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Autore: _Atram_    30/01/2012    14 recensioni
«Harry cercava di sembrare ottimista, ma quando uscendo da King’s Cross si voltò ad osservare per l’ultima volta quella moltitudine babbana che per chissà quale motivo si era radunata – ora lo sapeva – per celebrare la sua storia, non poté fare a meno di pensare che nemmeno l’Incantesimo di Memoria più potente del mondo avrebbe mai potuto cancellare la passione che in quel momento accendeva i loro volti.»
- Dedicato a J. K. Rowling e a tutti coloro che hanno amato le sue parole. E che alle sue parole, almeno una volta, hanno creduto. -
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Il trio protagonista, Sorpresa | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Dedicato a J. K. Rowling e a tutti coloro che hanno amato le sue parole.
E che alle sue parole, almeno una volta, hanno creduto.
 
 


Certo che sta succedendo

dentro la nostra testa.

 
(Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?)
 
 
                               

                                                                                                                                   foto di Matilde Volpi ©


                                                                                



 
- 19 anni dopo. -
 

 
Spingendo un carrello ancora più pieno del solito, le valigie in bilico una sopra l’altra, Harry cercava di farsi strada tra la folla ammassata fuori dalla stazione di King’s Cross.
“Ja… Jaaaames! Per favore!”
Il maggiore dei suoi figli sembrava divertirsi particolarmente nell'affiancare le ruote del suo carrello a quelle del padre, cercando di rallentare la sua marcia per poi tagliargli la strada e superarlo.
“Eh dai, pa’…” gli rispose James ridendo.
Pa’ un ricciocorno, vedi di stare accanto a me! Con tutta questa gente rischiamo di perderci di vista in un attimo”.
Pieno zeppo di Babbani, già. Tutti gli anni la stessa storia.
Anche se Harry doveva ammettere che così tanta gente tutta insieme non l’aveva mai vista. La stazione era invasa da una quantità incredibile di persone e, come se non bastasse, quella mattina tutti sembravano prendersela con particolare calma. Formavano dei gruppetti e si fermavano a chiacchierare e a ridere tra loro, come se non avessero nulla di meglio da fare.
Strano, strano davvero. I londinesi a King’s Cross andavano sempre di fretta, parlavano al cellulare, consultavano l’agenda o quelle diavolerie elettroniche di ultima generazione di cui Harry non conosceva il nome esatto. Camminavano spediti e senza indugi verso il loro treno, la testa immersa nei problemi del lavoro, della scuola, della famiglia… Ma di certo non si fermavano a chiacchierare, non a King’s Cross. E questo era il puro e semplice motivo per cui nessuno si accorgeva delle civette e dei gufi che ogni 1 settembre invadevano la stazione, trasportati da una miriade di famigliole vestite in modo alquanto strampalato.

