EPILOGO
EPILOGO
Una sinfonia di foglie rosse e oro volteggiava attorno a lei,
animata dal soffio del vento.
La sua coreografia incostante e appassionata donava l’illusione
di una vita eterna, colori e movimento per nascondere la tristezza e
la verità.
Erano tutte morte quelle foglie.
Morte.
Un tappeto rosso cupo ai suoi piedi…
Morte…
“Non possiamo tornare indietro.”
Morte.
Ginny Weasley si costrinse a respirare profondamente, ma non tentò
di sentirsi meno colpevole di fronte a se stessa o meno ingrata,
perché nonostante il pericolo scampato, non riusciva ad essere
felice.
Non poteva esserlo.
“Vale una vita.”
E non sapeva chi incolpare per liberarsi la coscienza,
stupidamente ripeteva a se stessa che era destino, anche se era la
prima a non credervi. Si lasciava cullare per qualche istante
nell’illusione di non essere responsabile dell’accaduto,
per poi ricadere nei sensi di colpa ogni volta che ricordava.
“Ne vale più d’una…”
I sussurri, le frasi spezzate…
Non le avevano più catturato con prepotenza la mente da
quando lei era morta, ma non per questo erano più facili da
dimenticare.
“Tu, per me, sei stato la vita.”
Si appoggiò stancamente allo schienale di pietra della
panchina e scrollò le foglie che si erano depositate contro le
sue scarpe.
Morte.
Una distesa di foglie morte.
Sollevò lo sguardo quando riconobbe il rumore frusciante
dei passi sul vialetto.
Harry.
I suoi occhi grandi e limpidi che la scrutavano, attraverso le
lenti, come se potessero leggerle nei pensieri.
Lo vide piegare la testa di lato, sorridendole incoraggiante e
pensò che forse riusciva davvero ad esserlo.
“Non c’è niente di più malinconico di un
pomeriggio d’autunno, non è così?” sussurrò
con voce quieta quando lui le fu davanti, sforzandosi di piegare le
labbra in un tenue accenno di sorriso.
Lui non rispose.
Si chinò e fece scorrere una mano tra i suoi capelli, poi
senza smettere di accarezzarla, posò le labbra sulla sua
fronte e v’indugiò per qualche istante.
Labbra calde…
“Vale una vita.”
Ginny chiuse gli occhi per evitare che le si riempissero di
lacrime: non voleva piangere ancora di fronte a lui. Ma quando li
riaprì, Harry la stava guardando come se avesse capito
perfettamente.
Lui, l’unico sopravvissuto.
E in memoria di coloro che l’avevano amato e difeso,
celava dignitosamente ogni ferita sanguinante.
Una per ciascuno di loro…
Si sedette di fianco a lei e la circondò con un braccio.
“Non ripagarli con le lacrime, Ginny.” le sussurrò.
Lei sospirò e posò la guancia sulla sua spalla.
“Questo senso di colpa è troppo pesante.”
“Lo so. E’ per questo che voglio concentrarmi su ciò
che devo fare.” si sistemò gli occhiali sul naso, come
se le lenti potessero celare il dolore
del suo sguardo, e la voce si fece più bassa. “Lo devo a
tutti loro.”
“Non mi lascerai di nuovo, vero?” gli chiese lei
titubante dopo un istante di silenzio. “Non pretenderai che me
ne resti qui ad annegare nelle mie colpe, mentre tu affronti
Voldemort da solo?”
“Potrei anche pretenderlo, Ginny, ma sarebbe fiato sprecato,
dal momento che non ti ha trattenuta neanche una promessa.” le
disse scostandosi leggermente per poterla guardare negli occhi.
Lei abbassò lo sguardo e non parlò, concentrandosi
sul tappeto di foglie cadute.
Di tanto in tanto qualche debole soffio di vento le faceva
fremere, per poi sospingerle decidendo per loro la direzione…
“Non possiamo tornare indietro.”
Ma adesso che il braccio di Harry la circondava, le sembrò
molto meno doloroso andare avanti.
Annusò l’aria, che col calare della sera era divenuta
abbastanza fredda da gelarle la punta del naso, e riconobbe l’odore
nostalgico e rassicurante del caminetto acceso. Le era mancato
durante l’estate.
“Mia madre sta preparando la cena.” sussurrò.
“Bene. Vuol dire che la riunione dell’Ordine è
finita.”
