Il
sole pallido penetrava dalla vetrata.
Il
caldo caffè le stava riscaldando le mani. Non aveva ancora
assaggiato la tanto amata torta di mirtilli. Voleva godersi il suo
ultimo giorno nella sua città. Stava assaporando ogni minimo
dettaglio. Dal sole al tavolo della caffetteria alla quale era
seduta.
<<
E' proprio vero! Il sole bacia i belli >> Una voce
allegra la
riportò sulla terra.
<<
Ellen >> Le sorrise raggiante Alex, che si
sistemò meglio il
suo basco di lana bianco.
<<
Aspetti da molto ? >> Si sedette sbottonandosi
velocemente il
suo cappottino verde petrolio, per poi gettare i suoi guanti rossi di
pelle dentro la borsa.
<<
Tempo di un'ordinazione >> Si leccò le labbra
annuendo.
<<
Mmh... sei qui da molto >> Scoppiò in una
dolce risata che
contagiò subito dopo anche Alex.
<<
Quindi domani torni in California >> Incrociò
le braccia,
mentre guardava l'amica.
<<
Già, si doveva pur tornare. Tu? Ormai hai fissato tende qui?
>>
Sorseggiò il caffè
<<
Si, ho la dimora qui...ma Shan mi ha detto che pretende la mia
presenza almeno una settimana al mese...non so. La convivenza non mi
piace e onestamente cambiare città solo per un uomo che muta
idea
peggio di una donna... mmmh... non so se possa essere possibile...per
ora farò come dice lui, più in là si
vedrà... >> Scrollò
le spalle.
<<
Brava Ellen, così ti voglio : Saggia e decisa
>> Le sorrise
dolcemente e finì il suo caffè.
<<
Tu come stai? Nausee? >> Poggiò la testa sul
palmo chiuso
della sua mano.
<<
No, nulla di tutto ciò. >> Sorrise avvicinando
il piatto con
la torta << Ne vuoi un po'? >> Fece cenno
con la testa
alla torta, mentre guardava l'amica.
<<
No, grazie. Quindi malesseri passati? >> Fissava l'amica
che
gustava lentamente il dolce.
<<
Si, ieri ho fatto un ulteriore visita. Ho chiesto conferma a
Krystall, ero lì lì per abortire, poi mi ha fatto
sentire il
piccolo cuore battere e niente... >> Sospirò
lasciando il
piatto vuoto cosparso di poche briciole. Si appoggiò allo
schienale
guardando fuori << ...gli ho subito voluto bene, abortire
era
diventato un'utopia. >> Guardò nuovamente
l'amica e le
sorrise.
<<
Tu non sei normale, tanto meno normale è Jared. Ma almeno
gliel'hai
detto? >> Chiese ansiosa sporgendosi in avanti.
<<
Non ancora. Aspetto di tornare a Los Angeles. Stasera saremo a cena
dai miei e non voglio che accadano liti, soprattutto davanti a mio
padre. >> Disse risoluta.
<<
Ok, però Alex...non far passare troppo tempo, anche
perchè non te
lo puoi più permettere. >> Affermò
preoccupata.
<<
Non lo farò. Tranquilla. Sono decisioni prese tempo
fa...ormai
tornare indietro è impossibile >>
Annuì, più a se stessa che
ad Ellen. Era fiduciosa nel suo futuro e forse anche Jared lo sarebbe
stato.
Non
riusciva mai a spiegarsi di come all'andata tutto riuscisse ad
entrare dentro la valigia senza un minimo sforzo e di come al ritorno
gli indumenti si gonfiassero e faticassero a sistemarsi nuovamente
dentro il bagaglio. Eppure le piegava allo stesso modo, ma nonostante
ciò, c'era sempre qualcosa che andava storto.
Dopo
varie fatiche finalmente chiuse la cerniera della valigia e depose il
fatidico lucchetto. Soddisfatta soffiò dei ciuffi ribelli
indietro e
con le mani ai fianchi fissava la stanza in tutta la sua grandezza,
con la paura di scordare qualcosa. Tutto era vuoto : dai cassetti
agli armadi. Persino sotto il letto non vi era nulla, solo alcuni
cumuli di polvere.
Fissò
il suo orologio da polso.
