Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Taila    31/01/2012    10 recensioni
Era immerso in quei pensieri quando avvertì una mano, la mano di John, stringere calda e un po’ ruvida la sua che teneva sotto il tavolo, abbandonata sulla gamba. Il palmo del dottore combaciò con il suo e intrecciò le loro dita, gli accarezzava il dorso della mano disegnando piccoli cerchi sulla pelle con il pollice e il volto e la linea delle spalle di Sherlock si distesero impercettibilmente. Era quella la qualità che rendeva John speciale ai suoi occhi: se una qualsiasi altra persona avesse cercato di toccarlo in quel modo, il detective si sarebbe ritratto disgustato e magari sarebbe anche corso a disinfettarsi per evitare qualsiasi contaminazione; ma il suo dottore era caldo, morbido e confortevole e non soltanto il suo corpo desiderava un contatto fisico con lui, ma lo pretendeva.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Watson mine
Autore: Taila
Serie: Sherlock (bbc)
Genere: Romantico, sentimentale, fluff, slice of life
Tipo: One – shot, slash
Pairing: Sherlock Holmes x John Watson
Raiting: Giallo
Disclaimers: I personaggi presenti in questa shot non appartengono a me, ma a Sir Arthur Conan Doyle in primis, a Moffat e e alla bbc poi. Io li ho presi in prestito per puro divertimento e per i miei loschi scopi, senza scopo alcuno di lucro.
Note: Rieccomi qui a far danni in questo fandom. L’idea per questa fic mi è venuta per caso, mentre guardavo annoiata la tv e oggi mi sono messa all’opera. Ormai l’innamoramento verso questa serie e verso Sherlock e John ha raggiunto i livelli massimi e scrivo per sfogarmi un po’e cercare di farmi passare la tristezza che mi ha messo la 2x03, perché ho preso finalmente coraggio e ho guardato la puntata *^* Se penso che devo aspettare un altro anno… Il titolo di questa shot l’ho preso da quello di un video su youtube dove Sherlock e Mycroft si contendevano il nostro sprimacciosissimo dottor Watson *-*
Ringrazio Sevvina: Ma grazie davvero *__* Però non è tutto merito mio, ma anche di quella bellissima fan art che mi ha ispirato (sia lode alla disegnatrice *-*). Sono contenta che questo mio primo lavoretto su Sherlock ti sia piaciuto e che sia riuscita a strapparti un sorriso ^__^ Temevo un pò di rendere il nostro detective OOC, ma pare sia andata bene ^^''' Anch'io vedo John come un orsacchiottone da sprimacciare e per questo mi ispira fluff a palla *ç* Spero che anche questa shot ti piaccia e sia all'altezza della precedente ^o^ Ringrazio rosieposie77: Lieta che l'altra shot ti sia piaciuta. Purtroppo questa è una mia pecca: posso rileggere un centinaio di volte, ma c'è sempre qualcosa che mi sfugge... Anche per me il personaggio preferito è John e adoro Sherlock per il legame che hanno *ç* a volte non so come faccia a non sparargli in una gamba... Spero che anche a te questa shot piaccia ^^''' Ringrazio JimmyHouse: Eccomi qua con un'altra fluff, non è esattamente come l'altra, ma spero che sia comunque all'altezza ^.^ Sono contenta che sia piaciuta anche a te l'altra fic e anch'io adoro il fluff, con la coppia giusta e questi due sono un'inno al genere *ç* Ringrazio kiba91:... quello che fa sciogliere il buon dottore come burro fuso ^O^
Ringrazio: malena, Sevvina, VirtualInsanity e _Bya_love_ che hanno inserito l'altra shot tra i preferiti. Ringrazio: kiba91, mary_for e Quistis18 per aver inserito la shot tra quelle da ricordare. Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto e tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa shot (inchino!).
