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Autore: Stellalontana    08/02/2012    2 recensioni
Karl parcheggiò la macchina in seconda fila quel giorno. A volte anche i parcheggi fatti male posso avere dei lati positivi!
Storia partecipante alla Challenge "Dal nome alla storia - Only slash" di Nonna Papera! sul forum di EFP.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel nome'
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Questa storia partecipa alla Challenge Dal Nome alla Storia - Only Slash! di Nonna Papera! sul forum di EFP.
Buona Lettura!




Only Act






Galeotto fu il parcheggio... e chi lo fece!
 
 
 
 
Karl parcheggiò la macchina in seconda fila quel giorno. Si guardò intorno prima di uscire dall’abitacolo, cercando un poliziotto o qualunque altro tutore dell’ordine, ma non trovandone si convinse a lasciare il caldo della cabina per il gelo di inizio febbraio. Prese il plico di fogli sotto braccio ed entrò nell’ufficio postale.
Era pieno di gente.
Avrebbe dovuto pensarci, visto che era pomeriggio inoltrato, ma non aveva avuto tempo quella mattina. Grugnì, mettendosi in fila per aspettare il suo turno.
Ogni tanto gettava un’occhiata al di là della vetrata, sperando che non arrivasse nessuno a fargli una multa. Passò un quarto d’ora, e una vecchina gli chiese se gentilmente poteva aiutarla con la borsa. Mentre lui si chinava lei gli scivolò davanti, saltando un posto nella fila. Quando Karl si rialzò ebbe la forte tentazione di mandarla dritta dritta a quel paese, ma c’era troppa gente e lui non voleva dare spettacolo.
Si tratta soltanto di cinque minuti, tentò di autoconvincersi mentre la fila scorreva lenta. Ci vollero altri venti minuti prima che arrivasse il suo turno, e almeno dieci prima che il commesso capisse che quel plico doveva essere spedito in Germania e non in Australia. Dopo aver pagato il francobollo e la tassa per la spedizione rapida, Karl si domandò se facevano dei colloqui per assumere i commessi più imbecilli o se era soltanto una coincidenza che se li ritrovasse tutti lui. Sospirò, si tirò su il cappuccio della giacca a vento e uscì in strada.
Nevicava fitto e quasi si sentì di nuovo a casa, dove nevicava spesso in quel periodo. Fortunatamente non c’erano multe sul parabrezza, ma soltanto un volantino. Karl lo prese prima di entrare in macchina e lo lesse, mentre metteva in moto. Non era un volantino ma una carta intestata di una farmacia, con una scrittura ordinata e minuta che recitava: se scopi come parcheggi non meravigliarti di esserne cornuta!*
Karl si guardò intorno uscendo di nuovo dall’abitacolo.  La farmacia era dall’altra parte della strada, ma sarebbe stato impossibile che qualcuno si fosse accorto del biglietto. Rientrò in macchina, furibondo, perché, oltretutto, chi aveva scritto il biglietto credeva che lui fosse una donna, di certo perché le donne, nella sua esperienza non sapevano guidare.
Era maschilista, ma ovviamente, chi aveva scritto quel biglietto lo pensava. Karl appallottolò il foglio e lo gettò sul sedile posteriore, ingranò la prima e si immise nella strada. Continuò a ripensare al biglietto per tutto il tragitto fino a casa, chiedendosi chi potesse essere stato. Chiunque fosse, però, ormai era chissà dove e lui non aveva la minima idea di come fare a rintracciarlo.
Forse se non avesse parcheggiato in seconda fila...
Oh, al diavolo, in questo cavolo di paese lo fanno tutti, pensò parcheggiando - questa volta nelle strisce azzurre per i residenti ** - davanti al portone di casa sua. Entrò e il suo gatto gli si strusciò alle gambe.
«Sì, Tommy, lo so che vuoi la pappa» gli disse mentre si toglieva la giacca «è inutile che fai il ruffiano»
Aprì una scatoletta di cibo per gatti e riempì la ciotola del cucciolo, poi si sedette a terra accanto a lui, appoggiando la testa al mobiletto del lavandino della cucina.
Non riusciva a smettere di pensarci. Accidenti, se lo pesco... si disse, mentre si rialzava. Sì, se lo avesse pescato... cosa? In un certo senso aveva ragione, visto che aveva parcheggiato dove non avrebbe dovuto, ma era il fatto di essere stato scambiato per una donna che lo metteva di cattivo umore. Non aveva intuito che quella era decisamente una macchina da uomini?
Karl ci pensò un momento. Forse no. Forse era davvero una macchina da donne come gli aveva detto suo padre quando era venuto a trovarlo, appena un mese prima.
Scosse la testa. Doveva togliersi quel biglietto dalla testa una volte per tutte. Era stato solo un caso isolato, non sarebbe successo mai più.
 