Le
14.50 , a breve si sarebbero messi in auto lasciandosi alle spalle
Midtown Manhattan per dirigersi verso l'Upper East Side. Avrebbe
rivisto suo padre dopo tre mesi di lontananza e se da un lato era
entusiasta dall'altro era preoccupata. Lo stretto contatto tra Jared
e suo padre la spaventava, non erano andati mai d'accordo e dopo il
quasi-divorzio la situazione non poteva che peggiorare. D'altro canto
lei cercava di non darci peso più di tanto e di vivere il
momento.
<<
Se sei pronta possiamo anche andare >> Jared
entrò veloce in
camera, con le chiavi della macchina a noleggio in mano, a proteggere
il suo sguardo un paio di rayban scuri.
<<
Si, possiamo andare. >> Si grattò la fronte
guardando il
marito. Era dalla sera prima che non si parlavano, anzi si
scambiavano solo qualche parola, giusto per educazione. Nessuno dei
due ancora era in grado di capire quando e come riappacificarsi.
Anche se Alex aspettava che fosse Jared a fare il primo passo, dato
che era solo per causa sua che il litigio era avvenuto. Dall'altro
lato, invece, Jared non sapeva come approcciarsi. Non sapeva se Alex
avesse abortito o meno e per orgoglio maschile si rifiutava di
chiedere. Quindi rimaneva sulla difensiva, privandosi di ogni sorta
di contatto, soffrendo come un cane.
<<
Ok >> Si avvicinò al letto e prese i due
trolley.
<<
Sono incinta, non invalida. Una valigia posso portarla >>
S'impuntò lei stizzita dal gesto.
Jared
si immobilizzò e lasciò cadere una delle valigie,
senza voltarsi.
<< Prego, eccotene una >> Poi
continuò la sua camminata
con un sorriso ebete in volto, cosa che Alex non potè
vedere, ma era
certa che quella frase era l'inizio di una tregua.
Casa
sua non distava tanto. Ma il traffico del centro di New York non
mentiva mai. Soprattutto nelle ore di punta.
Erano
già dieci minuti che si trovavano in coda e camminare a
passo d'uomo
era come illudersi di toccare il sole senza scottarsi.
<<
Anche le lumache sono più veloci! Meglio andare a piedi
>>
Sbottò Jared dando un colpo forte al volante.
<<
Ehiii! La macchina ci serve, non è tua. Almeno cerca di non
sfondarla. >> Appollaiata sul sedile con lo sguardo stufo
rivolto in strada, Alex cercava di tenere i nervi saldi. Odiava
rimanere imbottigliata nel traffico. Forse questo era l'unico pregio
che trovava a Los Angeles.
<<
Fosse questo il problema >> Sbuffò.
<<
E potrei sapere qual'è ? >> Chiese scocciata.
<<
Non ho voglia di arrivare tardi a casa dei tuoi, va a finire che tuo
padre incolpa me...come sempre del resto >> C'era
amarezza in
quella frase.
<<
Ed è così ? >> Si voltò
a fissarlo, sfiorandosi le punte dei
capelli.
Si
voltò anche lui, incrociando i suoi occhi celesti.
Perdendosi in
quello specchio. Non riuscendo nemmeno a rispondere.
<<
Allora non ti preoccupare. Se dovesse dirti qualcosa ci
penserò io.
E poi tranquillo appena sapranno che sono incinta si scorderanno di
te >> Strinse le labbra per trattenere una risata.
<<
Quanto sei stronza >> Abbozzò un mezzo sorriso
scuotendo la
testa.
<<
Mai quanto te >> Gli sorrise gettando la testa di lato.
<<
Si, però a me i difetti rendono affascinante a te solo
bambina >>
la provocò con fare altezzoso.
<<
L'autostima non ti manca! Sai cosa si dice in giro? Che gli uomini
che evidenziano i propri difetti come pregi, in realtà sono
vuoti e
poco virili... >> Lo stuzzicò con qualche
smorfia presuntuosa
e di chi aveva il coltello dalla parte del manico. Sapeva che su quel
piano suo marito era molto suscettibile.
<<
Intanto quest'uomo vuoto e poco virile ti ha messa incinta
>>
Replicò con fare presuntuoso.
<<
E chi ti dice che il figlio sia tuo? >> Rispose stizzita,
incrociando le braccia al petto.
Jared
frenò di botto, non curante dei clacson che suonavano
incessanti.
Posizionò le quattro frecce e accostò nella
corsia d'emergenza. Sì,
perchè per lui quella era un'emergenza, si sentiva mancare
l'aria.
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