Introduzione
La storia è nata perché a volte le storie nascono e basta ed è un prequel a Succo di zucca ed ai suoi seguiti; non tiene dunque conto di ciò che è accaduto dopo Harry Potter e l’Ordine della Fenice.
Dal punto di vista narrativo, non è nemmeno una storia. Da altri punti di vista, è la storia.
INVISIBILE
Ogni volta
che Hermione Granger passava per un corridoio,
qualche imbecille a cui aveva rifatto una schifezza di compito sempre pronto a
portarle i libri e raccoglierle gli appunti, ogni volta che si affacciava alla
Sala Grande, quei due cagnolini che aveva più volte salvato da invocabile
morte per abbandono e stupidità sempre pronti a scodinzolare al suo
fianco e ringhiare in sua difesa, ogni volta che entrava in una classe, i
professori che aveva infinocchiato con qualche parolona e un po’ di
mnemotecnica sempre pronti a tessere le sue nauseabonde lodi e dedicarle la
lezione.
Ogni volta lui si sentiva invisibile.
Manciate di
odio come chiodi conficcati nelle sue carni, odio per ciò che lei faceva
– menzogne -, per ciò
che lei diceva – menzogne - ,
per ciò che lei era – menzogne.
Lei era un
teatrino di virtù impossibili edificato per gli allocchi ciechi e sordi
che veneravano tutto ciò che produceva come reliquie di una divinità
di dubbia fede, ma lui – lui che se ne intendeva di messinscene e odore
rancido di santità -, lui solo sapeva che sotto quegli strati di polvere
pirica e quei frammenti luccicanti di specchietti per le allodole c’era
tutto il marciume del suo sangue sporco, della sua anima sporca, dei suoi
pensieri sporchi.
Doveva esserci, quel marciume,
perché a quel marciume lui doveva crocifiggerla insieme a tutti i suoi proclamati
e stucchevoli sentimenti, perché altrimenti si sarebbe ritrovato
crocifisso lui, con quei chiodi d’odio che già gli perforavano lo
stomaco, sul legno roso dalle termiti di tutta una fetta di vita sprecata nel
disprezzo, soffocata nel livore, insozzata di rabbia.
E invisibile.
Lui che
progettava di distruggerla ogni giorno, come quel giorno, per quello che fingeva
di essere e per quel seguito assurdo di facce inebetite che trasalivano
d’ammirazione sciocca al suo nome, lei che si sforzava teatralmente di
guardare aldilà di lui, le braccia colme di pergamene, la testa piena di
formule, le dita imbrattate di ingredienti magici.
Ma lui solo
sapeva che erano tutti inutili oggetti di scena, lui solo capiva che non
c’era alcuna magia in lei, per il
suo sangue, sì, ma anche per le sue menzogne, lui solo comprendeva
che lei era vuoti artifici retorici, banali trucchi da saltimbanco, retorica
affabulatrice di marionette, lui solo vedeva tutto il suo marciume ma non
riusciva a mostrarlo agli altri, perché anche ai loro occhi, quando
compariva lei, lui diventava invisibile.
Per tutta la
scuola che non lo considerava come avrebbe meritato, per il suo sangue il suo valore le sue capacità il suo acume
le sue competenze la sua eccezionalità, tutta la scuola che brucava come
un gregge di pecoroni ottusi quel prato di trite frottole e diffusa vanità
su cui lei era invece tanto visibile, tutta la scuola che si voltava al loro
passaggio, seguendo quello di lei, scartando quello di lui, tutta la scuola
tranne quei pochi sani di mente che avevano ben afferrato, ben intuito, ben giudicato,
sani di mente come Tiger e Goyle.
Strinse la
mascella, appoggiandosi al muro, mentre il noto malessere che provava sempre a
quell’ora del giorno lo ghermiva lentamente.
Tra pochi
minuti sarebbe di nuovo stato invisibile e in quegli istanti i chiodi sarebbero
tornati a penetrargli più addentro le viscere, ma lui non poteva
rinunciare a questa tortura quotidiana autoinflitta,
non poteva volgere altrove la sua esistenza senza privare quell’esistenza
di uno scopo.
