PARTE
3
In silenzio
mi
dissi che forse la cosa migliore sarebbe stata quella di smettere di
combattere, tanto valeva raggiungere l’Oblio
all’istante, invece che rimandare
inutilmente.
Venni
strattonata via da qualcuno e scaraventata lontano dal pericolo in
mezzo alle
fronde della quercia abbattuta poco prima.
Dall’altra
parte proveniva il suono del cozzare delle lame e i grugniti affaticati
degli
umani contro quelli più gutturali delle darkspawn.
Deglutendo faticosamente,
azzardai un’occhiata e con mio sommo entusiasmo notai che
Eric stava
combattendo fianco a fianco con Jimmy e ne stavano uscendo vincitori.
Alle mie
spalle percepii un respiro gorgogliante e fetido che non mi
lasciò alcun dubbio
su a chi o cosa appartenesse. Con occhi terrorizzati, lasciai andare la
presa
del ramo che avevo tra le mani, arrendendomi all’idea della
fine.
Solo che
questa non arrivò come mi sarei aspettata, venne al
contrario sostituita dal
grido infuriato di Eric, che trafisse violento il genlock che avevo
dietro,
direttamente da sopra la mia spalla. A distanza così
ravvicinata non potei non
osservare che stava impugnando una daga della prole oscura, forse
l’aveva
raccattata da qualcuno dei loro cadaveri.
Ritrasse
l’arma, poi roteandola abilmente picchiò
l’elsa contro la testa del mostro.
Fummo entrambi schizzati di orrido sangue scuro, poi quando finalmente
eravamo
liberi dall’attacco ripresi a respirare.
Mi lasciai
cadere sulle ginocchia e mi trascinai fino al corpo di Lily, affondando
la
faccia nel suo ventre e sporcandomi del suo sangue ormai freddo.
Piansi e
piansi, stringendomi così forte a lei da sentirmi il viso in
fiamme e la testa
pesante. Non riuscii a smettere di singhiozzare e fui scossa da
violenti spasmi
dovuti alla disperazione. Non riuscivo a capacitarmi di
com’era potuta accadere
una cosa simile. Poco prima eravamo lì a ridere e scherzare
e ora… ora non
c’era più.
Sentii una
mano carezzarmi i capelli, poi mi tirò a sé
dolcemente e Jimmy mi sorrise,
sussurrando parole di conforto. «Non abbandonare la speranza,
Lilian ora è in
pace. Se n’è andata in modo eroico e
nell’Oblio non avrà rimpianti.»
«Come
lo sai?
Aveva solo diciassette anni…» mormorai senza fiato.
«Sapeva
a cosa
stava andando incontro», disse deciso, tirandomi su.
«Maya, questa è la guerra.
Chi combatte sa che ci sono ben poche possibilità di uscirne
vivi», continuò
con sguardo duro, per poi volgerlo velocemente altrove.
Fece un
cenno
col capo ad Eric, che lo vidi avvicinarsi a me a passi veloci.
«Che
sta suc…»
Non potei finire di parlare, perché sentii il ragazzo
taciturno afferrarmi per
il gomito e trascinarmi via di lì.
Protestai a
gran voce, ma proprio in quell’istante un manipolo di hurlock
e genlock stava
accorrendo nel punto in cui ci trovavamo.
«E
Jimmy?!»
urlai, tremante.
«Non
c’è tempo!»
borbottò l’altro, continuando a tirarmi con la
forza.
L’elfo,
intanto, baciando la lama della sua daga, si preparò ad
affrontare una nuova
battaglia, in quello che forse sarebbe stato il suo ultimo gesto eroico
nel
tentativo di farci fuggire.
Eric
grugnì
qualcosa e mi buttò nell’erba. Mi tirai su
indolenzita e rimasi impietrita
nell’udire il ruggito gutturale, che avevo ormai imparato a
riconoscere. Volsi
la vista oltre le mie spalle e vidi la creatura enorme dalla
corporatura
massiccia e muscolosa, la pelle bluastra e corna nere e ritorte che le
davano
un’aria demoniaca.