Eppure quel giorno sembravano tutti così allegri e sorridenti. Rilassati ed eccitati allo stesso tempo. Ecco, c’era un sentimento di eccitazione diffuso nell’aria quella mattina, Harry lo percepiva distintamente.
“Tesoro, di qua!”
Quei pensieri furono bruscamente interrotti dalla voce di sua moglie, che lo afferrò per il gomito constringendolo a virare bruscamente verso destra.
“Ah, sì.  Scusa amore… Mi ero distratto”.
Si voltò e gettò uno sguardo fugace alle due donne della sua vita. Lily aveva tenuto il broncio durante tutta la mattina, arrabbiata perché nemmeno quell’anno avrebbe potuto seguire i due fratelli maggiori a Hogwarts. In un gesto affettuoso, Harry le sistemò dietro l’orecchio un ciuffo di capelli che continuava a scivolarle in avanti, strizzandole l’occhio con l’intento di strapparle un sorriso. Poi sollevò lo sguardo verso la donna che teneva la piccola per mano: Ginny, l’espressione tesa e un po’ corrucciata, si guardava intorno sbattendo velocemente le palpebre.
“Ma… E tutta questa gente?”
“Sì, l’ho notato anch’io. Probabilmente ci sarà qualche evento importante, una manifestazione… Non ne ho idea”.
“Che disastro, proprio oggi dovevano concentrarsi qui? Beh, dovremo muoverci, altrimenti non riusciremo a raggiungere il binario!”
“Mamma! Ma come? N-noi dobbiamo assolutamente…”
Albus iniziava ad innervosirsi. Non aveva chiuso occhio tutta notte al solo pensiero di quello che l’aspettava l’indomani, e non vedeva l’ora di poter finalmente salire sull’Espresso.
“Certo che raggiungeremo il binario, tranquillo Al…” lo rassicurò il padre. “Siamo arrivati in stazione con un sacco di anticipo, non ti preoccupare”.
Eppure Harry non poté fare a meno di notare che più si addentravano nella stazione e più la folla si faceva densa. Non riusciva nemmeno a distinguere qualche volto conosciuto in mezzo a quel mare di gente. Babbani, Babbani da tutte le parti. Di ogni età, sesso e nazionalità, a giudicare dalla miriade di lingue sconosciute che sentiva intorno a sé.
“Mi scusi. Mi scusi, permesso…”
Ginny cercava di aprirsi un varco tra la gente, trascinando Lily dietro di sé.
Passò accanto ad un gruppo di ragazzi che ridevano rumorosamente.
“Scusate, posso pass…?”
La ragazza che le dava le spalle si voltò a guardarla un po’ stizzita, probabilmente infastidita perché il suo divertente racconto era stato interrotto. La carnagione chiara e il forte accento slavo svelarono le sue origini straniere.
“Ok, ok… Non c’è bisogno di spincere, però!”
Poi il suo sguardo cadde su Lily e Albus e un sorriso dolce le illuminò il viso, rendendolo subito più caldo.
“Oh, ciao piccoli! Se dite che avete dei bambini magari vi fanno passare avanti” consigliò.
Ginny sollevò un sopracciglio con sguardo interrogativo, senza capire.
“Come, scusa? No, guarda, noi dobbiamo soltanto andare verso il binario nove…”
“Ma davvero? Come tutti, direi!”
E con una risata cristallina la ragazza buttò indietro la lunga treccia bionda e si voltò verso i suoi amici, riprendendo la chiacchierata da dove l’aveva interrotta.
Harry, tenendo d’occhio Al e James che iniziavano a guardarsi intorno un po’ spaesati, approfittò del varco che si era aperto nella folla per seguire a ruota la moglie.
“Ma che cosa diamine ci faranno tutti qui a quest’ora?” gli sussurrò Ginny irritata. Iniziava a essere davvero infastidita, Harry lo poteva facilmente capire dall’intensità del colore dei suoi occhi e dalle labbra che stavano diventando man mano sempre più sottili. Quando si arrabbiava gli ricordava terribilmente la signora Weasley nei suoi momenti peggiori.
Riuscirono a superare di poco il binario otto, ma ben presto furono costretti a fermarsi perché proseguire era del tutto impossibile. C’era così tanta gente intorno a loro che anche solo fare un passo risultava difficile, figuriamoci con due carrelli strapieni, tre bambini e un gufo al seguito.
“In queste condizioni non ce la faremo mai”, sospirò Harry.
“Ok, tu resta qui con i ragazzi e i carrelli, ti va?” suggerì Ginny. “Io vado avanti ancora un po’ con Lily, magari riesco a vedere che cosa sta succedendo!”
Harry annuì e si appoggiò con i gomiti al manico del carrello, nascondendo il viso tra le mani per strofinarsi gli occhi. Era davvero stanco, quella mattina si era dovuto alzare quasi all’alba e il lavoro al Ministero nell’ultimo mese era stato pesante; le splendide settimane di vacanza passate insieme a Ron e Hermione in Cornovaglia, a casa di Bill e della sua famiglia, sembravano ormai tanto lontane.
A proposito di Ron e Hermione… Harry si guardò intorno alla ricerca dei volti dei suoi due migliori amici, ma gli bastò qualche secondo per capire che in mezzo a quel mare di gente sarebbe stata un’impresa assolutamente impossibile. Incrociò lo sguardo di una buffa ragazza sui vent’anni dai capelli corvini tagliati cortissimi; la giovane indossava una maglia lunga fin sotto il ginocchio, completamente nera ad eccezione di un piccolo fulmine giallo dipinto sul cuore. Mode babbane, bah. Iniziava a capire perché la stravaganza dell’abbigliamento dei maghi non veniva notata a Londra.
La ragazza indugiò un po’ più a lungo del solito sul suo volto e parve accennare un sorriso alla vista della cicatrice, poi il suo sguardo cadde sul carrello di fronte a Harry e su Phil, il piccolo gufo grigio di James, che osservò con interesse, inclinando la testa di lato. Harry strinse i pugni attorno al manico del carrello e distolse lo sguardo, inghiottendo saliva. La ragazza era senza dubbio una Babbana, a giudicare dal cellulare che aveva tra le mani e su cui stava scrivendo fino ad un attimo prima. Possibile che…
“Ehi, molto carino!” gridò lei. Lui la guardò di nuovo e vide che indicava il gufo con un sorriso raggiante.
“Splendido travestimento, hai curato davvero ogni dettaglio”.
Harry non aveva la più pallida idea di che cosa lei volesse dire, ma le sorrise di rimando facendo finta di nulla. Poi si voltò in fretta, fingendo di cercare qualcuno tra la folla.
Che diamine stava succedendo?
Il mago esaminò la moltitudine di gente attorno a lui con più attenzione e si rese conto che quella mattina a King’s Cross tutti sembravano conoscersi. O meglio, non conoscersi da sempre: si percepiva però un'aria di familiarità e di amicizia tra di loro, come se tutte quelle persone fossero accomunate da qualcosa, come se fosse una sorta di raduno, un ritrovo. Quella situazione gliene ricordava un’altra, vissuta molti anni prima: era assurdo, ma gli sembrava di essere ritornato alla Coppa del Mondo di Quidditch del ’94. Quell’aria di festa e di allegria, quella passione comune che faceva sì che tutti si sentissero uniti tra di loro,  anche se in realtà erano del perfetti sconosciuti. A Harry sembrava proprio che lo stesso valesse per quei Babbani, come se tutti fossero lì quella mattina per la stessa ragione.
Che poi, a pensarci bene, anche i Babbani avevano tutto il diritto di ritrovarsi dove e quando volevano per festeggiare qualsiasi cosa stessero festeggiando… Ma dovevano proprio scegliere la stazione di King’s Cross la mattina dell’1 settembre 2017? Assurdo.