Adesso la smetto e vi lascio alla lettura, alla prossima fic gente \^O^/



Watson mine


John camminava il più rapidamente possibile, cercando di non farsi distanziare da Sherlock che era alcuni passi avanti a lui e sembrava aver completamente dimenticato che la sua falcata era il doppio della propria. Il dottore sospirò rassegnato e sollevò lo sguardo verso il cielo plumbeo di metà pomeriggio che si stagliava sopra tutta Londra e minacciava di buttar giù acqua a secchiate prima di sera. I lampi erano come torrenti di fuoco contro lo schermo scuro del cielo e i tuoni rombavano oltre i tetti dei palazzi londinesi. John rabbrividì e sperò di ritornare a casa prima che iniziasse a piovere: erano usciti di casa così velocemente quella mattina, per seguire la pista dell’ultima intuizione del suo coinquilino, che non era riuscito a prendere l’ombrello. Riportò lo sguardo sul detective e vide che si era allontanato ancora di più, lui ormai era così stanco dopo una giornata a correre per i vicoli cittadini, che non riusciva a far altro che arrancargli dietro con i polmoni che sembravano pompare gas incandescente e con i muscoli delle sue gambe bruciare come se fossero immersi nell’acido da batteria invece che di quello lattico. Forse soltanto quando si stava ancora addestrando e il capitano Harris gli ordinava ogni sacrosanto giorno di fare cento flessioni alla sbarra, soltanto perché gli era antipatico, aveva subito un trattamento simile.
- Sherlock, rallenta un po’. Non riesco più a starti dietro.- lo richiamò e la voce gli uscì roca e spezzata dall’affanno.
Il detective si fermò e, con un movimento elegante, girò su se stesso per guardare il suo amico che gli si avvicinava e, da quella distanza, al dottore sembrò che il colore delle sue iridi sfumasse e si confondesse con quello diafano della pelle, dando l’impressione che quegli occhi fossero completamente trasparenti.
- Passare tanto tempo a fingere di zoppicare ha indebolito la tua resistenza fisica, dottore. Dovresti cominciare a fare dell’attività fisica e recuperare.- lo riprese il detective quando, finalmente, gli fu di fronte.
- Oh, a quello ci pensi benissimo tu!- replicò John, con la voce ancora bassa e ansante.
- Se me lo dici con quel tono, mi fai pensare che non ti stai riferendo alla corsa.- ribatté Sherlock, osservandolo con un luccichio malizioso a brillare per un attimo sotto lo strato ghiacciato delle sue iridi.
John lo fissò per un attimo battendo le palpebre, ma quando comprese a cosa si stesse riferendo l’altro in realtà, un’ombra rossa gli risalì lungo il collo fino a concentrarsi sulle sue guance e sulla cresta delle sue orecchie. Un sorriso schiuse le labbra di Sherlock: era sempre divertente vedere il suo compagno tutto d’un pezzo imbarazzarsi. Il dottore aprì la bocca per protestare, ma venne anticipato da una voce che lo stava chiamando e si girò appena in tempo per essere abbracciato da qualcuno e sentirsi sprofondare il viso nella stoffa morbida di una camicia.
- John Watson! Che bello incontrarti di nuovo, è una vita che non ci vediamo. – esclamò una voce maschile che al dottore suonò familiare, prima che due mani lo sciogliessero dall’abbraccio e lo afferrassero per le spalle, per scostarlo dal torace contro cui era premuto – Ehi, non dirmi che ti sei dimenticato di me, potrei offendermi sai?- rise ancora la voce.
Era stato tutto così veloce che John si sentiva un po’ frastornato, ma ugualmente sollevò lo sguardo per capire chi fosse quella specie di uragano che lo aveva colpito in pieno. Vide il volto di un uomo che doveva avere all’incirca la sua età, un pizzetto perfettamente curato gli circondava la bocca sorridente, mentre i capelli erano sistemati con cura maniacale e una buona dose di gel all’indietro. Ma a far scattare la molla nella memoria del dottore, furono gli occhi dell’uomo neri e carichi di divertimento come tante volte li aveva visti da ragazzo.
