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Autore: Cromatic Angel    04/04/2012    1 recensioni
Tre colpi.
Non aspettò nemmeno il permesso. Quello bastava per sapere che stava entrando, e poi era noto che quello fosse il suo modo per far capire che era lei che stava facendo la sua trionfale entrata.
Genere: Erotico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Il sole pallido penetrava dalla vetrata.
Il caldo caffè le stava riscaldando le mani. Non aveva ancora assaggiato la tanto amata torta di mirtilli. Voleva godersi il suo ultimo giorno nella sua città. Stava assaporando ogni minimo dettaglio. Dal sole al tavolo della caffetteria alla quale era seduta.
<< E' proprio vero! Il sole bacia i belli >> Una voce allegra la riportò sulla terra.
<< Ellen >> Le sorrise raggiante Alex, che si sistemò meglio il suo basco di lana bianco.
<< Aspetti da molto ? >> Si sedette sbottonandosi velocemente il suo cappottino verde petrolio, per poi gettare i suoi guanti rossi di pelle dentro la borsa.
<< Tempo di un'ordinazione >> Si leccò le labbra annuendo.
<< Mmh... sei qui da molto >> Scoppiò in una dolce risata che contagiò subito dopo anche Alex.
<< Quindi domani torni in California >> Incrociò le braccia, mentre guardava l'amica.
<< Già, si doveva pur tornare. Tu? Ormai hai fissato tende qui? >> Sorseggiò il caffè
<< Si, ho la dimora qui...ma Shan mi ha detto che pretende la mia presenza almeno una settimana al mese...non so. La convivenza non mi piace e onestamente cambiare città solo per un uomo che muta idea peggio di una donna... mmmh... non so se possa essere possibile...per ora farò come dice lui, più in là si vedrà... >> Scrollò le spalle.
<< Brava Ellen, così ti voglio : Saggia e decisa >> Le sorrise dolcemente e finì il suo caffè.
<< Tu come stai? Nausee? >> Poggiò la testa sul palmo chiuso della sua mano.
<< No, nulla di tutto ciò. >> Sorrise avvicinando il piatto con la torta << Ne vuoi un po'? >> Fece cenno con la testa alla torta, mentre guardava l'amica.
<< No, grazie. Quindi malesseri passati? >> Fissava l'amica che gustava lentamente il dolce.
<< Si, ieri ho fatto un ulteriore visita. Ho chiesto conferma a Krystall, ero lì lì per abortire, poi mi ha fatto sentire il piccolo cuore battere e niente... >> Sospirò lasciando il piatto vuoto cosparso di poche briciole. Si appoggiò allo schienale guardando fuori << ...gli ho subito voluto bene, abortire era diventato un'utopia. >> Guardò nuovamente l'amica e le sorrise.
<< Tu non sei normale, tanto meno normale è Jared. Ma almeno gliel'hai detto? >> Chiese ansiosa sporgendosi in avanti.
<< Non ancora. Aspetto di tornare a Los Angeles. Stasera saremo a cena dai miei e non voglio che accadano liti, soprattutto davanti a mio padre. >> Disse risoluta.
<< Ok, però Alex...non far passare troppo tempo, anche perchè non te lo puoi più permettere. >> Affermò preoccupata.
<< Non lo farò. Tranquilla. Sono decisioni prese tempo fa...ormai tornare indietro è impossibile >> Annuì, più a se stessa che ad Ellen. Era fiduciosa nel suo futuro e forse anche Jared lo sarebbe stato.



