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Autore: MaxT    03/10/2006    19 recensioni
Una Elyon esuberante e sorprendente torna a cercare le sue vecchie amiche, che si troveranno presto coinvolte in avvenimenti più grandi di loro. Che spaventosa profezia ha pronunciato la Luce di Meridian? Vera è…vera? Dove sono andate le gocce astrali delle W.I.T.C.H.? E’ una storia dove i personaggi assumono diversi ruoli contrastanti, si muovono nel segreto e nell’invisibilità, e le loro motivazioni autentiche si delineano a mano a mano che la storia si avvicina alla conclusione. Note: qualcuno potrebbe considerare OOC Elyon e le gocce astrali. Da parte mia, penso che siano una evoluzione plausibile dei personaggi visti nel fumetto. Aggiornamento: I primi sei capitoli sono stati riscritti nell'ottobre 2008.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La via per Heatherfield  
 
Premetto che “Profezie” è una fanfiction basata sui personaggi di W.I.T.C.H., il ben noto fumetto della Disney.
L’utilizzo di questi personaggi, ambientazioni ed eventualmente di immagini non ha carattere commerciale, ed è inteso unicamente come un omaggio a questa bella saga.
Questa storia è ben coerente con il fumetto fino al n. 63, l'ultimo pubblicato quando ho iniziato a scriverla.
Questa è la riscrittura del primo capitolo, per portarlo allo stile degli ultimi pubblicati nel 2008; purtroppo, per motivi di tempo, non vi ho introdotto illustrazioni, come ho cominciato a fare dal n.12 in poi.
Nota: chi ha letto la mia flashfiction 'La via per la Terra'  forse la riconoscerà nella prima mezza pagina di questo capitolo.

Profezie

cap.1

La via per Heatherfield

(versione riscritta dell’Agosto 2008)

L’ uccellino striato di grigio ricambia lo sguardo speranzoso della ragazza che lo tiene in mano. Le trecce biondo cenere e la corona argentea si riflettono, minuscoli, nei suoi occhietti neri e gialli.
Lei gli applica un sottilissimo collare di metallo lucente. “Ecco, piccolo. Questo ti riporterà indietro. Ora vai. Rischierai la tua vita per la Luce di Meridian”.
Allunga le mani verso l’alto per farlo alzare in volo. Sopra di loro non c’è il cielo, ma le volte azzurre della sala del trono da cui Elyon regna su tutto il metamondo.
L’uccello dispiega le ali, poi svanisce in un baluginio, come un riflesso su uno stagno.

“E’ andato”, esala una donna dalla pelle di un delicato verdazzurro. Quando sono in pubblico lei è il capitano Miriadel, ma in privato Elyon continua a chiamarla mamma. “Tra poco sapremo se può tornare”.
“Dovrebbe essere questione di secondi”, aggiunge l’ancella Nagadir, una ragazza con la pelle oliva e i capelli scuri raccolti all’indietro.
“Andrà bene”, rassicura la giovane regina, cercando di mascherare la sua emozione. “Ho seguito punto per punto i libri segreti”.
Immagina il volatile mentre, alla velocità del pensiero, il piccolo corpo smaterializzato viene trasferito al portale invisibile nel cielo, lo attraversa guidato dall’amuleto al suo collo e poi viene diretto verso la città alla quale lei credeva di appartenere, fino al giorno in cui il suo vero passato le è stato svelato nel modo più crudele.
Con la fantasia, Elyon segue il viaggio vertiginoso, che avrà termine quando il piccolo uccello grigio si sarà materializzato in un cielo che lui non ha mai visto prima, tra odori e suoni estranei e sagome di edifici di un altro mondo. Lo immagina mentre scende a terra, incredulo, forse pensando di sognare. Sognano, gli uccelli? Sanno cos’è un sogno?
Non importa. Questa vista non durerà a lungo: dopo pochi istanti, l’amuleto al suo collo farà svanire quelle brevi immagini, ed in un attimo il suo corpo minuto riattraverserà lo spazio in un modo che neppure lei, la Luce di Meridian, comprende veramente.
“Dovrebbe tornare ora!”.
Mentre Elyon parla, un baluginio appare sopra di loro, e subito l’uccello volteggia incredulo sotto il soffitto.
“Grande!”, esclama Nagadir con entusiasmo. “Altezza, avete avuto successo!”.
“La strada verso la Terra è di nuovo aperta!”, gioisce Elyon, mentre il volatile si posa sulla sua mano alzata. Lo avvicina al viso, per osservare il frammento di una piantina che tiene nel becco. “Erica. Da quanto tempo…”. Gli sfiora la testa con un dito, chiudendo gli occhi. “Sì. L’Oceano Atlantico! Heatherfield! Grazie, piccolo uccello, grazie!”.
Sfilato il sottile collarino argenteo, Elyon si dirige verso la terrazza che, dalla sala del trono, dà una vista completa dell’antica città di Meridian.
Alza nuovamente il braccio. “Và”.
Lo guarda volare sull’ampio vallone in cui è incassata la capitale, e poi deviare a destra per dirigersi verso i boschi sull’altopiano che la sovrasta, sparendo in lontananza per tornare alla sua semplice vita da uccellino.