Ginny si voltò stupita verso di lui.
“Harry James Potter! Mi stai
dicendo che hai saltato la riunione?!” esclamò.
Il ragazzo ridacchiò chinando la testa, poi sollevò
su di lei lo sguardo ridente e si strinse nelle spalle. “Solo
l’ultima parte.”
Lei sollevò un sopracciglio e lui rise apertamente.
“Non era niente d’importante, comunque…”
riprese dopo un attimo con tono di scusa. “E ti avevo vista
dalla finestra, sembravi così decisa a lasciarti tormentare
dai ricordi…” si alzò in piedi, trascinandola con
sé “allora ho pensato che avrei dovuto dirtelo al più
presto, possibilmente prima che le foglie morte ti avessero ricoperta
del tutto…”
Lei sorrise e inclinò la testa guardandolo negli occhi.
“Cosa volevi dirmi?” gli chiese.
“Stanotte verrò da te.”
“Oh.” rispose lei leggermente stupita. “E a cosa
devo questo ardire?”
Lui prese a camminare tenendola per mano.
“Ron –giustamente- ha reclamato l’intimità
della sua stanza per stanotte. Se non mi ospiti dovrò dormire
in giardino.”
Ginny non riuscì a trattenere un largo sorriso. “A
cosa gli serve l’intimità della sua stanza?”
“A parlare con Hermione, suppongo…” rispose lui
accarezzando distrattamente le sue dita.
“Ed è solo per questo motivo che stanotte verrai da
me?”
Lui annuì.
Lo fissò poco convinta, senza capire se la stesse o meno
prendendo in giro. Per sicurezza mise su un broncio di falsa offesa e
lui scoppiò a ridere.
L’espressione di lei si fece perplessa.
Poi all’improvviso si fermò, la fissò negli
occhi e trattenne la sua mano quando lei tentò di sottrarla.
“Stanotte verrò nella tua stanza per dormire con te.”
le disse con voce limpida. “Non c’è altro motivo,
tranne che ti voglio sempre al mio fianco.”
Il dolore si scioglie e diventa struggente dolcezza…
“Per l’altra cosa che volevo fare, invece, non c’è
bisogno di aspettare stasera.”
Si chinò sfiorandole la bocca con le labbra, mentre le dita
facevano scivolare intorno al suo anulare un sottile cerchietto di
metallo.
… poi rimane soltanto l’amore.
“Tu, per me, sei soltanto l’amore.”
Le mancò il fiato e le tremarono le labbra, lui la circondò
con entrambe le braccia.
Un luogo sicuro…
“Se mi abbracci, esisterà.”
“Esiste già.” mormorò contro la sua
tempia, come se anche lui stesse ricordando.
“Harry…” sussurrò lei ritrovando
miracolosamente la voce.
Lui le sorrise e le accarezzò la guancia incoraggiante.
“Quando… quando l’hai…” scosse la
testa senza riuscire a mettere insieme le parole.
“Quando l’ho comprato?” le venne in aiuto lui.
Annuì.
“L’ho ordinato con Hermione, insieme alla bussola
magica.”
Ginny spalancò gli occhi e si scostò leggermente.
“V… vuoi dire che per tutto questo tempo…”
“Avrei dovuto dartelo prima, lo so.” disse
afferrandole di nuovo la mano. “Ho avuto paura di metterti in
pericolo…” mormorò con tono di scusa e poi
sorrise dell’espressione stupita della ragazza. “A quanto
vedo, non ero l’unico a dubitare…”
A lei sfuggì un singhiozzo che avrebbe voluto essere un
sorriso e si asciugò velocemente il viso, perché un
paio di lacrime l’avevano tradita.
“Non dubiterò mai più. Te lo prometto.”
Harry la fissò con aria di rimprovero, ma gli occhi
brillavano.
“Lascia stare le promesse, Ginevra.” le disse deciso,
abbracciandola di nuovo.
“Sei calda…”
Un segreto rubato alla notte.
Un segreto…
Eterno.
Eterno…
Immutabile.
Nemmeno il tempo l’ha scoperto. Gli è sfuggito.
“Sei calda…”
“E tu, come al solito, sei troppo freddo.”
***
Notte.
La rete intricata dei corridoi si chiudeva dietro le loro
spalle, quasi volesse cancellare ogni possibile traccia di passaggio.