Eric tolse
rapidamente dalla fibbia il suo arco e in un’unica mossa
scattante scagliò a
raffica delle frecce contro l’ogre, che
s’impennò e calò i pugni con
incredibile forza contro il terreno, provocando all’impatto
un’onda d’urto che
scosse l’intera radura.*
Presa dal
panico, come un’idiota iniziai a lanciare sassolini contro le
corna del mostro,
sperando di indurlo ad andarsene, ma questo non fece altro che
provocargli
ancor più fastidio, si voltò verso di me e prese
la rincorsa, chinandosi su se
stesso.
«Corri
verso
la foresta! Maya corri!» gridò Eric, continuando a
gettare una pioggia di
frecce contro la creatura.
Jimmy
alzò le
braccia al cielo e mormorando qualcosa, l’ogre
andò in fiamme. Mugghiando e
agitando le braccia tentò di spegnere il fuoco che lo stava
consumando.
«Non
durerà a
lungo! Presto correte! Io lo terrò a bada un altro
po’» sbraitò Jimmy,
riponendo in tasca la runa del fuoco ereditata dai dalish.
Scossi la
testa,
non potevamo abbandonarlo, ma tutto quello che stava succedendo mi
aveva tolto
il dono della parola.
Nel mentre
che
il ragazzo mi trascinava con sé verso la foresta, gettai
un’occhiata alla
desolazione del campo da cui provenivamo. C’erano morti
ovunque di entrambe le
fazioni, mentre i combattenti più valorosi erano ancora in
procinto di
abbattere i propri nemici provenienti dalle viscere delle Vie Profonde.
Ad occhi
sgranati mi accorsi che sparsi qui e lì c’erano i
corpi infernali degli
abomini, che si stavano ritorcendo contro la propria fazione,
massacrando
chiunque gli capitasse a tiro. Evidentemente, dalla disperazione del
momento, i
magi che non erano collassati erano invece precipitati nel baratro
della Magia
del Sangue.
Questa
guerra
era un delirio unico.
Tirai su col
naso, Jimmy era ormai lontano, tutto era perduto.
Non mi
restava
che seguire il ragazzo che mi stava salvando la vita, standogli dietro
in
silenzio, troppo esausta per poter affrontare anche solo moralmente
tutto ciò
che aveva a che fare con la guerra che mi aveva strappato crudelmente
ogni cosa
che di più cara avevo in quest’epoca… e
in segreto ero grata a Eric per avermi
portata via da quel posto.
Non riuscii
a
definire per quanto camminammo nel folto della foresta. Eravamo stati
sopraffatti un paio di volte da lupi selvaggi ed enormi ragni velenosi,
ma
grazie all’abilità del ragazzo ce
l’eravamo sempre cavata con qualche ferita
leggera.
Ero stanca e
indolenzita, ma Eric era così taciturno e sicuro di
sé che non mi andava di mostrarmi
come una bambinetta capricciosa. Ad ogni passo ripensavo a quel che era
successo, senza riuscire davvero ad arrendermi all’idea che
era tutto andato. Dissolto.
«Possiamo
riposarci qui», annunciò Eric, spezzando il
silenzio e indicando il luogo tranquillo
che avevamo raggiunto senza che me ne accorgessi.
Si trattava
di
una parte del Lago Calenhad, nascosto dall’ombra delle
sequoie, circondato da
un verdeggiante prato fiorito.
Chissà
quanto
mancava alla trasmigrazione. Sbuffando atterrita mi ricordai, nel gesto
di
guardarmi il polso, che non avevo più l’orologio
che avevo regalato a Tammy per
incoraggiarlo… prima di morire. Mi sentii una morsa
invisibile stritolarmi il
petto, togliendomi il respiro. Mi accasciai sull’erba,
finendo per l’ennesima volta
in un pianto amaro per i miei caduti.