- Mike Perris!- esclamò John alla fine di quell’attento esame.
- Finalmente mi hai riconosciuto Johnny, pensavo che l’età avesse iniziato a giocarti brutti scherzi!- lo prese in giro, mentre la presa delle sue mani sulle spalle dell’altro aumentava.
- Questo dovrei dirlo di te: ricordo benissimo il modo in cui ti riducevi da ragazzo.- lo rimproverò tra il serio e il faceto, registrando con l’occhio del medico le guance arrossate e gli occhi lucidi dell’altro.
- E tu non hai perso la propensione a fare la paternale agli altri, San John. – rise staccandosi finalmente da lui – Dobbiamo festeggiare questa rimpatriata, conosco un locale molto carino qui vicino e, prima che tu possa dire di avere impegni, ti avverto che non accetto un no come risposta.- disse l’uomo cercando di assumere un’espressione seria e autoritaria.
John in quel momento si sentì un po’ in trappola. Mike aveva indubbiamente bevuto e questo lo rendeva molto appiccicoso, come già aveva ampiamente dimostrato, e non sapeva quanto ancora Sherlock avrebbe tollerato una simile confidenza e neanche quanto tempo avrebbe resistito prima di reagire in modo tagliente e offensivo come suo solito.
- Mike sono con un amico e…- provò quindi a glissare indicandogli la figura alta e minacciosamente silenziosa del compagno accanto a lui, ma il suo ex compagno di scuola lo interruppe.
- Che problema c’è? Gli amici di John sono anche amici miei. – sorrise entusiasta e si rivolse verso il detective – Mike Perris, piacere di conoscerti.- si presentò tendendogli la mano.
Sherlock per un lungo istante lo osservò con uno sguardo così gelido e inespressivo da far rabbrividire il nuovo arrivato e preoccupare John, poi liquidò il tutto con uno sbuffo e un’alzata di spalle. Il dottore sospirò sollevato che si fosse limitato a quello e non avesse iniziato a sezionare Mike e la sua vita come un campione di terreno sotto il vetrino del microscopio del Bart’s.
- Allora facci strada Mike, ho proprio bisogno di una tazza di the caldo.- sorrise incoraggiante John.
Sherlock, a quelle parole, si girò di scatto a fissarlo con uno sguardo irritato, a cui il dottore rispose con uno morbido in cui gli chiedeva di avere pazienza e gli prometteva che si sarebbero sganciati dal suo vecchio amico alla prima occasione. Il detective annuì con un impercettibile cenno del capo e seguì gli due, per nulla propenso a lasciare il suo dottore con quello sconosciuto che aveva il vizio di allungare troppo le mani.

Il locale in cui Mike Perris li aveva portati era null’altro che un bar con un’ampia sala dove gli avventori potevano sedersi ai tavolini e gustare le ordinazioni, i tre si sedettero a uno di quelli che facevano angolo tra la parete e la vetrina con il nome del locale. John scosse la testa quando Mike prese per sé un whisky liscio, ma si limitò a ordinare una tazza di the per sé e per il suo coinquilino. Già quando erano al liceo, Mike aveva l’abitudine di bere alcoolici a qualsiasi ora del giorno e preferibilmente a stomaco vuoto, questo lo portava a viaggiare sempre in uno stato alterato delle percezioni e lui adorava vivere come se camminasse di continuo sopra una nuvola. Lui e John erano in classe insieme e andava d’accordo, ma il loro rapporto non andava oltre qualche bevuta insieme al loro gruppo nel finesettimana.
- Allora John, cosa hai fatto in tutti questi anni che non ci siamo visti?- gli domandò Mike mentre il cameriere portava le loro ordinazione.
John ringraziò il ragazzo e prese un sorso di the dalla sua tazza, notando con soddisfazione che Sherlock stava facendo lo stesso.