*
 
Karl era davvero esasperato quel giorno. Era uscito tardi dalla scuola dove insegnava, non aveva pranzato, aveva lasciato la macchina sopra le strisce pedonali per correre a riprendersi un pacco di compiti da correggere e aveva trovato un secondo biglietto.
Le cose erano due: o qualcuno lo pedinava, o era un suo collega che voleva prenderlo in giro. Delle due preferiva la seconda. Anche quella volta quel qualcuno gli aveva dato della donna: le strisce si chiamano pedonali per un motivo, dolcezza, recitava quella volta il biglietto. La carta era sempre di una farmacia, ma non quella vicino alla scuola, quella dall’altra parte della città, vicino all’ufficio postale. Karl accartocciò malamente quel secondo biglietto con frustrazione e lo gettò insieme all’altro sul sedile posteriore. Arrivato a casa li avrebbe bruciati. Anzi no, li avrebbe strappati in piccole strisce, poi li avrebbe incollati di nuovo, e poi li avrebbe bruciati, avrebbe raccolto le ceneri e le avrebbe sparse al vento.
Ingranò la marcia, increspando le labbra alla soddisfazione che gli dava quel pensiero e uscì dal parcheggio. Una frenata lo fece sobbalzare nell’abitacolo. Dopo la frenata venne un forte colpo di clacson e Karl temette di aver urtato contro qualcuno. Poi si ricordò che non aveva guardato dallo specchietto prima di entrare nella strada. Sospirò.
Non era proprio la sua giornata.
«Lo sapevo che ti trovavo, puttana!»
Questa fu l’ultima goccia che fece traboccare il vaso e Karl uscì, dimenticandosi anche di mettere in folle, così la macchina si spense, pronto a dare battaglia a chiunque avesse osato pronunciare quella parola. Si ritrovò davanti un uomo giovane, in giacca e cravatta sotto il cappotto nero, la macchina in moto a pochi centimetri dalla sua che lo fissava con l’espressione di chi non crede ai propri occhi. Si passò una mano tra i capelli neri e sospirò.
«Cristo, sei anche un uomo!» esclamò sconvolto.
«Senti un po’, bel damerino, io non lo so che cosa ti sia saltato in mente, ma adesso te li faccio mangiare quei cazzo di bigliettini» grugnì Karl chiudendo con un tonfo sordo la portiera. L’altro lo fissò.
«Avevo comunque ragione» disse solamente. Karl pregò Iddio o chi per lui di dargli la forza di non prenderlo a calci.
«E sentiamo, sei per caso un poliziotto?»
«Sono un informatore farmaceutico, se t’interessa» rispose l’altro appoggiandosi alla macchina.
Karl sospirò. «D’accordo, senti, io non ti conosco, non si chi cazzo ti credi di essere per aver scritto quei bigliettini, ma una cosa te la dico: sparisci prima che venga lì e ti dia un pugno sul naso»
Il giovane lo fissò per un momento, prima di scoppiare a ridere. «Sì, scommetto che non hai nemmeno le palle per farlo»
In quel momento ogni barlume di coscienza abbandonò Karl che si avvicinò al giovane e gli mollò un pugno sulla mascella, che lo spedì dritto a terra, col sedere nella neve fresca. Gemette, premendosi la mano sul mento.
«Ma sei matto?!» urlò nella sua direzione. Karl si massaggiò le nocche che gli dolevano per il colpo.
«Non ancora» rispose. Fissò l’altro, che se ne stava immobile nella neve, la mano sopra la mascella, che doveva fargli molto male, e lo sguardo basso. In quel momento Karl si sentì colpevole.
Quel damerino aveva avuto ragione da vendere, sia per i parcheggi che per la precedenza che lui non gli aveva dato. Karl aveva torto, ora più che mai. Sospirò e tese una mano all’altro per aiutarlo a rialzarsi. Il ragazzo lo guardò scettico per un momento prima di afferrare la sua mano e tirarsi su.
Solo allora Karl si accorse che aveva gli occhi umidi e si sentì ancora più in colpa. Si passò una mano sulla nuca, in difficoltà.
«Senti... mi dispiace, davvero» articolò. L’altro si massaggiò ancora il mento, e alzò le spalle.
«Non importa» rispose «Non avrei dovuto scrivere quei biglietti»
«E io non avrei dovuto parcheggiare in seconda file e sulle strisce pedonali» gli fece eco Karl. L’altro annuì.
«Questo è pacifico»
Karl scosse piano la testa. «Ok, senti...»
«Nicola» lo interruppe lui tendendogli la mano. Karl la strinse.
«Karl» rispose con un mezzo sorriso. Nicola arcuò un sopracciglio. «Sono di Berlino» aggiunse Karl e indicò la scuola «Insegno tedesco qui»
Nicola si guardò indietro e annuì. «Capisco»
Rimasero per un po’ in silenzio, a scrutarsi. Karl si accorse che Nicola aveva gli occhi grigio piombo e che era veramente molto, molto carino. Si schiarì la voce, per non indugiare troppo sulla sua bocca ben disegnata. «Fatti offrire un caffè, ok? Per il pugno»
Nicola sorrise appena. «E per la mancata precedenza» aggiunse «e per avermi bloccato la macchina la settimana passata con il tuo carrarmato»
Karl alzò una mano. «Sì, sì, ok. Facciamo una cena, allora. Meglio?»
«Direi di sì» rispose Nicola con un sorriso più ampio. Karl lo vide frugarsi in tasca e tirare fuori un biglietto da visita. «Chiamami» gli disse tendendoglielo.
«D’accordo»
Nicola si voltò e aprì la portiera della sua auto. «A presto, allora»
Karl si limitò ad alzare una mano per salutare e lo guardò andare via. Si rigirò il biglietto in mano, come se scottasse. Intanto la neve continuava a fioccare e lui rientrò in macchina.
Non aveva nessuna intenzione di trasformarsi in un pupazzo di neve.
Dopo la cena, magari.
 