< Proteggono un segreto… > pensò lei. <
Il nostro e il loro >
E non riuscì a capire se ciò le sembrasse
inquietante o malinconico.
“Hai paura?” le chiese Regulus ironico,
stringendole leggermente la mano con cui la conduceva.
Il viso di porcellana si piegò in un sorriso, ma le
ombre ne rubarono la freschezza e l’immagine apparve grottesca.
“Perché me lo chiedi?” domandò, la
voce studiatamente melodica e risonante sulle pareti di pietra. “Sai
perfettamente che, per me, non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di
quella.” E indicò la mano del ragazzo, chiusa
sull’impugnatura della bacchetta da cui scaturiva un potente
raggio di luce.
Lui si fermò e il chiarore dell’incantesimo le
inondò il viso.
Si ritrasse socchiudendo gli occhi infastidita.
“Devo supporre, allora…” insistette “che
tu non sia spaventata.”
“No.” ribatté sprezzante, scostando
bruscamente il braccio che reggeva la bacchetta.
Dita decise le lasciarono la mano per imprigionarle il polso.
Tentò di divincolarsi senza riuscirci, ma il ragazzo era
già chino su di lei.
La bocca a pochi centimetri dal suo orecchio, poteva sentire il
suo respiro che la sfiorava…
“E allora, mia regina…” sussurrò,
rendendola vittima di ogni emozione. “… vuoi spiegarmi
perché stai tremando?”
“Toglimi un curiosità, Black.” incominciò
lei, evitando intenzionalmente la domanda. “Chi dorme in camera
con te?”
“Mhm… Lestrange, Macnair e
Goyle.”
“E sono compagni discreti?”
“Curiosi e inopportuni come Mrs Purr, direi.”
rispose lui con noncuranza. “E di notte i loro grugniti si
sentono fin dalla Sala Comune. Non te ne sei mai accorta?”
“No, ringraziando Merlino. Sono disgustata. E’ un
buon motivo per tremare?”
Lui rise di gusto.
“Accettabile.” disse poi. “Cerchiamo una
stanza tutta per noi, ti va?”
Lei annuì.
“Sei sicura?” le chiese Regulus con tono
stranamente affettuoso.
Non le suonò stonato, anzi, quella voce per metà
incerta e per metà tenera, giunse a confermare ciò che
già sospettava.
Lui che pretende d’ingannare persino il buio della notte…
Ma anche lei sapeva barare e nascose il tremore.
“Credi che mi tirerei indietro all’ultimo minuto?”
Gli occhi del ragazzo s’incupirono e si persero nel buio
della stanza.
“Non credo che tu abbia una ragione per farlo.”
bisbigliò senza guardarla. “Potevi tornare indietro in
qualsiasi momento, ma non l’hai fatto.”
Lei si risentì di quell’analisi, sebbene fosse
vera, e non riuscì a mascherare il dispetto provocato da
quell’ostentata sicurezza.
Sembrava che lui non tenesse in minimo conto la possibilità
di sbagliare.
“Dai sempre tutto per scontato, a quanto pare.”
considerò sfoggiando un irritante tono sarcastico.
Vide lo sguardo del ragazzo farsi di granito e rabbrividì.
La raggiunse in due falcate e l’afferrò per la
vita, stringendola contro di sé con tale impeto che la ragazza
non riuscì a trattenere un gemito di sorpresa.
Si maledisse per questo e tentò di staccarsi da lui con
rabbia.
Le sue braccia, una gabbia d’acciaio…
Alzò il viso per mostrare che il suo orgoglio non era
ancora stato sconfitto e capì, nell’istante in cui
incrociò i suoi occhi, che non si sarebbe mossa di un solo
millimetro neanche se lui avesse allentato la presa.
Quegli occhi…
Imprigionata senza catene… lei che era sempre stata
libera.
“No.” sibilò lui, il tono ancora alterato.
“Non c’è niente di scontato nelle mie scelte.”
era greve e lugubre. “Ricordalo.”
Ricordalo…
La stretta si sciolse, ma come previsto lei non si mosse, fece
scivolare una mano tra i suoi capelli e lasciò che le catene
del suo sguardo le si stringessero addosso.
Lei che aveva amato la libertà, ma mai un ragazzo,
scoprì che nell’angusto spazio di un abbraccio si
potevano avere entrambi.
