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Autore: Blue_Bones    13/02/2012    0 recensioni
Bionda, alta e longilinea, ma soprattutto pericolosissima.
Chi è la giovane ragazza che si aggira nelle strade notturne, incurante del resto?
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Momenti di ordinaria Follia.'
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Danse Macabre.


La notte era rassicurante in maniera inspiegabile, o forse no. La pelle sfregava contro l'asfalto mentre un sorriso poco rassicurante le distorceva il volto pallido. Come lame malate, gli occhi risplendevano di una luce inquietante, perversa. La sua risata roca sembrava intenta ad uccidere il silenzio. L'odore della morte le grondava dalle mani. Barcollava, ebbra di una follia così umana da far paura. I vestiti sporchi, i piedi nudi, martoriati da una miriae di sassolini appuntiti. Nessuna bottiglia in mano, solo un coltellaccio. Entrò in una stanza dal pavimento in gomma rossa, lercio. Le pareti potevano vantare qualche incostrazione di pittura qua e là. Il resto era sangue e paura. Liquido vischioso che le avvolgeva i piedi in una carezza familiare. Lanciò il coltello addosso alla parete da cui scivolava fuori la paura. L'avrebbe trovata, ma lei sarebbe stata più veloce, lo era sempre stata. Boom. Polvere e topi troppo spaventati per uscire dalle loro sudice tane. I capelli biondi, quasi bianchi, lunghissimi, in netto contrasto con la poltrona rattoppata e stanca, vecchia e polverosa, insudiciata, incavata, affamata e morente. Gli occhi gelidi avanti a sé, persi. Le labbra strette attorno alla sigaretta, poi fumo in fiotti, come sangue che sgorgava dalla parte sbagliata. Ammaliante. La brace come unica luce nella stanza. Le gambe lunghe sul tavolo. Le autoreggenti distrutte, il corpetto macchiato. Le dita affusolate a torturare la stoffa sgualcita della poltrona non più imbottita da tempo. Si alzò velocemente dopo aver scorto qualcosa di diverso. Fuoco. Mai nottata le parve più piacevole. Volevano giocare e lei amava quel genere di divertimento macabro e sbagliato. Tutto quello era lei. Strappò via le autoreggenti e slacciò il corpetto. Nuda e pallida come la luna che le accarezzava le forme e le ciocche mosse. Indossò un cappotto e uscì nuovamente. Il freddo della notte le pizzicava la pelle provocandole perversi brividi di piacere. Arrivò al primo Hotel di strada. Una catapecchia cadente e buia, ma decisamente più pulita della sua ultima dimora. Le chiesero una miseria e lei ci mise un secondo ad accontentarli. La ragazza che puliva le stanze era una studentessa seria e compita. Una di quelle rompicoglioni tutte casa e chiesa che poi fottono il mondo. Le pulì la stanza e cambiò le lenzuola accennando ai pochi, invisibili, clienti di quella specie di trappola mortale. Tentò anche di farsi i cazzi suoi, si divertì a vederla sbiancare e perdere i sensi. Represse una sonora risata mentre i capelli perdevano colore e volume, mentre la pelle si seccava e decadeva, lasciando le ossa a brillare sotto la luce della luna. Lei non era un'assassina. Era anche peggio. Tolse il cappotto mentre ogni traccia di sangue incrostato pareva sparita dal suo corpo longilineo. Con uno scatto stridente aprì la finestra arrugginita e saltò giù dal terzo piano. Le scarpe basse, in pelle, la gonna a pieghe, da scolaretta, lunga fino al ginocchio. La camicia così bianca e pura e il maglioncino nero come il trucco che risaltava la luce perversa dei suoi occhi. Rise e per miglia risuonò il sonoro rombare di un tuono senza che nessun lampo rischiarasse il cielo. Lungo la strada incontrò un uomo, sulla trentina, doveva aver litigato con la moglie perché l'anulare sinistro vantava una fascetta pallida nelle mani callose e abbronzate. La barba brizzolata era incolta, ma non troppo lunga e gli occhi erano opachi e languidi. La risata grassa l'aveva subito infastidita e le parole sucessive le fecero arricciare le labbra in un ghigno compiaciuto «Hey! Le belle ragazze come te non dovrebbero girare da sole di notte e in queste strade...» Rise e poi riprese «qualche malintenzionato potrebbe farle del male. Chi sei, ragazzina?» Puzzava di alcool e idiozia e ansimava vergognosamente. I vestiti erano strappati e lerci, ma lei gli tese la mano e sorrise, sadica e gli occhi dell'uomo diventarono due puntaspilli tremanti, la pelle gli scivolò via dal corpo, mentre, in un sussurro appena udibile, la voce graffiante della ragazza gli perforava i timpani «Io? Oh, io sono la morte.»

   
 
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