazione per le anime empie, il quale guaiva affamato perché, ingordo come non mai, non era ancora sazio di vittime.
"Su piccolino, non essere assetato. Hai mangiato a sufficienza per oggi, no? E poi non devi avere fretta. Questi stupidi peccatori non abbandoneranno mai la loro città della perversione, attaccati come sono alle sue case da gioco, ai bordelli e ai ritrovi di perdizione. Quindi non ti preoccupare, il tuo appetito verrà presto colmato". L'arma ringhiò, un po' indispettita per il rimprovero, ma parve quietarsi.
"E adesso" proclamò il prete, con sguardo altero diretto verso un punto nel nulla "andiamo a prendere uno dei principali artefici di questo schifo. Spillone, dì le tue preghiere se credi, la vendetta celeste sta arrivando a bussare alla tua porta di vizioso". Una risata scalmanata riempì il piazzale.
Poi si avviò, alzando Tito e sparando una croce per aria in segno di vittoria.

* * *

"Sicuro che sia qui?" davanti a lui, la porta del laboratorio di Spillone era chiusa e la luce rossa illuminava lo stretto corridoio nel quale erano stipati.
"Sicuro." Chicco tossì e gettò a terra l'ennesimo mozzicone, che si spense tra le modeste faville.
"Sicurissima!" trillò Seth.
Franco appoggiò una mano alla porta e i crocifissi legati al polso tintinnarono contro il metallo.
Bussò due volte "Spillone."
Il picchiare dei tacchi alti sul pavimento dietro alla porta lo fece indietreggiare di due passi. Giulietta.
La porta si aprì e rivelò la donna, con una nuova tinta, a giudicare dai capelli blu-verdi con sfumature viola. Iridescente? Chic.
"Puoi dire a me." le sue labbra si incurvarono in un sorriso con troppo rossetto nero. Per niente chic.
"Siamo tornati da Bonibonita. Ho croci a volontà per fornteggaire Don Alessandro." Franco sollevò il braccio e mostrò la decina di rosari avviluppati al polso.
Lo sguardo di Giulietta scivolò sulla figlia e su Chicco, che a giudicare dall'odore si stava rollando l'ennesima canna.
"Spillone non è affatto contento, Franco. Hai disubbidito ai suoi ordini diretti, trascinando anche Chicco e Seth."
Nel nominare la figlia gli lanciò uno sguardo truce.
Beh, vaffanculo.
"Ok, ma adesso possiamo proteggerci. Adesso possiamo combatterlo!"
Giulietta si spostò di lato e li invitò con un gesto della mano ad entrare.
Franco fu il primo. La puzza di sintetico gli fece arricciare il naso; lasciò che gli occhi si abituassero alle forti luci al neon che si riflettevano sulle piastrelle bianche.
Cazzo.
Michele.
Sul lettino.
Con Spillone vicino.
Ed un ago nell'avanbraccio.
"Giulietta. Esigo una spiegazione, ora." sibilò.
I pugni gli tremavano così tanto che le croci sembravano sonagli.
"...Franco?" una voce eterea lo chiamò.
Lui si avvicinò al lettino di Michele. Indossava una maglietta ed un paio di pantaloncini, che avevano sostituito il suo corsetto di pelle.
Invece dei tacchi, delle semplici scarpe da ginnastica gli fasciavano i piedini.
Michele aprì gli occhi.
"Sei proprio tu?"
Le iridi quadrate iniziarono a ruotare, dei mille colori dell'arcobaleno.
   
 
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