Lentamente, la primavera lasciò il posto
all’estate. Ichigo
l’avrebbe ricordata come una delle estati più
magiche che avrebbe mai passato. Quando
erano tornati gli alieni, non avrebbe certo pensato che si sarebbero
trattenuti
così a lungo (e anzi, nessuno ancora discuteva di una data
di partenza), né che
sarebbe stato così semplice sentirsi come se il loro gruppo
avesse sempre
dovuto includere anche loro.
Ovvio, Ryou e Kisshu si lanciavano ancora coltellate
metaforiche ad ogni occasione, ma per lo più vigeva la pace.
E a proposito del biondino, Ichigo ora capiva la fonte di
tutti quei batticuori adolescenziali. Una volta superato lo scoglio,
neanche
così imponente, del passaggio da “migliori
amici” a “in una relazione”, passare
quasi tutto il tempo disponibile con lui, senza timori né
imbarazzo, le era
sembrata la cosa più semplice del mondo. Anzi, le era
sembrato quasi
incredibile come fosse naturale stargli vicino, cercarlo, lasciare che
le
sussurrasse all’orecchio parole in inglese che lei non capiva
e che al tempo
stesso le accaloravano le guance. Non che Shirogane si sciogliesse in
grandi
proclamazioni o gesti d’affetto in pubblico, quello era
ovvio, ma la sua mano
sgusciava spesso e volentieri in quella della rossa o
sull’incavo della sua
schiena, e le attenzioni che le rivolgeva in privato erano
più che sufficienti.
Certo, capitava come prima – e forse più di prima
– che si scontrassero in una
delle loro epiche litigate, ma di contro fare pace pareva molto
più semplice e
sicuramente più divertente.
Al tempo stesso, Ryou non le aveva certo permesso di
distrarsi dai suoi doveri – cosa che l’aveva fatto
amare ancora di più da
Sakura, e detestare un po’ meno da parte di Shintaro, a cui
era stato
presentato ufficialmente come fidanzato della figlia in una serata
orchestrata
ad arte dalle due rosse – perciò Ichigo era
riuscita a completare tutti gli
esami e aveva deciso di continuare gli ultimi due anni alla
Facoltà di Lettere.
Come premio (e come scusa per uscire dal costante turbinio del loro
gruppo di
amici), un bel pomeriggio di metà luglio Ryou si era
presentato sotto casa sua
e l’aveva
molto difficilmente convinta a
prendere armi e bagagli e
trasferirsi nella sua villetta al mare.
Ichigo non avrebbe potuto dire in dettaglio come si
fossero svolte quelle giornate, condite dal calore del sole sulla pelle
asciugata dal sale; quando ci avrebbe ripensato, la sua mente si
sarebbe
focalizzata sulle lunghe passeggiate al tramonto, le cene al lume di
candela al
tavolino appena affacciato alla spiaggia, la totale rilassatezza delle
ore
passate stesi sulla sabbia. E sarebbe arrossita a ripensarci, ovvio,
non solo
per la costante vicinanza al biondo in abbigliamento molto limitato, ma
anche
per la maniera assolutamente estasiata in cui si era sentita, avvolta
da una
bolla di felicità che non aveva mai avuto modo di provare.
Solo quando Minto le aveva mandato un messaggio ironico
condito da una sottile malizia in cui le aveva chiesto se Shirogane la
tenesse
legata al letto ventiquattro ore su ventiquattro, lei si era resa conto
che
effettivamente erano passate quasi tre settimane senza che lei mandasse
alle
amiche qualche segno di vita più complesso di alcune faccine
sorridenti nelle
conversazioni di gruppo. Per farsi perdonare, così, aveva
chiesto un
enorme favore
al ragazzo, e aveva interrotto il loro idillio di coppia per ospitare
l’intero
gruppo (meno Zakuro, alle prese con una campagna estiva in una elegante
località di montagna) per il fine settimana coincidente al
compleanno di Purin.
« Ora ho capito perché Ichigo-chan ha interrotto
le
comunicazioni, » esclamò divertita la biondina,
che si lasciava cullare dalle
onde, galleggiando appena sull’acqua bassa della battigia.
« Sì, sono state sicuramente le sabbiature a
prenderle
tutto quel tempo. »
« Giuro che ti faccio cadere in acqua, Minto. »
Le altre tre si scambiarono una risata, divertite
dall’evidente rossore sulle guance della rossa, che quasi
davvero offesa si
concentrò sul suo tè freddo. Avevano recuperato
quante più sedie sdraio
possibili e si erano piazzate direttamente in riva, così da
ristorarsi con le
gambe in acqua mentre prendevano il Sole e continuare a fare
chiacchiere –
d’altronde Retasu, per quanto avesse imparato quantomeno a
galleggiare, ancora
non si sentiva completamente a suo agio in mare, e le amiche avevano
presto
trovato espedienti per ovviare alla situazione. Molto più al
largo, invece,
Ryou e Keiichiro si stavano finalmente concedendo un po’ di
surf insieme, anche
se la velocità con cui il biondo aveva proposto
l’attività avesse fatto
sospettare che volesse solo isolarsi per un paio d’ore visto
l’improvviso
affollamento della sua casa.
«
Aaaah, per gli dèi, anche
l’acqua è calda! »
Kisshu si buttò in mare come un bufalo sgraziato,
sollevando un’indecente quantità di schizzi che
non risparmiò le ragazze.
« Sempre il solito esagerato, » commentò
tetro Pai,
seguendolo in ogni caso con celerità molto più
elegante.
« Tutto bene, Kisshu-san? » domandò
divertita Retasu,
vedendolo galleggiare a stella mentre ansimava.
« Come fate a sopportare questo caldo? »
borbottò lui, «
Fa caldo all’ombra, la sabbia brucia, l’acqua
è bollente, come?! »
« Si chiama
estate. »
« Per me è giusta, » commentò
confusa Purin, sedendosi
per terra accanto a Retasu, che continuava a ridacchiare dei lamenti
esagerati
del verde.
« Noi non ci siamo abituati, » Pai, solo la testa
visibile
oltre la superficie, iniziò a spiegare lentamente,
« Siamo cresciuti con un
clima decisamente inospitale, e anche le temperature attuali su Duuar
sono
molto miti. Simili alla vostra primavera, credo. Non possiamo parlare
di
quattro stagioni, temo, né sappiamo come
continuerà a reagire il pianeta alla
presenza della Mew Aqua. »
« Quello che speriamo è comunque di non combinare
il
vostro stesso casino con il cambiamento climatico, »
gracchiò Kisshu,
spostandosi la frangia zuppa dagli occhi, « Perché
questo non è normale,
sappiatelo. »
« E poi, da noi non c’è il mare,
» continuò il fratello, suscitando
esclamazioni sgomente da parte delle ragazze, « Il nostro
è un pianeta boscoso,
con fiumi e qualche lago, ma non specchi d’acqua comparabili
al vostro. Ovviamente,
sono accessibili relativamente da poco. »
« Ah, a proposito! » con un guizzo degno di un
cetaceo,
Kisshu si girò sulla pancia e piantò gli occhi su
Minto e Ichigo, « Quei
cosini
graziosi che avete indosso chi li ha inventati? Ha tutta la
mia stima. »
« Deficiente! » Ichigo e Minto esclamarono in coro,
l’una
con molto più gelo dell’altra, mentre Purin si
limitava a ridacchiare e Retasu
si stringeva un po’ di più le ginocchia al petto
per coprire l’abbondante
scollatura del suo costume intero.
« Quindi da voi non ci sono le vacanze? »
mormorò dopo un
po’ la biondina, sempre più incuriosita dalla
storia di quel pianeta lontano.
« Non proprio come le immagini tu, scimmietta, »
rispose
Kisshu continuando a galleggiare col naso a pelo d’acqua, e
il tono in cui lo
disse fece intuire che fosse meglio cambiare soggetto.
Ichigo si tirò in piedi e si stiracchiò contenta,
facendo
un cenno con il capo verso l’acqua: « Chi viene a
farsi un bagno prima di
pranzo? »
« Ioooo! »
« Purin, ti prego, gradirei non bagnarmi i capelli.
»
« Andate avanti voi, ho come l’impressione che la
vista
da qui sia –
mpphhhh! »
Le ultime parole di Kisshu finirono in un gorgoglio di
bolle, visto che Minto, passandogli accanto, gli aveva spinto la testa
sott’acqua con poca grazia per farlo tacere.
Retasu rise ancora della scenetta mentre il verde
riemergeva con un gran respiro, accusando la mora di tentato omicidio
con lei
che non si degnò nemmeno di considerarlo; solo in quel
momento si rese conto
che Pai non si era accodato al gruppo, ma anzi la stava fissando dalla
stessa
posizione di prima con quella che le parve curiosità negli
occhi scuri.
« Non hai ancora imparato a nuotare? » le
domandò
all’improvviso.
Retasu non seppe se sentirsi a disagio per la domanda
leggermente fuori luogo, per il fatto che lui si ricordasse di quel
ridicolo
particolare data la sua
natura secondaria, o per
tutta la situazione in
generale.
« No, io… preferisco rimanere dove si tocca,
» esclamò
con una mezza risatina imbarazzata, giocherellando con un dito nella
sabbia
bagnata, « Fa un po’ ridere, vero? »
Pai si limitò a scrollare le spalle e girarsi un secondo
verso il gruppetto, attirato dalla risata di Purin e dal grido
assassino di
Minto visto gli schizzi che lei e Kisshu stavano provocando
spruzzandosi a
vicenda.
« Ognuno ha le sue peculiarità, »
proclamò enigmatico,
osservando l’acqua che gli sfiorava la vita, «
Ammetto che nemmeno io sono
molto a mio agio qui dentro, ma è l’unica fonte di
ristoro. »
Retasu nascose un sorrisetto contro le ginocchia e ne
osservò il profilo di nascosto, un dito che giocherellava
con la sabbia
bagnata: « Quanto fa freddo sul vostro pianeta? »
« Si gela. Gelava, » si corresse lui quasi subito,
gli
occhi viola che accennarono a perdersi, « Eravamo costretti a
vivere
sottoterra, per ripararci dalle intemperie, ma la situazione non era
migliore.
Mi è successo solo un paio di volte di salire in superficie,
e… diciamo che il
buio dello spazio era più confortevole. »
Lei rimase in silenzio per qualche istante, percependo
chiaramente quanto il discorso non fosse tra i preferiti
dell’alieno.
« Quindi qui è tutto completamente diverso,
» esclamò poi
con una mezza risata, « Eppure sembrate abbastanza a vostro
agio. Non so come
facciate, se fosse toccata a me una cosa del genere… dovermi
reintegrare in un
posto del tutto nuovo, non saprei… »
« Ci siamo dovuti adattare ai cambiamenti, » Pai la
guardò da sopra la spalla con l’ombra di un
sorriso, « E molte volte non è
stata una nostra scelta. »
Retasu annuì e riabbassò di nuovo gli occhi blu,
esalando
un respiro tremolante. Avrebbe tanto voluto chiedergli di
più, ma aveva paura
di risultare invadente o toccare altri punti dolenti. Non riusciva
ancora a
comprendere l’umore dell’alieno, né la
maggior parte delle sue espressioni e
ciò che si nascondeva dietro esse, e non voleva essere presa
per una ficcanaso
insensibile.
« Comunque, non è vero quello che hai detto,
» soppesò
Pai dopo un po’, cogliendola di sorpresa, « Anche
tu sei stata messa
all’improvviso dentro una situazione totalmente nuova e che
alcuni
descriverebbero come folle, eppure sei riuscita ad affrontarla.
»
La ragazza non riuscì ad evitare di fissarlo ad occhi
sgranati, il cuore che le batté forte un paio di volte.
« Anzi, forse l’avete affrontata con molto
più coraggio
di noi. Soprattutto perché non avevate altra scelta.
»
Le rivolse di nuovo un sorriso mezzo affettato; Retasu
dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma fu preceduta dallo strillo
esagerato
di Purin, che era stata afferrata di peso da Kisshu e lanciata in acqua
compiendo un largo arco nell’aria.
« Finiranno per attirare l’attenzione di tutta la
spiaggia, » borbottò cupo Pai, parendo aver perso
quel minimo di buon umore.
« … Kisshu-san sa nuotare, vero? »
domandò preoccupata la
verde, seguendo con lo sguardo Ichigo e Minto mentre rincorrevano
l’alieno, reo
di continuare a sollevare schizzi, e tentavano di spingerlo in
giù.
Il viola scosse solo la testa e uscì dall’acqua:
« Se la
caverà. »
« …
tanti auguri, cara Purin, tanti
auguri a teee! »
La biondina si piegò a soffiare sulle candeline con un
sorrisone a trentadue denti, mentre il gruppetto intorno a lei
applaudiva
festante.
« Esprimi un desiderio! » la incalzò
Ichigo, e la vide
stringere forte gli occhi e arricciare il naso prima di spegnere tutte
e
diciotto le lucine in un unico soffio, gli altri che continuavano ad
incitarla.
Retasu si premurò invece di riaccendere le luci del
salotto, intanto che Keiichiro aiutava la festeggiata a tagliare la
torta.
« Ci siamo dimenticati di insegnarvi la canzone, »
fece a
mo’ di scuse poi rivolta verso Kisshu, che aveva osservato la
scena con una
spalla poggiata al muro e l’espressione tra il confuso e il
rapito, « È tipica
di quasi tutta la Terra, direi. La melodia, almeno. »
L’alieno fece un cenno di comprensione: « E quelle?
