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Autore: ary91    26/03/2012    1 recensioni
Come da titolo. Questa storia narra di un tempo indefinito e tratta di un altro devastante flagello e la protagonista di questa storia è Maya, una ragazza specializzata nel tiro con l'arco dei nostri giorni e con la facoltà di viaggiare attraverso i secoli...
-- NON VERRA' MAI FINITA NE' AGGIORNATA. ABBANDONATE OGNI SPERANZA...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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PARTE 3

 

 

In silenzio mi dissi che forse la cosa migliore sarebbe stata quella di smettere di combattere, tanto valeva raggiungere l’Oblio all’istante, invece che rimandare inutilmente.

Venni strattonata via da qualcuno e scaraventata lontano dal pericolo in mezzo alle fronde della quercia abbattuta poco prima.

Dall’altra parte proveniva il suono del cozzare delle lame e i grugniti affaticati degli umani contro quelli più gutturali delle darkspawn. Deglutendo faticosamente, azzardai un’occhiata e con mio sommo entusiasmo notai che Eric stava combattendo fianco a fianco con Jimmy e ne stavano uscendo vincitori.

Alle mie spalle percepii un respiro gorgogliante e fetido che non mi lasciò alcun dubbio su a chi o cosa appartenesse. Con occhi terrorizzati, lasciai andare la presa del ramo che avevo tra le mani, arrendendomi all’idea della fine.

Solo che questa non arrivò come mi sarei aspettata, venne al contrario sostituita dal grido infuriato di Eric, che trafisse violento il genlock che avevo dietro, direttamente da sopra la mia spalla. A distanza così ravvicinata non potei non osservare che stava impugnando una daga della prole oscura, forse l’aveva raccattata da qualcuno dei loro cadaveri.

Ritrasse l’arma, poi roteandola abilmente picchiò l’elsa contro la testa del mostro. Fummo entrambi schizzati di orrido sangue scuro, poi quando finalmente eravamo liberi dall’attacco ripresi a respirare.

Mi lasciai cadere sulle ginocchia e mi trascinai fino al corpo di Lily, affondando la faccia nel suo ventre e sporcandomi del suo sangue ormai freddo.

Piansi e piansi, stringendomi così forte a lei da sentirmi il viso in fiamme e la testa pesante. Non riuscii a smettere di singhiozzare e fui scossa da violenti spasmi dovuti alla disperazione. Non riuscivo a capacitarmi di com’era potuta accadere una cosa simile. Poco prima eravamo lì a ridere e scherzare e ora… ora non c’era più.

Sentii una mano carezzarmi i capelli, poi mi tirò a sé dolcemente e Jimmy mi sorrise, sussurrando parole di conforto. «Non abbandonare la speranza, Lilian ora è in pace. Se n’è andata in modo eroico e nell’Oblio non avrà rimpianti.»

«Come lo sai? Aveva solo diciassette anni…» mormorai senza fiato.

«Sapeva a cosa stava andando incontro», disse deciso, tirandomi su. «Maya, questa è la guerra. Chi combatte sa che ci sono ben poche possibilità di uscirne vivi», continuò con sguardo duro, per poi volgerlo velocemente altrove.

Fece un cenno col capo ad Eric, che lo vidi avvicinarsi a me a passi veloci.

«Che sta suc…» Non potei finire di parlare, perché sentii il ragazzo taciturno afferrarmi per il gomito e trascinarmi via di lì.

Protestai a gran voce, ma proprio in quell’istante un manipolo di hurlock e genlock stava accorrendo nel punto in cui ci trovavamo.

«E Jimmy?!» urlai, tremante.

«Non c’è tempo!» borbottò l’altro, continuando a tirarmi con la forza.

L’elfo, intanto, baciando la lama della sua daga, si preparò ad affrontare una nuova battaglia, in quello che forse sarebbe stato il suo ultimo gesto eroico nel tentativo di farci fuggire.

Eric grugnì qualcosa e mi buttò nell’erba. Mi tirai su indolenzita e rimasi impietrita nell’udire il ruggito gutturale, che avevo ormai imparato a riconoscere. Volsi la vista oltre le mie spalle e vidi la creatura enorme dalla corporatura massiccia e muscolosa, la pelle bluastra e corna nere e ritorte che le davano un’aria demoniaca.

Eric tolse rapidamente dalla fibbia il suo arco e in un’unica mossa scattante scagliò a raffica delle frecce contro l’ogre, che s’impennò e calò i pugni con incredibile forza contro il terreno, provocando all’impatto un’onda d’urto che scosse l’intera radura.*

Presa dal panico, come un’idiota iniziai a lanciare sassolini contro le corna del mostro, sperando di indurlo ad andarsene, ma questo non fece altro che provocargli ancor più fastidio, si voltò verso di me e prese la rincorsa, chinandosi su se stesso.

«Corri verso la foresta! Maya corri!» gridò Eric, continuando a gettare una pioggia di frecce contro la creatura.

Jimmy alzò le braccia al cielo e mormorando qualcosa, l’ogre andò in fiamme. Mugghiando e agitando le braccia tentò di spegnere il fuoco che lo stava consumando.

