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Autore: Lexi Niger    20/02/2012    7 recensioni
Mentre passava cautamente tra due tavoli un ragazzo si alzò e le diede una spallata, involontariamente. La ragazza recuperò fortunatamente l’equilibrio, ma non riuscì ad evitare che la spremuta si rovesciasse al suo fianco, per terra.
«Scusami» si affrettò a dire l’altro. «Non mi ero accorto che ci fosse qualcuno».
Era carino, ancora di più per l’espressione supplichevole che gli si leggeva in viso.
«Sono Claudio» aggiunse spudoratamente, tendendole la mano e approfittando del momento.
Clara non fece in tempo a replicare perché fu interrotta da una voce proveniente da dietro le sue spalle.
«E io sono quello che gradirebbe la sua attenzione, se non è chiedere troppo».

Clara deve dare un esame di diritto, uno degli ultimi che la separano dalla laurea. La sua vita è tranquilla, senza grandi emozioni. Ma il destino ha deciso che la sua monotonia dovrà essere interrotta proprio a pochi passi dall'ambito traguardo.
Giulio è un ragazzo prodigio, divenuto professore a trent'anni, desideroso di ripagare la fiducia che gli è stata accordata e di impressionare i suoi studenti.
Nessuno dei due uscirà indenne da questo incontro, perchè scopriranno qualcosa di se stessi che non sapevano.
E' un storia breve, senza pretese. L'ho scritta perchè ho avuto la fortuna di conoscere professori con fascino e carisma da vendere. Dedicata quindi a chi come me pensa che un uomo affascinante è quanto di meglio la vita può offrire.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10

L’amplesso era arrivato, in tutta la sua travolgente pienezza. Si erano guardati negli occhi, intensamente, mentre i loro corpi erano scossi dalle ondate conclusive del piacere che avevano condiviso e che li aveva visti unirsi lì, su quella scomoda scrivania. Giulio si era accasciato un attimo sulla spalla della ragazza, come a voler assaporare un’ultima volta il sapore della sua pelle e il profumo dei suoi capelli, sparsi disordinatamente sul piano sotto di lei.
Clara capì che era tutto finito quando lui finalmente si alzò, uscendo da lei e dandole le spalle. Non si era aspettata che quel momento di imbarazzo, che naturalmente seguiva un rapporto sessuale tra estranei, fosse colmato da frasi altisonanti e dichiarazioni di amore imperituro. Non era una sciocca. Eppure il silenzio che scese tra di loro, a riempire lo spazio lasciato da gemiti e sospiri che si erano susseguiti fino a poco prima, la lasciò disorientata. A fatica si sollevò, percependo un lieve fastidio alla schiena laddove era stata premuta contro la solidità del legno dal peso di Giulio. Mentre il professore si rivestiva, lei recuperò l’intimo e sistemò il vestito leggero che aveva scelto quella mattina e che era rimasto arrotolato in vita, poichè la foga della passione aveva impedito loro di spogliarsi completamente. Avrebbe voluto specchiarsi per constatare lo stato dei suoi capelli, sicuramente arruffati per via delle carezze di Giulio, ma si accontentò di passarvici le mani e legarli in una coda ordinata.  Mentre recuperava le proprie ballerine, finite chissà come dietro una sedia, notò la cravatta del giovane, ugualmente abbandonata sul pavimento.
«Cercavi questa?» esclamò canzonatoria quando si accorse che Giulio era alla ricerca piuttosto frenetica di qualcosa.
«Proprio così» ammise lui, allungando una mano per farsela consegnare e degnandola di un’occhiata per la prima volta da quando si era allontanato da lei. Fu questione di una manciata di secondi, perché il suo sguardo si sottrasse velocemente a quel contatto, rivolgendosi alla parete dietro di lei.