»
« Per tradizione, il festeggiato celebra con una torta
con sopra tante candeline quanti sono gli anni che compie, e le deve
spegnere
con un soffio. Si dice anche che dovresti esprimere un desiderio,
mentre lo
fai. E poi solitamente ci sono i regali da aprire. »
Kisshu intese l’occhiata di blu intenso come una muta e
curiosa richiesta a sapere come funzionasse dalle loro parti, quindi
abbozzò a
un sorriso: « Anche noi ci scambiamo dei doni per la
ricorrenza della nostra
nascita. Ma niente torta, quando eravamo piccoli il regalo migliore era
un
frutto, che noi chiamiamo
kirimoia(*).
Ha bisogno di molta
luce per crescere, e siccome da noi la luce era artificiale, le sue
coltivazioni erano molto limitate, il frutto costoso. Quindi era una
vera
chicca. »
Retasu ricambiò il suo sorriso e gli passò uno
dei piattini
con la torta: « Sai che non sappiamo quando sia il tuo
compleanno, Kisshu-san?
»
Lui ingollò circa mezza fetta prima di rispondere,
chiudendo un occhio mentre pensava: « Mmmh… non
abbiamo esattamente il vostro
calendario, ma grossomodo direi il vostro… aprile? Pai lo sa
sicuro meglio di
me. »
Lo sguardo di Retasu guizzò per un secondo verso il
maggiore degli Ikisatashi, dall’altro lato della stanza, e il
verde nascose un
sorrisetto dietro all’ennesima forchettata di dolce.
« Non è molto bravo a divertirsi, »
commentò con un
ghignetto, « Non lo era nemmeno prima di diventare un
soldato. Mr. Ghiacciolo è
tutto decoro e dovere. »
Retasu spiluccò la sua fettina, sorridendo appena:
« A
volte sembra che non andiate molto d’accordo. »
Kisshu si strinse nelle spalle e passò il lato della
forchetta sul piatto per ripulirlo di ogni traccia di panna:
« Siamo diversi.
Quando sono morti i nostri genitori eravamo ancora piccoli, il modo in
cui
abbiamo reagito ci ha diviso ancora di più, se possibile.
Poi sai, tutte le
nostre avventure… »
La ragazza sgranò gli occhi, terribilmente mortificata,
mentre quasi si strozzava con un pezzo di dolce: «
Kisshu-san, mi dispiace, io
non… »
« Su, su, pesciolina, » lui le diede un paio di
pacche
sulla schiena, sorridendo quasi divertito mentre le passava un
bicchiere
d’aranciata, « Ormai è acqua passata.
»
Lei lo ringraziò con un ultimo colpo di tosse, prendendo
un lungo sorso con aria avvilita. Come le era venuto in mente di dire
una cosa
simile? E come poteva Kisshu rivelare notizie del genere con tutta
quella
nonchalance? Si azzardò a lanciare un’altra
occhiata a Pai da sopra l’orlo del
bicchiere; forse non era poi del tutto strano, allora, che lui avesse
quel
carattere così chiuso, anche se diametralmente opposto a
quello del fratello…
ma certamente non era una cosa che avrebbe di nuovo investigato
così presto.
« Grazie a tutti ancora! » esclamò Purin
a volte alta, e
si appese al collo di Ichigo per un altro abbraccio, «
È stato un fine
settimana fantastico. E Keiichiro nii-san, la cena è stata
squisita! »
« Ho cercato di fare del mio meglio, Purin cara. »
Da sopra la spalla della rossa, la biondina lanciò uno
sguardo divertito a Ryou: « Ti perdono per aver rapito Ichigo
nee-chan. »
L’americano, spaparanzato sul divano, piegò solo
un
sopracciglio, sorseggiando la sua birra: « È stata
più che d’accordo. »
« Sì, sappiamo che fa fatica a dirti di no.
»
« Purin! »
Il viso di Ichigo prese fuoco e cercò di scrollarsela di
dosso, ma la biondina si tenne stretta continuando a ridere:
« Ora propongo di
andare a farci un altro bagno! »
« Purin, siamo stati in acqua tutto il giorno, »
rispose
Retasu con un tono un po’ di scuse.
« E sono le undici e ci siamo già fatti tutti la
doccia,
» aggiunse Minto, un po’ più piccata, ma
Purin scosse la testa come a non voler
sentire ragioni:
« Dai, per favore! È il mio compleanno e decido
io. »
« Ma ha sempre avuto questo caratterino? »
sghignazzò
Kisshu, « Comunque io appoggio la proposta. »
« Figuriamoci. »
« Andate voi, davvero, » Retasu li
incoraggiò con un
sorriso, « Io e Minto-chan mettiamo un po’ in
ordine. E domattina avremo ancora
il tempo di stare un po’ in spiaggia. »
« Promesso, eh! Ma Ryou nii-san non è esonerato.
»
«
Alright, alright! »
Con uno sbuffo, Ryou si unì a Purin e Ichigo, seguito da
Kisshu, e Keiichiro, che però indugiò un secondo
sulla soglia.
« Sicure che non vi serva una mano? »
Minto sventolò una mano mentre si alzava dal divano:
«
Vai pure a controllarli, Akasaka-san, o rischi che si affoghino
davvero. »
Rimasti in tre, con un gran sospiro la mora cominciò a
raccogliere gli involucri scartati dei regali, mentre Retasu e Pai
rassettarono
velocemente il tavolo della sala da pranzo, trasportando i coperti in
cucina.
« Sai quando torna Zakuro-san, Minto-chan? »
domandò la
verde poi, aprendo il rubinetto per sciacquare i piatti prima di
riporli in
lavastoviglie.
« La prossima settimana, » replicò
pronta la mora,
raccogliendo le bottiglie sparse, « Non ha ancora deciso se
tornare venerdì o
rimanere un weekend in più, dipende anche se la produzione
ha intenzione o meno
di fare uno shooting. »
In silenzio, Pai si dileguò molto presto al piano di
sopra, mentre le due ragazze finivano di sistemare i piatti e
chiacchieravano
sottovoce.
« Sono felice che Purin-chan sia stata contenta, »
mormorò Retasu, « È stato un
po’ difficile incontrarsi per il suo compleanno
gli anni passati, e spesso suo papà non c’era.
»
« Invidio la sua solarità, »
concordò Minto, « Saranno
dieci anni almeno che non festeggio un compleanno con i miei genitori,
eppure
continua a darmi fastidio. »
La verde le rivolse un sorriso comprensivo, per lei era
così difficile immaginarsi di non avere una famiglia unita,
o dei genitori
affettuosi, e ogni volta si rendeva conto di quanto fosse fortunata. Si
asciugò
le mani in un canovaccio e poi esalò lenta: «
Porto i regali di Purin in camera
e poi credo che andrò a dormire, ti dispiace? »
« Vai, io rimango ancora un po’, fa troppo caldo
per
dormire. »
Retasu raccolse i regali e si avviò lenta su per le scale,
non vedendo l’ora di rilassarsi tra le lenzuola dopo la
giornata comunque
intensa. Quando sbucò sul pianerottolo, l’unica
fonte di luce sul corridoio
buio venne data dalla luce del bagno che filtrò dalla porta
aperta da Pai, che
stava lasciando la stanza in quel momento.
L’alieno alzò a fatica la testa verso di lei,
l’espressione un po’ esausta, e lei fece solo un
sorriso, quasi bloccandosi
dove stava.
« Non ho finito di aiutarvi, » bofonchiò
a mo’ di scuse,
e si passò una mano sul volto con fare stanco, «
Ma… questo caldo, e il Sole… »
Retasu sentì il proprio cuore battere irregolare dalla
tenerezza che le scatenarono quelle parole, e continuò a
sorridere mentre
annuiva comprensiva: « Nessun problema, Pai-san. So che non
dev’essere facile. »
Pai annuì, le sembrò che raddrizzasse un poco la
schiena,
come se mostrarsi così distrutto non fosse fonte di decoro
né appropriato, e
fece qualche passo verso la stanza che avrebbe condiviso con il
fratello.
« Penserai che sia molto noioso, » disse a voce
bassa,
così bassa che lei quasi stentò ad udirlo, una
punta di divertimento nel tono
che le sembrò quasi strana, « Mio fratello ancora
pimpante, e io che sto per
crollare perché la temperatura non fa per me. »
Lei congiunse le mani davanti a sé, la gola via via che
si seccava: possibile che continuasse a trovarsi sola con lui quel
giorno?
« Non sono molto più divertente di te, Pai-san,
»
replicò, cercando di suonare altrettanto ironica,
« Non mi avventuro più in là
della riva, e sto andando a dormire dopo aver sistemato. »
Gli occhi ametista brillarono un poco
nell’oscurità,
forse colse l’ombra di un sorriso: « Allora mi dai
ragione, che sono noioso. »
« N-n-n-no no no! » Retasu si affrettò a
correggersi,
avvertendo le guance andare in fiamme e agitando le mani davanti a
sé, « Mi hai
frainteso, cercavo di dire che… »
Lo sentì ridacchiare piano mentre si avvicinava di
più
alla propria camera: « Scusa, non volevo turbarti. »
Come poteva non turbarla quando cambiava umore in così
poco e addirittura le mostrava quel sorriso? E lei perché
continuava a farsi
tutte queste domande?
Retasu deglutì e cercò di ricomporsi, ricambiando
la
risatina a disagio: « Be’, ora… ora
credo che andrò a riposare. »
Pai la osservò un altro paio di secondi in silenzio prima
di far sì con la testa: « Buonanotte, Retasu.
»
In realtà, lei rimase ferma dov’era
finché non lo vide
chiudersi la porta della stanza alle spalle; poi lasciò
uscire tutta l’aria che
aveva trattenuto in un sottile sospiro, e si fiondò in bagno
a sciacquarsi la
faccia rovente, sperando solo che il buio avesse camuffato la cosa.
Al piano di sotto, Minto pensò che forse rinfrescarsi un
po’ con l’acqua del mare non sarebbe stata una
brutta idea, visto quanto
facesse comunque caldo anche in piena notte. Storse un po’ il
naso però al
pensiero del sale e delle alghe, e del tran-tran successivo che avrebbe
dovuto
affrontare tra doccia e creme idranti, quindi invece afferrò
un bicchiere e lo
riempì fino all’orlo di acqua fredda, bagnandosi
nel frattempo anche un po’ i
polsi. Sospirò rumorosamente una volta che lo ebbe svuotato
in un colpo solo, passandoselo
sulla fronte per trovare un minimo di ristoro dato nella frescura della
superficie. Aldilà della larga vetrata della cucina,
riusciva ancora ad intuire
le sagome degli amici che si spruzzavano allegramente sotto la Luna, e
sentì
chiaramente l’urletto allegro di Purin mentre veniva
sollevata da Ryou e
scaraventata nuovamente in acqua.
Si concesse un altro sorriso intenerito a pensare
all’amica, che nonostante tutto non aveva mai visto abbattuta
o scoraggiata, ma
che anzi sembrava sempre più solare ogni giorno che passava.
« Niente avventure notturne per te, tortorella? »
Kisshu, come al solito, la prese alle spalle, i capelli
che gocciolavano senza pietà sul pavimento di legno del
corridoio. Lei, che era
sobbalzata visibilmente, fece una smorfia infastidita mentre riempiva
il
bicchiere una seconda volta: « Non sono il tipo da bagni di
notte. »
« Cos’è, hai paura dei pesci? Pensavo
fosse la micetta
quella fifona al buio. »
Minto gli lanciò un’occhiata di rimprovero:
« Non ho
paura di un bel niente, semplicemente mi ero già rilassata e
ripulita dalla
spiaggia, e non avevo intenzione di vanificare il tutto. »
L’alieno la guardò divertito: «
Rilassata
non mi
sembra il termine ideale, passerotto. »
Lei non provò nemmeno a ribattere, consapevole che
avrebbe solamente visto il ghignetto allargarsi, e affondò
il proprio puntiglio
in un sorso d’acqua.
« E in ogni caso, è molto più
rilassante al buio, »
esclamò poi Kisshu, guardando fuori dalla vetrata,
« Anche se con la scimmietta
non è che si parli molto di relax… »
Si girarono entrambi verso il corridoio buio quando
udirono il rumore della porta d’ingresso e la risatina
allegra e rumorosa di
Ichigo che fingeva di arrabbiarsi per il fatto che Ryou se la fosse
caricata in
spalla e stesse ora marciando verso il piano superiore, due sorrisi
troppo
marcati perché avessero effettivamente litigato o lei fosse
veramente
dispiaciuta della cosa.
Kisshu guardò la mora, rivolgendole un occhiolino:
«
Forse nemmeno tanto con la micetta. »
« Ah, Ichigo, » mormorò Minto con un
sospiro intenerito,
« Bisogna volerle bene così
com’è, esagerata e con la testa per aria.
»
« C’è forse un cuoricino sotto quegli
strati di stoffa
costosa? »
« Più di quanto ci sia un cervello sotto quei
capelli
impossibili. »
Kisshu rise divertito e scrollò la testa giusto per darle
fastidio con le gocce fredde che schizzarono da tutte le parti, lei che
emise
un grugnito esasperato mentre afferrava un canovaccio e glielo tirava
in faccia
come un muto ordine di asciugarsi.