Mentre sta guardando ancora il lontano puntino grigio, Miriadel le si avvicina. “Devo dirti il vero, Elyon. Speravo che la prova fallisse”.
“Perché?”. La guarda sconcertata.
“Sarà comunque un viaggio rischioso. Hai provato quel teletrasporto una sola volta. E se ti schiantassi contro le pareti del portale? E se tu non ritrovassi più la strada del ritorno? Tu sei l’ultima della tua stirpe”.
“Mamma…”, tenta di protestare, facendo un gesto di scongiuro dietro la schiena.
“E poi, potresti essere interrogata dalla polizia. Siamo spariti da Heatherfield più di due anni fa senza dare alcuna spiegazione. E che scuse potrai trovare ora?”.
Elyon sbuffa. “Mamma, tra due ore sarò di nuovo qui”.
“E’ una promessa?”.
“Di più”, risponde caparbia. “E’ una profezia”.
Scuote il viso, turbata. “Elyon, non mi piace che tu scherzi su queste cose”.
“Abbiate fiducia, capitano Miriadel”, la rassicura Nagadir. “Le regine del passato sapevano fare questo viaggio, e nessuna si è perduta”.
Deve rassegnarsi. “Va bene, Elyon. Vai. Ah, e salutami le tue vecchie amiche, soprattutto Cornelia”.
La Luce di Meridian ricambia con un sorrisone. “Così mi piaci, sai mà? A proposito, ora ad Heatherfield è marzo, vero?”.
“Mi pare di sì”, risponde Miriadel guardando fuori dal terrazzo.
Quando si volta, vede che Elyon non indossa più l’impegnativo abito regale, ma un completino grigioazzurro di una foggia che non vedeva più dai tempi del loro esilio sulla Terra. “Ah, non farti vedere così dalle guardie. Per gli standard di Meridian, quelle ginocchia in vista sono indecenti”.
“Va bene, mà. Vado e torno”.
Elyon si concentra sulla sequenza di operazioni mentali che daranno il via al teletrasporto, e le ripete sempre più velocemente, finché sembrano fondersi in una sola. Mentre  vede l’immagine della stanza tremolare e svanire, sente ancora la voce di Miriadel: “Solo due ore di orologio! Hai promesso!”.
 

Heatherfield, U.S.A.

