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Autore: Lady Vibeke    25/01/2012    2 recensioni
Chiudi gli occhi.
Devi tenerli ben chiusi e non sbirciare, altrimenti la magia non avrà effetto.
La notte respira in silenzio con il suo alito freddo e denso, la senti sul viso come se ti tenesse per mano e ti stesse guidando. Odora di inverno e di pioggia da poco caduta.
Muovi un passo oltre l’angolo della strada. Uno solo, e poi fermati. Le senti?
Sono voci, ma potrebbero essere fantasmi. Lo sembrano, in fondo, distanti ed eteree come giungono fino a te. Sono le voci del circo, come sogni che al calar del sole prendono vita in terra.
È lì che stai andando: Le Cirque des Rêves.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il circo arriva inaspettato.
Nessun annuncio lo precede, niente volantini né affissioni o cartelloni, nessuna menzione sui giornali.
Spunta così, semplicemente, dove ieri non c’era.
Sull’insegna nera e bianca appesa all’entrata si legge:

Apre al Crepuscolo
Chiude all’Alba

 

 

***

 

 

Chiudi gli occhi.

Devi tenerli ben chiusi e non sbirciare, altrimenti la magia non avrà effetto.

La notte respira in silenzio con il suo alito freddo e denso, la senti sul viso come se ti tenesse per mano e ti stesse guidando. Odora di inverno e di pioggia da poco caduta.

Muovi un passo oltre l’angolo della strada. Uno solo, e poi fermati. Le senti?

Sono voci, ma potrebbero essere fantasmi. Lo sembrano, in fondo, distanti ed eteree come giungono fino a te. Sono le voci del circo, come sogni che al calar del sole prendono vita in terra.

È lì che stai andando: Le Cirque des Rêves.

Ecco, adesso apri gli occhi.

Il tuo cuore sussulta.

Qualcuno ti passa accanto e borbotta qualcosa che non senti. I tuoi occhi brillano alla luce del crepuscolo, fissi su un’apparizione in bianco e nero che dei sogni sembra possedere l’assurdità e la perfezione.

Una visione in bianco e nero scintillante come le stelle che trapuntano il cielo al di sopra, non esattamente un luogo o un edificio, ma piuttosto una creatura che quasi respira.

Che sente.

Una moltitudine di persone si sta avvicinando come attirata da un incantesimo dettato da quei colori che colori non sono, dalla musica che si solleva da ovunque e nessun luogo, da promesse di una serata unica e strabiliante che nessuno ha mai fatto, ma tutti sanno che sarà mantenuta.

Genitori che si fanno avanti con lo stesso entusiasmo dei bambini che accompagnano, uomini solitari che nell’orgoglio si ostinano a esibire espressioni scettiche, quando sottopelle la curiosità prude come una malattia.

Avvicinati, avanti.

L’ingresso è come due braccia spalancate che non attendono che te per lasciare che lo spettacolo abbia inizio.

Muovi un passo, poi un altro, e il frusciare della gonna, il rumore degli stivaletti sul selciato bagnato sono ovattati come un ricordo non del tutto dimenticato.

E la sensazione, entrando in questo circo delle meraviglie, è proprio questa: un luogo nuovo ed estraneo, eppure in qualche modo familiare. Impossibile, diresti, ma allora cos’è che ti fa muovere lungo le passerelle – tavolozze di ghirigori bianchi e neri che sembrano dipingere storie che nessun distratto passante potrebbe mai leggere – attorno ai tendoni, senza l’ombra di un’esitazione?

L’odore è quello tipico del divertimento: popcorn freschi, zucchero filato – bianco, senza eccezioni –, bevande insolite, e un profumo indecifrabile di sottofondo, qualcosa che, irrazionalmente, evoca una sensazione di irrealtà.

D’un tratto ti fermi e guardi in basso, perché la sensazione di camminare non sul solido suolo, ma sulle nuvole ti sta facendo procedere più lentamente del dovuto. Eppure lì, sotto i tuoi piedi, la terra c’è ancora.

Hai pagato un biglietto per poter accedere a questo teatro dell’inimmaginabile, perché i sogni, come ogni altra cosa, hanno un prezzo, e qui si sogna in grande.

Non è un circo come gli altri. No, affatto. Qui gli artisti esibiscono arte, non numeretti triti e ritriti e trucchetti spiccioli. Qui nessuno ti darà dell’infantile se resterai a bocca aperta durante uno degli spettacoli che si nascondono dietro alle porte di questi tendoni. Ma devi essere pronto a lasciare fuori l’ordinario, quando varcherai quelle soglie, o sarà inutile. Lascia la ragione fuori dai cancelli, legala in un angolo e per qualche ora dimenticatene. Potrai riprenderla alla fine, quando, uscendo, rivestirai i panni di ordinarietà in cui tutti si nascondono.

