Anime & Manga > Yu degli spettri
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Autore: Dicembre    10/09/2006    4 recensioni
Da diverso tempo ormai i Reikai Tentei conducono vite normali. Kurama, rimasto nel mondo degli umani, però, non sa trovare un giusto equilibrio fra la sua anima demoniaca e quella umana. Hiei invece, rimasto nel mondo dei demoni, cerca di sfuggire a tutto ciò che il suo amico rappresenta per lui, ancora una volta, allontanandosi da ciò che ama...In realtà, però, a riportarli l'uno vicino all'altro, è la persona che meno ci si aspetterebbe: Yukina. La piccola dama dei ghiacci, infatti, dopo aver riflettuto molto sulle parole che Hiei le aveva detto prima che quest'ultimo partisse per il Makai, s'è decisa a tornare nella sua terra d'origine per affrontare, a suo modo, il passato. Kurama decide di accompagnarla, convinto che l'unico modo per ritrovare un'armonia interiore sia quella di cercarla insieme allo Youko. Ci sono dei cacciatori di volpi, però, sulle tracce dei nostri amici, e il pelo d'argento è quello più pregiato. Hiei quindi, più d'istinto che ragionando, decide di tornare nella sua terra con Kurama e la sorella, pur vivendo nel disperato tentativo di cancellare dalla sua testa l'unico nome che per lui rappresenta tutto. [KuramaxHiei]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Devo essere sincera

Ebbene siamo arrivati alla fine! Che dire, se non che sono davvero felice? Ho cambiato l'epilogo diverse volte e questa versione è in assoluto quella che mi soddisfa di più (e poi questo capitolo è molto più lungo dei precedenti...del resto, non potevo interromperlo). Fatemi sapere cosa ne pensate, del capitolo e della fanfiction). Anche perchè per ora non ho intenzione di scrivere un sequel, ma non è un'idea che scarto (avrei qualche spunto che mi frulla in testa...). Vorrei quindi sapere che ne dite. Per ora continuerò solo con il mio racconto originale...  Un bacio, Dicembre

 

 Hiruseki

Capitolo Ventiduesimo

 

 

Piove dirotto e l’unico posto che ho trovato nelle vicinanze per ripararmi è questa grotta, troppo umida per le condizioni di Kurama.

Com’è sciocco, sapeva che non sarebbe mai dovuto venire nel Makai così debole, ma è venuto lo stesso…

Ma forse sono più sciocco io che, come il più inesperto fra gli yukai, sono caduto nella sua trappola.

Ho percepito la sua aura appena questi ha varcato la soglia fra i due mondi e senza accorgermene gli ero di fianco.

Pensavo di andarmene via da lui così, semplicemente, ma ho subito ceduto.

Sono davvero senza nervo.

Sorrido.

Guardo la sua figura dormire, con la testa appoggiata alle mie ginocchia e le sue braccia allacciate alla mia vita, quasi avesse paura che lo lasciassi qui solo.

Sospiro, non lo lascerei mai solo, così indifeso, ma ugualmente non vorrei che si svegliasse, non vorrei doverlo affrontare, vorrei solo sparire.

Perché è venuto a cercarmi?

Nonostante abbia bevuto l’Hiruseki, nonostante sappia tutto di me, perché è venuto ugualmente?

Avevo sperato mi lasciasse in pace, dopo quella sera, avevo sperato di non rivederlo più…ma probabilmente mi sto mentendo.

Mi chiedo che cosa devo fare…

Che cosa devo fare?

Mi sento stretto in una morsa da cui non riesco a scappare, messo in un angolo, e non trovo soluzione.

Non riesco a dimenticarlo, e, per quanto cerchi di allontanarmi da lui, lui m’insegue nella mente e nello spirito…ma anche nel corpo.

E sempre me lo ritrovo vicino.

Questo mi rende felice.

E penso che non dovrei esserlo.

Gli accarezzo i capelli. Come potrei non esserlo? Ma allo stesso tempo, come posso non vergognarmi di… di me.