Non riusciva mai a spiegarsi di come all'andata tutto riuscisse ad entrare dentro la valigia senza un minimo sforzo e di come al ritorno gli indumenti si gonfiassero e faticassero a sistemarsi nuovamente dentro il bagaglio. Eppure le piegava allo stesso modo, ma nonostante ciò, c'era sempre qualcosa che andava storto.
Dopo varie fatiche finalmente chiuse la cerniera della valigia e depose il fatidico lucchetto. Soddisfatta soffiò dei ciuffi ribelli indietro e con le mani ai fianchi fissava la stanza in tutta la sua grandezza, con la paura di scordare qualcosa. Tutto era vuoto : dai cassetti agli armadi. Persino sotto il letto non vi era nulla, solo alcuni cumuli di polvere.
Fissò il suo orologio da polso.
Le 14.50 , a breve si sarebbero messi in auto lasciandosi alle spalle Midtown Manhattan per dirigersi verso l'Upper East Side. Avrebbe rivisto suo padre dopo tre mesi di lontananza e se da un lato era entusiasta dall'altro era preoccupata. Lo stretto contatto tra Jared e suo padre la spaventava, non erano andati mai d'accordo e dopo il quasi-divorzio la situazione non poteva che peggiorare. D'altro canto lei cercava di non darci peso più di tanto e di vivere il momento.
<< Se sei pronta possiamo anche andare >> Jared entrò veloce in camera, con le chiavi della macchina a noleggio in mano, a proteggere il suo sguardo un paio di rayban scuri.
<< Si, possiamo andare. >> Si grattò la fronte guardando il marito. Era dalla sera prima che non si parlavano, anzi si scambiavano solo qualche parola, giusto per educazione. Nessuno dei due ancora era in grado di capire quando e come riappacificarsi. Anche se Alex aspettava che fosse Jared a fare il primo passo, dato che era solo per causa sua che il litigio era avvenuto. Dall'altro lato, invece, Jared non sapeva come approcciarsi. Non sapeva se Alex avesse abortito o meno e per orgoglio maschile si rifiutava di chiedere. Quindi rimaneva sulla difensiva, privandosi di ogni sorta di contatto, soffrendo come un cane.
<< Ok >> Si avvicinò al letto e prese i due trolley.
<< Sono incinta, non invalida. Una valigia posso portarla >> S'impuntò lei stizzita dal gesto.
Jared si immobilizzò e lasciò cadere una delle valigie, senza voltarsi. << Prego, eccotene una >> Poi continuò la sua camminata con un sorriso ebete in volto, cosa che Alex non potè vedere, ma era certa che quella frase era l'inizio di una tregua.





Casa sua non distava tanto. Ma il traffico del centro di New York non mentiva mai. Soprattutto nelle ore di punta.
Erano già dieci minuti che si trovavano in coda e camminare a passo d'uomo era come illudersi di toccare il sole senza scottarsi.
<< Anche le lumache sono più veloci! Meglio andare a piedi >> Sbottò Jared dando un colpo forte al volante.
<< Ehiii! La macchina ci serve, non è tua. Almeno cerca di non sfondarla. >> Appollaiata sul sedile con lo sguardo stufo rivolto in strada, Alex cercava di tenere i nervi saldi. Odiava rimanere imbottigliata nel traffico. Forse questo era l'unico pregio che trovava a Los Angeles.
<< Fosse questo il problema >> Sbuffò.
<< E potrei sapere qual'è ? >> Chiese scocciata.
<< Non ho voglia di arrivare tardi a casa dei tuoi, va a finire che tuo padre incolpa me...come sempre del resto >> C'era amarezza in quella frase.
<< Ed è così ? >> Si voltò a fissarlo, sfiorandosi le punte dei capelli.
Si voltò anche lui, incrociando i suoi occhi celesti. Perdendosi in quello specchio. Non riuscendo nemmeno a rispondere.
<< Allora non ti preoccupare. Se dovesse dirti qualcosa ci penserò io. E poi tranquillo appena sapranno che sono incinta si scorderanno di te >> Strinse le labbra per trattenere una risata.
<< Quanto sei stronza >> Abbozzò un mezzo sorriso scuotendo la testa.
<< Mai quanto te >> Gli sorrise gettando la testa di lato.
<< Si, però a me i difetti rendono affascinante a te solo bambina >> la provocò con fare altezzoso.
<< L'autostima non ti manca! Sai cosa si dice in giro? Che gli uomini che evidenziano i propri difetti come pregi, in realtà sono vuoti e poco virili... >> Lo stuzzicò con qualche smorfia presuntuosa e di chi aveva il coltello dalla parte del manico. Sapeva che su quel piano suo marito era molto suscettibile.
<< Intanto quest'uomo vuoto e poco virile ti ha messa incinta >> Replicò con fare presuntuoso.
<< E chi ti dice che il figlio sia tuo? >> Rispose stizzita, incrociando le braccia al petto.
Jared frenò di botto, non curante dei clacson che suonavano incessanti. Posizionò le quattro frecce e accostò nella corsia d'emergenza. Sì, perchè per lui quella era un'emergenza, si sentiva mancare l'aria.
  
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