*
 
Karl si guardò intorno, seduto al tavolino. Qualcuno aveva acceso una candela rossa nel centro del tavolo, come se quella fosse una cena romantica, e lui si affrettò a spegnerla, nascondendosi poi dietro il menu. Un minuto dopo arrivò una cameriera che la riaccese, sorridendogli.
«Capita che si spengano» gli disse. Karl fece una smorfia e si rituffò nel menu.
Maledetti camerieri, pensò tra sé. Controllò l’orologio. Erano appena passate le otto e lui era in anticipo di almeno dieci minuti. Si era seduto al tavolo con le mani che gli tremavano quasi, come se fosse un ragazzino al primo appuntamento. Era solo una pizza per farsi perdonare, cavolo, niente di così trascendentale. Non era nemmeno San Valentino.
La cameriera di prima gli si accostò di nuovo. «Posso portarle un po’ di vino?» gli chiese.
Karl negò. «No, grazie. Solo acqua minerale» rispose. La cameriera parve stupita e se ne andò, per poi tornare con la bottiglia d’acqua. Karl l’aprì e se ne versò un bicchiere.
«Sei già qui!»
Karl quasi schizzò dalla sedia. Nicola si sedette davanti a lui con un sorriso e Karl notò che aveva l’ombra di un livido sulla mascella destra, proprio dove lui l’aveva colpito tre giorni prima. Quello lo fece sentire ancora più in colpa. Nicola prese il tovagliolo e se lo appoggiò sulle ginocchia.
«Allora, si mangia bene qui? Non ci sono mai stato» chiese. Karl alzò le spalle.
«È la prima volta anche per me. Me l’ha consigliato un amico» rispose. Nicola aprì il menu e lo guardò, come se fosse molto interessante.
«Penso che prenderò la quattro stagioni» disse dopo qualche minuto di silenzio, mettendo via il menu «e tu?»
Karl si rese conto in quel momento di aver fissato Nicola invece che il menu. «Io...» guardò di sfuggita il foglio che aveva davanti «credo che andrò sulla... capricciosa» rispose senza osservare gli ingredienti.
Nicola annuì e sorrise appena. «Che fai anche tu scorri il menu e alla fine prendi sempre la stessa?»
«Di solito» replicò Karl senza guardarlo. Che figura, pensò.
«Io lo faccio sempre, non riesco mai a decidere diversamente»
Nicola sembrava un ragazzo ciarliero, e Karl lasciò a lui il compito di ordinare alla cameriera che aveva portato l’acqua.
«Allora» Nicola appoggiò gli avambracci sulla tavola e si sporse verso di lui «da Berlino è un bel viaggetto» osservò.
Karl alzò le spalle. «Mia madre è di Napoli» rispose Karl «Ho fatto un concorso per insegnante di tedesco all’estero e mi hanno spedito qui»
«Volevi andartene da casa tua?» chiese Nicola. Prese il pacchettino di grissini che stava al lato del suo piatto e lo aprì. Prese un sottile grissino e lo spezzò, poi se lo portò alla bocca. Karl cercò di distogliere lo sguardo.
«Sì e no» rispose aprendo a sua volta il pacchetto dei grissini.
«Come sarebbe a dire, sì e no?» chiese Nicola «O sì, o no»
«Una via di mezzo» replicò veloce Karl «non mi andava di rimanere in Germania, tutto qui»
«Ti piace di più il nostro bel paese?»
Karl lo guardò mentre addentava il grissino con uno schiocco. «In parte. Forse è per via del mio carattere»
«Non mi sembra» rispose Nicola umettandosi la bocca con il tovagliolo «Mi sembri gelido come tutti i tedeschi»
Karl si sentì mortificato e non rispose, particolarmente interessato al suo piatto. Nicola dovette capire di aver detto qualcosa di sbagliato perché si schiarì la voce e rettificò.