Vedo brillare qualcosa sul suo collo e guardo che cos’è: la mia Hiruseki, rossa e torbida. La prendo fra le dita e la guardo, stupito di vederla lì.

“Non pensare di staccarla, è mia” e prima che me ne accorga, la mano di Kurama s’impadronisce della perla che tenevo fra le dita e se la rimette sotto i vestiti “E’ mia” ripete, con la voce ancora impastata.

Io non rispondo. Ha ragione è sua. Le Hiruseki sono un dono. Per quanto ironico possa sembrare, quella sfera rossa, infangata dalla mia natura, è sua.

Vorrei andarmene, ora più che mai, vorrei che qualcuno mi convincesse che io non potrò mai averlo.

Lo so, ma ciò non toglie che lo ami ogni giorno che passa, sempre di più.

“Perché sei scappato?”
Non rispondo, la volpe sa già la risposta, è inutile che la ripeta.

“Perché ti nascondi da me, Hiei?”

Ma ancora non rispondo, e guardo l’uscita della grotta quasi fosse una via di fuga.

La pioggia battente crea un muro d’acqua e non riesco a vedere niente attraverso, se non forme d’alberi sfumate.

“Tu non sai quanto io…” ma s’interrompe e si mette a sedere, a fatica “Perché non ti fidi di me?”
Lo guardo e aggrotto le sopracciglia: che cosa sta dicendo? Che cosa intende?

“Perché non ti fidi di me?” ripete lui “perché pensi davvero che ciò che sei possa farmi scappare?”
Sussulto e, inconsapevolmente, arretro leggermente la schiena. Lo guardo negli occhi: appare davvero addolorato e io non capisco.

“Sei uno sciocco Hiei, come puoi pensare che ciò che sei possa allontanarmi da te? Conoscevo chi fossi in realtà ben prima che bevesi la tua Hiruseki. Sebbene non conoscessi ogni minimo dettaglio della tua vita, davvero pensavi che in tutti questi anni non abbia imparato a conoscerti?”

C’è del dolore nella sua voce ed una profonda solitudine.

Mi chiedo se davvero sono stato io a causarli.

Scuoto la testa, incredulo.

“Smetti di essere così intransigente con te stesso e lascia che la gente ti ami per ciò che sei”

Se mi fossero crollate le mura intorno a noi, o se semplicemente il mio cuore avesse smesso di battere con un tonfo, questo non so dirlo. Scuoto la testa atterrito e ancora, indietreggio un po’.

“La tua anima è il dono più bello che tu potessi farmi…” bisbiglia, ma io non capisco bene cosa intenda “Lascia che la gente ti ami per ciò che sei” mi ripete e quasi vorrei gridare, se non mi chiudesse prima la bocca con le sue labbra.

Mi coglie così di sorpresa che con le braccia lo spingo via con forza e lui è troppo debole per oppormi resistenza.

Mi porto la mano sulle labbra ed il suo sapore viene assorbito così in fretta dalla mia mente che mi sembra di impazzire, perché ne voglio ancora.

Ma non posso averne.

Mi alzo e lo guardo con odio. Si sta prendendo gioco di me, si diverte a farmi uscire di senno, ad usarmi per poi…

No, Kurama non lo farebbe mai, non lui.

Invece di fuggire esito, perdo l’attimo per andarmene e, finalmente, lasciarlo alle mie spalle e scomparire.

Lui è un combattente troppo abile per non approfittare delle incertezze dell’avversario.

Mi sento premuto contro la parete ed addosso sento lui. Mi schiaccia, ma nonostante s’imponga su di me con una forza ritrovata, le sue labbra s’impongono sulle mie con una dolcezza disarmante.

Per quanto notti, in un posto segreto della mia mente, ho sognato di poter baciare il mio Kurama?
Quante volte ho sperato, negandolo, di averlo fra le mie braccia?

Troppe volte. Ora il suo sapore frantuma qualunque mia volontà e l’unica cosa che mi rimane è il desiderio di averlo mio.

Tutto scompare e c’è solo lui, il suo odore e la sua pelle morbida, il suo respiro e le sue braccia.

Allora penso che alla fine, va bene così e mi lascio andare.