E’ una splendida giornata di primavera ad Heatherfield. Dopo l’acquazzone della mattinata, l’aria è fresca e limpida, e il sole sfavillante  crea un piacevole contrasto di caldo e freddo.
“Che splendida giornata per il mio grande ritorno!”, pensa Elyon mentre si guarda attorno. Il colore del cielo, l’odore dell’aria, gli edifici, ma soprattutto la gente, sono come li ricordava dalla sua infanzia, quando credeva di appartenere a questo mondo da sempre e per sempre.
Quando un condominio signorile fa capolino da dietro gli alberi del viale, la sua emozione si fa sempre più forte. Eccola, la casa di Cornelia! Condominio Garden Plaza.
Costeggia la cancellata metallica, guardando il giardino curato e le due torri cilindriche che incorniciano la facciata come un castello delle favole.
Arrivata al cancello, scorre l’elenco dei nomi sui campanelli. Famiglia Hale. Eccolo, è qui! Avrei potuto riconoscerlo a occhi chiusi!
La ragazza fa alla telecamera il suo sorriso più bello.
 

Heatherfield, casa Hale

“Mammaaaaaaa! Il campanelloooooo!”, grida la bambina dal soppalco sopra il soggiorno.
“Lilian, puoi vedere tu?”, risponde la signora Elizabeth dalla cucina.
“No, mamma. Non posso lasciare Sbirulino solo nel bagnetto. Vuoi che anneghi?”.
La donna esce dalla cucina, asciugandosi le mani. “Lilian, il bambolotto non… vabbè”.
Ormai è arrivata al citofono, e guarda il viso che appare nel piccolo schermo. “Mi dispiace, niente pubblicità…. Ma…” . Possibile?
“Signora Hale, sono Elyon. Posso salire?”.
La scruta, incredula. “Elyon? Elyon, proprio tu?”.
Nessuna risposta. Il viso è già scomparso dallo schermo.

Dopo due minuti, la ragazza esce a passo lungo dall’ascensore, con un sorriso larghissimo. “Signora Hale!”.
“Elyon, ma sei tu?”. La guarda con attenzione. “Come sei cresciuta in due anni. Quasi non ti riconoscevo”.
“Cresciuta? Non quanto vorrei”.
“Sembri un’altra. Sei più carina. A parte i capelli”.
“Grazie. Ehm… i capelli? Non vanno?”. La guarda un po’ sorpresa.
“Oh, certo che vanno. Volevo dire che hai tenuto le tue inconfondibili treccine, come da bambina”.
“Si, sono una specie di firma”. Si guarda attorno. “Trovo Cornelia?”.
“Cornelia… oh no, è fuori, e non so neanche bene dove. E’ passato Peter a prenderla, e sai…”.
“Peter? Peter chi…”. Ci pensa un attimo. “Ah, il fratellone di Taranee?”.
“Proprio lui. Un ragazzo d’oro”, asserisce la madre con convinzione.
“Sono contenta. Con Caleb non aveva futuro”.
“Caleb?”. La madre alza un sopracciglio, riconoscendo il nome dei deliri di Cornelia di due anni prima.

“Caleb! Il fiore!” , grida una voce di bambina dal soppalco.
La signora alza il viso. “Lilian, hai visto chi c’è?”.
Sì, ha visto. Sta scendendo le scale a rotta di collo. “Elly! Elly!”.
“Ehhiii!! “. Elyon la accoglie a braccia aperte, e crolla a sedere sul divano sotto tanta spinta festosa. “Ciao Lilian, fatti vedere. Ehi, occhioni azzurri, sei cresciuta alla grande! Aspetto di vederti più alta di Cornelia, un bel giorno!”.
“Elly, mi racconti una storia, come una volta?”.
Elisabeth la richiama con un po’ di cipiglio. “Lilian, non interrompere Elyon, ha tante cose da raccontarci. E non spiegazzarle la gonna!”.
Per tutta risposta, la bambina appoggia la testa sulla spalla dell’ospite. Si vede già chi comanderà in famiglia.
La madre cerca di far passare inosservata la sua piccola sconfitta. “Vuoi qualcosa da bere, Elyon?”.
“Grazie signora”, riesce a rispondere da sopra la testa bionda di Lilian.
“E i tuoi genitori?”, chiede mentre versa una bibita. “Siete scomparsi tutti così improvvisamente…”.
“E’ vero”, assente imbarazzata. “Purtroppo non posso spiegare cosa è successo”.
La signora aggrotta gli occhi. “E ora dove abitate?”.
“Ora… tornerò a frequentare la città occasionalmente. Ho intenzione di riprendere i contatti. A proposito, ho un ricordino per Cornelia”.

