stralcio
di un sogno
L’altare
era occupato quasi
interamente da un cratere che si apriva nel pavimento, scavato
grossolanamente
nella nuda roccia. Candele sparse ovunque, di ogni forma e dimensione,
ardevano
silenziose di una luce laconica che gettava ombre dai contorni sfumati
sullo
spazio circostante.
C’erano cinque statue disposte
a
semicerchio dietro al cratere. Avevano sembianze umane, scolpite in
una pietra
candida dai pallidi riflessi opalescenti. Sui piedistalli di marmo
nero, in
bassorilievo, i loro nomi laminati in argento: Innocentia, Tentatio,
Peccatum,
Expiatio, Redemptio.
Regan si soffermò a scrutarle
una
per una, senza osare avvicinarsi, intimidita dall’atmosfera
sacrale che sentiva
incombere attorno a sè.
Innocenza era una bambina dal
viso tondo e paffuto che guardava verso una volta celeste immaginaria
con occhi
sgranati e colmi di genuino stupore. Stringeva tra le mani un mazzetto
disordinato di fiori di campo, i piccoli piedi nudi che poggiavano
delicatamente su un soffice cuscino d’erba. Al suo fianco,
Tentazione era
incarnata da un ragazzo dai folti riccioli che guardava con
avidità alla
propria sinistra, la bocca dischiusa in una piega vagamente sensuale,
il
ginocchio sinistro proteso di lato in uno slancio smanioso, frenato
però dalla
catena che gli imprigionava la caviglia destra al terreno. Seguendo il
suo
sguardo si incontrava la terza scultura.
Peccato rappresentava due giovani
amanti colti in un gesto di intimità: lei completamente
abbandonata tra le
braccia possenti di lui, la testa riversa all’indietro in uno
stato di
inconfondibile estasi. Spostandosi appena più in
là, tuttavia, la prospettiva
mutava completamente: la mano di lui reggeva un pugnale affondato tra
le
scapole di lei, lunghi rivoli di sangue rubino che le colavano sulla
pelle,
impregnando il tessuto sottile della veste abilmente scolpita. Amore e
Morte,
nella loro rappresentazione più tragica.
Alla loro sinistra, Espiazione
–
un uomo emaciato coperto da cenci laceri, inginocchiato su sassi
appuntiti –
li fissava con sguardo tormentato, le mani
ossute convulsamente strette al petto, dilaniato da profonde ferite. I
suoi
occhi scavati e sgomenti riflettevano una sofferenza angosciante.
A chiudere il semicerchio, infine,
bellissima e maestosa, Redenzione si ergeva nelle morbide forme di una
donna
che spalancava le braccia verso il cielo, due splendide ali angeliche
spiegate
alla sue spalle. Il suo viso, esattamente come quello di Innocenza, era
rivolto
verso l’alto, chiusi gli occhi, e portava impressa
un’espressione di pace
assoluta.
Regan restò a lungo a
studiarle,
rapita dal realismo dei loro volti, dalla drammaticità dei
loro gesti. C’era
qualcosa di vivo e inquietante che pulsava sotto ai loro gusci di
pietra.
Involontariamente, il suo sguardo
continuava a tornare a Tentazione ed Espiazione, dall’una
all’altra, simili ed
opposte. Entrambe si volgevano verso Peccato, entrambe dipinte di
un’emozione esasperata,
entrambe consumate dal loro stesso anelare.
Fu con sorprendente stupore che,
nell’arretrare incurantemente di un passo, Regan
realizzò una cosa che la fece
sentire strana.
Tentazione guarda Peccato e vede l’Amore. Espiazione guarda Peccato e
vede la Morte.
Si
scrive per la gloria e il piacere personale, è vero, ma
anche per questo:
Il
Matrimonio Del Mio Migliore Amico… Non S’Ha Da Fare
rappresenta quella che definirei a
tutti gli effetti una perfetta prova a contrario
per chiunque soffra nei confronti delle RPF di
un’insuperabile diffidenza. È infatti la negazione
persino smaccata dello sgradevole pregiudizio per cui chiunque scriva
di celebrità in generale –
dei Tokio
Hotel in particolare – sia una bambinetta con
vistosi problemi ormonali. Lady Vibeke offre piuttosto una sintesi
perfetta di passione da fan e volontà ludica.
La trama è quel che a buon diritto potrebbe definirsi un
uovo di Colombo; la sua semplicità estrema, confligge nei
fatti con l’evidenza nessuno abbia pensato prima di poter
attingere a un delizioso topos narrativo. [...]
Chi cerca i Tokio Hotel, cioè,
trova soprattutto
loro: quattro ragazzi sull’orlo di una crisi di
maturità, amici da eoni, rivali e complici al tempo stesso.
Chi dovrebbe leggere una commedia come questa?
Credo
chiunque: perché
è scritta bene –
benissimo
–, perché è intrisa di umorismo
autentico e non di volgarità gratuite, perché
rappresenta il fandom migliore: quello che lega il tributo al gioco,
non all’esercizio di stile e neppure al sensazionalismo
d’accatto.
Se poi tanto non vi fosse bastato, dovreste dare un’occhiata
solo per conoscere meglio Iwen, il coniglio rosa, ed Elvis, il criceto
di Bill.
Non ve ne pentirete:
garantito!
Recensione by:
eclectic_doll,
presso:
archivista;
-------
Innanzitutto, questo lavoro [
Rette Mich - Salvami]
parte da un assunto che per me – come lettrice e anche
autrice – è fondamentale: come già
eclectic_doll ha sottolineato nella sua recensione a
Il matrimonio del mio
migliore amico non s’ha da fare, chi cerca i Tokio
Hotel trova soprattutto quelli, senza sconti o omissioni di alcun
genere. È interessantissimo poi il fatto li ritrovi con i
loro pregi e i loro evidenti difetti, in un lavoro di caratterizzazione
molto piacevole.
La vicenda – di per sé – è
sufficientemente semplice da imporre quasi un lavoro di cesello
– lavoro che l’autrice compie a 360° - che
porta il lettore a scandagliare aspetti che di norma non troverebbero
probabilmente nemmeno spazio. [...]
La vicenda è poi lineare, si legge facilmente ed al contempo
si fa leggere – grazie anche ad uno stile molto piacevole -.
Insomma, un lavoro da leggere, percorrere con i personaggi e
– perché no? – considerare il punto di
partenza – già ottimo – di
un’autrice che sta ripercorrendo un processo di evoluzione
narrativa assolutamente fastoso.
Recensione by:
samwhity,
presso:
archivista;