« Comunque, vi bilanciate bene voi due, »
commentò
sovrappensiero l’alieno dopo qualche istante, sfregandosi il
panno in testa.
« Forse vuoi dire che io ho un’ottima influenza su
Ichigo, » esclamò Minto con nemmeno tanta ironia,
alzando un sopracciglio divertita,
poi però si strinse nelle spalle, « È
la mia migliore amica. »
« Più della lupotta? »
« Con la onee-sama è… diverso. Ichigo
è stata una delle
mie prime vere amiche, ed è… beh, è
Ichigo. »
« Già, » Kisshu abbandonò lo
straccio accanto al
lavandino e abbozzò una smorfia, « L’hai
riassunta bene. »
La mora picchiettò appena le unghie contro il bicchiere
che ancora teneva in mano: « Devi darle un po’ di
credito per quando è venuta a
parlarti, dopo che hai spifferato a tutti di lei e Shirogane. Sa essere
espansiva e diretta, ma… fa un po’ fatica sui
discorsi più complicati. Ed era
preoccupata. »
« Non c’era niente di cui preoccuparsi,
gliel’ho anche
detto, » replicò lui, un minimo sorrisetto sulle
labbra, e Minto piegò un poco
la testa di lato mentre agitava il bicchiere nell’aria,
leggermente a disagio:
« Sì, ma comunque…
sai…
»
L’alieno rise del suo imbarazzo e le prese il bicchiere
dalle dita per vuotarlo di un colpo: « Non mi sembra che
nemmeno tu sia
campionessa dei discorsi difficili, tortorella. »
« Cerco di non impicciarmi negli affari altrui. »
«
Coooome no! »
Minto scosse di nuovo la testa, si riprese il bicchiere e
lo poggiò dentro al secchiaio. In quel momento, Purin corse
dentro casa come
una furia, ridendo ad alta voce, Keiichiro una ventina di passi
indietro, molto
più calmo.
« Buonanotte, Kisshu-san, nee-chan! Domani lo rifacciamo,
eh! E Akasaka nii-san mi ha promesso che mi insegna a surfare!
»
La mora si scambiò un rapido sguardo con il pasticcere,
che aprì solamente un poco le braccia come a dire
non
ho avuto altra scelta,
prima di incamminarsi anch’egli al piano di sopra
con un sospiro e un
saluto.
« Spero che Retasu non si fosse già addormentata,
»
commentò lei divertita, « O non
prenderà più sonno. »
« Le si scaricheranno le pile, a un certo punto, »
ghignò
Kisshu di ricambio, « Vedi, tortorella, è
così
che bisogna essere,
giovani e attivi! »
« Chi era quello che ha passato la giornata galleggiando
a morto boccheggiando per il caldo? »
« Come se non vi foste fatte un pisolino all’ombra
dopo
pranzo. »
Minto alzò gli occhi al cielo, piegando un angolo della
bocca: « Cosa fai, ci spii anche ora? »
Lui ricambiò l’occhiata divertita con un guizzo
negli
occhi: « Il panorama non era male. E poi così
almeno sono riuscito a sbirciare
quel tuo faccino adorabile senza la solita spocchia sopra. »
La mora inarcò un sopracciglio a mo’ di
avvertimento: «
Rischi che Shirogane tenti davvero di affogarti se ti becca a
occhieggiare
Ichigo, » aggiunse poi.
L’alieno esalò un lungo verso di esasperazione,
finalmente togliendosi il canovaccio da dosso e appallottolandolo prima
di
lanciarlo accanto al lavandino: « Ma mi ascoltate almeno
quando parlo? Poi se
vuole farsi una scazzottata ben venga, non ho bisogno di molte scuse.
»
Quasi in automatico, Minto si avvicinò al lavandino per
prendere lo straccio e piegarlo con cura in un rettangolo ordinato.
« Ti conviene spicciarti ad andare a farti una doccia,
»
esclamò, tendendo un orecchio verso al piano di sopra,
« O credo che il bagno
verrà occupato a lungo. »
« Non mi importa molto, » Kisshu si
osservò le braccia
pallide, ancora coperte da qualche goccia d’acqua,
« Non è una sensazione
spiacevole, quella del sale. »
La mora lo guardò con un’espressione schifata:
« Non è
molto igienico. »
« Lo so che sei delicata, » la prese in giro
sottovoce, «
Ma è anche la prima volta che mi capita di passare una
giornata al mare, o di
vederlo per bene, se è per questo. Magari me lo voglio
godere un po’ di più. »
Le rivolse un’espressione talmente saputa che Minto
riuscì solo a ridere e scuotere la testa: « Fa
comunque un po’ schifo. »
« Mica ci dormi tu con me, tortorella. »
Lei gli puntò l’indice contro come ammonimento,
trattenendo un sorriso, poi sospirò, incamminandosi verso le
scale: « Vado a
dormire, prima che Purin e Retasu occupino tutto il letto. »
Kisshu la studiò un istante, come se stesse cercando di
capire qualcosa, poi la sua espressione si tramutò nel
solito ghignetto: « Se
non ci dovesse essere posto… »
« Vai a quel paese, Kisshu. »
« Buonanotte anche a te, passerotto. »
Minto si limitò a sventolare svogliatamente una mano
dietro di sé, dandogli le spalle mentre saliva le scale
buie, ignorando il
pizzicore che provava alla nuca dato dagli occhi dorati puntati
addosso.
§§§
Zakuro aveva sempre avuto il sospetto che i suoi sensi di
lupo non si fossero mai del tutto placati nel corso degli anni,
perché anche in
quel momento poteva benissimo avvertire che ci fosse qualcuno nel suo
appartamento fin dall’ascensore all’inizio del
corridoio.
Maledetta la sua decisione di dare le chiavi a Shirogane.
Si preparò esalando lenta e rilassando le spalle, non
poteva certo arrabbiarsi, immaginava che le intenzioni fossero
più che
amichevoli e affettuose, al tempo stesso le riusciva difficile non
innervosirsi
al pensiero di non poter godere di un po’ di silenzio e calma.
Non appena infilò le chiavi nella toppa, udì il
mormorio
acquietarsi con una serie di
ssssh! minacciosi, e
dovette reprimere un
sorrisetto; contò fino a cinque, e spalancò la
porta di casa.
Il suo
loft s’illuminò
d’un colpo mentre tutti e
nove gli altri sbucavano da dietro i muri – chi
più chi meno energicamente –
con palloncini e nastri al grido di
Buon compleanno!, investendola
in
più con una pioggia di coriandoli (che, si
appuntò mentalmente mentre non
poteva fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso, avrebbe fatto
ripulire
direttamente al suo connazionale).
« Ti abbiamo fatto la sorpresa! »
sottolineò Purin,
ignorando come al solito gli spazi personali altrui e abbracciandola
con un
saltello.
« Decisamente, » commentò Zakuro con una
risatina, e si
passò una mano tra le ciocche color glicine per togliere la
maggior parte dei
pezzetti colorati, « A cosa devo l’onore?
»
« Abbiamo realizzato che non ti festeggiavamo come si deve
da almeno tre anni, » le spiegò dolcemente Retasu,
mentre si incamminavano
verso il salotto, « Mentre i nostri compleanni più
o meno siamo sempre riusciti
a passarli insieme. Speriamo ti faccia piacere. »
E la modella non poté negare che, nonostante la pochissima
voglia che aveva sempre avuto nei confronti del proprio giorno di
nascita e il
grande scontento che provava all’invasione della sua
solitudine, vedere il
tavolino da caffè del salotto ricoperto di fiori, regali,
qualche vassoio con
degli stuzzichini e una larga torta rotonda, e altri palloncini
sistemati
dietro al divano, le provocò una piacevole ondata
d’affetto nei confronti di
quella che era, a tutti gli effetti, la sua famiglia.
« Sei sorpresa, onee-san? »
« Certo, Purin, » le carezzò affettuosa
la testa bionda,
e poi lanciò uno sguardo divertito verso Ryou e Keiichiro,
« La torta è omaggio
del Caffè? »
« Voi vi approfittate del buon cuore di quest’uomo!
»
« Lasciatelo perdere, è sempre un piacere per me,
ragazze. »
Ricevuti gli abbracci anche da parte di Ichigo e Minto,
che si era premurata di sottolineare quali tra i vari pacchettini
fossero i
suoi regali, sempre con Purin attaccata all’altro braccio,
rivolse uno sguardo
all’intero gruppo che si stava sistemando tra divano,
poltrone e tappeto: «
Grazie mille, davvero. È stato un pensiero carinissimo.
»
« Una donna di poche parole, » ghignò
Kisshu, appollaiato
a braccia incrociate sul bracciolo del divano, guadagnandosi
un’occhiataccia
sia da parte della festeggiata che di Minto.
« Dai, dai, ora soffia! »
Purin la tirò fino al tavolino, quasi costringendola a
sedersi, intanto che Keiichiro accendeva le ventidue candeline bianche.
Almeno
le fu risparmiato il supplizio della canzoncina, si disse tra
sé e sé mentre
seguiva un applauso al suo spegnerle tutte d’un colpo.
« È una
New York cheesecake con
dei mirtilli
, »
le rivelò il pasticcere con fare complice, ben conscio dei
suoi gusti, «
Porzione per quindici, conoscendo i nostri ospiti. »
Zakuro ricambiò il sorriso, e si alzò sorreggendo
cauta
la torta in mano: « Però la taglio in cucina, voi
mettetevi comodi. »
« Sei sicura, Zakuro-san? »
Lei rispose a Retasu con un cenno del capo: « Mi aiuta
Ryou. »
«
Sir, yes, sir. »
Non diede attenzione alla sua ironia, gli porse la torta
e lo precedette in cucina, andando a rimestare tra gli scaffali per
piattini e
forchette.
« Ti avevo detto che non volevo festeggiare. »
Ryou non si scompose per nulla alla gelida nota di
rimprovero sotto al sorrisetto della modella, mentre poggiava la torta
sulla
penisola.
« Avresti preferito che lasciassi tutto nelle mani di
Ichigo e Minto? Ti saresti ritrovata nell’ultimo locale
più in voga del momento
con una torta a tre piani. Invece,
voilà, non
ti sei nemmeno dovuta
mettere un paio di calze. »
Zakuro ignorò il commento sul fatto che fosse a piedi
scalzi sul pavimento di marmo della cucina e agitò vagamente
il coltello che
aveva in mano davanti al naso del biondo.
« Guarda che non sono io quella che non sa dire di no a
quelle due. »
«
Ouch, » Ryou si mise una mano
sul cuore, non
dovendo poi fingere così tanto di essere stato punto sul
vivo, « Sto per
nascondere il tuo regalo. »
Lei gli lanciò un’ultima occhiataccia divertita e
si
riavviò con i piattini della torta su un elegante vassoio,
porgendo i primi a
Purin e Ichigo che, come al solito, sembravano le più
impazienti di gustarsi il
dolce. La conversazione su un argomento di cui aveva mancato il
principio
continuò anche mentre ognuno si concentrava sul dessert, e
mentre Zakuro si
risiedeva notò con la coda dell’occhio Kisshu che,
con nonchalance, appoggiava
il braccio sullo schienale del divano, appena cinque centimetri sopra
le spalle
di Minto, la quale rimase impegnata a partecipare alla discussione, ma
con la
parte superiore del corpo leggermente inclinata verso
l’alieno. La modella si
sforzò di non sorridere per non attirare
l’attenzione su di sé, e al tempo
stesso si chiese se non ci fosse sotto qualcosa che l’amica
stessa non aveva
ancora notato. Anche se forse un discorsetto o due
d’avvertimento a Kisshu
sarebbero stati d’obbligo.
Cullata dal ronzio delle chiacchiere di sottofondo, e dal
meraviglioso sapore della cheesecake sulle papille gustative, a
malapena si
accorse del tempo che passava, lei che di solito anelava
così tanto poter
rimanere sola con i suoi pensieri. Era quello, si disse, la vera prova
che
avesse accettato quel gruppo in tutto e per tutto come
un’estensione del suo
essere, come la parte mancante della sua vita; il riuscire a
condividere
momenti importanti insieme a quelli semplici, senza avere la voglia di
scappare
al più presto possibile.
Da sotto la frangetta, lanciò uno sguardo in su,
reprimendo un sorriso: a Keiichiro in poltrona che impilava
ordinatamente i
piattini usati; a Ryou, rilassato con Ichigo accanto a sé
che chiacchierava fin
troppo energica con Minto, di fianco a lei nel divano da quattro,
Kisshu
all’altro lato che invece confabulava con Purin, seduta ai
piedi di Retasu
sulla seconda poltrona, il cui bracciolo era occupato da Pai. Si
soffermò un
istante di più sul profilo dell’alieno, di cui
ancora faticava a comprendere
gli stati d’animo.
Forse non erano poi così differenti, si disse. Sempre un
po’ pesci fuori dall’acqua, sempre introspettivi ma
curiosi, imperscrutabili
agli altri. Eppure, come lei al tempo, lui e il fratello si erano uniti
in
maniera organica al gruppo, la loro presenza aveva smesso di stonare
fin da
subito, e ora sembrava davvero che la scena fosse completa.