Elyon estrae dalla borsa un cilindretto che contiene un foglio arrotolato. Quando viene svolto, questo rivela un acquerello di una città in stile quasi medievale, sovrastata da un castello a cinque guglie.
La signora si aggiusta gli occhiali. “ Lo hai dipinto tu? E’ molto bello, te lo dice una che in mezzo alle opere d’arte ci lavora tutti i giorni!”.
“Grazie signora”, sorride raggiante. “Anch’io ci dedico del tempo”.
Lilian spalanca gli occhioni azzurri. “Elly, cos’è? Il castello di una principessa?”.
“Sì Lilian, è il castello di una giovane regina”.
“Mi piace di più principessa!”.
“Il castello di una principessa, allora. Una principessa di un regno lontano e felice, che possedeva dei favolosi poteri magici e voleva capirli fino in fondo per utilizzarli per il bene”. Elyon entra nel ruolo della vecchina che racconta favole accanto al focolare. “La principessa era circondata da persone che le volevano bene e la consigliavano, ma i suoi poteri erano così grandi che lei stessa ne restava stupita. I suoi amici ed i suoi insegnanti non erano in grado di spiegarle tutto quello che succedeva, così cercò di capire da sola, studiando e provando”.
“Era brava, allora”.
“Si, molto. Fece prodigi, accese nuove stelle nel cielo, cancellò errori… sì, come si fa con la gomma quando si sbaglia a scrivere. Ma ancora la principessa non era soddisfatta, perché non sapeva fin dove poteva arrivare. Allora andò a parlare con delle fatine per chiedere il loro consiglio, ed esse furono dapprima felici di ritrovarla. Dopo un po’, però, le fatine cominciarono ad invidiare e temere il potere della principessa...”.
Lilian si stava appassionando alla favola, ma l’ultima frase la turba. “Elly, ma era cattiva la principessa, o lo erano le fatine?”.
Ora anche Elyon sembra turbata. Ha perso la sua aria compiaciuta e gioca nervosamente con le trecce.  “Oh Lilian… nessuna era cattiva, solo… qualche volta, la gente non si capisce. Ma non temere, questa storia andrà a finire bene”.
“Elyon, se posso, vai ancora a scuola?”, chiede la signora.
“Sto studiando privatamente. In tempi recenti ho divorato anche libri di fisica, di biologia e di genetica, ma erano tutti vecchi, di più di vent’anni fa”.
Lilian alza un sopracciglio. “Mamma, cosa sono le cose che dice Elly?”.
“Buona, tesoro. Elyon, come mai questi interessi così insoliti?”.
“Un anticipo sull’università”. Si stringe nelle spalle. “Sono venuta a Heatherfield anche per cercare nuovi libri aggiornati, e per comprare un computer portatile. Mi servirà per raccogliere gli appunti”. Alza gli occhi verso l’orologio a muro. “Ora però devo andare. Signora, ripasserò molto presto”.
“Ciao Elyon. Sarai la benvenuta”. Elizabeth si alza in piedi.
Lilian non si rassegna facilmente. “Elly… mi disegni una fatina?”.
Elyon le accarezza la testa. “Promesso, principessa. Ma non ora. Arrivederci”.
 

