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Autore: BeaterNightFury    17/02/2012    7 recensioni
“Parlo sul serio, Malik. Se io e Maria ti avessimo lasciato solo per andare a parlare con Abbas, saresti stato assolutamente inerme davanti a un qualsiasi aggressore.”
“Ed è successo?”
“No”

(Partecipa al contest "Courage, Honor and Nakamaship: 'Cause Friends Are Just Like a Second Family" indetto da AngelSword sul forum di EFP)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nickname Autore:  JediKnightMarina55
Titolo: Il dubbio e la certezza
Fandom: Assassin’s Creed
Personaggi: Altair Ibn-LaAhad, Malik Al-Sayf
Genere: Generale, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot, What If?
Note dell'Autore (se ne avete):
 Dopo aver ucciso Gengis Khan, Altair torna a Masyaf con sua moglie Maria e suo figlio Darim, per scoprire che il suo figlio minore, Sef, è stato ucciso, e il suo migliore amico Malik è stato incolpato dell’omicidio ed è in prigione.

Altair libera Malik dalla prigione e scopre che è stato incolpato ingiustamente: il mandante dell’omicidio è Abbas Sofian, un amico d’infanzia di Altair che gli si è messo contro credendo che quest’ultimo gli mentisse sulla sorte di suo padre, morto suicida per vergogna.

La storia dice che, a quel punto, Altair va da Abbas e gli muove contro l’accusa.

... e se non l’avesse fatto?

Citazione: "Il dubbio di qualcosa di brutto molte volte è più angoscioso di una certezza."

 

Le frasi in corsivo nero sono prese dal libro “Assassin’s Creed – La Crociata Segreta”. La frase in corsivo blu è quel che resta della citazione assegnatami dal contest.

 

Il Dubbio e la Certezza

 

 

Quattro figure arrancavano su una strada deserta, gli unici a viaggiare nel cuore della notte.

La polvere si alzava dai loro passi, stagnando fino ad un piede dal terreno.

Una dei quattro era visibilmente una donna. Un altro era seduto sul dorso di un asino, e si reggeva ai finimenti dell’animale con l’unico braccio che gli rimaneva.

Il più giovane dei tre, un uomo nella prima trentina, procedeva in testa e guidava l’animale.

Il quarto uomo chiudeva il gruppo, lo sguardo basso, la testa coperta da un cappuccio.

Si era fermato un momento, guardando dietro di sé.

Poi aveva guardato in avanti, ai suoi tre compagni di viaggio.

Sua moglie, il suo migliore amico, suo figlio.

Aveva perso la sua casa. Aveva perso la sua posizione. Aveva perso un altro figlio.

Ma aveva ancora loro.

 

Altair non sapeva ancora cosa l’avesse spinto a svegliare Maria e Malik nel cuore della notte, e a lasciare prima la fortezza e poi, non appena Malik era stato in grado di viaggiare, la città.

Già nei due giorni precedenti, era stato tutto un nascondersi, di casa in casa, di persona fidata in persona fidata, spesso tutti e tre chiusi in una sola stanza, Altair e Maria costantemente con una mano sulle armi.

Appena dopo aver liberato Malik, aveva passato quello che restava della notte addormentato su una sedia, ed era stato colto da incubi, incubi talmente reali da farlo svegliare con i sudori freddi e l’istinto di urlare.

Erano fuggiti dall’alloggio prima che il sole potesse sorgere, rifugiandosi a casa di Malik, intimando a sua moglie di lasciare la città il prima possibile assieme al piccolo Tazim, e che si sarebbero incontrati ad Alamut.

Poi si erano rintanati in una casa abbandonata ai confini della città, aiutati da un novizio adolescente che aveva organizzato una specie di staffetta con i suoi amici per portare cibo, acqua e persino delle medicine.

Infine, era arrivato Darim. Grazie anche all’aiuto della staffetta di ragazzi, erano riusciti a recuperare uno dei loro asini ed erano partiti il prima possibile.

Masyaf era persa.

Ma gli incubi di Altair erano rimasti incubi.