Harry si voltò per controllare i suoi due figli che se ne stavano stranamente tranquilli a confabulare tra loro. Gli sembrò di percepire le parole “Rose”, “scherzo” e “mappa”. Sorrise e li lasciò fare, d’altra parte non si poteva certo dire che lui fosse stato uno stinco di santo nei suoi anni trascorsi ad Hogwarts.
A un certo punto, senza preavviso, il volume del vocio diffuso nella stazione iniziò ad aumentare. Tutti incominciarono a parlare tra di loro, qualcuno urlava. La gente cercò di farsi avanti sgomitando e in molti si alzarono in punta di piedi per vedere meglio qualcosa che stava accadendo più avanti, vicino al binario 10. Sentì alzarsi dei cori, ma non comprendeva che cosa stessero cantando o gridando.
Riuscì a distinguere delle urla.
“Emma! Emmaaaaaaaaaaa!”
“Qui, venite qui!”
“Daniel!! Guarda, è Dan! Daniel!”
“È lei! Guarda, è lei… È proprio la Rowling! Wow!!”
Ma che cosa…?
Harry si guardò intorno sbalordito.
Finché ad un certo punto…
“Mamma, guarda! C’è Harry Potter!”
Harry si girò di scatto. Aveva sentito bene? Non che non fosse abituato ad essere riconosciuto, anzi. A volte faceva fatica a mantenere la sua privacy e ad assicurarsi che i suoi figli ad Hogwarts fossero trattati in modo assolutamente normale. Ma quella mattina a King’s Cross non aveva avuto l’impressione di avere intorno dei maghi, soltanto Babbani. E allora chi…
Guardò il bambino che aveva pronunciato il suo nome: era a qualche metro da lui, in braccio a un uomo alto, dalle spalle larghe e il mento squadrato, che sorrideva raggiante a quella che doveva essere sua moglie. Il bambino picchiettava eccitato la spalla della madre dall’alto, e continuava a ripeterlo.
“Guarda, è lui! È lui!”
La madre scoppiò a ridere di cuore.
“Sì tesoro, finalmente è arrivato Harry”.
“Però si chiama Daniel, Paul” si intromise l’uomo, dando un buffetto sulla guancia del figlio che lo guardò arricciando il naso.
“No, si chiama Harry Potter”.
Harry guardava la famigliola spiazzato, senza capire.
Gli davano le spalle, quindi non l’avevano visto. Il bambino teneva un braccio teso e indicava un punto in mezzo alla folla davanti a lui. Il mago non riusciva a vedere chi o che cosa ci fosse laggiù, ma l’unica conclusione logica che poteva trarre era che quel bimbo stesse parlando di un altro Harry Potter. Un Harry Potter babbano, un suo omonimo forse… Che poi proprio omonimo non doveva essere, visto che il padre aveva detto che si chiamava Daniel.
Harry - il vero Harry - era confuso. La curiosità ormai lo stava divorando, voleva soltanto riuscire ad avanzare un po' per capire cosa stessero guardando tutti.
“James, Al… Tenete un attimo d’occhio i carrelli, ok? Arrivo subito!”
Si intrufolò in mezzo a quel mare di gente e riuscì a portarsi qualche metro più avanti.
Un po’ più là, circa a metà tra i binari 9 e 10, si ergeva una specie di piccolo palco protetto sui quattro lati da una schiera di uomini vestiti in nero, probabilmente delle guardie del corpo, suppose Harry. Sul palco era appena salito un gruppetto di persone: riusciva a distinguere una donna bionda sui cinquant’anni circondata da un gruppo di ragazzi più giovani, che dovevano avere al massimo trent’anni. La donna bionda sembrava davvero emozionata, si stava asciugando gli occhi lucidi e abbracciava una bella ragazza dai corti capelli color miele.
La folla li acclamava a gran voce, gridando dei nomi che Harry non riusciva a distinguere. L’attenzione del pubblico era rivolta in particolare a tre giovani uomini, uno moro, uno rosso e uno biondo, che si sporgevano dal palco per salutare la gente. Sembravano delle stelle del cinema, dei personaggi famosi. Ecco perché tutti quei Babbani lì radunati. Certo che organizzare un evento del genere in una stazione, era una cosa da folli.
Harry si voltò a guardare il bambino che aveva gridato il suo nome e che stava ancora fissando incantato lo stesso punto. Seguì la linea del suo sguardo e vide che l’oggetto delle sue attenzioni era il ragazzo moro, che in quel momento muoveva il braccio per salutare la gente, con un sorriso raggiante dipinto sul volto.
E così quello era il Daniel/Harry. Beh, la cosa buffa era che un po’ gli assomigliava… Anche se – Harry dovette ammetterlo a malincuore – aveva un'aria decisamente più affascinante e più elegante di lui.
Per un momento un’idea folle gli balenò nella mente.
Hanno fatto un film su di me.
Durò mezzo secondo e poi lui stesso si sorprese di aver potuto pensare a una cosa così stupida. La lontananza dal mondo babbano negli ultimi anni doveva avergli fatto male, Harry scoppiò a ridere da solo.
Poi, mentre stava per girarsi e ritornare dai suoi figli, lo vide.
 
