“Ciao. Non volevo
disturbare. Sono qui solo per ridarti la catenina.”
Si infila la giacca, la sciarpa e il berretto.
Chiude tutte le finestre, controlla che il cellulare sia ben
carico, corre in bagno a rilavarsi i denti e si china per sciogliere e
riallacciare daccapo i nodi delle scarpe.
Quando esce fuori di casa rimane fermo sullo zerbino per
qualche secondo -nove secondi netti!-,
chiudendo gli occhi e sospirando per farsi coraggio. Alla fine raggiunge il
marciapiede e s’incammina a passo di marcia verso la sua destinazione.
È sabato mattina: probabilmente uno tra i più freddi sabati
mattina di tutta la sua vita.
La strada è rivestita da un sottile e scivoloso strato di
ghiaccio, mentre un vento gelido lo colpisce in pieno petto rallentandogli il
passo, come se volesse dirgli di ripensarci, di tornare indietro e far finta di
non aver mai voluto uscire di casa.
Ma Trent non lo ascolta, e alzando gli orli della giacca
fino al mento accelera bruscamente l’andatura.
Ignora il freddo che gli sta tagliando la pelle, ignora i
brividi sulle braccia e i denti che ballano dentro la bocca.
Ma non riesce a ignorare tutti quei dubbi che sente
vorticare ininterrottamente dentro la testa.
Forse in realtà sta sbagliando qualcosa; forse in realtà dovrebbe
davvero tornare a casa, chiudersi in camera con la sua chitarra, e tornare alle
sue canzoni e alla costante illusione che, un giorno, tutto tornerà come era un
tempo senza che lui abbia bisogno di far nulla.
Ma si scrolla subito quei pensieri di dosso come se fossero
insetti fastidiosi.
Si ripete mentalmente cosa dovrà dire una volta che sarà arrivato:
“Ciao. Non volevo
disturbare. Sono qui solo per ridarti la catenina.”
Già, la catenina.
Quella catenina che, a sedici anni, vedersi mettere al collo lo aveva reso orgoglioso come se avesse
ricevuto una preziosa medaglia al valore.
Con la mano libera fruga nella tasca della giacca fino a
quando le sue dita riconoscono la forma familiare di un frullatore di
metallo. Lo stringe nel palmo cercando di convincersi che sta facendo la scelta
giusta.
Non può non chiedersi se dandola indietro gli sarebbe mancata: con gli anni non ha potuto impedire a quella collanina di diventare una specie di piccola musa personale -la cerca quando vuole comporre una canzone, la indossa sotto la maglietta quando deve affrontare un concerto. O a volte, semplicemente, la rigira tra le dita passando minuti interi a fissare la porta chiusa di casa sua, sperando -aspettando!- di sentire il campanello suonare da un momento all’altro.
Quelle volte immagina lei che viene a riprendersi la sua vecchia collana portafortuna. Immagina lei che dice di essere venuta per la collana, anche se la verità è che vuole solo vedere lui.
Ha immaginato per anni, Trent: fino a quando, quella notte, non si è svegliato con un pensiero angosciante che gli ha impedito di riprendere sonno.
Gwen non mi ha mai
cercato fin'ora, non ha motivo di farlo in futuro.
Gwen non tornerà mai
da me, neanche per riprendersi quella stupida collanina a cui teneva tanto!
Alla fine, questo sabato mattina fra i più freddi della sua
vita, è stato Trent a decidere di andare a casa sua.
Ci va con la pesante consapevolezza che fin'ora si è
solamente illuso di poter tornare a far parte della sua vita.
Che fino ad ora ha solamente aspettato invano.
“Ciao. Non volevo
disturbare. Sono qui solo per ridarti la catenina.”
Proprio così, pensa
annuendo al nulla: le avrebbe ridato il ciondolo, avrebbe smesso di sperare che
le cose si rimetteranno a posto da sole e avrebbe cercato di dimenticarla.
Stavolta, per sempre.
<<Per sempre…>> ripete a bassa voce,
sovrappensiero.
Per sempre: nove lettere. Forse è una conferma che sta facendo la cosa giusta.
A distrarlo è la sua scarpa che scivola sul marciapiede ghiacciato, e la vecchietta che cadendo colpisce accidentalmente sulla spalla: una donna molto robusta che riesce benissimo a incassare il colpo e mantenere l’equilibrio, e l’unico a ritrovarsi dolorosamente catapultato a terra è Trent. Arrossisce, chiede scusa, ma la vecchietta gli lancia un’occhiataccia e torna sui suoi passi come se nulla fosse stato.
Proprio in quel momento, dal cielo inizia a scendere una spessa nuvola di grandine.
<<Grandioso!>> sospira lui, sconsolato.
Si rimette in piedi e cerca di coprirsi la testa con la
mano, dandosi dello sciocco per aver dimenticato a casa l’ombrello nuovo.
Corre, spinto ancora dal vento a tornare indietro, ma anche dalla
grandine ad andare avanti.
Corre fino a quando, senza neanche accorgersene, le sue
scarpe si bloccano da sole proprio davanti a quella che ricorda essere la casa
di Gwen.
Trattiene il respiro, paralizzato da un improvviso terrore che lo fa rapidamente sbiancare.