«Non durerà a lungo! Presto correte! Io lo terrò a bada un altro po’» sbraitò Jimmy, riponendo in tasca la runa del fuoco ereditata dai dalish.

Scossi la testa, non potevamo abbandonarlo, ma tutto quello che stava succedendo mi aveva tolto il dono della parola.

Nel mentre che il ragazzo mi trascinava con sé verso la foresta, gettai un’occhiata alla desolazione del campo da cui provenivamo. C’erano morti ovunque di entrambe le fazioni, mentre i combattenti più valorosi erano ancora in procinto di abbattere i propri nemici provenienti dalle viscere delle Vie Profonde.

Ad occhi sgranati mi accorsi che sparsi qui e lì c’erano i corpi infernali degli abomini, che si stavano ritorcendo contro la propria fazione, massacrando chiunque gli capitasse a tiro. Evidentemente, dalla disperazione del momento, i magi che non erano collassati erano invece precipitati nel baratro della Magia del Sangue.

Questa guerra era un delirio unico.

Tirai su col naso, Jimmy era ormai lontano, tutto era perduto.

Non mi restava che seguire il ragazzo che mi stava salvando la vita, standogli dietro in silenzio, troppo esausta per poter affrontare anche solo moralmente tutto ciò che aveva a che fare con la guerra che mi aveva strappato crudelmente ogni cosa che di più cara avevo in quest’epoca… e in segreto ero grata a Eric per avermi portata via da quel posto.

 

Non riuscii a definire per quanto camminammo nel folto della foresta. Eravamo stati sopraffatti un paio di volte da lupi selvaggi ed enormi ragni velenosi, ma grazie all’abilità del ragazzo ce l’eravamo sempre cavata con qualche ferita leggera.

Ero stanca e indolenzita, ma Eric era così taciturno e sicuro di sé che non mi andava di mostrarmi come una bambinetta capricciosa. Ad ogni passo ripensavo a quel che era successo, senza riuscire davvero ad arrendermi all’idea che era tutto andato. Dissolto.

«Possiamo riposarci qui», annunciò Eric, spezzando il silenzio e indicando il luogo tranquillo che avevamo raggiunto senza che me ne accorgessi.

Si trattava di una parte del Lago Calenhad, nascosto dall’ombra delle sequoie, circondato da un verdeggiante prato fiorito.

Chissà quanto mancava alla trasmigrazione. Sbuffando atterrita mi ricordai, nel gesto di guardarmi il polso, che non avevo più l’orologio che avevo regalato a Tammy per incoraggiarlo… prima di morire. Mi sentii una morsa invisibile stritolarmi il petto, togliendomi il respiro. Mi accasciai sull’erba, finendo per l’ennesima volta in un pianto amaro per i miei caduti.

            A gattoni riuscii a raggiungere l’acqua, che mi affrettai a bere per riprendermi un pochino dallo shock che mi stava pian piano prosciugando ogni energia.

            Dopo aver perlustrato la zona circostante per accertarsi che fossimo al sicuro dalla Corruzione, Eric mi si affiancò, abbassandosi alla mia altezza sulle ginocchia.

            Senza dire una parola mi afferrò piano il mento, voltandomi la faccia a destra e a sinistra, poi si tolse il guanto di pelle dalla mano destra, calò la manica della camicia sulla mano e la intinse nel lago, per pulirmi le ferite che avevo sparse un po’ ovunque.

            Mi tolse dal viso sangue e terriccio, poi si strappò un lembo di tessuto di dosso e me lo strinse attorno al braccio sinistro, dove un brutto taglio aveva già macchiato abbondantemente la mia manica.

            «Mostrami le mani.»

            Obbedii e passò la manica umida sui palmi, detergendo i taglietti che mi ero procurata.

A distanza praticamente nulla, non potei impedirmi di esaminargli il viso. I capelli lunghi e neri gli ricadevano disordinati attorno al viso dai tratti aguzzi, entrambe le guance erano sfregiate da piccole e numerose cicatrici, e gli occhi di un azzurro acceso sfavillavano dal suo incarnato reso scuro dal sole e dalla sporcizia del campo di battaglia.                     

Stavo per ringraziarlo di essersi preso cura di me, ma nel momento in cui aprii bocca un rumoroso fruscio proveniente dall’acqua spezzò la quiete del posto. Eric mi trascinò via dalla riva, indicandomi in silenzio di correre dietro le rovine di una vecchia torre poco più in là.

Restammo nascosti, schiacciati immobili contro la fredda pietra e lui mi teneva una mano premuta contro le labbra per impedirmi di emettere un qualsiasi rumore, visto che stavo ancora piangendo. Era più forte di me, non riuscivo a smettere.

Ci giunsero all’orecchio delle voci divertite e guardandoci perplessi, entrambi sporgemmo la testa oltre le rovine, tentando di nasconderci però dietro le rampicanti.

Nel lago stava sguazzando allegramente una giovane coppia, a dispetto di morte e distruzione che regnavano là fuori.

