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Autore: pralinedetective    25/02/2012    2 recensioni
C’è un sogno, oscuro e singolare, che mi posso permettere solo in certe notti; quelle notti fredde in cui l’aria è nera e il silenzio è quasi sopportabile.
[spoiler 2x03]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non mi piace questa fic ._. L’ho scritta che ero decisamente triste e stavo ascoltando «Weird dreams» dei Blind Guardian. C’è qualcosa proprio nello stile che non mi piace, però a mia sorella è piaciuta e quindi credo di doverla postare nonostante mi fossi promessa di non mettere nulla sul fandom italiano, vergognona (?) come sono. Controlla la mia vita, quella mocciosa impertinente!
È tutto molto lento, pieno di virgole per l’intonazione, e penso che risulterà noioso ai molti D:

C’è anche citata una canzone di Elbow che mi fa venire il latte alle ginocchia per l’ammoreh che fa nascere in me. È possibile?

Va be’. Mi auguro che possa risultare una buona lettura~

 

 

 

 

 

 

 

 

Supersize my tragedy.

 

C’è un sogno, oscuro e singolare, che mi posso permettere solo in certe notti; quelle notti fredde in cui l’aria è nera e il silenzio è quasi sopportabile.


Nel sogno è giorno, e io sono come l’occhio di un regista: osservo il deserto roccioso dall’alto, comincio dal quadro generale e accarezzo i particolari da lontano—so che è quella la parte importante, i dettagli, però sono affascinato e quasi assuefatto alla luce accecante, al paesaggio immobile.
So di aver lasciato qualcosa di incompiuto, qualcosa di fondamentale, però so anche di non essere in grado di porvi rimedio, ed è con l’angoscia che continuo la mia esplorazione visiva.

(Non mi posso distrarre, i bastardi si nascondono dappertutto.)

Entra nella scena un villaggio abbandonato durante la guerra: sabbia sulla sabbia e oggetti della vita quotidiana abbandonati, probabilmente è stato il caso di una fuga improvvisa.  La costruzione che si solleva sopra le altre è ai margini dello stesso villaggio, un silos.  Non è altissimo, intorno ai sette, otto metri, e la struttura non è convenzionale, però sembra efficace.

In piedi sopra al silos c’è una figura—un uomo; è primo pomeriggio ed è girato in modo che il sole sia alle sue spalle, però su quel viso tenuto nell’ombra so che esiste un paio di occhi luminosi.

Occhi chiari e pungenti, troppo da poterci credere.
Non lo farei se non ricordassi di averli avuti in mezzo alla faccia, un tempo.
Non riesco ad associarli a un viso, a un nome, però è un sogno e ho smesso molti mesi fa di curarmene: in mezzo al deserto c’è un uomo, quell’uomo è in cima a un silos e io so che morirà, però tutto quello che faccio è restare a guardarlo, e sono allo stesso tempo a terra sotto di lui e al suo fianco.

Io li ricordo, quegli occhi, e so che mentono e mi uccidono ogni volta, però nel sogno è come se non sapessi nulla e mi faccio ingannare, sono stregato dalla loro luce e non vedo niente all’infuori di loro.  A questo punto, di solito, sono in lacrime e non desidero nulla di più di svegliarmi e dimenticare tutto.

C’è un rumore di sottofondo del quale non mi ero accorto prima—è come un rumore bianco che non sono voci e non è musica; aumenta di volume fino a trasformarsi nel battito del mio cuore, e lo sento nelle orecchie e nelle ossa così forte che crederei di morirne, se non fossi un dottore.

All’improvviso siamo in città, e la figura che si stagliava insicura e sbagliata nel cielo afgano adesso è a casa, ed è forte e bellissima.

Siamo a Londra, e per le persone è così importante sapere che l’uomo a terra è morto, e nessuno nota che negli occhi aperti c’è ancora il deserto, e mi domando se la parte di me che era in piedi con lui sul silos è stata trascinata verso la sua distruzione a sua volta oppure se l’ha seguito di propria spontanea volontà.


In genere a questo punto mi sveglio: fa ancora freddo, però il sole allunga una mano nella notte e apre le dita, e il silenzio quasi non si sente più.
Qualche volta mi assale il panico—non sempre, perché poi ricordo il sogno, e gli occhi, e la città, e credo in lui.

Nella mia mente, ancora non pronuncio il suo nome.

 

 

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a friend of mine grows his very own brambles
they twist all around him 'til he can't move
beautiful, quivering, chivalrous shambles
what is my friend trying to prove?

- elbow, some riot

  
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