Lo bacio anch’io.

So che questo gesto mi ucciderà perché quando capirò che nulla di tutto questo è reale, allora morirò.

Ma se devo morire, se c’è qualcuno che deve uccidermi, va bene che sia lui.

Basta che mi sia permesso di dargli ancora questo bacio, che prometto essere l’ultimo, ma che diventa inevitabilmente il primo, o forse il secondo non lo so.

 

on lo so. che diventa inevitabilmente il primo, o forse il seocndo o essere l'a.

 il mio Kurama?
mi sembra di impazzire, perchè
Se mi sta mentendo, lascio che m’inganni. Se vuole essere il mio carnefice, non opporrò alcuna resistenza, se devo morire qui, va bene.

Le sue mani sono su di me, così delicate ed esperte che le mie m’imbarazzano, callose e titubanti. Ma lo stesso lo bacio ovunque e lo accarezzo, e quando lo sento gemere sono così felice che non vorrei mai smettere di ascoltarlo.

Seguo il mio corpo, perché lui sa cosa fare mentre io no. Mordicchio la sue pelle bianca e ne voglio sempre di più. Mi sembra di impazzire, con le mani sulle sue forme perfette  e la mia bocca intorno a lui. Le sue mani si stringono così forte attorno ai miei capelli che quasi me li strappano, ma non m’interessa, voglio tutto di lui.

Quando le sue dita lasciano i capelli mi dedico anche a loro, lunghe e bellissime.

Quando ritorno nella sua bocca, lui mi passa una mano sulla fronte e strappa la mia bandana.

“Guardami” mi bisbiglia e lascia al mio Jagan libero accesso alla sua mente.

Probabilmente grido, non lo so, perché col terzo occhio aperto, non ho più nessuna barriera fra me e lui.

Così quando entrambi raggiungiamo l’orgasmo, gli bisbiglio nell’orecchio di amarlo.

Una, due, dieci volte, non lo so.

Ma glielo dico, senza freno, perché lui è l’unica cosa vera che abbia mai avuto e lo voglio solo per me.

Perché lui è mio.

 

 

Piove ancora a dirotto. Le gocce cadono ritmicamente e accompagnano il nostro respiro. Ha il viso appoggiato alla mia spalla e penso che dorma, ma mi stringe la vita con le sue braccia.

Forse teme che scappi di nuovo e vaglio, sinceramente, l’idea di farlo.

Sento un bacio leggerissimo sulla spalla, ma io non mi muovo, non so se sono già pronto a guardarlo in faccia. Ho paura di quello che potrei vederci.

Ma lui non smette di baciarmi la spalla e poi, d’improvviso, percepisco un dolore penetrante ed acuto, dove prima sentivo le sue labbra. Sussulto. Mi ha morso e sento il mio sangue scorrere fuori dalla ferita.

Solo adesso mi guarda e cerca nei miei occhi l’assenso per quel gesto.

Il mio sangue sulle sue labbra lo fa apparire come il più pericoloso fra i predatori, ma è così sensuale che ha già vinto.

Sorrido, leccandoglielo via. Il mio sangue su di lui ha un sapore inebriante e con quel sorriso, gli do il mio assenso a fare ciò che vuole.

Perché negarglielo, quando non c’è nulla di me che non lo voglia?

 

Esiste un antico rituale, nel Makai, che sancisce l’unione di uno yukai con un altro. Si può unire il proprio sangue con l’aura di un altro lasciando che questa scorra con lui nel corpo e lo permei. Completamente.

E’ un legame indelebile. E’ un legame assoluto. Ed è un legame volontario.

Non esiste forza né volontà che possa imporre questo legame sull’altro se non sia questo a chiederlo e a volerlo. Non esiste modo per obbligare qualcuno ad accettarlo e non esiste modo per reciderlo.

Ma perché dovrei esitare?

Se Kurama reclama il mio sangue è perché è suo da reclamare. Che se lo prenda, quindi che sia suo come lo è da sempre.

 

Sento la sua aurea penetrare nel mio sangue e il piacere che questa provoca è così intensa che grido inebriato.