« Ti sono piaciuti i regali? » Purin
gattonò fino a lei,
seduta oltre al tavolino a gambe incrociate sul tappeto, «
Sta diventando un
po’ difficile pensare cosa regalarti, nee-san. »
Zakuro sbuffò una risata roca alla schiettezza della
biondina, annuì convinta: « Molto, Purin, grazie
mille. Prometto che ne farò
buon uso. »
« Io ce l’ho uguale, » sorrise la
più giovane,
riferendosi al tappetino da yoga che le aveva donato, « Minto
nee-san mi ha
detto che il tuo si è perso durante un viaggio, quindi mi
è sembrata una buona
idea. »
« È perfetto, » concordò la
modella, « Anzi, stavo
pensando, perché non organizziamo qualche tipo di evento a
tema per fare un po’
di pubblicità alla vostra nuova palestra? So che siete
dedicati alle arti
marziali, ma magari… »
Gli occhi scuri brillarono estasiati: « Nee-chan, sarebbe
grandioso! Anzi, soprattutto quando non
c’è papà, così non mugugna
sulle
attività alternative! E scommetto che
anche i miei fratellini si
divertirebbero, Heicha in realtà si sta interessando alla
ginnastica ritmica ma
sarebbe ottimo! »
« Parlerò con la mia manager e Minto, e ti faccio
sapere.
Ora che riaprono le scuole è una buona occasione. »
La biondina le si lanciò addosso per un altro dei suoi
energici abbracci, quasi facendole perdere l’equilibrio.
« Ovviamente invitiamo anche Ichigo-chan e Retasu-chan,
»
esclamò Zakuro a voce un po’ più alta,
un po’ ironica, « A un appuntamento di
yoga nella palestra di Purin. »
« Ichigo
millanta di saper fare,
» aggiunse Minto,
roteando teatralmente gli occhi, « Il tappetino che le ho
regalato io sarà
sicuro a far la polvere. »
« Guarda che
io sono un sacco attiva
ora! »
«
Immagino. »
« Minto! »
Zakuro mascherò un sorrisetto mentre quelle due
riprendevano a battibeccare sotto lo sguardo scocciato di Shirogane,
che dopo
tre minuti di orologio scostò il braccio dal poggiatesta e
fece per alzarsi.
« Sono quasi le dieci, direi che abbiamo abusato
dell’ospitalità di Zakuro. »
« Grazie ancora a tutti per i regali, »
ripeté mentre si
alzavano tutti in piedi e pian piano raccoglievano le loro cose,
sciamando
verso l’uscita, « Chi vuole la torta rimasta?
»
Le mani di Kisshu, Ichigo, e Purin scattarono in su
all’unisono, e lei rise: « La porto domani al
Caffè. »
« Chi prende il treno per tornare? »
« Io ho la macchina, se qualcuno vuole un passaggio.
»
« Teletrasporto offerto da Ikisatashi e co., anche molto
più ecologico. »
« Do
you ever shut up? »
Quando poté finalmente chiudere la porta alle spalle
dell’ultimo uscito, Zakuro non riuscì a trattenere
un sospiro, poggiando la
fronte contro al legno fresco. Voleva loro bene, certo, ma dopo un
po’ la calma
era indispensabile.
E necessaria a percepire il sottile spostamento d’aria
dato dall’uso dei poteri alieni.
« Voi essere umani siete sempre così…
conviviali? »
Si voltò con calma, con l’ombra di un sorriso
sarcastico
sul volto, al sentire la domanda così seria di Pai.
« Non io, personalmente, » ammise con
onestà, incrociando
le braccia al petto, « Ma… non siamo nemmeno un
gruppo di persone normali. »
Lo sorpassò nel corridoio, e lo avvertì seguirla
in
cucina, dove lei si versò un bicchiere d’acqua del
rubinetto.
« Da dove vengo io… i nuclei familiari sono uniti,
ma
siamo anche stati abituati fin da subito a non affezionarci troppo agli
altri.
La vita non era semplice, e le faide tra gruppi non scarseggiavano.
Bisognava
badare a noi stessi e ai più prossimi, il più
delle volte. O ai tuoi compagni
d’armi, in certe situazioni. Ora la situazione è
stabile, certo, la società
solida, ma… le vecchie abitudini sono dure a morire.
»
Zakuro lo osservò facendo roteare il bicchiere tra i
palmi, allungandosi sulla penisola: « Dicono che siamo
animali sociali, però, »
commentò sottovoce, « Gli altri sono la mia
famiglia. Riesco a concedere tutto
questo tempo solo a loro, e non è stato facile per me
all’inizio. »
« E la tua famiglia d’origine? »
Non si scompose alla domanda schietta, era una delle
caratteristiche dell’alieno che aveva colto fin da subito; si
limitò perciò
solo a stringersi nelle spalle: « Abitano su un altro
continente, e non ci
parliamo da quasi dieci anni. »
Pai annuì, la fronte appena corrugata come se stesse
soppesando la sua risposta. Lei aspettò in silenzio, finendo
di bere, immersa a
sua volta nei pensieri.
Poi si mossero l’uno verso l’altra quasi
all’unisono,
così com’era successo quella prima volta, nella
penombra del laboratorio, un
paio di settimane prima, e le volte successive. Non si erano posti
molte
domande, né se le fecero in quel momento, consci che
eventuali risposte non
sarebbero state trovate sulle labbra dell’altro ma
intenzionati solo a
perdervisi, per un istante.
Kisshu era ancora sveglio, steso al buio della sua
camera, quando sentì il soffio del teletrasporto poco fuori
la sua porta
socchiusa. Lanciò distratto un’occhiata
all’orologio digitale, che segnava
l’una e mezza del mattino, e spostò la mano sotto
alla nuca mentre con l’altra
continuava a giocherellare con un piccolo para-para.
Pai dovette passare per forza di fronte alla sua stanza
per andare in bagno, e si accorse di lui.
« Che ci fai ancora sveglio? » gli
sussurrò quasi
arrabbiato.
Il verde ghignò, mantenendo lo sguardo sul soffitto:
«
Troppi zuccheri, non trovi? »
Il pugno del fratello maggiore si tese
impercettibilmente, mentre questi sbuffava e scostava gli occhi.
« Me ne vado a dormire. »
« Pai? »
Kisshu si tirò a sedere e lo scrutò in uno dei
suoi rari
momenti di serietà; il viola attese qualche secondo, poi
scosse la testa e si
avviò verso il bagno.
§§§
« Per fortuna che
siamo arrivati insieme, » Ichigo prese Retasu sottobraccio e
si strinse a lei
mentre percorrevano il vialetto d’ingresso illuminato di
villa Aizawa, quella
sera di ottobre, « Quando Minto fa le cose così in
grande, mi sento sempre a
disagio. »
« Ma ogni anno fa
le cose in grande, nee-chan. »
« E io mi sento
sempre a disagio. »
« Non
preoccuparti, Ichigo-chan, » Zakuro le sorrise teneramente da
sopra la spalla,
camminando qualche passo avanti a lei, « Siamo sempre noi,
alla fine. »
« Ma mi devo
preoccupare? » borbottò Kisshu, piegandosi appena
verso l’orecchio di Purin
mentre lanciava occhiate in giro al giardino, «
Cos’è, tra un po’ spunta
qualcuno a farmi un esame di galateo? »
« No, per quello
basta Minto-chan, » rise la biondina divertita, «
Ogni anno invita sempre un
sacco di persone al suo compleanno e Ichigo-chan si stressa
perché sono sempre
tutti eleganti e posati. Ma è niente in confronto alle feste
private che
la sua famiglia organizza in primavera ed estate. Lì ci sono
davvero un
sacco di snob, mentre gli altri amici della nee-chan alla fine sono
simpatici.
»
« Per te è facile
dirlo, Purin, faresti amicizia anche con un albero, »
commentò Retasu
intenerita, mentre tutti insieme varcavano il portone
d’entrata ed allungavano borse
e cappotti, un po’ a disagio, verso le cameriere.
« La festa della
signorina Aizawa si sta tenendo nel salotto piccolo, » le
informò la più
giovane di loro, sorridendo allegramente a Ichigo che
ricambiò, riconoscendola
da tutte le volte che si era fermata alla villa.
« Wow, il salotto
piccolo, » commentò Ryou con sarcasmo,
scambiandosi un’occhiata divertita con
Zakuro, « Ci siamo trattenuti quest’anno.
»
« Oh, grazie al
cielo, » esalò Ichigo sottovoce, agguantando
questa volta il braccio del
biondo, poi aggrottò le sopracciglia, « Spero che
non ci sia quella tizia
antipatica che andava a scuola con lei e che due anni fa ci ha provato
con te
tutto il tempo. »
Il ragazzo alzò
un sopracciglio, divertito e stupito al tempo stesso del commento, e le
lasciò
un bacetto sulla sommità della testa mentre si
incamminavano: « Easy, tiger.
»
Il salotto
piccolo di villa Aizawa, ovviamente, era grande due volte (e
probabilmente
mezza) il salotto di Ichigo, e al loro ingresso già
brulicava di persone
sorridenti impegnate in chiacchiere sopra un elegante sottofondo
musicale; sul
lato sinistro, vicino alle alte finestre e subito individuato da
Kisshu, Purin,
e Ichigo, c’era un lungo tavolo coperto da una candida
tovaglia e pieno di
vassoi ricolmi di cibo dall’aspetto appetitoso.
« Credo di aver
individuato dove passerò la serata, »
ghignò il verde, facendo ridere di nuovo
la biondina, « Ma non manca il dolce con le
lucine…? »
« Minto-chan che
soffia sulle candeline? Per favore! » Purin alzò
appena gli occhi al cielo,
sghignazzando con ironia, « L’unica volta che siamo
riusciti a convincerla è
stato facendole un agguato al Caffè con un cupcake
e una singola candela.
»
« Minto-chan! »
la rossa si alzò sulle punte e sollevò un braccio
per attirare l’attenzione
della festeggiata, impegnata ad accogliere altri ospiti
dall’altra parte della
stanza.
« Per carità,
Ichigo, non siamo al porto, » la salutò non appena
li raggiunse, facendo subito
storcere la bocca all’amica, « Su, su, non state
lì impalati, c’è un sacco di
cibo e da bere – Kisshu, Purin, mi raccomando, buone
maniere. Onee-sama,
ti vorrei presentare un paio di amici… »
« Ma io che ho
fatto! »
« Aizawa, il tuo
primo brindisi ufficiale ce lo puoi anche concedere. »
Lei alzò un
sopracciglio altezzoso guardando Ryou: « La prossima volta
dì alla tua ragazza
di non arrivare in ritardo. »
« Guarda che
torno a casa e mi porto dietro il regalo! »
« Minto-chan è
ufficialmente maggiorenne, » spiegò gentilmente
Retasu ai due alieni, che
avevano osservato lo scambio di battute un po’ confusi,
« In Giappone si può
iniziare a bere, tra le altre cose, dai vent’anni.
» (**)
« Ma allora,
passerotto, bisogna festeggiare! » esclamò lui con
un guizzo negli occhi
dorati, e la mora si limitò a sospirare teatrale:
« Kisshu, ti
prego, almeno stasera, placati. Onee-sama, vieni? »
Mentre la mora
prendeva la modella sottobraccio e la conduceva tra i vari gruppetti di
persone
con sguardo adorante, Ryou lanciò uno sguardo di divertito
astio nei confronti
del verde, che era rimasto un po’ basito dalla risposta
(molto più abituato a
risposte piccate da parte della ragazza), e prese di nuovo la mano di
Ichigo,
facendo un cenno verso il buffet.
« Vuoi qualcosa?
»
Gli occhi della
ragazza brillarono ingordi, prima che una sottile smorfia le si
disegnasse sul
volto: « Sì, però qualcosa di
leggero… l’ansia mi ha fatto venire un
po’ di mal
di pancia. »
Il biondo la
guardò leggermente preoccupato, sfiorandole una guancia:
« Tutto okay? »
Ichigo sorrise e
annuì, agitando una mano: « Sì, lo sai
che non sono fatta per le grandi feste
eleganti. »
« Me lo ricorderò
quando vorrai di nuovo inaugurare il Caffè. »
In realtà, tutto
il gruppetto si mosse compatto verso le cibarie, tutti molto
più a proprio agio
tra di loro che tra la folla e in ogni caso desiderosi di assaggiare le
leccornie di ispirazione europea proposte. E, proprio come previsto da
Retasu,
Purin e la sua estroversione furono il ponte perfetto per interagire
con gli
altri invitati, riconoscendo soprattutto vecchi amici di Minto che
avevano già
conosciuto a eventi precedenti (e, con sommo dispiacere di Ichigo,
inclusa la
vecchia compagna di scuola che aveva mostrato interesse per Shirogane).
Kisshu, dal canto
suo, per una volta rimase piuttosto in disparte, la coda
dell’occhio fissa
sulla festeggiata che rimbalzava come un’elegante piuma da
ogni parte della
sala, cercando di intrattenere quanti più ospiti possibili
nello stesso momento
e di interagire con tutti, da perfetta padrona di casa. La
osservò sorridere
raggiante, probabilmente scambiarsi battutine per pochi con delle
ragazze
longilinee quanto lei, posare per delle foto con quegli aggeggi che lei
e le
altre si portavano sempre in giro. Quando si riaccostava a loro, poi,
era quasi
come se tornasse a prendere un respiro da tutto quel tran-tran oltre
che a un
sorso di una bevanda o un vol-au-vent.