Cosa ti succede?
Avrebbe voluto porgli quella e un altro centinaio di domande per capire il motivo di quel suo atteggiamento inspiegabilmente distaccato, ma la paura di udire parole che l’avrebbero ferita, proprio quand’era più vulnerabile, la frenò.
Voltandosi recuperò la propria borsa e vi infilò rabbiosamente gli appunti che aveva dimenticato sulla scrivania, passati inevitabilmente in secondo piano alla luce degli sviluppi del loro incontro.
«Maledizione» imprecò Giulio, strattonandosi nervosamente la cravatta intorno al collo. Clara lo osservò in silenzio, captando segnali di insofferenza nel lieve tremolio delle sue mani e negli sbuffi che emetteva ripetutamente.
«Lascia fare a me» si offrì, vedendo che il professore non otteneva alcun risultato, se non quello di stropicciare ulteriormente la sua cravatta.
Giulio si arrese, a malincuore, consegnandogliela e rimanendo immobile in attesa che lei svolgesse il compito affidatole. Clara si sistemò di fronte a lui, gli sollevò il colletto e vi fece scorrere intorno il morbido tessuto per poi concentrarsi sul nodo da creare. La sua vicinanza non la aiutava a mantenere la lucidità necessaria e ci volle tutta la sua forza di volontà per escludere dalla mente le immagini dei loro baci appassionati e richiamare i ricordi degli insegnamenti di suo padre, che aveva accontentato il suo desiderio di bambina di imparare ad annodare una cravatta.
«Finito» annunciò soddisfatta.
«Grazie» rispose Giulio, arretrando impercettibilmente. «Ti sarò sembrato un impiastro, ma di solito me la cavo».
Entrambi colsero immediatamente il doppio senso che quella frase portava con sé, nonostante il giovane l’avesse pronunciata per alleggerire la tensione palpabile che aleggiava tra di loro.
«Scusami, ma ora ho del lavoro da sbrigare» continuò, recuperando la giacca dallo schienale della sua sedia.

Non ho più tempo per te.
Era quello il messaggio sottointeso, affiancato da un implicito invito ad andarsene da quello studio e, forse, dalla sua intera esistenza.
«Sì, certo. Capisco» balbettò Clara, che non si aspettava di essere liquidata così sbrigativamente.
Afferrò le proprie cose e si avviò verso la porta, senza avere il coraggio di chiedere spiegazioni o di protestare. Si era illusa di aver condiviso con lui molto più di un rapporto sessuale e ora ne scontava le dolorose conseguenze.
«Clara» la fermò lui, quando lei aveva già la mano sulla maniglia della porta, pronta a uscire.
La ragazza si voltò, trovandolo a pochi passi da lei. Avrebbe potuto toccarlo, se solo avesse allungato il braccio e si fosse sporta verso di lui.
«A presto» concluse, sorridendole insicuro.

Quanto presto?
Non c’era nulla di confortante nelle sue parole, nulla che le facesse presagire la sua volontà di rivederla ancora e di istaurare tra loro una relazione che esulasse da quella che avevano come alunna e professore. Nonostante ciò, Clara ne fece tesoro e si aggrappò con tutte le proprie forze a quel barlume di speranza che da esse poteva trarre.
«A presto».
A passo spedito si avviò lungo i corridoi che aveva attraversato solo qualche ora prima, facendo affidamento sul suo senso di orientamento per ritrovare gli ascensori che l’avrebbero condotta al piano terra. Tirò un sospiro di sollievo quando li raggiunse e premette il bottone argentato su cui campeggiava una freccia rivolta verso il basso.
«Fermati» le ordinò una voce conosciuta, mentre lei stava mettendo piede all’interno dell’ascensore che aveva risposto alla sua chiamata.
Clara ubbidì, arretrando e fissando incredula Giulio, che si avvicinava ansimante dopo quella che molto probabilmente era stata una corsa. Per un attimo, mentre lui riprendeva fiato, si cullò nell’idea che si fosse precipitato lì per implorare perdono e stringerla nuovamente tra le sue braccia.
«Avevi scordato questo» esordì invece, consegnandole il manuale che aveva promesso di prestarle per agevolarla nello studio.
«Grazie» disse lei, riconoscente. «Me ne ero dimenticata, che stupida».
Si fissarono per qualche istante, il tempo che un altro ascensore arrivasse al piano lasciando scendere alcune persone che li ignorarono, dirette ai loro uffici.
«Ora devo andare» ammise Clara, ribaltando le posizioni di poco prima. Ora era lei a volersi sottrarre velocemente a quella situazione per rifugiarsi nella sicurezza di casa sua, dove avrebbe potuto riflettere con calma sui recenti avvenimenti.
«In bocca al lupo per l’esame» le augurò Giulio.
Rimase lì, immobile, ad aspettare che lei scomparisse e il suo sguardo penetrante fu l’ultimo dettaglio che Clara riuscì a scorgere prima che le porte si chiudessero tra di loro.