«Nel senso, non mi sembri un tipo chiacchierone, ecco»
Karl sollevò lo sguardo negli occhi grigi di Nicola. «Non lo sono, ma ciò non toglie che sia freddo»e non lo sono affatto, pensò subito dopo. O almeno nessuno glielo aveva mai detto, fino a quel momento.
«Scusa» replicò allora Nicola «non volevo offenderti»
A quel punto Karl sorrise, condiscendente. «Non mi hai offeso, ci vuole ben altro per offendermi» gli assicurò. Rimasero un minuto in silenzio, poi Karl parlò di nuovo. «Fa ancora male?»
Nicola aggrottò la fronte, poi parve ricordarsi del pugno. «Oh, non molto adesso. Hai un gran gancio» commentò poi. Karl sorrise.
«Sono stato campione regionale di pesi medi» rispose «qualche anno fa»
«Accidenti, altro che donnicciola, insomma» si stupì Nicola «e, a proposito di questo, scusa per i biglietti. Ero arrabbiato»
«Non importa» rispose Karl «Ma solo per curiosità: pensavi davvero che fossi una donna?»
Nicola annuì. «Visto come parcheggia di solito mia sorella» alzò le spalle accennando un sorriso «e anche perché quella è davvero un’auto da donna»
Karl gemette. «Sei il terzo che me lo dice» rispose «si può sapere perché?»
«Beh, si dicono due cose dei SUV: la prima è che sia un’auto da donna, per chi si vuole far rispettare nel traffico, e la seconda è perché un uomo che compra una macchina del genere debba - diciamo - compensare una certa mancanza» Nicola abbassò appena la voce perché le pizze erano arrivate. Karl abbassò lo sguardo sulla propria. Augh, carciofi!
«Una certa mancanza?» domandò, prendendo forchetta e coltello. Nicola annuì, mentre tagliava la pizza.
«Ti lascio indovinare quale» rispose arcuando le sopracciglia allusivo. Karl spostò un carciofo con una smorfia.
«Immagino»  fu tutto quello che disse. Spostò un altro carciofo nello spazio lasciato libero dalla prima fetta della pizza e sentì Nicola ridacchiare.
«Non ti piacciono i carciofi?» chiese.
«Li odio» rispose Karl «ma non mi ero accorto che fossero un ingrediente»a dire il vero non c’ho proprio guardato, pensò. Nicola allungò il braccio e prese un carciofo con la forchetta.
«Beh, a me piacciono» disse con un sorriso addentando il carciofo. Karl desiderò essere quella verdura per un momento, poi si concentrò di nuovo sulla sua pizza e per un po’ nessuno dei due disse nulla.
«Hai notato quelle due?» chiese Nicola dopo un po’. Karl ripose coltello e forchetta sul piatto ormai quasi vuoto e voltò la testa nella direzione della forchetta di Nicola. Erano due ragazze che parlottavano fitto fitto tra di loro.
«E allora?» chiese. Nicola finì il boccone prima di rispondere.
«È da quando sono entrate che non fanno altro che guardarci e parlottare» gli strizzò l’occhio «secondo me abbiamo fatto colpo»
Karl sorrise, tornando a guardare il suo piatto. «Vuoi andare a chiedere loro il numero di telefono?»
«Ah-ah-ah»lo sbeffeggiò facendo una smorfia «credo che rimarrebbero alquanto deluse» aggiunse.
«Perché?» chiese Karl, mentre il suo cervello si metteva in moto. Per un momento temette che Nicola potesse vedere la sua espressione, ma continuò tranquillo.
«Non sono mai stato con una donna» ribatté noncurante mentre si versava un altro bicchiere d’acqua e ne beveva un sorso «E nemmeno ci tengo, a dirtela tutta»