A
gattoni riuscii a raggiungere l’acqua, che mi affrettai a
bere per riprendermi
un pochino dallo shock che mi stava pian piano prosciugando ogni
energia.
Dopo
aver perlustrato la zona circostante per accertarsi che fossimo al
sicuro dalla
Corruzione, Eric mi si affiancò, abbassandosi alla mia
altezza sulle ginocchia.
Senza
dire una parola mi afferrò piano il mento, voltandomi la
faccia a destra e a
sinistra, poi si tolse il guanto di pelle dalla mano destra,
calò la manica
della camicia sulla mano e la intinse nel lago, per pulirmi le ferite
che avevo
sparse un po’ ovunque.
Mi
tolse dal viso sangue e terriccio, poi si strappò un lembo
di tessuto di dosso
e me lo strinse attorno al braccio sinistro, dove un brutto taglio
aveva già
macchiato abbondantemente la mia manica.
«Mostrami
le mani.»
Obbedii
e passò la manica umida sui palmi, detergendo i taglietti
che mi ero procurata.
A
distanza
praticamente nulla, non potei impedirmi di esaminargli il viso. I
capelli
lunghi e neri gli ricadevano disordinati attorno al viso dai tratti
aguzzi,
entrambe le guance erano sfregiate da piccole e numerose cicatrici, e
gli occhi
di un azzurro acceso sfavillavano dal suo incarnato reso scuro dal sole
e dalla
sporcizia del campo di battaglia.
Stavo
per ringraziarlo di essersi preso cura di me, ma nel momento in cui
aprii bocca
un rumoroso fruscio proveniente dall’acqua spezzò
la quiete del posto. Eric mi
trascinò via dalla riva, indicandomi in silenzio di correre
dietro le rovine di
una vecchia torre poco più in là.
Restammo
nascosti, schiacciati immobili contro la fredda pietra e lui mi teneva
una mano
premuta contro le labbra per impedirmi di emettere un qualsiasi rumore,
visto
che stavo ancora piangendo. Era più forte di me, non
riuscivo a smettere.
Ci
giunsero all’orecchio delle voci divertite e guardandoci
perplessi, entrambi
sporgemmo la testa oltre le rovine, tentando di nasconderci
però dietro le
rampicanti.
Nel
lago stava sguazzando allegramente una giovane coppia, a dispetto di
morte e
distruzione che regnavano là fuori.
Scambiai
una rapida occhiata interrogativa col ragazzo, poi aguzzando la vista
ci
rendemmo ambedue conto che i due a mollo – e palesemente
nudi. Che avessero
appena…? – erano i giovani eredi al trono! Lei era
la principessa del Ferelden,
Anita Theirin, e lui il figlio dell’Imperatrice di Orlais,
Jean De Lauville; il
loro matrimonio era stato combinato da poche settimane, in vista
dell’unione
forzata dei due Paesi, a causa della guerra. Così, per
rendere buoni i rapporti
delle due nazioni, era stato deciso di unire coi Sacramenti i due
rampolli
delle casate più importanti.
Gli
sposini sembrava se la stessero spassando alla grande e, arrossendo, mi
schiacciai contro il muro della vecchia torre, poi afferrai bruscamente
Eric
per la camicia, gettandogli un’occhiataccia.
«Smettila
di guardarli! Non… non è
educato…» bofonchiai in imbarazzo, tentando di
nascondermi dietro la massa di capelli rossi e ricci.
Tornò
dietro le rovine di malavoglia e solenne dichiarò:
«Non stavo spiando».
«Ah,
no, eh?» replicai con un sopracciglio alzato.
«Controllavi soltanto che fossero
in salute, allora…»
«Esattamente.»
«Come
no», conclusi, dandogli di gomito.
«Senti… ora che facciamo?» domandai
infine,
sporgendomi un poco, curiosa com’ero di osservare i due
piccioncini.
Ma
non vidi quel che mi aspettavo.
Tirai
Eric per il bavero, costringendolo a guardare quello per cui trattenni
il
fiato, impedendomi di gridare.