Heatherfield, centro città

Poco dopo, Elyon attraversa le vie del centro, piene di ricordi.  Il PC World è vicino. Eccolo là, dopo l’agenzia di viaggi.
Come una volta, sbircia ancora dalla vetrina per individuare il commesso.
Sì, è ancora lui. Coraggio, Luce di Meridian.

“Buongiorno”, cinguetta avvicinandosi al bancone.
“Buongiorno, signorina”, risponde il giovanotto che in giorni lontani lei ha ammirato spesso dalla vetrina.
Lo guarda civettuola. “Vorrei vedere di un computer portatile”.
“Ecco, gliene prendo uno che abbiamo in offerta” . Il commesso si allontana verso la vetrina.
Elyon, in uno sforzo di disinvoltura, nota un computer a torre appoggiato sul banco vicino. Preme il bottone di accensione, e la macchina si avvia.
Vede il commesso ritornare con in mano un oggetto simile ad una valigetta. “Mi sono permessa di accenderlo”, dice indicando lo schermo illuminato che si sta animando di finestrelle.
“Può interessarle quello, signorina?”.
“No, vediamo il portatile”. Trattiene il fiato mentre il commesso lo apre, mostrando lo schermo e la tastiera. “Che belloo, mi spiega un po’?”.

Dopo una mezz’ora di spiegazioni intervallate da “Ma noo”, “Bellissimoo”, “Ma quante cose che sa lei”, Elyon si decide. “Mi ha convinto. Lo prendo”.
Il commesso lo spegne e ripiega lo schermo. “Glie ne do uno inscatolato…”.
Lei gli fa un largo sorriso. “Lei non ha obiezioni se prendo questo già pronto all’uso, vero?”.
Al suo sguardo esitante, insiste. “La prego! Io non ho pratica di come caricare un sistema operativo. Sia gentile…”. Lo guarda negli occhi, languida.
Lui si arrende. “Va bene, signorina. Lo prenda pure”. Inizia ad inserirlo in una valigetta, assieme ai manuali ed agli accessori.
“Grazie”, sorride radiosa Elyon quando le mette in mano la valigetta completa. “A proposito, accettate questo medaglione d’oro come pagamento?”. Gli mette davanti agli occhi un gioiello scintillante.
Il commesso esita, osservando i riflessi sulla superficie ben cesellata. “Ecco, signorina… veramente no. Possiamo accettare contanti, carte di credito, assegni… ma questo no”.
“Ma io non ho valuta”, protesta costernata Elyon. “E poi, vale senz’altro di più dei milleseicento dollari che mi chiede!”.
“Mi dispiace”. L’uomo la guarda severo. “Perché non torna accompagnata dai suoi genitori, per un acquisto così importante?”.
“Perché sono nell’altro mondo”, risponde lei con naturalezza.
"Oh...". Resta confuso un attimo. “Mi dispiace. Comunque non posso”.
Elyon lo guarda fisso negli occhi. “Lei è stato gentilissimo, fino ad adesso. Non vorrà deludermi, no?”.
“No….”, risponde lui, senza riuscire a staccare lo sguardo.
“Lei è gentile, disponibile. Lei sa di essere così. Lei sa come fare uscire i clienti con il sorriso sulle labbra, vero?”.
“Vero…”. Il commesso è perso dentro gli occhi grigi della Luce di Meridian.
“Lo sapevo. Lei è un signore. E, anche se non ho dollari, lei non esiterà ad accettare questo medaglione d’oro come pagamento, giusto?”.
“Giusto…”, risponde ancora, senza muovere gli occhi dai suoi neanche per guardare l’oggetto lucente che Elyon gli depone davanti.
“Grazie. E’ un grande piacere trattare con lei. Lei sa rendere le cose facili. Saprò sempre di poter contare sulla sua gentilezza”. Elyon prende sottobraccio la borsa e la accarezza, come farebbe una bambina con un regalo desiderato a lungo. “Grazie. E’ splendido!”.
“Splendido”, ripete l’uomo con un sorriso ebete. Non batte ciglio neanche quando la borsa sotto l’ascella della ragazza svanisce nel nulla.
“La saluto. Grazie ancora”. Incamminandosi verso l’uscita , Elyon si volta ancora per sorridergli. “Lei è molto gen…”.
BONK! La Luce di Meridian si schianta rovinosamente contro la porta a vetri.
Il commesso riprende subito la sua attenzione. “Signorina! Si è fatta male?”.
“ Ohiii… cioè, oh, non è niente”, minimizza con un sorriso ed un gesto noncurante, che non fanno bene il paio con la mano sullo zigomo. Ohchescemachescema…

