La paura può essere definita istinto di conservazione.
La paura può essere ciò che ci blocca.
La paura ci può negare occasioni, possibilità.
La paura può essere sconfitta oppure può divenire un’ossessione.
La paura può corrodere, può salvare, può renderci prigionieri di noi stessi.
La paura è una contraddizione.
Tutti ne hanno una, se non adesso allora prima. Jane compresa.

Cinquecento parole.
Cinquecento parole per descrivere la reazione di Molly nel venire a conoscenza del nome del suo nipotino.
Cinquecento parole per rivelare l’ultima azione di Fred, dopo la sua morte.
Cinquecento parole perché un Weasley di nome Fred non potrebbe mai essere una copia di Percy.

Ridono, tua figlia e Jacob.
Li osservi correre sul manto erboso. Sono felici, è evidente.
Tu sospiri e lanci un’occhiata ad Edward; sta parlando con suo padre, ed è contento anche lui, accanto a te.
Ma tu, Bella, sei felice?
Hai il sorriso che ha Renesmée sulle proprie labbra? Hai lo sguardo sereno di tuo marito? Hai la gioia di Jake? Hai la spensieratezza della tua famiglia?
[Bella/Angela]

Bella.
Ormai esisteva solo quella ragazza, goffa, per altro.
[Bella/Jessica]

E così, nobile dama, il vostro segreto è stato svelato.
Le menzogne di una vita distrutte.
E voi, che non volete altro se non essere libera, convincere quel baldanzoso giovane ad andarsene con la vostra persona. Lui, che sarebbe pronto a duellare per avervi.
Giselle, voi possedete così tanti sogni…
Possedete i sogni di chi è sempre stato in catene.
~ Tratto dal testo:
A tante battaglie ha partecipato, a tante giostre è stato sfidato ed è sopravvissuto. Ma la vita è una delle giostre più infide e non tutti possono ambire alla vittoria. Anzi, nessuno. Prima o poi verremo tutti disarcionati, però possiamo rimetterci in piedi e lottare. È in questo che consiste la nostra libertà, oltre che nel scegliere che mosse compiranno i nostri corpi e le nostre cavalcature.

Una volta suo cognato l’aveva definita «La fiammella che riscalda le notti d’inverno, che ne illumina il buio». A quel tempo aveva trovato quelle parole stucchevoli, ma adesso che le tenebre delle ore notturne di dicembre si facevano più dense, adesso comprendeva perché la gente paragonasse la pioggia al pianto e, per la prima volta, esse gli parvero fredde, come il buio che lo circondava.
Come il dolore che lo attanagliava. No, il dolore non c’entrava niente. Era Marcus quello ad essere stato preso in quella morsa, non lui.
[Leggermente OOC l'ultima frase in quanto rispecchia la mia visione personale].

La signora Tonks parla, parla dolcemente di mondi incantati dove tutto è intriso di magia, come lo saranno i tuoi sogni, come lo sei tu, Ted.
{Baby!Ted Tonks; un breve istante della sua infanzia.}

"Le risate dei bambini risuonavano per tutto il parco, quel giorno.
Erano allegre, vispe, gioiose ed innocenti, come solo quelle di un bambino sanno essere.
Ad Esme piaceva ascoltarle, lo faceva ogni volta che passava di lì, le ricordavano… lui".
Perché nemmeno il tempo può estirpare quell’amore, l’amore di una madre.

Quali furono i pensieri di Sasha, nel tramutare Vasilii?
Non è un mostro: è un angelo e gli angeli non fanno del male.

{Una breve flashfic sugli ultimi momenti di vita del signor Everdeen | Accenno Mrs. Everdeen/Mr. Everdeen.}
Un’esplosione.
Un’esplosione e di te non resta più niente se non solo un ricordo.

Ricordi.
Una moltitudine di immagini che si susseguivano una dopo l’altra, che portavano dolore una dopo l’altra.
Immagini da cui Jane non riusciva a trovare pace.
Era forse pazzia? Non lo sapeva ma se lo era se quella era pazzia faceva male. Molto male.
Più degli incubi che la perseguitavano quando era umana, molto di più. Decisamente di più.
Perché da quelli poteva sfuggire ma dai ricordi no. Erano sempre in agguato, come se attendessero solo un oggetto, una parola, un gesto per intervenire e nemmeno la trasformazione era riuscita ad annientarli, gli aveva solo resi più sfumati, meno nitidi.
Ma non meno letali. No, quello no.
{Aro/Jane ♥}

Drabble sulla madre di Katniss; incentrata sui suoi pensieri durante l'incontro con la figlia, prima che quest'ultima partisse per i suoi primi Hunger Games.
“[...] Adesso è arrabbiata anche lei. — Ero malata. Avrei potuto curarmi da sola, se avessi avuto la medicina che ho ora”.
— Hunger Games.

Eppure era lì. Lei era ancora lì. I capelli corvini che le ricadevano sulle spalle, gli occhi color cremisi che scintillavano di una luce genuina, diversa, vera. Lei era vera.
(...)
Non voleva farlo. Non ne aveva alcun motivo. Ma lei, lei, l’avrebbe desiderato. Lei avrebbe sorriso. Lei sarebbe stata soddisfatta.
«Sì, signore». L’uomo indugiò sul volto di Jane: spento, inespressivo. «Benissimo».
Stava mentendo.
{Marcus/Jane; accenni Aro/Jane ♥; storia revisionata.}