Invisibile.
Eppure a
volte c’era riuscito, a farsi vedere da lei, e serbava un ricordo
dolcissimo di quegli episodi in cui la sua missione gli si era finalmente rivelata
come un’epifania.
Quando
l’aveva definita esattamente per ciò che era, additando a tutti la
verità della sua natura abietta che nessuna tecnica o perizia avrebbe
mai nobilitato.
Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca
Mezzosangue.
Quando
l’aveva indotta a colpirlo, scoprendo a chiunque l’essenza infida
di tutti i suoi annunci di bontà con un semplice accenno ad uno dei suoi
infimi protetti.
Avete mai visto una cosa così
patetica? E dovrebbe essere il nostro insegnante!
Quando aveva
evidenziato l’orrore delle sue apparenze, facendo allungare in quella
bocca immonda le zanne dell’animale che era.
Densaugeo!
L’avevano
scorto pietrificarsi e credevano che qualcosa lo avesse turbato, quelle volte,
che vederla in lacrime e sofferente e angosciata lo avesse impietosito, ma non
avevano capito nulla.
Lui ne era stato deliziato.
Così
deliziato che per qualche istante non aveva più saputo cosa fare,
perché non aveva in effetti pensato ad altro, da molto tempo, che
distruggere lei. E magari anche la gente vicina a lei. E l’idea di
esserci riuscito, di averla atterrata e umiliata e ingiuriata, di aver segnato
un punto e conquistato qualche adepto alla sua causa lo aveva galvanizzato,
inebriato, sopraffatto ma anche svuotato, lasciandolo quasi privo di una
direzione da seguire, di un fine da perseguire, di una vita sua, sempre che
quella vita fosse mai stata sua, sempre che non avesse solo ruotato orrendamente
e vanamente attorno a quella di lei.
E si era riscosso
da quel sospetto atroce solo convincendosi che il male che le aveva inflitto
quelle volte dimostrava che lei l’aveva visto sempre, a dispetto dei suoi
tentativi di fingersi superiore, lei doveva
averlo visto sempre e sempre doveva averlo
odiato e quell’odio Draco si rigirava tra i pensieri, accarezzandolo come
un gioiello di ricordi incastonato nella sua anima.
Perché
quell’odio testimoniava al mondo ciò che lei realmente era –
menzogne e marciume – e lo
assolveva come un crociato immolato alla giustizia.
E allora
altri imbecilli sarebbero andati da lui
a farsi correggere i compiti, allora altri cagnolini avrebbero cercato salvezza
da lui, allora altri professori si
sarebbero fatti infinocchiare da lui.
Allora Draco
sarebbe divenuto come lei.
Visibile.
Come lei.
Aveva
sognato di ucciderla, eliminare dal mondo la sua perniciosa esistenza e
ripulirlo dell’immondizia che lei proferiva e scriveva su quei suoi fogli
stracolmi sempre di ovvietà, aveva sognato di tenerla precariamente in
vita per guardarla stillare gocce nere di sangue e d’inchiostro additata finalmente
da tutti come la spazzatura che era, aveva anche sognato di usarle violenza e
di quel sogno gli restava un’eco fumosa nel cervello – un ventre piegato su un banco traballante,
un sussurro sdolcinato e fuori luogo come erano sempre le sue parole
– e un fastidio intollerabile nel lombi.
Eppure
quelle immagini oniriche non erano state disgustose come altre ben più
agghiaccianti che popolavano le sue notti e che gli mormoravano
l’efferatezza della sua crocifissione.
Lui che la
affiancava, che la scalzava, che la
sostituiva.
Il desiderio di averla non era
inaccettabile quanto il desiderio di essere lei.