Appena lei è uscita, il computer a torre che aveva acceso si spegne da solo.
Incuriosito, lui si avvicina ed osserva, senza capire.
Come ha fatto ad accendersi, se non era collegato alla presa?
 

Heatherfield, davanti al Garden Plaza

Il sole sta calando quando una ragazza bionda e longilinea, accompagnata da un ragazzo dalla pelle scura ed i capelli rasta, si ferma davanti al cancello del condominio.
“Ci salutiamo qui, Peter?”, chiede Cornelia con uno sguardo che sembra sottintendere un’altra risposta.
“Magari ti accompagno fin su a casa?”, chiede lui speranzoso, sfiorandole gli splendidi capelli lunghi e lisci.
Improvvisamente dal citofono arriva la voce della madre. “Ciao ragazzi, forse vi interessa sapere che a casa ci sono io con Lilian”.
“Oh, mamma”, sussulta Cornelia.
“Buonasera, signora Hale!”. Il ragazzo fa un largo sorriso di circostanza alla telecamera.
“Saliamo subito, mamma. Due minuti. Mi accompagni fino di sopra, Peter?”.
“Certo”.

Percorrendo i viali interni del giardino, Cornelia gli fa presente: “Dobbiamo ricordarci della telecamera. Non era il posto adatto per… sentirsi soli”.
“Magari l’ascensore…”, suggerisce Peter , alzando gli occhi alla ricerca di altre telecamere mentre varcano il portone dell’atrio.
“Magari…”, sussurra Cornelia tra i denti.

Una vicina poco simpatica sta già attendendo davanti alla porta, premendo nervosamente il bottone di chiamata. “Oh, signorina Hale. Sa, quando ero giovane, le ragazze per bene non andavano da sole in ascensore con i giovanotti!”. Soprattutto se negri e con i capelli da selvaggio, aggiunge la sua smorfia.
“Quando era giovane, signora Boringley, forse non esistevano gli ascensori”, risponde piccata Cornelia. “Vieni, Peter, hai voglia di farti qualche rampa di scale a piedi?”.
“Nessun problema. Andiamo”.
Lasciano la vicina a rugnare sull’ascensore. “Sempre occupato! Neanche fosse un albergo…”.

Dopo due rampe, Peter si guarda intorno. Dove si può stare un attimo tranquilli? Sul pianerottolo? No… non davanti alle porte.  Sulle scale?
Lei sorride, indovinando i suoi pensieri. “Peter, lascia perdere. Mia madre starà cronometrando il tempo che impiego a salire”.
Arrivati al piano di casa, vedono una Lilian molto soddisfatta di sé che sta tenendo occupato l’ascensore con un piede sulla sua porta.
“Ciao Corny. Ciao Peter. Come mai siete saliti a piedi?”. Finisce la frase con un sorriso soave.
La sorellona ricambia il sorriso. “Brava, continua pure a tenere occupato l’ascensore. Forse vedrai salire a piedi anche la signora Boringley”.

La madre si sporge sulla soglia con cipiglio. “Lilian, cos’è che stai facendo?”.
La bambina, presa in castagna, toglie il piede dalla fotocellula. L’ascensore si chiude e parte obbediente verso il piano terra.
“Ecco, Lilian, ora sono cavoli tuoi!”, sogghigna Cornelia alla sorellina che rientra in casa, seguita dallo sguardo ilar-minaccioso della madre.
“Peter, vuoi entrare?”, chiede la signora.
“Grazie signora. Lo farei di cuore. Ma ho un impegno. A domani?”.
“A domani, Peter”. Cornelia saluta con un sorriso.

