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Autore: Ghost Writer TNCS    04/05/2024    1 recensioni
Il racconto conclusivo del primo arco narrativo. Questa storia prosegue gli eventi di Eresia, La frontiera perduta e La progenie infernale.
È giunto il momento della resa dei conti. Ma quello che si prospetta all’orizzonte è un conflitto ben più grande di Tenko, di D’Jagger, e degli dei stessi.
Lasciato Raémia, le due fazioni si riuniranno con i rispettivi alleati, ma per tutti loro molte cose sono cambiate, e i loro obiettivi potrebbero non coincidere più.
Per qualcuno sarà la fine, per altri un nuovo inizio, una cosa è certa: nessuna fazione può dirsi davvero unita. Tra interessi personali e ideali opposti, le divergenze interne potrebbero determinare l’esito degli scontri più ancora della forza dei nemici.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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19. Di nuovo a casa

L’astronave entrò nell’atmosfera di Raémia e cominciò una rapida discesa. Tenko e Sigurd avevano deciso di dirigersi a Shakdàn, la principale città delle terre degli orchi, dove avrebbero avuto maggiori probabilità di trovare Havard: il figlio di Hel era sicuramente la prima persona da avvisare dell’imminente ritorno degli dei.

«Cominciate a prepararvi, non manca molto» suggerì Sigurd dalla cabina di guida.

Tenko si alzò per raggiungerlo, ma Spartakan la chiamò: «Posso chiederti una cosa?»

Lei si voltò. «Che cosa?»

I due non si erano parlati molto, ma la demone non lo considerava più un nemico da abbattere a ogni costo.

Il figlio dell’inferno soppesò attentamente le sue parole. «Tu cosa pensi del figlio di Hel?»

Quella domanda stupì non poco la giovane, che in un primo momento non seppe cosa rispondere. «Cosa penso di lui? Mmh, è un po’ complicato da spiegare… Penso che sappia il fatto suo. È riuscito a gestire tante persone insieme, ha riunito un esercito di orchi e non solo, e li ha convinti a combattere contro gli dei, però…» Di nuovo Tenko dovette prendersi un momento per trovare il modo di spiegarsi correttamente. «A volte temo che possa diventare troppo simile agli dei. Che alla fine decida di fare qualcosa di sbagliato pur di mantenere la sua posizione. Però un mio amico si fida di lui, e quindi sto cercando di farlo anche io.»

«Ci siamo» annunciò Sigurd. «Ecco Shakdàn.»

Tenko si avvicinò subito a uno dei finestrini. Sperava di riuscire a distinguere qualcosa, ma non avendo gli occhi di un elfo, per lei la città era ancora un puntino in lontananza.

Anche Lunaria si avvicinò al vetro per dare un’occhiata. Dal momento che D’Jagger doveva aiutare Freyja a Niflheim, la fata aveva deciso di unirsi alla demone e agli altri. Non intendeva combattere contro gli dei, ma forse sarebbe riuscita ad aiutarli in qualche altro modo.

«Ehi, Spartakan, vieni a vedere!» chiamò lo spadaccino.

Dopo un attimo di esitazione, l’orco si decise a raggiungerli e anche lui si affacciò. Ciò che vide gli fece spalancare gli occhi: aveva già volato su un drago, eppure ogni volta si stupiva di quanto tutto apparisse piccolo e insignificante da lassù, ma anche vasto e bellissimo.

Era così che gli dei vedevano il suo mondo?

Man mano che si avvicinavano, Tenko e Spartakan riuscirono a distinguere sempre più dettagli: il puntino scuro divenne un mosaico di forme indefinite, e infine una grande città ricca di vita. Intorno alle mura c’era un ampio assembramento di tende colorate, mentre all’interno le strade erano piene di gente indaffarata.

Quando se n’erano andati, Shakdàn era stata appena conquistata. Intorno alle mura era ammassato l’esercito di Havard, e all’interno c’erano i danni causati dall’esplosione del tempio. Di tutto ciò ormai non c’era più traccia. Anzi, più si avvicinavano, e più notarono la presenza di drappi colorati e stendardi. Sembrava quasi che stessero celebrando qualcosa.

Sigurd fece atterrare l’astronave all’esterno della città, lontano dai gruppi di tende, quindi si diressero a piedi verso il cancello principale. L’elfo, così come Tenko, aveva abbandonato i vestiti moderni per tornare a uno stile più coerente con quello di Raémia, la demone tuttavia aveva tenuto i suoi Nervi Taglienti. Spartakan dal canto suo si era fatto convincere a indossare una maglia e un rozzo mantello.

“Qui ti considerano ancora un nemico, quindi è meglio se cerchi di non dare nell’occhio” gli aveva fatto notare lo spadaccino.

Arrivati ai cancelli di Shakdàn, si videro costretti a mettersi in fila per dei controlli. Davanti a loro c’era già un nutrito numero di persone e carri, e ben presto la coda si allungò alle loro spalle.