« Ma dovevi
proprio invitare quella Tanaka-san? » le si
lamentò Ichigo all’orecchio dopo un
po’, « Non riesce proprio a non fare la cascamorta!
»
Minto alzò gli
occhi al cielo, concedendosi un pasticcino: « La conosco da
quando vado
all’asilo, non potevo lasciarla fuori. E non è
così male, sei tu che sei
estremamente gelosa. »
« Ci ha provato letteralmente
con tutti. Vero, Kisshu? »
Lui ghignò e alzò
le mani in segno di difesa: « Non la possiamo certo
biasimare, gattina. »
« Grazie, sei di
aiuto. »
« Ichigo,
piuttosto, Maeda-san ti stava cercando, anche lei pensava di continuare
l’università con Lettere e voleva qualche
informazione. »
« No, ti prego,
tutto ma non lo studio stasera… »
Kisshu osservò
con un sorrisetto la mora trascinare l’amica da
un’altra parte, intimandole
qualche tipo di minaccia all’orecchio visto il sorriso
splendente che la vide
fare; in quel momento, afferrò un paio di bicchieri pieni e
sgattaiolò quatto
lungo il muro, silenzioso come sapeva essere, avvicinandosi alle spalle
di
Minto. Solo quando vide Ichigo ben impegnata nella conversazione lui si
fece
avanti e prese la mora delicatamente per un braccio, tirandola un
po’ meno
gentilmente verso uno dei corridoi su cui si affacciava la stanza.
« Kisshu, che
modi sono! » si lamentò immediatamente lei,
« Ti sembra possibile!? »
« Non mi hai
nemmeno salutato per bene. »
Minto si irrigidì
all’istante, notando come le iridi dorate di Kisshu paressero
brillare anche
nella penombra del corridoio.
« Dovevo
assicurarmi che tutto andasse bene alla festa, » gli
rimbrottò, « Voi siete
solo bravi a finirlo, il cibo. »
L’alieno ghignò e
fece un mezzo passetto avanti: « Tortorella, »
sussurrò a bassa voce, «
Smettila di voler sempre avere il controllo su tutto. »
Lei alzò gli
occhi al cielo e accettò il bicchiere di bollicine che lui
le stava porgendo,
più che altro per avere qualcosa in mano su cui
concentrarsi.
« Sono i tuoi
amici della compagnia? »
Minto annuì, lanciando
un’occhiata sopra la spalla agli invitati che continuavano a
chiacchierare
allegri.
« Non ti ho visto
interagire molto con loro. »
Kisshu esibì un
sorrisetto ironico, accennando verso uno dei ragazzi: « Non
credo che io e
Mister Ciuffo impomatato avremmo molto in comune di cui discutere. Tu,
piuttosto… »
« Io piuttosto
cosa? »
« Sei a tuo agio
con loro. Non come quando sei con le altre, eh, quel tuo ghignetto
supponente
c’è sempre, ma sei contenta. »
Lei lo guardò
stranita, prendendo un sorso lentamente: « Non capisco se
dovrei ringraziarti o
ribattere all’insulto. »
Kisshu sghignazzò
e piegò la testa da un lato: « Perché
hai smesso di ballare, allora? »
Minto esalò
lentamente, osservando il poco contenuto del bicchiere; era un
argomento che
ancora le doleva toccare: « Circa un paio di anni fa, ho
sentito mia madre
commentare, con testuali parole, “meno male che la
nostra Minto si è
affezionata così tanto al suo hobby, non è molto
portata per altro.” »
Lui la osservò
sforzarsi di fare un falsissimo sorriso velenoso, mentre sollevava
appena un
sopracciglio e continuava con astio.
« Un hobby. Prima
ballerina per una vita, molto prima del normale, tournée in
tutto il mondo, ho
ballato anche a New York e all’Opera di Parigi, sai? Ma era
solo un hobby, e
non sono portata per altro, » la mora prese un altro respiro
profondo e poi
alzò la testa, « Così, ho messo da
parte l’hobby e ho dimostrato che sì, potevo
anche far qualcos’altro. »
Kisshu la guardò
in silenzio per qualche istante, poi sbuffò divertito:
« La tua testardaggine potrebbe
essere pericolosa, tortorella. »
Minto lasciò
uscire una risatina dal naso e poi alzò appena un
sopracciglio, avvicinando il
bicchiere alle labbra: « Lo prenderò come un
complimento. »
« Ora dimmi una
cosa, » il verde fece un passo in avanti, con una luce
divertita negli occhi, «
Cos’hai contro il soffiare le candeline? »
Dovette
trattenersi dal ridere al vedere la faccia stupita e confusa della
ragazza.
« Ma che… che
razza di domanda è? E soprattutto chi te l’ha
detto? »
« La scimmietta,
» Minto represse un lamento sconsolato, avrebbe dovuto
riconoscere il colpevole
fin da subito, « Mi è sembrata una cosa molto
curiosa e che lei trova
particolarmente significativa del tuo carattere. »
« È una
grandissima sciocchezza. »
« E per questo
non ti piace farlo. »
Non era una
domanda, ma piuttosto una constatazione rallegrata, e la mora si
strinse solo
nelle spalle: « Non vedo perché sia
così importante. E credo che alcuni
preferiscano mangiare un dolce che non è appena passato
sotto la faccia di
qualcuno. »
« Eppure mi
avevate spiegato che questa famosa torta è il momento
più importante di tutta
la festa, » la prese in giro leggermente, allungando
distratto due dita per
scostarle una ciocca corvina dal volto.
« Forse se hai
dieci anni. O sei Purin, » aggiunse, in tono di amabile
rimprovero, « La festa
in sé è importante. O meglio, le persone con cui
si festeggia. »
« Tortorella, più
andiamo avanti, più mi diventi una tenerona, » la
canzonò appena, giusto per
vederla arricciare il naso, « Cosa ne sarà della
tua reputazione? »
Minto, però, rise
piano e alzò un sopracciglio mentre si spostava leggermente
dalla cornice
dell’uscio e appoggiava la schiena al muro: « Non
dovrai rivelare nulla. »
Kisshu la seguì
di un altro passo, il viso pieno di sincero divertimento: «
Sei sicura di voler
affidare un tale segreto a qualcuno –
com’è che hai detto quella volta? – avvezzo
ai voltafaccia? »
« Se quel
qualcuno ci tiene a non funzionare da puntaspilli…
»
« Niente, ritiro
tutto, » con un sorriso, l’alieno le si mise
accanto e infilò le mani in tasca,
« Rimani una tortorella crudele e vendicativa. »
« Ma nemmeno nel
giorno del mio compleanno puoi evitare quegli sciocchi nomignoli?
»
« Perché dovrei?
» le domandò con la stessa sincerità di
un bambino, « Tutti gli altri ti
chiamano Minto. »
Lei dovette
sforzarsi di ignorare il frullio all’altezza del petto, e
finì il contenuto del
suo bicchiere: « È il mio nome, dopotutto.
»
« E le alucce e
il didietro piumato dove vogliamo metterli? »
La mora gli
lanciò un’occhiata minacciosa: «
Possibilmente in un cassetto del passato. »
« Oh, andiamo,
non saresti qui a spassartela con il sottoscritto altrimenti.
Né avresti le
ragazze. Il tuo essere una tortorella è una grande
componente di ciò che sei
ora. »
Minto lo studiò
per un paio di istanti, poi rise esasperata: « Non
è nemmeno l’animale giusto!
»
Kisshu continuò a
sghignazzare, svuotando anche lui il bicchiere mentre perdeva lo
sguardo lungo
le altre parti buie della casa, e solo dopo qualche minuto di relativo
silenzio
la ragazza aggiunse:
« Comunque chi te
lo dice che me la stia spassando? »
Gli occhi dorati
brillarono birbanti nel buio, voltandosi all’improvviso verso
di lei: « Ti stai
forse annoiando? »
Lei ridacchiò e
scosse la testa: « Mai detto neanche questo. »
Il ghigno di Kisshu si allargò ancora di più:
« Crudele,
vendicativa,
e incontentabile. »
La mora alzò gli occhi al cielo, e fu poi attirata dal
volume della musica che si alzava di qualche tacca da dentro la sala.
« Forse è meglio se torniamo dentro…
» mormorò,
allungandosi un po’ per sporgersi dall’uscio e
controllare cosa stesse
succedendo, « Credo che Purin e Nishikawa-san abbiano preso
possesso dello
stereo. »
« E tu lasciale fare, » replicò il
verde, e quando Minto
si voltò di nuovo, si rese conto che i tre passi che li
separavano si erano
nettamente ridotti, « Non abbiamo forse detto che bisogna
godersi la festa? »
« Sì, ma… »
Il suo sussurro poco convinto si affievolì quando lo vide
sorridere contento e furbo, le sue dita che le sfiorarono di nuovo una
guancia
mentre le portava un boccolo nero dietro l’orecchio:
« Devi smetterla di voler
sempre controllare tutto, » le ripeté malizioso,
così vicino alle sue labbra, «
Tortorella. »
Il cervello di Minto computò che effettivamente Kisshu la
stava baciando – e il
modo in cui la
stava baciando – solo una grossa manciata
di secondi dopo, e lei si intimò di incolpare i bicchieri di
champagne ingeriti
e non il fatto che tutto il suo corpo avesse reagito
d’istinto, lasciandosi
premere contro al muro e tendendosi sulle punte per rendere tutto
più semplice.
Aprì gli occhi quando, con beneplacito dei suoi polmoni,
l’alieno si staccò da lei, solo per posarle un
bacio leggero nell’incavo del
collo che però la scosse più di quello
precedente. Spontaneamente, fece un
passo di lato e riacquistò quel minimo di spazio necessario
a calibrare le
mosse successive, possibilmente senza incrociare il sorrisetto
soddisfatto di
lui.
« Non mi guardare così, »
sussurrò, riaggiustandosi i
capelli in maniera automatica, ottenendo solo il risultato di farlo
ghignare
ancora di più, « E non azzardarti a dire che non
stai facendo nulla di che, »
aggiunse in fretta e un po’ minacciosa, controllandosi anche
il vestito.
Kisshu rimase zitto per una volta, limitandosi solo a
fissarla allegro e stringersi nelle spalle come un bambino obbediente.
« È meglio se non… torniamo dentro
insieme, » concluse
infine Minto, e prese un lungo respiro, annuendo poi come se stesse
convincendo
anche se stessa, « Be’… vado, allora.
»
« Tortorella? »
Lei esitò un istante sulla porta, deglutendo per
rimettere il cuore a posto, e lui si riavvicinò, rimanendo
nascosto nel
corridoio ma allungando una mano per sfiorarle il contorno delle labbra
con il
pollice.
« Meglio, » la prese in giro sottovoce, mostrandole
il
dito macchiato dall’ombra del rossetto che lei portava; Minto
arrossì soltanto
e si riavviò dentro la sala.
« Dov’è finita Minto? » Ichigo
tentò di allungare il
collo sopra le teste degli invitati per individuare la testa bruna,
imitata da
Retasu accanto a lei, « Dobbiamo farle il brindisi e la foto!
»
« L’ho vista andare prima per di là,
» commentò distratta
Purin, scorrendo l’MP3 connesso allo stereo per continuare il
suo nuovo ruolo
da deejay della festa, « Ma era con te, nee-chan. »
« Credo sia andata in bagno, » Zakuro rispose
laconica,
ignorando con maestria lo sguardo di traverso che le fu rivolto da
Ryou, che
pur controvoglia non aveva certo mancato la concomitante scomparsa di
una certa
testa di broccolo, « Eccola, sta tornando. »
Ichigo si voltò verso la direzione indicata dalla
modella, iniziando ad agitare la mano verso la mora che
spuntò da un corridoio,
strofinandosi le mani, e si diresse verso di loro.
« Eccoti, ma dov’eri? È l’ora
del brindisi e dei regali!
»
« Per tutti i kami, Ichigo! » sbottò,
alzando gli occhi
al cielo, « Come sei pesante, tu e i regali! Ero
andata… in bagno, direi che ne
ho ancora il diritto. »
Si schiarì la gola, sperando solo che tutto
l’autocontrollo che aveva richiamato a sé la
stesse aiutando a mantenere un
colorito accettabile, e poi sorrise verso l’amica:
« Vogliamo fare questo
brindisi? »
Ichigo annuì con energia e cominciò a spingerli
verso il
lato opposto della stanza, di nuovo dal lungo tavolo a buffet che
alcuni
camerieri stavano di nuovo riempendo di bicchieri: «
Nishikawa-san è già andata
a chiamare qualcuno per la foto, ma dobbiamo fare prima quella con solo
noi e –
aspetta, ma non manca anche Kisshu? »
« Si sarà appartato con un’invitata.
»
« Purin! » Retasu la riprese con un sussulto,
ottenendo
solo il risultato di far aumentare lo sghignazzare della biondina.
« Io punto su una delle ballerine. »
« Allora, ci muoviamo?! »
Allo strepito di Minto, Ryou guardò Zakuro con molta
più
insistenza, e gli occhi indaco lo redarguirono con così
tanta potenza che lui
congelò all’istante qualsiasi espressione
facciale, appuntandosi mentalmente
che non avrebbe mai dovuto dimenticarsi quanto fosse infallibile il
sesto senso
della ragazza.