In un istante Trent si dimentica della gamba dolorante per la caduta, si dimentica dei capelli imperlati da sottili palline di ghiaccio; quasi si dimentica perfino del perché sia arrivato fin lì.
Deve proprio farlo?
Vuole davvero finirla così? Riuscirà a finirla così?
“Non volevo
disturbare.” si ripete, stringendo i pugni e alzando il primo passo per
varcare il cancello.
Un passo per il cancello, otto passi per il giardino, tre
passi per gli scalini. “Non volevo
disturbare. Sono qui solo per ridarti la catenina.”
Gli manca solo un passo per avvicinarsi abbastanza alla porta da poter bussare. Eppure è difficile, difficile come se tutta la forza di gravità del mondo gli stesse impedendo di avanzare di un solo altro millimetro.
Ma non ha bisogno di farlo, perché d’improvviso la porta di apre da sola.
Spaventato, Trent indietreggia con un balzo e,
contemporaneamente, Gwen si blocca sulla soglia.
Entrambi si fissano come se si stessero vedendo per la prima
volta.
Gwen ha addosso un giubbotto troppo grande per lei, un
ombrello in mano e un’espressione di pura meraviglia cucita sul volto.
Forse stava andando a far compere; forse stava uscendo per
incontrare qualcuno.
“…per incontrare
Duncan?!”, gli suggerisce una vocina che gli blocca il respiro in mezzo
alla gola.
<<Ehi.>>
<<…ciao.>>
Non è cambiata di una virgola, Gwen: i capelli bluastri di
sempre, la carnagione pallida, il solito rossetto color piombo. Eppure, chissà
perché, gli sembra più meravigliosa che mai.
Nel contemplare la sua figura Trent si lascia sfuggire un
sorriso incantato.
Ma il motivo per cui si trova lì lo riporta alla realtà con
la potenza di uno schiaffo:
ridarle la collana, andarsene.
Smettere di aspettare qualcuno che non sarebbe mai tornato
da lui.
Ingoia un pugno di saliva, respira a fondo e prova ad
indurire lo sguardo.
Vuole ostentare sicurezza: sembrare minaccioso, addirittura.
“Ciao. Non volevo
disturbare. Sono qui solo per ridarti la catenina.”
<<N-n-non volevo… ecco… dist-… scocciarti o altro, io…
mi spiace, io sono qui per….>> si gratta la nuca, sentendosi così impacciato
che vorrebbe sparire all’istante. In un gesto nervoso la sua mano scatta da
sola e si nasconde dentro la tasca della giacca per prendere il ciondolo che
vuole ridare indietro.
Gli basta pochissimo tempo per sentire tutto il suo sangue congelarsi
dentro le vene.
<<Ma dove-?!>> Trent guarda per terra, fruga in
qualsiasi altra tasca a sua disposizione, ma quello che cerca sembra davvero
scomparso nel nulla.
La gelida sensazione che avverte in fondo allo stomaco è la stessa di chi
sente mancare la terra sotto i piedi.
L’ho dimenticata in
qualche posto?
Si è impigliata da
qualche parte?
È scivolata via quando
sono caduto?
Trent inizia ad andare nel panico, e Gwen, corrugando le
sopracciglia, se ne accorge subito. <<Trent, cosa ti prende?>>
<<I-il ciondolo… la tua catenina, non…>> prova a
spiegarsi, girando su se stesso senza smettere di cercare.
Un calore vergognoso gli fa andare a fuoco le guance, al
punto che Trent deve abbassare lo sguardo per non farsi vedere in quella patetica
condizione.
Vorrebbe solo fermarsi, sbattere la mano contro la fronte e
darsi dello Stupido fino a quando non gli sarebbe rimasto un solo filo di fiato
nei polmoni.
Il cielo emette un tuono che pare un ruggito, e una violenta cascata di grandine si rovescia sopra di lui, facendolo sentire ancor più sciocco e a disagio di quanto possa sopportare.
In quell’esatto istante, Gwen lo afferra per il braccio e lo trascina a sé, fin dentro casa.
Forse l’ha fatto solo per portare Trent al riparo.
Forse è solo un caso se, tirandolo verso di lei, il suo viso
sia andato a schiacciarsi contro il petto di Trent affondando il naso tra i
bottoni della giacca.
Eppure lui potrebbe giurare di averla vista sorridere.
<<Stupido.>>
La voce di Gwen trema almeno quanto le ginocchia di Trent.
<<Stupido… non è certo quella catenina che stavo aspettando!>>
***
Waaaa! La mia prima TrentXGwen *O*
…cioè, oddei, mi rendo conto che è una cosa scritta su due piedi e priva di scopo e significato xD.
Però era davvero da un sacco di tempo che volevo buttar giù qualcosa su loro due ç//ç, embè.. non mi è venuto in mente nulla di meglio di questa cosa.
-Dhu!-
Ovviamente, la collana di cui parlo è quella del secondo episodio di A tutto reality: Azione! (giusto per chi non l’ha visto: Trent preferisce salvare la catenina di Gwen piuttosto che vincere la sfida, e lei come ricompensa gliela regala)
...okkkappa, chiusa questa parentesi...
Grazie infinite a chi leggerà la storia ^^! Grazie, grazie e grazie!
*Onigiri rotola via*