Arrivato il loro turno, le guardie – dei robusti orchi ben armati – li squadrarono con attenzione.

«Chi siete e per quale motivo siete qui?»

«Sono Sigurd, lei è Tenko e lui è Fafnir. Siamo qui perché vorremmo incontrare Havard.»

«Buona fortuna allora: Havard è molto impegnato al momento. Potete passare. Prossimi!»

Superate le mura della città, i quattro si ritrovarono circondati da un’operosa confusione. C’erano carri pieni di merci che andavano e venivano, bancarelle che si contendevano l’attenzione dei passanti, messaggeri in transito a cavallo di agili neolophus, ma anche diverse guardie che sorvegliavano la zona.

A Lunaria non piaceva per nulla quella folla, e questo la convinse a restare nascosta nel cappuccio di Tenko. Ma non così nascosta da non riuscire a tenere d’occhio la situazione.

Ben presto si resero conto che, sebbene la maggior parte dei presenti erano orchi, non mancavano gli esponenti di altre specie: goblin, troll, demoni, ma anche sauriani, insettoidi, e altri ancora.

I quattro attraversarono l’intricata rete di strade verso il centro della città, dove presumibilmente avrebbero potuto trovare il figlio di Hel. Ascoltando le conversazioni dei passanti, si resero conto che proprio in quei giorni delle persone importanti erano giunte da lontano per discutere con l’orco pallido. Evidentemente era questo il motivo delle decorazioni per le strade.

«Non ci sono più chierici in giro» notò Spartakan. Sembrava sinceramente dispiaciuto, e dal suo tono emerse anche una leggera preoccupazione. «Né statue degli dei. O templi.»

«Già» annuì Tenko, che invece apprezzava quel cambiamento. «Finalmente la gente è libera di pensare con la propria testa.»

«O con la testa del bas-, del figlio di Hel» ribatté l’orco lanciando un’occhiata all’ennesimo gruppetto di guardie.

In effetti anche per la demone quel dispiegamento di forze era eccessivo, ma ipotizzò che la sicurezza fosse stata rafforzata per la presenza degli importanti visitatori stranieri.

La sorveglianza divenne addirittura più stringente quando raggiunsero la parte centrale della città, quella un tempo riservata ai templi più sfarzosi e alle dimore delle famiglie più influenti. Tutte le vie d’accesso erano piantonate da squadre di guerrieri: non c’era modo di passare oltre inosservati. A meno di usare l’abilità di Tenko, ovviamente, ma per il momento non avevano motivo di ricorrere a simili trucchi.

I quattro si avvicinarono al posto di blocco, e un robusto orco fece loro segno di fermarsi.

«Mostratemi il lasciapassare.»

L’elfo venne colto di sorpresa. «Sono Sigurd, loro sono Tenko e Fafnir. Conosciamo Havard, e vorremmo parlare con lui.»

«Se non avete un lasciapassare, dovrete tornare dopo il summit.»

«Ehi, almeno ditegli che siamo arrivati» ribatté Tenko.

«Se dovessimo fargli sapere di tutte le persone che arrivano, passeremmo le giornate a fare avanti e indietro» la schernì l’orco. «E ora andate. È l’ultima volta che ve lo chiedo gentilmente.»

La demone, consapevole dei propri mezzi, trattenne una risposta sgarbata e si sforzò di annuire.

Fece per andarsene quando qualcuno la chiamò: «Tenko Brado?»

Lei si voltò seccata. «È Br’rado

La sua espressione divenne apertamente ostile quando scoprì chi era stato a parlare: un semiumano di tipo falco dalla pelle scura. Le piume del capo erano alte a formare una maestosa cresta, e la maglia era aperta a mostrare i pettorali e gli addominali scolpiti.

«Cosa ci fai tu qui?» sibilò la demone.

Ramses, figlio di Horus, sfoggiò il suo miglior sorriso saccente. «Mi occupo della sicurezza di Pentesilea.»

Gli orchi di guardia si voltarono verso di lui, stupiti.

«Già, fa questo effetto sentire uno straniero parlare la propria lingua» confermò il semidio. «E per quanto riguarda loro, potete farli passare. Ci penserò io a tenerli d’occhio.»

Il capo del posto di blocco fece un grugno d’assenso. «Se succede qualcosa, sono cazzi tuoi.» Detto ciò fece segno ai suoi uomini di far passare Tenko e gli altri.

«Noi non ci siamo ancora presentati» affermò il semiumano di tipo falco. «Sono Ramses, sono qui come scorta di Pentesilea.»

«Io sono Sigurd, e lui è Fafnir» rispose l’elfo stringendogli l’avambraccio, seguito poi da Spartakan. «Siamo qui per discutere con Havard di una faccenda importante.»