- Niente di che. Ho preso una laurea in medicina e mi sono arruolato. Ho partecipato alla guerra in Afganistan e ora che sono stato congedato lavoro all’ambulatorio del Bart’s. Una vita tranquilla tutto sommato.- concluse con una lieve nota ironica.
Sherlock fu il solo che la notò e sorrise nascosto dietro il bordo della sua tazza.
- Conoscendoti non mi sarei aspettato niente di meno. Ti ricordi di Matt Parrel?- gli chiese ancora Mike, dopo aver bevuto tutto d’un sorso il suo whisky e averne ordinato un altro.
- Quella del terzo anno sezione C?- e il dottore si fermò con la tazza davanti la bocca, sorpreso da quel repentino cambio di argomento.
- Proprio quello. Era tutto casa e chiesa, te lo ricordi? Stava lì, lì per prendere i voti e sai cosa ha fatto? Ha messo incinta Lizzy Monroe e l’ha dovuta sposare sotto la minaccia del fucile del padre di lei. Non puoi non ricordare Lizzy: era quella del secondo anno che aveva il cervello come una noce e le tette che rivaleggiavano con l’Everest.- e scoppiò a ridere della sua stessa battuta.
Da lì in poi era partita tutta una serie piuttosto piccante di ricordi del passato comune a John e a Mike, e Sherlock stava letteralmente annegando nella noia. Era la solita, squallida vita degli adolescenti, condita di ribellione e sesso, e lui non ci trovava niente di speciale o di cui entusiasmarsi a quel modo. Al detective il passato dei vivi non interessava, se era ancora lì a sorbirsi quelle chiacchiere inutili era perché aveva notato il modo in cui quell’idiota guardava e toccava John, e come al solito il suo ingenuo dottore non aveva capito le intenzioni dell’altro. Sherlock si perse a immagine come sarebbe stato adoperare quello squallido individuo per i suoi esperimenti, magari poteva usarlo per dimostrare che l’idiozia era null’altro che un gene come tutti gli altri, una variabile deformata del corpo umano e che quello lì ne era un portatore inequivocabile.
Era immerso in quei pensieri quando avvertì una mano, la mano di John, stringere calda e un po’ ruvida la sua che teneva sotto il tavolo, abbandonata sulla gamba. Il palmo del dottore combaciò con il suo e intrecciò le loro dita, gli accarezzava il dorso della mano disegnando piccoli cerchi sulla pelle con il pollice e il volto e la linea delle spalle di Sherlock si distesero impercettibilmente. Era quella la qualità che rendeva John speciale ai suoi occhi: se una qualsiasi altra persona avesse cercato di toccarlo in quel modo, il detective si sarebbe ritratto disgustato e magari sarebbe anche corso a disinfettarsi per evitare qualsiasi contaminazione; ma il suo dottore era caldo, morbido e confortevole e non soltanto il suo corpo desiderava un contatto fisico con lui, ma lo pretendeva.
- Scusatemi ma devo andare un attimo in bagno.- disse dopo un po’ John, sciogliendo la stretta sulla mano del suo compagno e alzandosi dal tavolo.
Il detective sollevò uno sguardo su di lui, che il dottore ricambiò con la medesima intensità. Per un lungo, perfetto istante tutto venne annullato e assorbito dal color ghiaccio delle iridi di Sherlock, che esprimevano tutta l’esasperazione del proprietario per quella situazione, e dall’azzurro di quelle di John, che contenevano invece un ammonimento a che si comportasse bene in sua assenza. Nonostante fosse stato rapido, quello scambio di sguardi non passò inosservato agli occhi di Mike, che non impiegò molto a fare i necessari collegamenti.
- Se continua così si farà male alle mani!- lo avvertì la voce incolore e disinteressata di Sherlock, non appena il suo compagno si fu allontanato.
Mike abbassò lo sguardo e vide che le sue dita erano intrecciate tra loro in una stretta così forte che le aveva piegate all’indietro fin quasi al punto di rottura. Un sorriso finto da ubriaco gli passò veloce sulle labbra, mentre scioglieva la presa delle dita e afferrava il bicchiere per bere un altro sorso di whisky.