Un grande lenzuolo, appeso sul muro della stazione appena dietro il palco:
 
«After all this time? ALWAYS.

September 1st 2017 – Platform 9 ¾ at King’s Cross
Harry Potter fan meeting

Hogwarts will always be there to welcome you home
»
.
 

Harry rimase immobile, come pietrificato. Il sangue gli si gelò nelle vene e il mondo iniziò a girare intorno a lui.
Sul suo volto era dipinta un’espressione a metà tra l’incredulità e il terrore. Quando riuscì a riprendere fiato, ancora boccheggiante, iniziò a scrutare la folla nella disperata ricerca di una spiegazione logica; e, solo a quel punto, quei piccoli particolari che prima non aveva notato iniziarono a svelarsi. I simboli a forma di saetta e lo stemma di Hogwarts un po’ ovunque nell’abbigliamento di quelle persone; quei finti cappelli da mago indossati da grandi e bambini; una miriade di disegni e foto di oggetti magici, dalle scope, ai gufi, alle bacchette…
Non era possibile, non poteva star accadendo. Quello che vedeva era contro ogni logica, contro la Legge per la Protezione dei Babbani, contro lo Statuto Internazionale per la Segretezza Magica!
Gli girava la testa.
Improvvisamente qualcuno lo afferrò per un braccio. Era Ginny.
“Harry! Ma dove ti eri cacciato, non ti trovavo!”
“Ginny… I-io… Ma hai visto?”
“Sì, ho visto. Non c’è tempo ora, ne parliamo a casa. Dobbiamo andarcene, subito!”
“Come andarcene? Ma i ragazzi… Il treno…”
“Non c’è nessun treno, l’Espresso per Hogwarts è stato soppresso. Ho appena incontrato Hermione, era venuta a dircelo: Percy li ha avvisati stamattina e loro ci hanno mandato subito un gufo, ma erano quasi le dieci ed eravamo già usciti di casa”.
“Ma che cosa sta succedendo? Come fanno a sapere…?”
“Non c’è tempo ti ho detto, bisogna andare via subito! Per come stanno le cose potrebbero anche riconoscerci e sarebbe la fine. Herm mi ha detto di andare il prima possibile alla Tana, dobbiamo discuterne tutti insieme. È probabile che Kingsley nomini un consiglio straordinario a breve.”
“Mamma, ma che…”
“Non è il momento, Lily. Dopo”.
Harry notò l’espressione preoccupata che si era disegnata sul volto dei suoi figli.
“Ehi, cosa sono quelle facce?” sussurrò. “Vedrete che il Ministero troverà comunque il modo di farvi arrivare a Hogwarts il prima possibile, magari anche domani stesso. Non penserete di liberarvi dallo studio, eh!”
James sorrise debolemente, ma Albus continuava a mantenere gli angoli della bocca pericolosamente piegati all’ingiù.
“Il tempo di capire che cosa sta succedendo, e tutto si sistemerà”.

Harry cercava di sembrare ottimista, ma quando uscendo da King’s Cross si voltò ad osservare per l’ultima volta quella moltitudine babbana che per chissà quale motivo si era radunata – ora lo sapeva – per celebrare la sua storia, non poté fare a meno di pensare che nemmeno l’Incantesimo di Memoria più potente del mondo avrebbe mai potuto cancellare la passione che in quel momento accendeva i loro volti.


 
  
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