Scambiai una rapida occhiata interrogativa col ragazzo, poi aguzzando la vista ci rendemmo ambedue conto che i due a mollo – e palesemente nudi. Che avessero appena…? – erano i giovani eredi al trono! Lei era la principessa del Ferelden, Anita Theirin, e lui il figlio dell’Imperatrice di Orlais, Jean De Lauville; il loro matrimonio era stato combinato da poche settimane, in vista dell’unione forzata dei due Paesi, a causa della guerra. Così, per rendere buoni i rapporti delle due nazioni, era stato deciso di unire coi Sacramenti i due rampolli delle casate più importanti.

Gli sposini sembrava se la stessero spassando alla grande e, arrossendo, mi schiacciai contro il muro della vecchia torre, poi afferrai bruscamente Eric per la camicia, gettandogli un’occhiataccia.

«Smettila di guardarli! Non… non è educato…» bofonchiai in imbarazzo, tentando di nascondermi dietro la massa di capelli rossi e ricci.

Tornò dietro le rovine di malavoglia e solenne dichiarò: «Non stavo spiando».

«Ah, no, eh?» replicai con un sopracciglio alzato. «Controllavi soltanto che fossero in salute, allora…»

«Esattamente.»

«Come no», conclusi, dandogli di gomito. «Senti… ora che facciamo?» domandai infine, sporgendomi un poco, curiosa com’ero di osservare i due piccioncini.

Ma non vidi quel che mi aspettavo.

Tirai Eric per il bavero, costringendolo a guardare quello per cui trattenni il fiato, impedendomi di gridare.

            L’erede dell’Imperatrice stava abbracciando affettuosamente la sua amata, poggiandole il mento sulla spalla, poi aveva sollevato appena una mano fuori dall’acqua, facendo cenno a qualcuno nascosto nell’ombra, di cui potei vedere solo i piedi fasciati da un ingombrante paio di stivali scamosciati. Un sibilo fendette l’aria e una freccia trafisse da dietro il cuore di Anita, che fece in tempo a gemere brevemente per poi afflosciarsi tra le braccia di colui che l’aveva tradita.

            Sulle labbra del consorte reale era disegnato un ghigno beffardo e fece segno all’assassino di andarsene, macchiando entrambi del sangue dell’innocenza.

            Era troppo da sopportare, mossi un passo per andare ad ammazzare quel bastardo, quando Eric me lo impedì, trattenendomi contro il suo petto e comprimendomi la bocca con una mano. Mi intimò all’orecchio di non muovermi e fare silenzio se non volevo che il traditore ci scoprisse e ci accusasse ingiustamente del crimine.

            «Gente come lui ci mette tre secondi a fregarti.»

            Si guardò intorno per cercare una via di fuga, poi mi agguantò il polso e mi condusse nuovamente verso la foresta. Intanto che ci stavamo allontanando udii chiaramente l’orlesiano urlare a pieni polmoni: «Sporchi fereldiani avete ucciso mia moglie!» e continuò a ripeterlo con quel suo odioso accento straniero, finché non sentimmo il frastuono di un manipolo di cavalieri, raggiungere il nobile.

            Inizialmente camminai senza protestare, ma sentendo le infondate accuse verso il mio popolo, pronunciate da quel viscido essere e accecata dall’ira che covavo nel profondo, afferrai lestamente l’arco di Eric, rubandogli contemporaneamente un’unica freccia dalla faretra.

            L’avrei fatta pagare cara a quel maniaco omicida, sangue blu o no, e l’avrei spedito all’istante al Creatore.

            Corsi indietro verso il lago, ma lui fu più veloce di me. Mi si parò davanti e mi strinse per le spalle, bisbigliando: «Che hai intenzione di fare, stupida?».

            «Cosa voglio fare? Non è forse chiaro? Quel verme non può passarla liscia. Vuole scatenare Orlais contro di noi, non lo vedi?!» sbraitai, indemoniata, tentando di divincolarmi dalla sua presa.

            «Metti in moto il cervello, Maya, quello è l’erede al trono: sai che ti accadrebbe se ti acchiappassero?» sentenziò, aumentando la stretta. «Andresti al patibolo e con te ci finirebbe tutta la tua famiglia. È davvero questo che vuoi?»

            Trattenni una risata isterica. «Famiglia? Ricordi che vengo dal futuro o la cosa ti sfugge?»

            Lui non replicò immediatamente e mi lasciò andare.

            Gli fui tacitamente grata, accennai una riverenza, poi strinsi ben bene la sua arma, pronta a usarla per fare giustizia. Mossi pochi passi verso le rovine della torre, quando lo sentii chiaramente dire: «Non voglio che diventi un’assassina. Non voglio che diventi come lui».

 

 

 

 

* Qui ho riportato un pezzo del romanzo di Gaider "La Chiamata" perché sono totalmente incapace nella descrizione di mostri sanguinolenti o di quel che fanno XD

 

Ed ecco la fine della 3 parte di questa storia un po' assurda... So che probabilmente farà svenire per l'orrore tutti voi, ci sarà di sicuro chi vorrà tagliarsi le vene dalla disperazione, ma a me diverte un sacco! Mi piace tantissimo scrivere di qualcosa che avviene in questo fantastico mondo inventato dalla BioWare. Santi subito!!!

  
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