- Allora, com’è vivere con il nostro John?- domandò con la voce che gli tremava appena per l’alcool e qualcos’altro, con lo sguardo morboso di chi voleva appropriarsi e divorare particolari della vita di un’altra persona.
- La prego, eviti la commedia almeno con me!- sbuffò il detective riappoggiando la tazza ormai vuota nel piattino.
Piano, il sorriso di costruita cortesia si spense sulle labbra di Mike Perris e venne sostituito da un’espressione in cui confusione e ubriacatura si confondevano e gli donavano l’aspetto di una persona ottusa, che avrebbe potuto ingannare chiunque ma non l’uomo che aveva davanti.
- Io… non capisco cosa intenda Mr. Holmes.- balbettò l’uomo, le mani così strette attorno al bicchiere da far sbiancare le nocche.
- Non capisce dice, vediamo se così le è più chiaro. – e Sherlock sollevò il suo sguardo di ghiaccio su di lui, trapassandolo da parte a parte – Lei è un affarista, specula in borsa, ma la crisi ha colpito anche lei e naviga in ristrettezze economiche a giudicare dal completo che indossa: è pulito, ma il collo e le maniche sono stinte, segno che lo ha usato spesso. Bere in quel modo l’ha soltanto aiutata ad affondare più velocemente. All’anulare sinistro c’è il segno di una fede che ora non indossa e questo mi dice che è in piena crisi coniugale. Sua moglie l’ha lasciato ma non per la situazione economica, ha evidentemente scoperto il suo segreto.- e un sorriso affilato e gelido come una lama gli tese le labbra.
- Io non ho segreti, non so di cosa stia parlando.- provò a protestare Mike, mentre un sospetto rossore gli chiazzava il collo e le guance.
Sherlock pensò che se tutti i criminali fossero stati come quello lì, la sua vita sarebbe stata molto più facile e decisamente più noiosa.
- Quando si è seduto ha fatto un smorfia di dolore e non è riuscito a nascondere del tutto con il colletto della camicia quel succhiotto sul retro del collo. – continuò Holmes, non prendendo in considerazione il malcontento dell’altro – Si trova troppo indietro per essere stato lasciato da una donna durante un amplesso e questo, insieme al dolore che prova in parti poco nobili del suo corpo, rivela che ha un indubbio interesse per esponenti del suo stesso sesso. Questo incontro non è stato esattamente casuale, ha sicuramente letto il blog di John e cercato di crearsi la sua possibilità con il dottore. È interessato a lui, forse già da quando eravate ragazzi.- concluse scrutandolo con un misto di soddisfazione, irritazione e rabbia mal celate.
- Esattamente come lei.- esclamò l’altro uomo dopo una lunga pausa, nonostante si trovasse in palese difficoltà.
Sherlock aggrottò le sopraciglia, in un’espressione che lo rese quasi più minaccioso del solito. Non gli piaceva che un perfetto estraneo avesse capito cosa provasse per John, ma se questo fosse servito a tenerlo lontano dal suo dottore allora andava bene.
- Quindi, se è meno idiota di quanto appaia, comprenderà cosa deve fare senza ulteriori sollecitazioni.- disse il detective con un tono di voce piatto e asettico che rendeva ancora più pericolosa la sua velata minaccia.
Mike digrignò i denti sotto le labbra serrate, non gli piaceva l’idea che il suo amico fosse finito insieme a quel tipo, ma a quanto sembrava non poteva fare altro che arrendersi all’evidenza e andarsene il più velocemente possibile, perché aveva l’impressione che a mettersi tra quei due si rischiasse la vita.
- Scusate se ci ho messo tanto.- esclamò la voce fuori campo di John.