Una nuova libertà…
La mano che lo stava accarezzando scivolò sulla spalla e
sul braccio con lentezza.
“E’ strano…” bisbigliò. “…
come certe volte, i nostri desideri si ritrovino a percorrere una
strada completamente opposta per giungere alla realizzazione.”
La libertà che vive in gabbia…
Gli occhi scuri si dilatarono di sorpresa e lei se ne accorse.
Frugò nella mente, alla ricerca di una ragione che
potesse giustificare quell’istante di smarrimento.
Sì… smarrimento…
Solo un lampo…
Non trovò niente, e nella penombra che improvvisamente
le sembrò consolante, lui l’abbracciò di nuovo.
Il volto affondato tra i suoi capelli e le spalle chine di chi
cerca conforto.
Lui… che seduce le passioni e ne viene consumato per
primo…
“Tu sei sposato alla Contraddizione.” gli sussurrò
teneramente accarezzandogli i capelli.
“E’ a te che vorrei esserlo.” rispose lui,
soffiandole le parole contro il collo.
E lei ebbe la sensazione che il significato di quella frase non
fosse ovvio.
C’era qualcosa di più intimo. Di essenziale.
Un legame superiore, inscindibile e disperato.
“Black…” riprese leggermente confusa.
“Chiamami per nome, mia regina.” la interruppe lui,
affondando le mani nei suoi capelli e sfiorandole la tempia con le
labbra. “Non ti piace il mio nome?”
Un nome.
Qualcosa che assomigliava alla salvezza intravisto a malapena
nei riverberi dei suoi occhi scuri…
Un nome…
“Sì, mi piace… Regulus.” asserì
titubante, rabbrividendo per il respiro di lui che le sfiorava la
pelle. “Ma anche tu puoi farlo, usa il mio nome.”
Un sorriso si disegnò sulle sue labbra. “E non lo
sto già facendo, mia Regina?”
Un re e una regina…
Spalancò gli occhi, perché era raro che qualcuno
conoscesse il suo secondo nome, cercò una spiegazione nel suo
sguardo, ma l’unica cosa che vi scorse fu un desiderio sincero
e disarmante.
Desiderare un legame capace d’infrangere persino il
normale scorrere delle lancette…
Un eterno sodalizio di speranza e volontà…
Ne fu ammaliata, spaventata e attratta al tempo stesso.
“Quante cose sai ancora?” mormorò senza
distogliere lo sguardo da lui.
“Troppe.”
Lui stava male.
I loro vestiti giacevano abbandonati sul pavimento, Orlena
riconobbe la sua gonna, divenuta un mucchietto informe esattamente
nel punto in cui lui gliel’aveva sfilata. La cravatta penzolava
malamente appesa ad una sedia: aveva tremato quando le sue mani
avevano sciolto il nodo.
Adesso stava male.
L’aveva sfiorata con mani leggermente impacciate,
sorridendo per nascondere l’imbarazzo, mentre le sbottonava la
camicia e lei aveva sentito il calore delle sue dita sulla pelle.
L’aveva amato quel calore, era intenso, ma non ancora
bruciante…
Artigliò con le dita la stoffa del lenzuolo…
Lui stava male.
C’era stato un istante durante l’accaldato gioco di
carezze, nel quale i loro sguardi si erano sfiorati: lui aveva occhi
immobili, distanti, e lei aveva capito che qualcosa non andava.
E qualunque cosa fosse, era profondamente radicata in lui, come
una vecchia ferita accuratamente nascosta, ma non per questo meno
dolorosa.
“Regulus…” l’aveva chiamato
dolcemente, posandogli una mano sulla guancia.
Non stava bene.
Forse si era stupito di trovare riflesso nello sguardo di lei
ciò che aveva sperato di nascondere magistralmente.
Sicuramente si era spaventato e arrabbiato, perché aveva
voltato la testa e maledetto se stesso per aver lasciato intuire così
tanto di sé. Il passo successivo era stato l’inadeguatezza,
poi era sopraggiunto il panico.
Adesso stava male.
Lo capiva dal ritmo scostante e inconcludente dei suoi
movimenti. Sembrava che fosse a malapena consapevole di ciò
che desiderava e non del tutto convinto di volerlo ottenere.
Respirava affannosamente, serrando le labbra ogni volta che un
gemito colmo d’angoscia minacciava di uscire e chiudendo gli
occhi per non scoprire, dall’espressione di lei, quanto di sé
stava mostrando.