L’erede
dell’Imperatrice stava abbracciando affettuosamente la sua
amata, poggiandole
il mento sulla spalla, poi aveva sollevato appena una mano fuori
dall’acqua,
facendo cenno a qualcuno nascosto nell’ombra, di cui potei
vedere solo i piedi
fasciati da un ingombrante paio di stivali scamosciati. Un sibilo
fendette
l’aria e una freccia trafisse da dietro il cuore di Anita,
che fece in tempo a
gemere brevemente per poi afflosciarsi tra le braccia di colui che
l’aveva
tradita.
Sulle
labbra del consorte reale era disegnato un ghigno beffardo e fece segno
all’assassino di andarsene, macchiando entrambi del sangue
dell’innocenza.
Era
troppo da sopportare, mossi un passo per andare ad ammazzare quel
bastardo,
quando Eric me lo impedì, trattenendomi contro il suo petto
e comprimendomi la
bocca con una mano. Mi intimò all’orecchio di non
muovermi e fare silenzio se
non volevo che il traditore ci scoprisse e ci accusasse ingiustamente
del
crimine.
«Gente
come lui ci mette tre secondi a fregarti.»
Si
guardò intorno per cercare una via di fuga, poi mi
agguantò il polso e mi
condusse nuovamente verso la foresta. Intanto che ci stavamo
allontanando udii
chiaramente l’orlesiano urlare a pieni polmoni:
«Sporchi fereldiani avete
ucciso mia moglie!» e continuò a ripeterlo con
quel suo odioso accento
straniero, finché non sentimmo il frastuono di un manipolo
di cavalieri,
raggiungere il nobile.
Inizialmente
camminai senza protestare, ma sentendo le infondate accuse verso il mio
popolo,
pronunciate da quel viscido essere e accecata dall’ira che
covavo nel profondo,
afferrai lestamente l’arco di Eric, rubandogli
contemporaneamente un’unica
freccia dalla faretra.
L’avrei
fatta pagare cara a quel maniaco omicida, sangue blu o no, e
l’avrei spedito
all’istante al Creatore.
Corsi
indietro verso il lago, ma lui fu più veloce di me. Mi si
parò davanti e mi
strinse per le spalle, bisbigliando: «Che hai intenzione di
fare, stupida?».
«Cosa
voglio fare? Non è forse chiaro? Quel verme non
può passarla liscia. Vuole
scatenare Orlais contro di noi, non lo vedi?!» sbraitai,
indemoniata, tentando
di divincolarmi dalla sua presa.
«Metti
in moto il cervello, Maya, quello è l’erede al
trono: sai che ti accadrebbe se
ti acchiappassero?» sentenziò, aumentando la
stretta. «Andresti al patibolo e
con te ci finirebbe tutta la tua famiglia. È davvero questo
che vuoi?»
Trattenni
una risata isterica. «Famiglia? Ricordi che vengo dal futuro
o la cosa ti
sfugge?»
Lui
non replicò immediatamente e mi lasciò andare.
Gli
fui tacitamente grata, accennai una riverenza, poi strinsi ben bene la
sua
arma, pronta a usarla per fare giustizia. Mossi pochi passi verso le
rovine
della torre, quando lo sentii chiaramente dire: «Non voglio
che diventi
un’assassina. Non voglio che diventi come lui».
* Qui ho
riportato
un pezzo del romanzo di Gaider "La Chiamata" perché sono
totalmente
incapace nella descrizione di mostri sanguinolenti o di quel che fanno
XD
Ed ecco la
fine
della 3 parte di questa storia un po' assurda... So che probabilmente
farà
svenire per l'orrore tutti voi, ci sarà di sicuro chi
vorrà tagliarsi le vene
dalla disperazione, ma a me diverte un sacco! Mi piace tantissimo
scrivere di
qualcosa che avviene in questo fantastico mondo inventato dalla
BioWare. Santi
subito!!!
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