Il malessere
si fece più intenso mentre rialzava lo sguardo davanti a sé, dove
la Mezzosangue stava svoltando verso la biblioteca e verso di lui, come ogni
giorno a quell’ora, carica di volumi, come ogni giorno a quell’ora,
da sola, come ogni giorno a quell’ora, e lui era lì ad aspettarla,
come ogni giorno a quell’ora, e a provocarla, come ogni giorno a
quell’ora.
Fumava nel
corridoio – oh, tu puzzi molto di
più di questa sigaretta e vali molto meno della cenere in cui la
ridurrò, ma a differenza sua non meriti di stare sulle mie labbra
nemmeno per bruciarti via.
La
ostacolava o spintonava – a terra,
come l’essere inferiore e sudicio che sei, indegna persino di leccarmi la
suola delle scarpe, non puoi occupare i miei spazi, non puoi appestare la mia
aria, non puoi vivere nel mio mondo.
La derideva
– sei sempre sola perché
nessuno ti considera se non ha bisogno di te, ti stanno accanto solo per
ottenere qualcosa ma chi ti difenderà quando sarai tu ad aver bisogno, chi
ti tallonerà ancora quando non avrai più la tua nomea ad attirare
consensi?
Le strappava
i libri di mano – nessuno scarabocchio
ti renderà una vera strega, nessun titolo reale o falsificato ti
elargirà la vera conoscenza magica, l’unico potere che ti resta
è quello di aprire le gambe e farai meglio a sbrigarti, se vuoi davvero
creare qualcosa.
La insultava
- superba sputasentenze, pudica puttana, rifiuto
d’arte e d’umanità, ipocrita manipolatrice, despota tediosa,
senza talento alcuno.
Ma da
qualche tempo lei proprio non reagiva più, non si fermava più,
non pareva vederlo più.
Invisibile.
Lei
rallentò in prossimità della sua sagoma, la testa alta e le iridi
puntate in avanti, tentando di non mostrare che si stava preparando a sostenere
l’ennesima aggressione.
Lui rimase
con le spalle appoggiate alla parete e le braccia conserte, guardandola sfilare
con un sorriso sardonico sul volto e una pacatezza simulata a dare bella mostra
di sé e a celare il livore che gli ribolliva dentro. Stavolta non
avrebbe fatto nulla. Le persone sono più fragili quando credono di
essere finalmente al sicuro. Le avrebbe dato modo di rilassarsi e abbassare le
difese e poi avrebbe ricominciato a sferrare attacchi sempre più
violenti, fino a quando lei non l’avesse visto di nuovo.
Invisibile.
Lei gli
passò davanti senza voltarsi, indugiò ancora un attimo con passo
incerto e poi si affrettò il più lontano possibile da lui.
Goditi la tua torre dorata,
Mezzosangue.
Presto o tardi te ne farò
pagare il prezzo.
E allora sarai tu a diventare come
me.
Invisibile.
Come me.
Se desiderate restare
aggiornati su ciò che scrivo, mi trovate nella mia pagina di facebook, nel mio blog e nel mio account
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Di carne e di carta è stata revisionata e pubblicata. La
trovate su Amazon qui e su Goodreads qui.
Ad esso va ad
aggiungersi il mio nuovo libro, totalmente inedito, Trentatré. Lo trovate su Amazon qui
e su Goodreads qui.
Grazie
A chi sa ringraziare e a chi sa farsi
ringraziare
Grazie
a tutti coloro che sono stati, sono e saranno come lei
Citazioni:
‘per il suo sangue’ richiama
la mia storia omonima, di cui sono anche citati gli avvenimenti del sesto
capitolo nella visione: ‘un ventre
piegato su un banco traballante, un sussurro sdolcinato e fuori luogo come
erano sempre le sue parole’; vengono rispettivamente da Harry Potter e la camera dei segreti, Harry
Potter e il prigioniero di Azkaban, Harry Potter e il
calice di fuoco le frasi ricordate da Draco: ‘Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue’, ‘Avete
mai visto una cosa così patetica? E dovrebbe essere il nostro
insegnante!’, ‘Densaugeo!’.