Sbirci oltre una porta. Un mangiafuoco soffia fiamme blu che diventano viola, rosse, arancioni, gialle.

Un’altra porta. Una trapezista coperta di veli fluttua nel vuoto appesa a fili che nel buio sembrano non esistere.

Un’altra ancora. Un prestigiatore batte le mani e dal suo cappello salta fuori un mazzo di rose.

Un’altra e un’altra e ancora una. Due equilibristi identici si pavoneggiano su una corda d’argento sospesi sopra un prato di lame affilate. Un domatore di leoni fa muovere in perfetta sincronia mezza dozzina di giganteschi felini albini. Una contorsionista scompare in un baule impossibilmente piccolo e se lo richiude in testa tirandolo con un piede.

Applausi. Cori di “Oooh!” che si sollevano in ogni dove. Strilli, persino, e poi ancora applausi.

Se queste persone fossero un po’ più accorte capirebbero che chi calca i palchi del Cirque du Rêves possiede qualcosa di più di una notevole abilità artistica. Ma chi rifugge dalla boria del quotidiano non cerca riflessioni: lo spettacolo è spettacolo e come tale dev’essere sensazionale e lasciare di stucco senza dare spiegazioni. Nessuno si spiega come l’illusionista della tenda in fondo possa essere in grado di trasformare un cerchio di legno in un cerchio argentato semplicemente passandoselo dietro la schiena, ma questo fa parte dei patti, della regola implicita che chi acquistava il biglietto accettava tacitamente: goditi le nostre meraviglie ma non indugiare sui loro segreti.

Tutti sembrano soprassedere alla prodigiosità dei portenti cui assistevano. Fa parte del divertimento: non pensare, solo ammirare. Credere che tutto sia possibile.

Tu lo sai perché, perché non si fanno domande: è importante guardare il circo come una realtà, non come un’illusione offerta per gioco, credere che ciò che accade, accade davvero, mentre, fuori, la razionalità guaisce come un cagnolino dimenticato.

Ma non la tua.

Ti ha seguito, passo dopo passo, dentro a questo mondo parallelo in bianco e nero e man mano che ti addentravi ha preso a morderti le caviglie, strappandoti di dosso brandelli di fantasia che, cadendo, hanno tolto ai tuoi occhi quella patina opaca che sapeva di surreale, liberato le tue orecchie dall’ovatta magica che rendeva le voci spiriti e la musica un sussurro quasi inquietante.

L’aurora si affaccia da sotto l’orizzonte, adesso, e tu dai le spalle all’uscita che fino a poche ore fa era stato un ingresso. Guardi gli spazi rimasti svuotati e ti sembra di sentire il circo sbadigliare.

C’è una bambina a pochi metri da te.

Capisci dal suo sguardo che lei sa. Sa tutto: sa che le illusioni sono un’illusione per celare la verità; sa che chi si esibisce in quei tendoni recita la parte di sé stesso perché il pubblico ci creda. E si vede da come è vestita – una bambola – che non si è smarrita, ma che quello – il circo – è il suo posto, la sua casa, il suo futuro.

Ti guarda e annuisce, poi si porta un dito davanti alle labbra come se ti potesse leggere nel pensiero e volesse chiederti di tacere.

Lei sa che tu sai, che hai capito. Che non ti sei persa nel labirinto di euforia, ma hai saputo osservare. Sa e ti concede di sapere.

Tu in cambio ripeti i suoi gesti: annuisci e accosti un dito alle labbra. Prometti il tuo silenzio. Prometti di non svelare il mistero che avvolge tutti loro all’insaputa di tutti, la magia travestita da prestigiazione.

La bambina annuisce ancora.

Il sole sta quasi arrivando.

È tempo che tu vada.

Senza ulteriori indugi, ti volti e ti dirigi verso l’uscita, già nostalgica dell’atmosfera sospesa che ti hai cullata entro quei cancelli.

I tuoi stivali non fanno rumore sulla passerella decorata in bianco e nero.

Sotto i tuoi piedi stanno spuntando erba fresca e fiori di campo, ma tu non lo saprai mai.

Il circo arriva inaspettato.

Nessun annuncio lo precede, niente volantini né affissioni o cartelloni, nessuna menzione sui giornali.

Spunta così, semplicemente, dove ieri non c’era.

Sull’insegna nera e bianca appesa all’entrata si legge:

Apre al Crepuscolo
Chiude all’Alba

Non te ne stupire troppo.

La notte è madre di tutte le più grandi magie.

   
 
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