A Karl quasi andò di traverso un’oliva. Tossì, prima di bere un sorso d’acqua. Nicola lo fissò con un sopracciglio aggrottato.
«Che c’è?» chiese «Che ho detto?»
Karl scosse più volte la testa «Niente. Niente» rispose cercando di respirare. Nicola lo osservò per un momento. Karl si sentiva le guance in fiamme per il tentativo dell’oliva di soffocarlo e si passò la mano sulla fronte, deglutendo.
«Il fatto che io sia gay  ti disturba?»
«No, affatto» si affrettò a rispondergli Karl. Voleva uscire da lì, lontano da orecchie indiscrete. Alzò la mano per chiamare la cameriera che dopo un minuti portò loro il conto. Karl pagò e uscirono. Faceva freddo e continuava a nevicare. Sulla strada c’erano almeno venti cm di neve.
«Quasi quasi rimpiango Berlino» borbottò Karl. Nicola lo guardò.
«Ma non nevica anche da voi?» chiese. Karl annuì, mentre si accendeva una sigaretta.
«Sì, ma almeno noi siamo abituati alla neve. Qui sembra tutto paralizzato non appena cadono un paio di fiocchi»
«Su questo ti do ragione» rispose Nicola sfregandosi le mani «Mi fai fare un tiro?»
Karl gli passò la sigaretta e lo osservò mentre prendeva una lunga boccata di fumo e gliela rendeva.
«Sto cercando di smettere» gli confidò Nicola. Infilò le mani in tasca e si mise i guanti «Grazie per la cena»
Karl scosse la testa. «Era il minimo. E scusa ancora per il pugno»
Nicola sorrise - un verso sorriso. «Direi che è stato provvidenziale»
«In che senso?»
Nicola si avvicinò e gli tolse la sigaretta dalle dita, poi la lanciò sul marciapiede e quella si spense, cadendo tra la neve. Karl sentì che la mano di Nicola gli afferrava uno dei lembi aperti della giacca e lo tirava. Un secondo dopo si stavano baciando sotto la neve che adesso cadeva più fitta. Karl passò la mano sotto la nuca di Nicola, per tirarlo a sé e le mani dell’altro si infilarono sotto la giacca, appoggiandosi sulla sua schiena coperta dal maglione.
«Stiamo dando spettacolo, temo» sussurrò Karl dopo aver messo fine al bacio. Nicola lo guardò da sotto in su, alzando appena il mento.
«Dici?»
Karl annuì. «Sono passate adesso quelle due» indicò l’altra parte della strada con il mento, ma Nicola non si girò.
«T’importa?» chiese. Karl ci pensò su un attimo.
Al diavolo.
«Assolutamente no» mormorò sopra le labbra di Nicola. Lui mugugnò qualcosa di indistinto prima di baciarlo di nuovo.
«Meno male che non sei una donna, Karl» gli sussurrò dopo qualche secondo. Karl scoppiò in una risata.
«Direi di sì» gli rispose prima di impossessarsi di nuovo delle labbra dell’altro. Gli tornò in mente - chissà perché - il quinto canto dell’inferno: galeotto fu il libro e chi lo scrisse
Ma in quel caso era molto meglio dire galeotto fu il parcheggio... e chi lo fece!
 


N.d.A
Storiella senza pretese, scritta in una giornata in cui avevo voglia di leggerezza :)
* questa l’ho trovata su internet, non è un’idea mia ;)
** nella mia città (io vivo a Siena) le strisce azzurre delimitano le a.r.u dove possono parcheggiare soltanto i residenti con relativo “abbonamento”
Karl è un nome di origine tedesca e significa maschio. In questo caso è tutto il contrario visto che Nicola (nome che adoro con tutto il cuore) crede che Karl sia una donna!

   
 
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