Non appena arrivò al tavolo, la mora afferrò un
bicchiere
d’acqua e lo trangugiò quasi in un unico sorso,
esalando un lungo respiro al
sentire la freschezza ristorarla un pochino.
« Stai bene? » Ichigo la guardò con
affetto e una punta
di preoccupazione, sfiorandole un braccio.
« Sì, ho solo caldo, mi state tutti addosso,
» replicò
lei, ruotando le spalle all’indietro come per scrollare
qualcosa.
La rossa annuì e imitò il suo gesto, facendosi
aria con
la mano: « Forse il salotto piccolo non è stata
una grande idea, io sto
sudando. »
« Elegante. »
« Ehi, solo tu e Zakuro-san avete iper controllo sulle vostre
funzioni fisiologiche! » Ichigo le diede
un’amichevole colpetto con la spalla,
e poi cercò il suo viso un’altra volta,
« Sicura che ti stia divertendo?
Sembri… non lo so, distratta. »
« Mh-mh, » Minto negò col capo mentre
beveva ancora,
sollevandosi con la mano libera i capelli dalla nuca, « Sto
solo pensando alla
logica dei prossimi momenti. »
« Per carità, Minto, è una
festa,
lascia che vada!
»
« È quello che le dico anche io, micetta,
» Kisshu spuntò
all’improvviso alle spalle della mora
(vanificando tutti i suoi sforzi per cancellare la
sensazione del corpo
di lui contro al suo, non che l’avrebbe mai ammesso o reso
noto in quel
momento), e si allungò tra di loro per afferrare un
bicchiere, « Volevate fare
questo importantissimo brindisi senza di me? »
« Sei tu che sei sparito, nii-san, »
cinguettò allegra
Purin, affiancandosi a lui per ricevere un po’ di analcolico
dai camerieri, «
Chissà cosa stavi combinando. »
« Stai facendo comunella con mio fratello per avere tutta
questa sfiducia nei miei confronti, nanerottola? Sono integerrimo.
»
« Con quella faccia?
Ceeerto! »
« Micetta, tortorella, difendetemi! »
Ichigo ridacchiò solo, distratta da Minto che
borbottò
solo qualcosa sottovoce mentre lasciava cadere la mano e assumeva
quella posa rigida
che preannunciava che di lì a poco avrebbe perso tutto
l’autocontrollo che
stava richiamando a sé in quel momento. Posa che in effetti
assumeva spesso,
quando c’era Kisshu nei paraggi.
Si azzardò solamente a guardarla in maniera curiosa,
piegando appena un sopracciglio, ma la festeggiata si voltò
a naso in su per
chiedere un bicchiere di champagne, ignorandola in una maniera fin
troppo
evidente; la rossa ghignò sotto i baffi e si
limitò ad agitare la mano in
direzione di Retasu e Ryou.
« Siamo pronti! »
Si allinearono tutti vicini, forse un po’ troppo stretti
vista la quantità di gente in quella stanza, e Ichigo
tirò a sé il biondo
giusto per rimarcare il messaggio a tutte le ragazze che aveva
benissimo notato
guardarlo fin troppo convinte, sistemandosi tra lui e Minto.
Con la coda dell’occhio, scorse la mora mugugnare ancora
qualcosa che non capì a Kisshu, al suo fianco, che per tutta
risposta le
rivolse un sorriso scanzonato e con due dita le liberò di
nuovo il collo dai
capelli, spostandoglieli su una spalla.
« Okay, fate un bel sorriso e dite
tanti auguri
Aizawa-san! »
Guardò di nuovo l’amica, che si impose invece di
mantenere gli occhi fissi sul fotografo con il sorriso studiato negli
anni, e
represse un sorrisetto, prima di vedere solo il flash.
Mugolò scontenta quando la luce del Sole le
arrivò dritta
nelle palpebre ancora chiuse; passavano gli anni, ma certo i metodi di
sveglia
di Minto rimanevano sempre troppo bruschi per i suoi gusti.
Con la mente ancora ovattata dal sonno, udì parzialmente
l’amica ringraziare sottovoce una cameriera che aveva portato
la colazione e il
tintinnio del servizio sul carrellino. Non nascose nemmeno lo sbuffo
che le
sorse naturalmente dal petto mentre, sentendosi accaldata e ancora
stanca,
lottò contro la gravità che incombeva sulle sue
palpebre.
« Su, pigrona. Sono arrivati i rinforzi. »
« Buongiorno anche a te, » borbottò
Ichigo, la faccia
ancora premuta nel soffice cuscino che tanto avrebbe voluto traslocare
nel suo
letto, « Potevi essere un po’ più
gentile a svegliarmi. »
« Stai letteralmente per fare colazione a letto, non so
cosa tu voglia di più. »
La rossa le rivolse una smorfia divertita e si rotolò
ancora qualche istante, prima di mettersi seduta e stiracchiarsi con
tutta
calma.
« Tè o caffè? »
« Mmm… tè, grazie, » Ichigo
osservò con gli occhi a cuori
l’elegante servizio di porcellana e i vari piattini che
avevano portato, « Ah,
anche io vorrei svegliarmi così tutte le mattine! »
Minto la guardò quasi offesa mentre le riempiva una tazza
e gliela passava: « Non è così tutte le
mattine, io di solito mi vesto e vado
in sala da pranzo, » commentò con una punta di
acidità.
La rossa non rispose alla provocazione, limitandosi solo
ad osservare di soppiatto l’amica, che sicuramente si era
pettinata prima di
svegliarla, perché non credeva che potesse apparire
così composta naturalmente
anche da appena alzata.
« Allora hai intenzione di raccontarmi cosa succede?
»
Le lanciò un’occhiata divertita mentre stringeva
la tazza
di tè fumante tra le mani, soffiandoci appena sopra. Minto
si tese come una
corda di violino, versandosi la propria con fare scocciato:
« Non sta succedendo proprio nulla. »
« Come no! Ieri sera eravate così
in
confidenza. »
La mora la trucidò con lo sguardo, con il solo effetto di
far divertire l’amica ancora di più: «
Avrai sicuramente bevuto troppo e
immaginato cose. »
« Per tua informazione, non ho bevuto nulla! »
replicò
veloce l’altra, « Avevo la pancia un po’
sottosopra, quindi ero assolutamente
lucida! »
« Per forza, con tutti i dolci di cui ti strafoghi al
Caffè, il tuo povero fegato… »
« Non cambiare discorso! » Ichigo poggiò
la tazza sul
comodino e si sedette sui talloni per ispezionare meglio il carrellino
portavivande ricolmo, « Quando fai così vuol dire
che c’è qualcosa che non vuoi
ammettere. »
« Non c’è proprio niente da dire,
» Minto si concentrò su
un pezzo di pera, « Sappiamo fin troppo bene di Kisshu.
»
« Ah, quindi parliamo di lui! »
« Sei proprio una stupida. »
La rossa rise e la guardò da sotto la frangetta mentre si
stendeva sul letto: « Secondo me vi piacete fin troppo.
»
« Secondo me devi farti i fatti tuoi. »
« Guarda che più dici così,
più mi dai ragione. »
Minto le lanciò un’altra occhiata di fuoco,
scuotendo
solo la testa con fare esasperato, poi la sua espressione si fece
più
preoccupata: « Perché fai quella faccia?
»
Ichigo, ancora stesa nel letto, premette il volto contro
al copriletto: « Mi fa di nuovo male lo stomaco, »
bofonchiò, « Forse devo
davvero smetterla coi dolci. »
« Momimiya, se mi hai portato dei germi è la volta
buona
che ti bandisco. »
« Non ti ho portato dei germi! » ribatté
la rossa con
fare decisamente offeso, « Ho solo…
umphhhh.
»
Con uno scatto degno dei suoi dormienti geni felini,
Ichigo scattò su da letto e corse veloce verso il bagno
riservato dell’amica,
buttandosi praticamente con la testa dentro al water.
Minto la seguì con lentezza e preoccupazione,
affacciandosi al bagno titubante: « Ichigo? »
« Sto bene, » la rossa ondeggiò una mano
come a dirle di
non preoccuparsi prima di tirare lo sciacquone, « Tutto okay,
solo…
ugh, ma
che abbiamo mangiato ieri? »
La mora continuò a osservarla un po’ indecisa:
« Lo
stesso che ho mangiato io, e non mi ha dato fastidio. »
« Te l’ho detto, è da qualche giorno che
non sto molto
bene, » Ichigo prese un respiro profondo e si sedette
più comoda a terra,
poggiando la schiena al muro, « Anche alla mattina, sono
sempre stanca e faccio
fatica ad alzarmi. »
« Non è molto diverso da solito. »
« Ah, ah, ah, » l’amica le
lanciò un’occhiataccia e poi
esalò ancora lentamente, strofinandosi lo stomaco,
« Faccio
più fatica.
E non è divertente. »
« Potrebbe essere un male stagionale, » Minto si
sedette
sulla vasca da bagno, a un’elegante debita distanza,
« Oppure sei così
innamorata da dimenticarti di mangiare bene, anche se la vedo
difficile. »
« Avresti dovuto finire quello che hai iniziato ieri
sera, forse saresti meno acida, » Ichigo la
fulminò ancora con lo sguardo,
reclinando la testa e chiudendo gli occhi, « Ugh, di
nuovo… »
« Okay, » la mora si alzò di scatto e si
avviò verso l’alto
mobiletto bianco pieno di toiletteria e candidi asciugamani ben
piegati, così da
poter dare le spalle alla rossa, « Vedo se qui ho qualcosa
per farti stare
meglio, okay? Altrimenti chiedo a Oba-san. »
« Mmmhm, » Ichigo non si mosse, ma aprì
solo un occhio, «
Anche qualcosa per il mal di testa sarebbe grandioso. »
Senza nemmeno girarsi, Minto afferrò una scatoletta e
gliela passò di scatto: « Anni di danza ti
temprano ad avere l’antidolorifico a
portata. »
La rossa rise, sedendosi un po’ più dritta per
cercare di
sbirciare il contenuto del mobiletto: « Cos’hai,
un’intera farmacia lì den - »
Un pacchettino nel ripiano più alto attirò la sua
attenzione come una calamita, e Ichigo sentì il sangue
gelarsi nelle vene
mentre lo stomaco si ribaltava come a sottolineare la cosa. Al silenzio
improvviso, la padrona di casa guardò da sopra la spalla per
accertarsi che
andasse tutto bene, e si accigliò nel trovarla a bocca
aperta e più pallida di
prima.
« Ichigo, tutto okay? »
La rossa prima annuì lentamente, poi iniziò a
scuotere la
testa in un
no poco deciso: «
Che… giorno è oggi? »
« Cosa stai dicendo, oggi è - » un lampo
di comprensione
saettò sul viso della mora, che si voltò del
tutto e lasciò cadere le braccia
lungo al corpo, « Oh, no. »
Un denso silenzio cadde sulle due finché, minimo tre
minuti dopo, Ichigo sventolò le mani nella direzione di
Minto per chiederle di
aiutarla a tirarsi in piedi:
« Mi devi accompagnare, ti prego, non so nemmeno se mi
reggono le gambe. »
« Non reggono a me, figuriamoci… »
borbottò lei, mentre
la tirava quasi di peso, « Forza, vado a chiamare
l’autista. »
Ryou probabilmente compì un vasto catalogo di infrazioni
del codice della strada mentre, in sella alla moto, guidava verso casa
di
Ichigo con il cuore in gola. Mezz’ora prima, mentre era nel
bel mezzo di una
riunione, aveva ricevuto un messaggio da parte di Minto che
praticamente lo
intimava di presentarsi a casa della rossa al più presto
possibile, cosa che
gli aveva scatenato parecchia ansia.
In primis, perché non capiva il motivo del mittente,
secondo, non riusciva a capacitarsi dell’urgenza del
messaggio. Cosa poteva
essere successo nelle quattordici ore tra quando aveva lasciato Ichigo
da Minto
e ora?
Una parte di lui – quella più egoista –
pensava che non
potesse essere niente di legato alla loro relazione, visto che Minto
non ci
avrebbe avuto niente a che fare. Dall’altra parte, conosceva
quelle due
abbastanza per sapere che insieme potessero combinarne parecchie, e non
era
rassicurante sapere quanto fossero ficcanaso l’una negli
affari dell’altra.
Quasi piegandosi sul cemento, sorpassò l’ultima
curva e
inchiodò sotto il palazzo della ragazza, lanciandosi sul
citofono e, di nuovo,
con il cuore a battergli contro la gola nel sentire che fu Minto a
rispondere
ed aprire.
Fece le scale a due a due, e ringraziò soltanto che la
porta d’ingresso fosse già aperta per non fargli
aspettare ulteriormente.
Anche se avrebbe preferito essere accolto in maniera
diversa.
« I-Ichigo? »
Lei, seduta sul divano accanto a Minto con le lacrime che
le striavano il viso, lo guardò come un cagnolino
abbandonato, un singulto che
le scosse le spalle mentre si alzava indecisa e lenta, gli occhi bassi.
« Ecco, io… »
« Ichigo, mi sta venendo un infarto, »
borbottò lui,
poggiando il casco in terra e facendo qualche passo nella stanza come
se fosse
un campo minato, « Cos’è successo? Ti
sei fatta male? »
« M-mi
dispiace… »
Ichigo fu nuovamente scossa da singhiozzi mentre
abbassava la testa, e Ryou, sentendosi morire dentro, le si
avvicinò titubante,
cercando di prenderle il viso tra le mani.
