Invece no, nonostante tutto, essi continuavano a rimanere impigliati in quella ragnatela di irrequietezza, come farfalle che sbattevano le ali colorate per cercare di sfuggire al ragno che si sarebbe abbattuto su di loro. Si strinse di più all’amante che lo guardò perplesso, comprendendo che quello fosse il segnale di un male interiore scatenato dalla scoperta dei sentimenti di Yuzo nei suoi confronti; per questo trattenne una maledizione nei confronti del portiere mordendosi l’interno della guancia, mentre affondava le dita nei suoi capelli corvini, in un gesto che voleva dire “io sono qui”.

Sequel di "Like mountain and sea ~ It is my home
"La realtà era che aveva paura: le cose nella sua vita cambiavano così improvvisamente che ogni volta, quando poteva dare per certo qualcosa, tutto cambiava, distruggendo le sue illusioni – lui poteva solo mandar giù amaramente, ricominciando una nuova vita ma... quante ne aveva vissute? A volte confondeva luoghi e persone, mischiando odori di paesaggi, luoghi diversi; era davvero disposto a continuare così o poteva davvero rimanere lì, tra quelle braccia che erano casa?
Giorno dopo giorno sentiva il tempo sfuggirgli dalle mani e lui era lì a rincorrere i pensieri e desideri di tutti quegli anni amari, cercando di farsi bastare il ricordo di quei pochi attimi di felicità che aveva condiviso con i suoi amici prima e con Hikaru dopo, quei momenti di idillio che sapeva non sarebbero più tornati. Era per questo, forse, che scivolava lontano dagli occhi della gente, camminando indifferente per le vie della città...?"

Happy AoKise day!! ♡
"Il sole tramonta dietro quel campo da basket dove Kise si sta ancora allenando - quello stesso campo dove piú volte si era scontrato con Aomine i primi tempi, quando ancora ridevano insieme e sfidarsi era solo un gioco.
Non ha perso l’abitudine di andarci, neanche quando il dottore gli ha detto di stare a riposo per non sforzare le gambe; sa che prima o poi si incontreranno lí ed è per questo che ora il pallone ruvido rimbalza sul cemento, palcoscenico che li ha visti diventare amici e poi dividersi.
Assottiglia lo sguardo mentre fa entrare la palla nel canestro arrugginito, era più divertente quando erano in due."

Sequel di: "Ma se tu vai via, porti i miei occhi con te"
"Hikaru seguì il suo sguardo assorto e si ritrovò a pensare, forse in maniera troppo sdolcinata, che loro fossero esattamente come montagna e mare: l’una rimaneva immobile, stabile, l’altro l’abbracciava con le onde che si infrangevano sulle rocce, corrodendole, come se volesse avvicinarsi il più possibile al suo cuore. Il vice-capitano ignorò la sua diffidenza verso il mare facendosi convincere dal desiderio di Misaki: ora era lì con i piedi nella sabbia, le dita intrecciate a quelle del numero undici che si voltò a guardarlo, un dolce sorriso sul volto."

"Come l’ombra ha bisogno della luce per esistere, cosí io ho bisogno di te in campo e nella nostra quotidianità, in quei momenti che sono solo nostri. Ho bisogno delle tue labbra, dei tuoi occhi color cielo, della tua pelle liscia e candida, della tua voce dolce e pacata per costruire la mia vita."

"Sono pazzo, instabile, sadico ed un imperdonabile empio che poco crede nelle divinità - dov’erano quando la mia gente li invocava? - ma se questo basta per vendicarmi lo sarò; vivranno il mio stesso orrore, diventeranno pazzi dal dolore, lo giuro sulle anime che a gran voce reclamano la testa di chi li ha uccisi."

«Facciamo una promessa, Taro!» esclamò stoppando il pallone ed attirando la curiosità dell’altro. «Ovunque ci troveremo, saremo sempre amici!»
Misaki aveva sorriso, stringendo la mano che l’altro gli aveva porto «Saremo sempre amici.»

"La sua attenzione fu attirata dalle uova di cioccolato poste in ordine sullo scaffale. Era grande per le uova e sicuramente sarebbe stato più maturo lasciarle lì, anche se si trattava di quelle della squadra di calcio dove militava, affiancate da quelle dedicate alla squadra di Salvatore. Sorrise mentre accarezzava la carta lucida, era curioso il fatto che le avessero messe le une vicine alle altre; si trattava sicuramente di una coincidenza, ma non poteva fare a meno di pensare che l’avessero fatto apposta – o forse era lui ad essere così desideroso di vedere il compagno da ricercarlo in ogni cosa? Non l’avrebbe ammesso mai e poi mai davanti a Salvatore, ma avrebbe voluto condividere più tempo con lui...
Spinto da quei pensieri aveva agito di istinto ed ora si trovava alla cassa con l’uovo della Juventus in mano, regalo per il calciatore. "

Happy father's day!
«Ti voglio bene, papà.» sussurrò mentre riprendeva a correre dietro al pallone, pronto a segnare.
Non gliele diceva spesso quelle parole, ma non ce ne era bisogno, gli bastava il suo sorriso per fargli intendere che aveva capito perché, per Kozai Ozora, non c’era dimostrazione migliore dei sorrisi luminosi e della felicità di suo figlio e se Tsubasa era felice, lo era soprattutto perché lui gli aveva mostrato come vivere: totalmente, credendo nei suoi sogni e facendo di tutto per realizzarli.