Lo sento entrare dal collo, raggiungermi il petto e da lì espandersi ovunque.

Stringo le braccia intorno a lui e inarco la schiena, in balia di quella sensazione. Lo richiedo e lo pretendo dentro di me e non lo voglio più lasciar sfuggire. La sua aura profuma di rosa e quell’odore, insieme alla sua forza, mi prendono completamente.

Lo bacio di nuovo, altre mille volte, finchè lui non si ferma e non si  asciuga dalle labbra una goccia di sangue uscita da una ferita che probabilmente gli ho provocato io. Mi guarda e io non posso credere a quello che quegl’occhi m stanno chiedendo.

Cerco di chiedergli qualcosa, ma mi zittisce con un dito.

“Ti amo, Hiei” dice semplicemente.

La sua voce mi commuove, ed infine gli credo. Sono uno sciocco, forse, ma l’ultimo dubbio viene spazzato via e gli credo.

E’ il suo sangue che mi chiama e mi permette di fare  ciò che mai avrei sperato. Mi permette di reclamarlo come mio.

Lego la mia aura a quel sangue sulle sue labbra ed il resto è niente.

Lo sento gridare il mio nome, forse la mia aura lo brucia, ma il suo sangue la cattura del tutto e io non ho più alcun potere.

Sono felice come non lo sono mai stato e per la prima volta in tutta la mia vita, non maledico d’essere nato.

 

 

 

 

Nevicava da diversi giorni ormai, Hiei guardava le terre del Makai di fronte a lui e per un istante, gli parve di essere tornato nella terra dei Koorime.

Ma il suo animo era in pace ora, quel freddo e quella neve rimanevano fuori da lui e dai suoi pensieri. Si sporse dal davanzale per guardare meglio gli alberi innevati sotto di lui e per sentire l’odore pungente degli abeti. Non indossava alcuna casacca e, quando una folata di vento particolarmente gelida lo raggiunse, un brivido gli corse lungo la schiena.

Hiei poi si sedette sul davanzale e osservò, fra le mura dello stesso, il più bel fiore che avesse mai visto. Era da quando era tornato al castello di Mukuro che non faceva altro che guardare quel fiore bianco, coi pistilli rossi.

Era passato un po’ di tempo da quando Kurama era tornato nel Ningenkai e lui era rimasto lì, come era suo dovere fare. Nonostante gli mancasse da impazzire, Hiei sapeva vivere con la nostalgia e sapeva che quella, in quel momento, era la decisione migliore da prendere. Kurama era tornato nei panni del figlio, quelli che gli competevano ancora per qualche anno, e lui era tornato nei panni del buttafuori, come aveva detto Yuusuke.

Si toccò la piccola cicatrice che aveva sul collo.

Avrebbero avuto tempo. Per ora si sarebbero visti di tanto in tanto, ma avrebbero continuato a vivere in due mondi diversi, separati, anche se per sempre uniti.

E poi Kurama aveva promesso che sarebbe venuto a trovarlo spesso, e Hiei ci credeva. Del resto, per ora, non voleva tornare nel regno degli umani perché avrebbe anche voluto dire rivedere Yuukina e non era ancora pronto per affrontarla. Non a così breve distanza da tutto quello che era successo…

Era sbagliato, ma aveva bisogno di tempo.

“Sei così perso nei tuoi pensieri, che non ti sei neanche accorto che sono entrata in stanza”

Hiei si girò lentamente a guardare Mukuro, ma tornò subito a riguardare il suo fiore.

“E’ un fiore di neve…”

“Qualcuno è riuscito a farlo crescere?”
Hiei sorrise: sapevano entrambi la risposta. E il dono del fiore implicava qualcosa che non sfuggì a Mukuro.

“Tornei nel Ningenkai?”
Hiei scosse la testa “Non è necessario, per ora il mio posto è qui”

E di nuovo guardò quel fiore bianco e i suoi pistilli rossi che ondeggiavano al vento, e si sentì libero.

Ma soprattutto, si sentì felice.

 

Fine 

   

  
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