Incubi e niente altro.

 

***

 

Altair... va tutto bene?”

“Dovrei chiederlo io a te, Malik.”

Notte fonda.

Erano passati due mesi da quando erano arrivati ad Alamut.

Due mesi di silenzio, di riposo, di piani. Si erano stabiliti prima nella casa della moglie di Sef, l’unico dei figli di Altair a non essere sfuggito alla vendetta cieca di Abbas, poi in una casa vicina. Le due ragazze probabilmente erano state le meno felici all’idea: nel periodo in cui erano stati costretti a occupare una sola casa, avevano eletto Tazim a loro bambolotto.

Altair aveva passato la maggior parte del tempo a pensare a quello che era stato, a quello che avrebbe potuto essere, usando la Mela per scrivere altre pagine del Codice. Una delle bambine aveva commentato che si stava rosicchiando i pensieri, facendo ridere gli adulti intorno a lei. Altair compreso.

Malik aveva recuperato le forze, ma non era più tornato lo stesso di prima.

Stavano tirando su un piano per riconquistare Masyaf, e lui era ben felice di aiutare, ma in certi periodi del giorno era visibilmente stanco, sia nel corpo che nella mente.

Almeno è ancora vivo.

Erano passati due mesi, ma certe notti le immagini di quegli incubi assalivano ancora il sonno del Maestro Assassino.

Malik ucciso da quel lecchino di Swami non appena lui aveva guardato da un’altra parte. Swami invasato, morente, che pugnalava Maria come ultimo gesto.

Il solo pensare che quello che aveva visto nel sogno in realtà era quello che avrebbe potuto accadere gli mandava lo stomaco in nodi.

Certo, la loro situazione non era delle migliori.

Fuggiaschi.

Esuli.

Rifugiati.

Eppure, la cosa avrebbe potuto essere peggiore.

Erano rimasti quasi tutti insieme, e stavano cercando il modo di riprendersi la casa che avevano perso.

“Davvero, Altair, stai bene?”

Accidenti a chi gli aveva fatto pensare di sistemarsi tutti nella stessa casa!

“Incubi” Altair tagliò corto.

“Fammi indovinare: il tuo geniale piano va a rotoli come al solito e io e Maria ci lasciamo le penne. Qualcosa del genere?”

“Qualcosa del genere.”

Detta da Malik, la cosa non sembrava così terribile come la vedeva in quelle notti. Non era successo, e non sarebbe accaduto, sembrava voler dire l’ex capo della Dimora di Gerusalemme. E per quanto di una cosa Altair potesse dirsi certo, dell’altra...

“Tsk. Altro che novizio, tu sei peggio. Ancora credi che sia così facile liberarsi di me?” sogghignò Malik dandogli una pacca sulla spalla “Non ci è riuscito Roberto di Sable...”

Quando l’abbiamo affrontato, non eri da solo. Avevi due braccia e non annegavi nel tuo stesso piscio, Altair avrebbe voluto ribattere, ma il senso di colpa per quello che era accaduto sia qualche mese prima che una vita prima lo fece rimanere zitto.

“So cosa stai per dirmi” Malik rispose al suo silenzio “Quindi, se hai deciso di stare zitto, tanto meglio per te.”

“Non ho deciso di stare zitto” ribatté Altair “Per quanto tu possa dire di essere ancora l’uomo che eri...”

“Neanche tu sei un ragazzino, sai?”

“Parlo sul serio, Malik. Se io e Maria ti avessimo lasciato solo per andare a parlare con Abbas, saresti stato assolutamente inerme davanti a un qualsiasi aggressore.”

“Ed è successo?”

“No”

Appunt...”

“Appunto un corno! Cosa sarebbe successo se Abbas fosse riuscito ad incastrarci?”

Malik si limitò ad alzare gli occhi.

“Amico mio, il solo dubbio che possa accadermi qualcosa di brutto secondo me ti sta mettendo più angoscia di quanta te ne avrebbe messa la certezza. Abbas è a miglia e miglia di qui, e sarà solo questione di tempo prima che siano gli Assassini stessi a cacciarlo via a calci nel posteriore.”