Si stava facendo del male e non voleva ammetterlo… e ne
stava facendo anche a lei.
“Basta.” sussurrò Orlena decisa.
La sua voce che giungeva a infrangere gli incubi…
“Basta.” ripeté posandogli entrambe le mani
sul volto.
Lui s’immobilizzò all’istante e la fissò
con uno sguardo talmente incerto, da mettere in dubbio persino le
intuizioni di cui era stata sicura, e così intenso da farla
sentire in imbarazzo.
“Regulus…” pronunciò il suo nome come
se fosse indecisa sul fargli una domanda o meno, ma lui si sollevò
sulle braccia e prevenendo ogni altra parola, rotolò di
fianco.
Lui che seduceva la passione e ne veniva consumato per primo…
Un desiderio troppo intimo, troppo disperato, ma così
radicato in ciò che di malsano e pericoloso trasudava dalla
propria consapevolezza, da rendere impossibile qualsiasi spiegazione
e innegabile la necessità di tenerlo nascosto.
Era doloroso ma necessario, che lei non sapesse.
“Mi dispiace.” sussurrò soltanto, sottraendo
il volto alla luce dell’unica candela.
Lui che invocava il buio e teneva la bacchetta serrata nella
mano, pronta a far luce…
“Non importa.” rispose lei mentre lui si voltava
dandole la schiena. “Non importa. Puoi tenerti i tuoi segreti e
le tue parole non dette.” continuò allungando la mano
per accarezzargli il braccio.
Era teso.
Lui che scandagliava i segreti più reconditi per poi
tenerli sotto chiave…
“Ti metterò in pericolo” disse lui con voce
roca “e finirò col farti del male.”
“Me ne farai, se ti rifiuterai di amarmi stanotte.”
Lui si sollevò di scatto e l’afferrò per le
spalle, inchiodandola al materasso.
“Anche se ci sono cose che non sai?” le chiese con
impeto. “E che non potrai mai sapere, perché io non
potrò dirtele?”
Lei rimase immobile, fissando gli occhi nei suoi e colse la
disperazione, l’apprensione malcelata e il desiderio struggente
di una via di fuga.
“Non m’importa.” rispose calma. “Ho una
vita intera per scoprire tutto ciò che vorrai nascondermi.”
Lui sgranò gli occhi e rivelò la paura.
“No. Giurami che non lo farai.”
Lui che lusingava la morte, ma anelava alla vita…
Le sue labbra tremarono, le dita la strinsero più forte.
“Rifiutami, tienimi lontano da te, se vuoi, ma ti prego, ti
prego, giurami che non tenterai mai di scoprire.”
Lei respirò profondamente. “Adesso lasciami.”
gli disse con voce pacata, opponendo una debole resistenza alle mani
che le impedivano di alzarsi.
Regulus la lasciò immediatamente e fece per
allontanarsi, ma la mano di lei lo trattenne.
“Non intendevo chiederti di lasciare la stanza.”
chiarì avvicinandosi lentamente. “Volevo soltanto che tu
mi permettessi di alzarmi” continuò “in modo da
poterti essere così vicina da non aver bisogno di
spiegazioni.”
Poi avvolse le braccia intorno a lui. “Eri tu che mi
tenevi lontana.”
Non rispose, ma affondò il volto nei suoi capelli e lei
lo sentì tremare.
La tensione invisibile che lo abbandonava lasciandolo
disarmato…
Lui che si mostrava senza pudore o ritegno, in tutto quel suo
meraviglioso intreccio di contraddizioni… e pretendeva di
essere compreso…
… Lei già l’amava.
“Per ora ho scoperto abbastanza.”
“Sei calda…”
Un segreto rubato alla notte.
Un segreto…
Eterno.
Immutabile.
Nemmeno il tempo l’ha scoperto. Gli è sfuggito.
“Sei calda…”
“E tu, come al solito, sei troppo freddo.”
***
“Tu sei la nebbia che maschera e inganna…
Tu sei la tempesta che imperversa e infradicia…
Tu sei la notte… nascondi… e proteggi…
Sei il vortice… e le tue braccia sono il vento che
rapisce…
E sei il desiderio… e senza di esso avrei solo l’oblio.”
“Invece per me… tu sei solo l’amore…”
“D… dove sono?”