« Che sta succedendo? » tentò di
domandarle ancora, ma
lei scosse solo la testa, poggiando la fronte contro al suo petto.
Lui la strinse, e lanciò uno sguardo d’aiuto a
Minto, che
si alzò dal divano con un sospiro per porgergli qualcosa.
Ryou sentì la terra scomparire da sotto i piedi.
«
Holy shit… »
« Esplicativo. »
L’americano,
questa volta, lanciò un’occhiataccia a Minto, poi
scostò Ichigo da sé quel che
bastava per riuscire a sollevarle il viso e guardarla negli occhi.
« Ichigo, ti prego, calmati. Ne… parliamo,
d’accordo? »
Lei prese un respiro profondo, lo sguardo sempre basso, i
pugni che si strinsero attorno alla sua maglietta: « I-io
n-non so come… siamo
sempre stati attenti, e… io sono… »
Riprendendola tra le braccia, un lampo di lucidità
passò
per il geniale cervello del biondo, che di nuovo imprecò
sottovoce: « Potremmo
non aver… considerato una cosa. »
Due paia di occhi scuri lo guardarono interrogativi, uno
decisamente più umido dell’altro, e lui prese un
sospiro, aggiustando la
frangetta della rossa mentre cercava parole che avrebbero spiegato
l’idea senza
ledere la già precaria condizione di lei.
« Ichigo, tu… non hai mai avuto molto controllo
suoi tuoi
ormoni, diciamo… » abbozzò, sentendola
irrigidirsi e quindi stringendo la
presa, « E io e te siamo… molto compatibili.
Almeno, geneticamente parlando.
Quindi è probabile che le cose siano state…
facilitate. »
« Oh,
kami-sama. »
Ryou guardò di nuovo storto Minto, che si era presa la
testa tra le mani, scuotendola sconfortata. Ci volle qualche istante in
più
perché Ichigo invece, sbattendo le palpebre, riuscisse a
comprendere, e quindi
scattò all’indietro, schiaffeggiandogli un
braccio: « Shirogane! Tu e i tuoi
esperimenti dei miei stivali! »
«
Hey, it takes two to tango! »
« Vedila così, » la mora si
alzò con un sospiro,
raccogliendo le sue cose, mentre Ichigo continuava a scrutare torva
Shirogane,
« Se la situazione fosse
leggermente diversa,
troveresti tutto
mielosamente romantico. »
Si avvicinò all’amica, che era arrossita di colpo,
e la
strinse in un abbraccio.
« Vi lascio a discutere, ma chiamami se hai bisogno.
Okay? »
Ichigo annuì e pigolando sottovoce la ringraziò
del
supporto quel pomeriggio, Minto che si limitò ad abbozzare
un sorriso e
salutare con un cenno delle dita, prima di chiudersi la porta alle
spalle.
La rossa prese un respiro tremolante, incassando la testa
tra le spalle e continuando a fissarsi i piedi.
« Cosa facciamo ora? » esalò in un
singulto.
« Per prima cosa, ti calmi, » Ryou le
sollevò di nuovo il
viso e le passò i pollici sulle guance per asciugarle dalle
lacrime, «
D’accordo? Poi ci… ragioniamo. »
Ichigo tirò su con il naso e annuì appena,
affondando la
fronte contro al petto di lui e cingendogli piano la vita: «
Noi avevamo
appena… »
Il biondo la strinse, poggiando il mento sulla sommità
della sua testa: «
It’s alright,
» le mormorò, « L’importante
è che tu
stia bene. »
Lei rimase zitta e ferma, a respirare il suo profumo con
boccate spezzate, e Ryou avvertì solo le dita sottili
stringersi di più attorno
alla camicia.
Il mattino dopo, Ichigo si svegliò ancora più
intontita,
se possibile, e senza sapere esattamente quante ore avesse dormito;
probabilmente avrebbe anche tirato dritto, se non fosse stato per la
mano che
le stava accarezzando la testa in quel momento.
Si stiracchiò lenta, sentendo la pelle delle guance
continuare a tirare, e sbattendo le palpebre per mettere a fuoco la
tazza di tè
che fumava sopra al suo comodino.
« Tutto okay? » le domandò Ryou, la mano
libera ben
stretta attorno alla propria tazza di caffè nero.
La rossa annuì e si stropicciò gli occhi,
puntellandosi
sulle mani per tirarsi su a metà: « Che ore sono?
»
« Quasi le undici. Ben oltre la mia media, »
scherzò lui,
continuando a giocherellare con i suoi capelli.
Ichigo sbadigliò e prese un sorso di tè,
rabbrividendo
piano al calore che vi si sprigionò, mentre tutti i pezzetti
della serata
precedente si ricomponevano nella sua mente.
Il biondo le accarezzò una guancia e si sedette
più
vicino a lei nel letto, lasciandole un bacio sulla fronte.
« Allora siamo d’accordo? »
Lei lo guardò da sotto in su, passando distratta un dito
lungo il bordo della tazza: « Sei sicuro? »
Lui salì del tutto sul letto per posare la fronte contro
la sua, fermando il palmo contro al suo viso: « Ichigo, io ti
amo. E qualsiasi
cosa sarà, io ci sarò.
Got it, ginger? »
Dovette trattenersi dal sorridere quando la vide assumere
circa dieci sfumature di rosso diverse mentre processava le sue parole,
prima
di esalare un mugolio indefinito e abbracciarlo per nascondere la
faccia rovente
contro il suo petto. Ryou ricambiò la stretta, baciandole la
testa con una
risata mentre lei strusciava la guancia contro di lui come una vera e
propria
gatta.
Per il momento, sarebbe andata bene anche così.
« Mio padre ti ucciderà, »
mormorò lei dopo un po’.
Shirogane si limitò a fare una smorfia: « Ho come
il
sospetto che Kei sarà in prima fila. »
« E forse Zakuro-san. »
« Ammetto che sono fortunato a non aver ricevuto un pugno
subito da Minto. »
Ichigo rise e gli si appiccicò appena di più, e
lui giurò
di poterla sentire fare le fusa.
§§§
L’annuncio ufficiale al resto della truppa fu dato
soltanto un paio di settimane più tardi, dopo qualche altra
conversazione
profonda tra Ryou e Ichigo, una serie di visite da parte della rossa,
la coincidenza
di tutti i turni pomeridiani, e un tattico approccio preventivo al
povero
Keiichiro (che, anche se non l’avrebbe mai ammesso e dopo una
solida ramanzina
riservata solamente al suo protetto “
a cui aveva
spiegato certe cose”,
era stato estasiato all’idea).
A locale vuoto e chiuso, ovviamente, il grido eccitato da
parte di Purin rimbombò ancora più forte, mentre
si lanciava sui due con la
spinta di un razzo.
« Purin,
piano! »
« Retasu, respira, » ridacchiò Minto,
osservando come la
verde si era portata le mani davanti alla bocca, con gli occhi lucidi e
le
guance arrossate, « Sai quanto sarà ancora
più insopportabile Ichigo da ora in
poi? »
« Sempre gentile, » mugugnò la rossa,
cercando di
staccarsi la biondina dal collo.
« Ma come avete fattoooo-
oh-oh-oh!
»
« Purin! »
La verde si asciugò una lacrima e afferrò una
mano di
Ichigo: « Ma… come farete ora? »
« Lasceremo i nostri appartamenti e ci trasferiremo nella
vecchia villa dei miei genitori, » spiegò il
biondo, « L’ho fatta
ristrutturare, ma era troppo grande per me soltanto. Finora. »
« Ah, una villa, ti tratti bene, Momomiya. »
« Uuuh,
una convivenza! »
« Mi sembra la cosa minore, » sogghignò
Zakuro,
scambiandosi un’occhiata d’intesa con
l’americano.
« Io continuerò ad andare
all’università, finché il
piccoletto non diventerà troppo ingombrante, »
continuò Ichigo, ignorando i
commenti di entrambi mentre si sfiorava la pancia, « E voglio
anche continuare
a lavorare al Caffè, finché possibile.
Già sentivo le battutine delle altre,
non voglio che si pensi che mi sono fatta mettere incinta dal capo per
avere
favoritismi e prendermela comoda. »
Ryou rise contro la chioma rubino, passando un braccio
intorno alle spalle della ragazza e stringendola: « Ma tu ti
sei fatta mettere
incinta dal capo. »
Come previsto, lei tentò di divincolarsi nelle risate
generali, finché Keiichiro non fece un passo avanti e
parlò con la sua costante
gentilezza: « Non preoccuparti, Ichigo-chan, sistemeremo
tutto e saremo tutti
qui ad aiutarvi. L’importante è che tu ora ti
riposi e ti rilassi. »
« E figuriamoci, quando mai ha fatto il contrario. »
« Minto, io adesso…! »
La mora rise della faccia indispettita della rossa e
seguì Keiichiro in cucina, per aiutarlo a recuperare qualche
bicchiere per fare
un brindisi con del succo di frutto fatto in casa.
« Cos’è tutto questo starnazzare?
» Kisshu varcò la
soglia della seconda porticina da saloon della cucina, indicandosi alle
spalle
con il pollice, « Vi si sente dal laboratorio, la vena sulla
fronte di Pai è
parecchio ingombrante. »
« Oh, Ikisatashi-san, ecco… » il
pasticcere esitò un
istante, senza mai che il suo sorriso scemasse mentre lanciava
un’occhiata di
sbieco a Minto, che continuò imperterrita ad allineare
bicchieri sul vassoio, «
Ichigo-chan e Ryou ci hanno appena comunicato che avranno un bambino.
»
Il suono di Kisshu che tratteneva appena il respiro
rimbombò per un istante tra le pareti della cucina, poi
l’alienò scoppiò in una
risata sguaiata: « Ah! Davvero geniale il biondino, ci ha
dato dentro parecchio
per acchiappare definitivamente la micetta! »
« Kisshu, fai veramente schifo. »
« Si chiama
scherzare, gufetto, non
l’hai ancora
capito? » si avvicinò all’isola e, come
suo solito, afferrò uno dei dolcetti
rimasti della giornata, « Contenti loro, se vogliono iniziare
a giocare alla
casa così presto posso solo che supportare. Da lontano, non
amo i marmocchi. »
Keiichiro e la mora si scambiarono solo un’occhiata
rassegnata, poi l’uomo prese uno degli eleganti carrellini in
metallo e vi
ripose le caraffe di succo e i bicchieri, avviandosi verso la sala
principale.
« Pensi tu ai pasticcini, Minto-chan? »
Lei annuì e sfilò veloce uno dei vassoi dalla
presa di
Kisshu, portandolo su uno dei banconi così che fosse insieme
agli altri dolci
rimasti e dandogli la schiena mentre lui si lamentava sottovoce.
« Gufetto? » gli mormorò sarcastica dopo
qualche istante
di silenzio.
Lo sentì stiracchiarsi e ridere sommesso: « La
faccia che
fai quando sei contrariata è molto ispirante. »
« Credo che tu ne sappia qualcosa, allora. »
Kisshu sbuffò divertito e le si avvicinò a passi
lenti,
poggiando un fianco al bancone con le braccia incrociate; Minto, suo
malgrado,
non poté evitare di avvertire un fastidioso formicolio alla
bocca dello
stomaco, e lo guardò di sottecchi: « Tutto okay?
»
« A parte l’incredibile ansia di sapere che il
gatto
pulcioso diventerà padre alla mia età? Una
favola, » Kisshu ridacchiò amaro e
scosse la testa, « Anche se era una cosa molto comune sul mio
pianeta, fino al
ritorno della Mew Aqua, devo dire di essere molto contento di aver
sempre
schivato il proiettile. »
Lei non riuscì a evitare di lanciargli
un’occhiataccia
all’allusione: « Depravato. »
« Non ho detto niente! » rise lui, alzando le mani,
«
Solo perché non ho fatto mistero di amare un po’
le distrazioni. »
La mora sbuffò mentre finiva di comporre elegantemente
vari pasticcini e biscotti su due larghi vassoi: « Immagino
tu stia soffrendo
parecchio a non trovarne qui sulla Terra. »
Lui si allungò come un gatto sul bancone, poggiandovi i
gomiti sopra e riposando il mento sui palmi così da
guardarla da sotto in su
con un sorrisetto: « Non trovo niente, dici? »
Minto lo trucidò con lo sguardo mentre sentiva le guance
scaldarsi: « Smettila. »
« Non sto facendo nulla! »
« Sai benissimo cosa stai facendo, »
sibilò lei, « E devi
smetterla. »
« Tortorella, se lo pensi davvero, » la voce di
Kisshu si
abbassò di mezzo tono mentre lui si avvicinava un
po’ di più e allungava una
mano per sfiorarle il polso con la punta delle dita, « Queste
cose dovresti
dirmele
mentre mi baci, non dopo. »
Lo stomaco di Minto ebbe un sussulto tale da propagarsi
lungo la spina dorsale e farle sbattere uno dei vassoi contro al
bancone, ma
riuscì comunque a rivolgergli uno sguardo omicida nonostante
le guance in
fiamme: « Sei…
assolutamente…
impossibile! »
Lui sorrise con così poco decoro, le iridi dorate colme
di malizia, che le mani della mora tremarono mentre si sforzava per non
afferrare uno dei vassoi liberi e spalmarglielo in faccia, e al tempo
stesso reprimeva
il brivido che era arrivato a solleticarle la nuca.