Al buon dottore era bastata una sola occhiata per rendersi conto che il suo compagno aveva applicato le sue deduzioni su Mike e non era finita bene tra di loro. Sherlock era schifosamente geloso e lo sapeva, ma aveva nutrito la pia speranza che non avrebbe fatto pressioni sulle persone che conosceva.
- Non preoccuparti John. – Mike gli rivolse un sorriso di plastica, prima di ingoiare l’ultimo sorso di liquore – Adesso è meglio che vada, la mia dolce metà si preoccupa se non torno a casa in orario. – e piegò le labbra in una smorfia a metà tra il divertito e lo spaventato – E’ stato bello rivederti, amico.- e si sporse per abbracciare il dottore.
John ricambiò la stretta, guardando il compagno da sopra la spalla dell’altro e chiedendogli di portare pazienza. Mike sciolse l’abbraccio e si girò verso il detective che era ancora seduto al tavolo.
- Piacere di averla conosciuta Mr. Holmes.- sputò fuori, in un modo che gridava a chiare lettere che quell’incontro era stato tutto tranne che un piacere.
Il dottore sospirò: non avrebbe mai dovuto lasciarli da soli. Aspettò che il suo ex compagno di scuola se ne fosse andato e si sedette sulla sedia accanto al suo compagno.
- Sherlock…- cominciò quello che aveva tutta l’aria di essere un rimprovero.
- Dovresti scegliere meglio gli amici.- replicò l’altro, lanciandogli un’occhiata in tralice.
- Lo so. Ho scelto te, infatti.- rispose il dottore in un morbido sussurro.
Davanti quel tono e quelle parole, Sherlock sorrise divertito perché nessuno prima di John gli aveva parlato in quel modo.

Rientrarono al 221B di Baker Street a sera tarda, zuppi di pioggia che aveva iniziato a scrosciare poco dopo che avevano lasciato il bar dove li aveva portati Mike, e John era così stanco che non si rese conto che Sherlock aveva chiuso la porta dell’appartamento a chiave. Piano, senza fare alcun rumore, il detective si avvicinò al compagno, che era in piedi accanto alla poltrona e stava sbottonando il giaccone che indossava, gli avvolse con la braccia la vita e se lo strinse contro.
- Sherlock.- sospirò il dottore, quando le labbra dell’altro gli baciarono la gola.
- Mi devi un pomeriggio sprecato a sentire le inutili chiacchiere del tuo amico, dottore.- fu l’unica spiegazione del detective.
Ridendo, John si girò nell’abbraccio dell’uomo e, sollevandosi sulle punte dei piedi, incrociò le braccia dietro il collo dell’altro e si sporse per baciarlo. Sherlock sapeva ancora di the e il dottore si abbandonò al gioco della sua lingua contro la propria, rendendosi conto che l’altro lo aveva fatto arretrare soltanto quando si trovò con le spalle contro la finestra.
- Sherlock non vorrai davvero…- e la sua voce sfumò in un gemito basso, troncando a metà la sua protesta.
Il detective era sceso a baciargli il collo, una serie di baci piccoli e umidi sulla pelle che piacevano così tanto al dottore da non fargli capire più niente.
- Non mi curo dell’opinione degli altri.- rispose la voce bassa e sensuale di Sherlock alla sua domanda inespressa.
Aveva parlato strofinando le labbra contro la sua pelle, soffiandogli aria tiepida contro la gola umida di scie di saliva e John aveva emesso un apprezzamento piuttosto vocale, mentre si inarcava contro il corpo del compagno e affondava le dita della mano destra nella massa morbida e disordinata dei suoi ricci. Sherlock raddrizzò il collo e la testa per osservare John dall’alto, compiacendosi dei suoi capelli biondi arruffati, di quel velo di porpora che gli aveva tinto le guance, degli occhi azzurri e lucidi che lo stavano fissando da sotto le palpebre socchiuse.
Mentre il detective chinava il capo per baciare di nuovo il suo dottore, pensò che ciò che aveva detto l’altro era inesatto perché si erano scelti a vicenda.

  
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