È finita.
Era un pensiero dal retrogusto amaro quello che l’accompagnò fuori dall’edificio, dove una ventata di aria calda e umida le fece rimpiangere la frescura garantita dall’impianto di condizionamento interno. Cercando di non sprecare ulteriori minuti si diresse verso la fermata del tram, ma un suono breve e acuto del suo cellulare l’avvisò che aveva ricevuto un messaggio, così si fermò all’ombra di un palazzo per leggerlo.
«Sei in università? Pranziamo insieme?».
L’invito di Marta era allettante, non poteva negarlo. In quel momento, confusa com’era, poter ascoltare il consiglio di un’amica fidata le sembrava indispensabile. D’altra parte, la sua coscienza le ricordò che l’esame incombeva e che lei si era già concessa troppe distrazioni.
«Un panino al volo» rispose, sentendosi meglio per quel compromesso con se stessa.
«Perfetto. Ti aspetto al solito posto».
Clara raggiunse il bar in cinque minuti scarsi e individuò subito Marta, seduta a quello che insieme avevano eletto come il loro tavolo preferito, perché si trovava in un angolo tranquillo ma dotato di una buona vista sul resto del locale e sull’esterno.
«Eccoti!» la salutò l’amica, dimostrando un’allegria che la ragazza si ritrovò a invidiare.
Sfogliarono l’ampio menu scambiandosi qualche breve riflessione sul loro livello di preparazione, senza che Clara riuscisse a introdurre l’argomento che più le premeva discutere e che le aveva persino sottratto l’appetito.
«C’è qualcosa che non va?» le chiese Marta, preoccupata.

Tutto.
Giulio aveva appena fatto il suo ingresso e si stava facendo largo tra sedie e tavoli per raggiungere dei colleghi che Clara notò solo allora, seduti a poca distanza da loro. Marta, vedendo che l’amica non rispondeva, seguì la direzione del suo sguardo e riconobbe il professore.
«Non dirmi che ti tormenta ancora!» esclamò, mal interpretando l’espressione corrucciata dell’altra.

Non immagini quanto.
«Abbiamo fatto sesso».
Dirlo ad alta voce lo rese infinitamente più reale di quanto fosse stato fino a quel momento.
«Voi che cosa?» urlò Marta, non riuscendo a trattenersi. Così facendo attirò l’attenzione di tutti gli avventori, compreso lo stesso Giulio, che non si era accorto della presenza della ragazza.
I loro occhi si incontrarono, mescolando sorpresa e imbarazzo. Il giovane non impiegò molto a collegare lo stupore di Marta al rossore che colorava le guance dell’amica e il suo sguardo si velò di delusione e amarezza, di cui la ragazza era l’unica destinataria. Se solo avesse potuto, Clara si sarebbe alzata per spiegargli che aveva frainteso, che il loro segreto sarebbe rimasto tale e che lei non avrebbe provocato problemi. Rimase invece seduta, inchiodata al suo posto da un ruolo che era chiamata a interpretare e a cui non poteva rinunciare senza che la sua carriera e quella di Giulio fossero irrimediabilmente compromesse.
La mano di Marta, che stringeva comprensiva la sua, fu il solo conforto che poté concedersi.

 

Considerazioni

Pensavate che, dopo lo scorso capitolo, fosse tutto rose e fiori eh? Invece no, la situazione tra i due inevitabilmente si complica, com’era prevedibile se consideriamo che il loro rapporto non dovrebbe nemmeno esistere. Secondo voi cos’è successo a Giulio? Cosa gli è passato per la testa? E Clara, avreste agito nel suo stesso modo? Non è stato facile scrivere questo capitolo, perché temo che l’evoluzione dei sentimenti provati dai due personaggi possa risultarvi inaccettabile. Fatemi sapere se vi sembra logica oppure campata per aria. Ovviamente sarò disponibile a spiegare più dettagliatamente ciò che qui si può solo leggere tra le righe e ipotizzare.
Detto questo, spero di leggere le vostre opinioni e vi ringrazio per essere ancora qui a leggere la storia.
A presto!
Lexi

  
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