« Minto-chan! Dai, ho fame! »
Kisshu continuò a ghignare imperterrito mentre Minto
emetteva uno strano verso di totale esasperazione e usciva dalla cucina
con i
benedetti pasticcini mugugnando sottovoce qualcosa a proposito di
plurimi
omicidi.
Il terrore di essere vittima di un crimine efferato passò
anche nella mente di Ryou, che avrebbe voluto che il grande annuncio ai
signori
Momomiya fosse lineare quanto quello dato agli altri.
« Mi viene da vomitare, » bofonchiò
Ichigo, seduta
accanto a lui sul treno.
Lui lanciò solo un’occhiata alle nocche bianche
che
stringevano compulsivamente il pacchettino di bignè
preparati per l’occasione
da Keiichiro (che sicuramente aveva aggiunto alla crema del liquore in
un
tentativo di blandire gli animi), e intrecciò le dita alle
sue giusto per non
presentare ai
suoceri un purè di dolci.
« Guarda che devi essere pronta a difendermi, » le
scherzò all’orecchio, ma la rossa non parve
divertita.
« Tu lo sai di quando sfidò Masaya-kun a kendo,
vero? »
al ricordo, sentì un brivido correrle su per la schiena,
« Non è stato
entusiasmante. »
Sakura li accolse con la sua solare cortesia,
trascinandoli dentro casa in un turbinio di chiacchiere e abbracci,
Ryou che fu
praticamente trasportato in sala da pranzo. Shintaro, ovviamente,
già seduto a
capotavola, fu ben meno espansivo, limitandosi a esclamare a gran voce
quanto
fosse contento di rivedere la sua dolce bambina e scoccando solo
un’occhiata astiosa
nei confronti del biondo, come faceva fin dalla prima volta che gli era
stato
presentato ufficialmente come
fidanzato.
« Ho fatto il tuoi preferito, caro, »
esclamò invece
Sakura all’americano, mettendo in mezzo al tavolo una pentola
di brodo fumante
per lo
shabu-shabu(***)
(per cui lui non era
esattamente certo di aver espresso una preferenza, ma si guardava
sempre bene
dal contraddire la dolce signora, più che mai in
un’occasione come quella).
Seduto accanto a Ichigo, poteva avvertire benissimo il
ginocchio della rossa tremare e sobbalzare dal nervosismo, e avrebbe
tanto
voluto poterle prendere la mano da sotto al tavolo o accarezzarla per
trasmetterle un minimo di tranquillità – la
pochissima che anche lui percepiva
– ma era ben conscio dell’odio del signor Momomiya
per qualsiasi tipo di
effusione fuori luogo, quindi si limitò a cercare di
incrociare il suo sguardo
tra le varie chiacchiere del pranzo.
« Facciamo noi, mamma, » la rossa quasi
scattò su come
una molla non appena le abbondanti porzioni preparate da Sakura furono
terminate in un sospiro di generale soddisfazione, e raccolse
velocemente le
ciotoline e il pentolone lanciando un’occhiata estremamente
allusiva al biondo.
Lui la seguì celere fino in cucina, leggermente preoccupato
dal pallore del suo
viso.
« Non ce la posso fare, » bisbigliò
infatti lei, aprendo
il rubinetto per nascondere le parole sotto il rumore
dell’acqua che rimbalzava
sulle stoviglie, « Non ce la faccio, credo che mi stia per
venire un infarto. »
« Ehi, tranquilla, » Ryou le prese le mani tremanti
e
gliele strinse, « Ci sono anche io. Ho estremamente paura
della vena sempre più
grossa sulla fronte di tuo padre, ma… dobbiamo dirglielo.
Giusto? »
Lei rise appena della battuta e prese un respiro
tremolante, deglutendo un paio di volte mentre si sfiorava
sovrappensiero il
ventre: « Non posso farti da scudo. »
« Non fa niente, » lui rise e le lasciò
un veloce bacetto
sulla sommità della testa, prima di prendere il vassoio
ancora incartato di
pasticcini.
« Con i saluti di Akasaka-san, » lo
presentò poi tornando
in cucina e porgendolo a Sakura con l’abbozzo di un inchino.
La donna sorrise contenta, non esitando a sciogliere il
fiocco sopra, la stessa espressione della figlia al trovarsi davanti
dei
dolcetti.
« Oh, ma che meraviglia! Ma non dovevate, sono
così
tanti! Caro, guarda come sono belli! »
« In realtà, » Ryou si
schiarì appena la voce e lanciò
un’occhiata a Ichigo, quasi semi-nascosta dietro di lui,
« Sono per…
festeggiare. »
« Oh? » Sakura commentò incuriosita, ma
con lo sguardo
concentrato ancora su quale gusto delle creme assaggiare per prima,
« E quale
sarebbe l’occasione? »
« Mamma… papà…
ehm… » la rossa afferrò saldamente la
mano
dell’americano e prese l’ennesimo respiro, sicura
che avrebbe vomitato d’ansia
entro trenta secondi, « Ecco, noi… aspettiamo un
bambino. »
Il rumore dei respiri che si bloccarono risuonò
chiaramente nel salotto, mentre Sakura rimaneva a bocca aperta con
ancora un
bonbon allo zabaione stretto tra le dita e pronto ad essere azzannato,
e
Shintaro strabuzzava gli occhi così tanto che sembrarono sul
punto di uscirgli
dalle orbite.
« Co… come? » domandò la
donna, voltandosi lenta verso i
due ragazzi, « Un… bambino? »
Ichigo piantò le unghie nel palmo del suo ragazzo,
facendolo sussultare appena: « Non è
stato… apposta, » pigolò sottovoce,
facendo un passo indietro.
« Ma siamo pronti a prenderci le nostre
responsabilità, »
aggiunse veloce e sicuro Ryou, ricambiando la stretta e guardando i
due, «
Soprattutto, signori Momomiya, voglio che siate certi che sono pronto a
prendermi cura di Ichigo in qualsiasi maniera lei vorrà.
»
Sakura si alzò e si risiedette come un automa, la bocca
ancora chiusa in un
oh di sorpresa e lo sguardo
incredulo che passava da
uno all’altra.
« Voi siete… felici? »
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata, e Ichigo si
avviluppò al braccio del biondo prima di arrossire e annuire
con vigore.
« … un nipotino! »
Fu solo a quelle parole che Shintaro sembrò risvegliarsi,
il volto che acquistò tonalità di viola mentre
iniziava a farfugliare e
borbottare come una caffettiera: « Tu…
voi… tu… cosa?! »
Ichigo sobbalzò al sentirlo sbattere i palmi sul tavolo e
far tintinnare le stoviglie rimaste, e Ryou aveva già fatto
un passo avanti e
aperto la bocca per ribattere, quando Sakura si alzò e gli
si rivolse con molta
calma, ponendosi appena davanti a loro.
« Shintaro, caro. I ragazzi ci hanno appena detto una
cosa bellissima, » lo apostrofò con la voce
più ferma che sua figlia le avesse
mai sentito fare, guardando il marito con sguardo acceso, « E
noi dobbiamo
essere fieri che abbiano deciso di affrontare responsabilmente una cosa
così
importante. »
Lo osservò per un altro paio di secondi, prima di
voltarsi di nuovo estasiata verso Ichigo, prendendole le mani:
« Oh, tesoro
mio! Sapessi quanto sono felice! Un nipotino! Abbiamo così
tante cose di cui
discutere! Sapete già la data prevista? »
Li avvolse entrambi in un abbraccio mentre la figlia arrossiva
ancora e balbettava per cercare di rispondere alla sequela ininterrotta
di
domande. Dal canto suo, Ryou sentì il palloncino di
preoccupazione nel petto
sgonfiarsi leggermente, sapeva quanto fosse importante per Ichigo il
supporto
di sua madre in un momento simile, anche per dissipare qualsiasi ultimo
dubbio
si fosse annidato nella sua testolina insicura. E sapeva anche quanto
fosse
importante avere Sakura come ultra-scudo dalle ire del marito.
Shintaro, infatti, osservò l’intera scena senza
emettere
fiato, le braccia incrociate e lo sguardo duro davanti a sé,
immobile come una
statua. Solo dopo almeno cinque minuti, sospirò stancamente
e si alzò, ma
invece che unirsi al gruppetto chiacchierante si diresse senza un suono
verso
il piano di sopra. L’americano allora si staccò
con gentilezza da Ichigo e lo
seguì d’istinto:
« Momomiya-san. »
Shintaro si fermò a metà delle scale, scrutando
il
giovane con aria torva e attendendo in silenzio.
« La prego di non dubitare delle mie intenzioni e dei
miei sentimenti verso sua figlia. »
«
Gli hai detto veramente così? E lui? »
« Niente, è andato al piano di sopra e
c’è rimasto per un
po’, poi quando è tornato è rimasto
seduto sul divano senza dire una parola. Non
sono stato aggredito a colpi di
shinai (****),
quindi direi
che è un buon segno. Ichigo ha parlato con sua mamma
più tardi, credo che
Sakura stia facendo un grosso lavoro psicologico perché si
sono già offerti di
aiutarci a trasferirci. »
«
Dovrai portarle dei fiori, »
rise Keiichiro,
dall’altra parte del telefono, e Ryou concordò con
uno sbuffo divertito.
« E un conto aperto al Caffè.
Like
mother, like
daughter, » scherzò sottovoce,
lanciando appena un’occhiata sopra la spalla
per captare un segnale da Ichigo, « E la prossima volta porto
pure te, come
cuscinetto per smorzare le tensioni. »
« La prossima volta spero tu imparerai la lezione.
»
Il biondo alzò gli occhi al cielo per il tono di
affettuoso rimprovero, poi sospirò: « Non sento
rumori da un quarto d’ora,
meglio che vada. »
«
Non la stressare,
e salutala
da parte mia.
»
« Come se fossi io quello che stressa! »
Si salutarono velocemente, poi Ryou infilò il cellulare
in tasca e si diresse verso la camera da letto, dove aveva lasciato
Ichigo a
cambiarsi dopo la giornata in previsione di una doccia. Come
sospettato, però,
la rossa era ancora con i vestiti di quella mattina, stesa nel centro
del letto
quasi a stella a giocherellare con il cellulare e l’aria
assorta.
« Per la casa nuova, un lettone enorme, » la prese
in
giro con dolcezza, mettendosi a gattoni sopra di lei, «
Perché una certa
gattina tende a occupare un sacco di spazio. »
Ichigo rise solo, riponendo il cellulare e strusciando
solo il naso contro al suo.
« Possiamo iniziare i traslochi quando vuoi, » le
mormorò
sottovoce, lasciandole un paio di baci lungo il collo, « Con
calma, ma prima
che diventi pieno inverno. »
Al mugolio poco deciso di lei, Ryou alzò gli occhi per
osservarla, la mano ferma sul suo fianco.
« Ragazzina, sento le rotelle dentro la tua testa da qui.
»
Ichigo storse il naso al soprannome, poi fece un respiro
profondo, torturandosi il bordo della maglietta: « Sei
sicuro, sicuro,
sicuro?
» pigolò a mezza voce, evitando il suo
sguardo, « Non dobbiamo fare nulla
solo perché… e non fare altre cose
per… »
Il biondo sospirò e risalì per lasciarle un bacio
sulle
labbra: « Se tu sei sicura, io sono sicuro,
ginger.
Voglio solo
prendermi cura di te. Di voi. Già avevi fatto la tana qui da
me, non trovi? »»
« È diverso, » mugolò lei,
appena colta sul vivo, e lui
le prese le mani per posargliele delicatamente accanto al viso con una
risata:
« Da quando sei una gattina che si perde in questi
dettagli? »
« Magari tu volevi fare le cose fatte bene! »
sbottò lei,
un paio di lacrimucce traditrici che le si affacciarono negli occhi.
« Ichigo. Ichigo, » ripeté Ryou
più fermo, prendendole
gentilmente la guancia per costringerla a guardarlo, « Pensi
davvero che le
vorrei meglio di così? »
Senza aspettare che le rispondesse, le arrotolò il
maglione per scoprirle la pancia e lasciarle dei baci lungo
l’addome.
« Abbiamo saltato le tappe, è vero, » le
mormorò, « Ma
vorrei andare a vivere con te a prescindere da che qui dentro ci sia
qualcuno. »
La percepì irrigidirsi appena quando le sganciò
il
bottone dei jeans, e osservandola di sottecchi confermò il
rossore sulle gote.
«… davvero? » insistette lei in ogni
caso, e lui le
lanciò un’occhiata allusiva:
« Ichigo, » ripeté con un sospiro per la
terza volta, e
il tono che usò le fece assumere un altro paio di sfumature
di rosso, « Cosa ti
ho detto? ».
« Scusa, » borbottò, abbozzando a un
sorrisetto, « Sono
gli ormoni. »
Ryou rise e fece il percorso inverso con le labbra,
soffermandosi un istante di più appena sopra al suo
ombelico: « Guarda che hai
una quota su quante volte potrai usare questa scusa. »
Lei scosse la testa con una risata divertita, e scivolò
più giù nel letto, specchiandosi negli occhi
azzurri: « Dimmelo ancora. »
Lui sbuffò appena, la bocca a un millimetro dalla sua e
le mani che già vagavano sulla pelle nuda sotto ai vestiti:
« Ti amo. »