Appena rientrate, Lilian corre verso il tavolino del soggiorno, e torna trionfante mettendo davanti agli occhi di Cornelia un trofeo.
Riguadagnata la distanza per mettere a fuoco, la ragazza trasale, riconoscendo la sagoma del palazzo reale di Meridian. “Cosa vuol dire?”. Guarda interrogativa la madre sorridente.
“Che abbiamo avuto una visita inattesa. Questo pomeriggio è venuta Elyon a cercarti”.
“Elyon?!?”. Cornelia resta senza parole. Elyon dopo anni… e lei era fuori! “Raccontami tutto, dall’inizio! Cosa aspetti?”.

Dopo il racconto della madre e le interruzioni di Lilian, Cornelia riflette, seduta sul letto nell’intimità della sua camera.
Elyon è tornata.
Ellie, la migliore amica della sua prima adolescenza, la compagna di classe e di giorni passati che ora sembrano ancora più felici. Di Elyon si può dire tutto ed il contrario di tutto, ma non ha smesso di pensarla come la sua amica più cara.
Apre il cassetto dove conserva i suoi album di fotografie, e ne sfoglia uno a caso. È difficile trovare una pagina dove non appaiano insieme almeno in una immagine sorridente. Ricorda con rimpianto i suoi sguardi fiduciosi, le confidenze in un orecchio, la sicurezza che le dava e che ne riceveva. Nessun’altra persona è riuscita a farla sentire più importante.
 

Heatherfield, casa Vandom-Collins

Che stufa di questa matematica. A cosa servono gli studi di funzione, se i prof non capiscono neanche quando siamo al limite?
Una Will annoiata sta sfogliando un testo scolastico, sperando che alla conoscenza piaccia entrare nella testa attraverso gli occhi. Chissà perché non funziona così…
Sente squillare il telefono. Si copre le orecchie. Ecco, prof, se non sono riuscita a studiare è perché il telefono suonava ogni momento.
La voce di un altro prof irrompe nella sua depressione serale. “Will, c’è Cornelia per te!”.
“Grazie… Dean”. Non sempre le è facile chiamare per nome il suo insegnante.
Non riesce neanche ad immaginare di chiamarlo papà, anche se ha sposato sua madre Susan.

“Ciao Cornelia ... Sì? Elyon?... Davvero? Whow! Questa è una grande notizia!... Correre da te? Lo farei subito. Però lo sai, c’è aria di verifica per domani. Puoi convocare tutte a casa tua per le tre?”.
Riabbassando il telefono, Will guarda persa oltre il libro, oltre la mensola popolata dai pupazzi ranocchiformi che le sorridono con occhi fissamente vivaci.
Elyon: sua compagna di classe per due brevi giorni di un autunno passato, e aliena che viveva in esilio ignorando le sue stesse origini. Nemica mortale, e amica ritrovata. Perfida ingannatrice, e vittima lei stessa di un inganno crudele ordito dal fratello e dall’uomo che forse amava. Orfana dalla nascita, ed ultima della sua stirpe. Ragazzina insicura, e Luce di un mondo in cui realtà e magia si compenetrano.
Come avrà fatto a tornare? Dai tempi dei varchi sulla muraglia, nessuno era mai passato dal metamondo a Heatherfield, se non attraverso la fortezza di Kandrakar, al centro dell’infinito.
Ridicolo, pensa: era molto più facile passare direttamente tra i due mondi quando c’era la muraglia, con le sue brecce aperte da una magia ostile. Ciò che la ha sostituita assomiglia ad un immenso, invalicabile vuoto.
 

  
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