«Bene, allora vi porto da lui. Anche se al momento è probabile che stia ancora parlando con gli altri rappresentanti.»

«Immagino sia per questo che c’è tutta questa sorveglianza. Di cosa stanno discutendo?»

«Di cosa fare ora che gli dei se ne sono andati.»

«E tu invece?» intervenne Tenko. «Non è che stai pensando a come far tornare tuo padre?»

Ramses rise apertamente. «Mio padre si ricordava di me solo quando aveva qualcosa da farmi fare. D’accordo, quando c’erano gli dei ero servito e riverito, ma preferisco di gran lunga lavorare per Penta piuttosto che per quel megalomane egocentrico.»

«Quindi ammetti che eri nel torto?» insistette la demone.

«Mmh, sì, potremmo dire che ero un po’ nel torto quando sono andato a prendere in consegna una certa ricercata pluriomicida e il suo socio. Ma non ti preoccupare: mi sono già scusato con Persy per come l’ho trattata.»

Tenko avrebbe voluto ribattere, ma capì che sarebbe stato inutile.

«Dice il vero?» sussurrò.

Lunaria si sporse leggermente e annuì. Non poteva leggere la mente, ma di solito riusciva a capire quando qualcuno mentiva.

Spartakan dal canto suo rimase in silenzio, e alla fata non sfuggì la sua espressione combattuta.

Ramses continuò a fare strada finché non arrivarono nel lussuoso centro di Shakdàn. Ormai non c’era più traccia dei danni causati dall’esplosione che avrebbe dovuto uccidere Havard, e lo stesso valeva per le statue e i riferimenti agli dei. I numerosi templi erano quasi tutti ancora in piedi, ma erano stati convertiti per altri scopi, come accaduto per il maestoso palazzo verso cui erano diretti.

«Tenko! Sei tornata!»

La demone si voltò e subito il suo viso si illuminò. «Zabar!» Corse incontro al suo vecchio amico e lo abbracciò senza esitare. «Hai i capelli corti!»

«E tu hai una fascia» notò l’ex chierico, anche lui felice di rivederla.

«Immagino che anche tu sei qui per la questione degli incontri.»

«Esatto. Ho il compito di sorvegliare dall’alto la zona con il mio spirito guida, ma quando vi ho visti sono voluto venire a salutarvi.»

A conferma delle sue parole, poco dopo un grosso uccello si avvicinò al demone. Era simile a un cigno, ma il suo corpo era fatto di rampicanti flessuosi e ampie foglie. L’animale si posò a terra e un attimo dopo si trasformò in una volpe silvana, il piccolo animale che Tenko gli aveva già visto evocare.

«Puoi fargli cambiare aspetto?» si stupì Sigurd.

«D’Jagger mi ha dato l’idea e secondo Shamiram non era impossibile, così mi sono impegnato finché non ci sono riuscito.»

«Bene, quindi ci pensi tu a portarli dai grandi capi?» intervenne Ramses, e dal suo tono sembrava più un’implicita affermazione che una domanda. «Io torno al mio giro che se no Penta dice che batto la fiacca.»

«Sì, non c’è problema» confermò Zabar.

Il figlio di Horus salutò tutti e si allontanò, seguito dallo sguardo attento di Lunaria. Il semiumano era sicuramente un tipo arrogante, ma la fata non lo considerava una minaccia.

Lo spirito guida di Zabar si ritrasformò in un uccello e volò via, il demone invece fece strada verso l’entrata dell’edificio.

«Avete fatto quello che dovevate fare?» chiese mentre camminavano. «Vi fermerete per un po’?»

«Pensiamo che gli dei siano tornati qui per sferrare un contrattacco, per questo dobbiamo parlare subito con Havard» gli spiegò Tenko.

L’ex chierico non nascose la sua preoccupazione. «Oh, no. Beh, Havard è piuttosto impegnato con il summit, ma questa è sicuramente una questione che vorrà discutere con gli altri rappresentanti.»

«A proposito, quindi ci sono altre persone oltre a Havard e… emh… Pentesilea?» domandò Sigurd.

«Sì, sono in sette in totale» confermò Zabar. «Sono le persone più importanti dei due continenti, quindi non è un’esagerazione dire che potrebbero essere loro a governare il mondo d’ora in poi. Se Havard accetta di condividere questo potere, ovviamente.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Come promesso, il nostro improbabile quartetto è tornato su Raémia, e siamo arrivati proprio al momento giusto per assistere al summit delle persone più influenti del pianeta. Che fortuna, eh? XD

Per il momento abbiamo rivisto Ramses e Zabar, nel prossimo capitolo invece scopriremo chi, oltre a Havard e Pentesilea, è giunto a Shakdàn per partecipare al Summit dei Sette. E vedremo come reagiranno quando scopriranno che gli dei stanno per tornare.

Come sempre grazie mille per aver letto e a presto ^.^


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