Trasferirsi in una nuova città, lontano dagli amici di una vita e dagli unici luoghi che hai sempre conosciuto, non è affatto una cosa semplice e Nicole lo sapeva bene, partendo già col presupposto che non sarebbe stata in grado di affrontare quella situazione con facilità e che quell'ultimo anno di scuola prima di conseguire il diploma non lo avrebbe mai digerito. Era la nuova arrivata e sapeva che non sarebbe stata accettata con facilità da tutti quei volti sconosciuti che non la smettevano mai di fissarla o di parlarle dietro. Non poteva aspettarsi, però, che non sarebbe stata da sola e che le cose sarebbero state più complicate di come le vedeva.

[La prigioniera dell'inverno]
Scandinavia, 1028 d.C.
Marion fu catturata mentre era ancora in balia delle correnti marine. Apparve una lunga imbarcazione, di quelle che i vichinghi chiamavano knorr, e fu tratta in salvo. Supplicò con fervore per esser ricondotta a terra, ma i marinai si opposero, non avevano tempo da perdere: stavano facendo rotta verso la Russia. Salvare una vita all'inizio di un viaggio significava per loro fortuna e protezione, dunque non potevano lasciarla andare.
«Ora che ti abbiamo salvato, ci appartieni. Hai un debito con noi» ripeteva il capo del gruppo, un vecchio dai lunghi capelli ormai tinti di grigio.
Marion puntò lo sguardo in direzione della terra ferma, ormai quasi impossibile da distinguere, nella speranza di riuscire a scorgere per l'ultima volta il suo viso.

Diviene così luce, ciò che appena un attimo prima non era.

Puoi tu dare la forza al cavallo?
O vestire di fremiti il suo collo?
Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento. Scalpita nella valle giulivo, e con impeto va incontro alle armi.
Sprezza la paura, non teme, né retrocede davanti alla spada.
Su di lui risuona la faretra, e il luccicar della lancia e del dardo.
Strepitando, fremendo, divora lo spazio, e al suono della tromba più non si tiene.

Come si fa a dire ai gabbiani, che quello non è più il loro mare?