Aggrottò le sopracciglia, mentre il suo volto si incupiva: quelle parole però avevano seminato in lui il seme del dubbio, sarebbe riuscito a rispondere alle aspettative di tutti ed alle sue? Ma soprattutto... valeva così poco? Tsubasa era davvero più forte? Ed allora a cosa era servito lottare fino allo stremo nell’ultima partita del campionato? Aveva lottato e sapeva di essersi guadagnato la vittoria, non aveva nulla da rimproverarsi: perché sottoporsi all’allenamento suicida di Kira con il tifone che infuriava sulle spiagge di Okinawa altrimenti?
«Tutto bene, Kojiro?»
Sospirò Jun sedendosi accanto a lui: effettivamente erano state dure le parole dell’ex portiere della Nankatsu e l’avevano infastidito perché lo eclissavano, perché voleva dire che Tsubasa era più forte di lui e solo perché lui, Jun Misugi, aveva un cuore di vetro! Ah, se solo avesse avuto un cuore saldo e forte come quello degli altri gli avrebbe fatto rimangiare tutto!
Kojiro si voltò a guardarlo, incerto se volersi sbilanciare o meno: non era sua abitudine raccontare cosa lo tormentasse, voleva affrontare la situazione con le sue forze e capacità ma nello sguardo di Jun notò qualcosa che lo sorprese, una flebile rabbia

Uno strano istinto aveva spinto il ragazzo ad abbracciarla, accarezzandole dolcemente la testa: lui aveva vissuto sempre in libertà e ci teneva ancora alla sua libertá, per questo non riusciva a capacitarsi del perché una ragazza fragile come lei dovesse vivere in quelle condizioni; sí, conosceva il suo segreto, ma non era una valida spiegazione per quella reclusione! Per un momento trovó solo rabbia per quella famiglia di assassini.
«Gon?» lo chiamó lei perplessa da quell'atteggiamento «Va tutto bene?»
«Ora ci sono anche io a proteggerti, Alluka.»

«Hajime!» chiamò correndogli dietro ed afferrandogli un polso: se c’era qualcosa che quella sera gli era stato insegnato era il coraggio di decidere che piega doveva prendere la propria vita e che non era mai troppo tardi per ricominciare. Lo sguardo stupito del giovane lo fece sorridere.

«Uh, hai fatto una strage allora.» ironizzò abbracciandosi le ginocchia piegate.
Ora gli occhi di ghiaccio di Gentile si rivolsero al compagno, cercando un chiaro segno di gelosia.
L’interista alzò lo sguardo di cielo verso di lui, il sorriso enigmatico era fisso lì e non se ne voleva andare – ed in realtà avrebbe voluto toglierglielo rubandogli un bacio.
«Perché sei venuto fin qui oggi?»
Sbuffando per quella risposta mancata, Salvatore allungò le gambe lunghe e toniche, stiracchiandosi «Sei o no il mio ragazzo?»
Gino ridacchiò: «Pensavo odiassi queste feste commerciali, visto che tutti seguono la massa.» scimmiottò l’affermazione che l’altro aveva fatto la settimana prima.
«Infatti non mi piace, ma non mi impedisce di passare del tempo con te.»

«Arrabbiato, Hernandez?» sogghignò il calciatore della Juventus lanciando con un palleggio la palla al compagno.
«Beh, anni di allenamento buttati al vento, fama mandata a puttane... tu che dici?»
Un sorriso divertito si aprì sul suo volto: lo divertiva il sarcasmo del portiere.
«Vuoi una mano a ripristinare la tua fama?»

Certo come poteva immaginare che, una volta nello spogliatoio, il suo sguardo sarebbe caduto sul corpo slanciato del brasiliano, sulle sue spalle larghe, sui muscoli ben delineati e sul profilo del volto: doveva ammettere che il calciatore era anche un bell’uomo. A quel pensiero, un rossore soffuso si era dipinto sul suo volto: no, non poteva averlo pensato davvero! Il calore che sentì però nel basso ventre diceva il contrario...
Scosse la testa cercando di allontanare quei pensieri, ma il sorriso che l’uomo gli riservò non appena si rese conto dello sguardo del giovane non fece che accrescere quel calore ed il rossore. Scosse di nuovo la testa dopo che il più grande ebbe lasciato lo spogliatoio: no, non poteva essere attratto da Rivaul, no, il suo doveva essere solo imbarazzo, sì esatto, solo imbarazzo...
{Ship: Rivaul x Pepe}