“Sei con me.”
“Niente è immortale.”
“Nemmeno l’amore?”
FINE.
Angolino dell’autrice: Qui si conclude
definitivamente questa storia, che spero che sia stata per voi
–proprio com’è stata per me- una piacevole
distrazione dalla vita ‘reale’. Me la sono trascinata
dietro per lungo tempo, forse anche troppo, ma adesso che siamo
giunti alla fine, con tanto di epilogo, mi resta difficile esserne
sia pienamente soddisfatta, sia del tutto scontenta. E’ la
strana sensazione di mettere il punto finale dopo quasi un anno.
Come credo, tutti possiate immaginare, mi farebbe davvero piacere
sapere cosa avete provato leggendo, sempre se avete provato qualcosa,
naturalmente… ^__^
Per cui, se qualcuno sente il bisogno di rendermi partecipe dei
suoi pensieri –e credetemi, non chiedo di meglio- fatevi avanti
e dedicatemi qualche minuto, sarebbe la più grande
soddisfazione.^__^
Ma passiamo adesso ai più che dovuti ringraziamenti:
Primo fra tutti, credo di dover rendere il giusto merito a
Serpedoro, ineguagliabile beta.
… E Merlino solo sa come ha fatto a sopportarmi!
Ha lavorato sodo per diversi mesi ed è rimasta nell’ombra,
lasciando a me le luci della ribalta, ma posso assicurarvi che senza
di lei non avrei potuto tenere la testa alta, di fronte a queste
pagine. A lei, quindi, va metà del merito… e un
miliardo di ‘grazie’!^__^
Vorrei poi ringraziare in modo particolare Elanor, che mi è
vicina da sempre, e senza la quale non avrei avuto la forza di andare
avanti.
Non so come fai, carissima, ma riesci sempre a vedere qualcosa di
speciale in ciò che scrivo, e la cosa più eccezionale è
che dopo aver letto le tue recensioni riesco a vederle anch’io!
Hai letto con attenzione ogni parola e interpretato ogni riga vuota…
davvero, non hai idea di quanto possa essere consolante sapere che
per qualcuno, vale la pena di soffermarsi con attenzione su ciò
che ho scritto! ^__^Vorrei essere davvero più esauriente e
farti sapere fino a che punto sei stata importante, credimi, ogni
volta che leggevo le tue parole mi sembrava davvero di aver dato il
meglio di me. Riesci a riempirmi di orgoglio e di fiducia e non solo,
mi hai mostrato migliaia di diverse sfaccettature, migliaia di
interpretazioni meravigliose che per venire alla luce, aspettavano
soltanto la tua sensibilità. La maggior parte di loro non
erano fatte di proposito, tu le hai viste perché sei speciale.
Un bacio.
Tutta la mia riconoscenza va inoltre alle meravigliose lettrici
che armate di coraggio e pazienza hanno recensito, e quindi: grazie a
EDVIGE (sappi che contavo molto sulla trama e ci tenevo che
avesse una sua logica, per cui grazie per non aver dato per scontato
che fosse stato facile! ^__^), grazie a Illy91 (non ho parole
per ringraziarti e senza dubbio continuerò a scrivere per cui
ti ringrazio sin d’ora per il sostegno, ma credo che mi
prenderò una pausa: scrivere O.R.Crux mi ha tolto il
fiato…-_-!), grazie a redRon (mi sei stata vicina ad
ogni capitolo… grazie per aver avuto fiducia!), grazie a
AxelC91 (mia cara, ti ho dato l’impressione di una che
non ama le romanticherie? ^__^ Scrivi sempre ciò che ami e che
conosci… e tutto ciò che ti smuove qualcosa dentro.
Romantico oppure no, sarà comunque speciale!), grazie ad
Anduril (per aver letto oltre le righe un lieto fine che
temevo di essere la sola a vedere e perché hai visto ciò
che di speciale esiste tra Regulus e Orlena! Non posso non adorarti!
^__^).
Grazie inoltre a Master Ellie, Ginny06, Daisy05(spero tu
stia bene),Aleberyl 90, Ashleigh, Layla-Chan, MaryPotter 92, light
lily, Nenad, lunarossa e Acchi.
Spero di non aver deluso nessuno di voi.
E infine, grazie a tutti i lettori, indistintamente.
Joy s’inchina e saluta.
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