Altair rimase zitto e guardò il cielo sopra di loro. Era vero, quegli incubi avevano scoperto i suoi dubbi come un calcio sulla sabbia fangosa in fondo a un fiume scopriva le pietre aguzze che c’erano sotto. E per quanto potesse essere paradossale, per quanto davvero quei dubbi gli portassero angoscia, se era quell’angoscia il prezzo da pagare per non essere rimasto solo, era ben disposto ad accettarla.

“Potrebbe andare storto qualcos’altro.”

“Come potrebbe risolversi tutto per il meglio. E da quello che ho visto quando sei coinvolto tu, più finisci nei guai, meglio ne esci. Un consiglio debole porterà Masyaf alla rotta. La città andrà in malcontento. E a quel punto la gente non aspetterà che te.

Malik...”

“Oh, e piantala! Non è accaduto, non sta accadendo e non accadrà. Siamo qui adesso. Qui. Possiamo ancora farcela.”

 

***

 

Nella piazza di Masyaf si stava radunando la folla.

Al centro, nell’occhio del ciclone, quattro persone.

Una dei quattro era visibilmente una donna.

Uno degli uomini era visibilmente invecchiato in fretta, troppo in fretta, e aveva l’aria di chi aveva visto tutto ed era riuscito a vivere per raccontarlo. Aveva il braccio destro, l’unico che gli rimaneva dopo una ferita di guerra, stretto intorno alle spalle di un adolescente che non poteva che essere suo figlio.

Il quarto uomo era salito su un muretto e parlava alla gente.

 

“Per troppo tempo il castello sulla collina è stato luogo di oscurità e minaccia, e io oggi spero di ritrasformarlo in un faro di luce... con il vostro aiuto.

Quello che però non faremo è accogliere la nostra nuova alba attraverso un velo di sangue di Assassini. Coloro che restano fedeli ad Abbas sono nostri nemici oggi ma domani saranno nostri compagni. La loro amicizia può essere conquistata solo se la nostra vittoria sarà misericordiosa. Uccidete solo se è assolutamente indispensabile. Noi siamo venuti a portare la pace a Masyaf, non la morte.”

 

Altair scese dal muretto e incrociò lo sguardo con Maria e Malik.

“Come vi è sembrato?”, avrebbe voluto chiedere, ma non voleva sembrare un idiota.

Tuttavia, i loro sorrisi gli davano già una risposta.

L’avrebbero seguito.

Masyaf lo avrebbe seguito.

 

“Hai ancora paura?”

Altair si fermò. Erano a metà strada della collina.

Malik aveva lasciato Tazim più indietro, assieme ai civili, e lui, Altair e Maria stavano guidando gli Assassini e gli abitanti del villaggio verso la fortezza.

“Paura di cosa, Malik?”

“Che il tuo geniale piano vada a rotoli e io e Maria ci lasciamo le penne.”

“Non ho paura” Altair rispose riprendendo a camminare “Siamo alla fine del viaggio, fratello. Stanotte o vinciamo, o nessuno di noi tre ci sarà più.”

“Direi sia meglio la prima.” commentò Maria.

“Sono d’accordo.” Malik concluse rallentando per frugare in una borsa che portava alla cintura.

“... Malik?” fece Altair fermandosi e girandosi. Stavolta, l’intero corteo si era fermato con lui.

Il pugno di Malik riemerse dalla borsa, stretto intorno a qualcosa. Lo aprì, rivelando una penna d’aquila.

Lo raggiunse e gliela mise in mano.

Altair si lasciò sfuggire un sorriso.

Erano passate due vite, la sua e quella di Malik, da quando per entrare in azione gli era occorso quel simbolo d’approvazione.

Eppure, certe cose non erano cambiate, e forse non sarebbero cambiate mai.

“Sii prudente, fratello.”

“Lo sarò. Promesso.”

 

We put one foot in front of the other

We move like we ain’t got no other

We go where we go

WE’RE MARCHIN ON

 

(One Republic, Marchin On)

   
 
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