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Autore: Hypnotic Poison    20/11/2006    4 recensioni
Erano sei anni che poteva considerare la sua vita – quasi – normale. Anche se di cose ne erano cambiate parecchie. [...]
« Beh! Che c’è, non si salutano più gli amici da queste parti? »
« Cosa ci fai tu qui! »
[...]
« Stamattina… non è scattato nessun allarme, niente di niente, ma i computer si sono riaccesi automaticamente sui dati del progetto Mew. » [...]
« Ora voi parlate. E vi conviene dire tutta la verità. »

[ATTENZIONE: STORIA IN REVISIONE. Aggiornati al 04/02/2024: 1-18]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Mint Aizawa/Mina, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Three – Three birthdays

 

 

 
 
 
 
 
Lentamente, la primavera lasciò il posto all’estate. Ichigo l’avrebbe ricordata come una delle estati più magiche che avrebbe mai passato. Quando erano tornati gli alieni, non avrebbe certo pensato che si sarebbero trattenuti così a lungo (e anzi, nessuno ancora discuteva di una data di partenza), né che sarebbe stato così semplice sentirsi come se il loro gruppo avesse sempre dovuto includere anche loro.
Ovvio, Ryou e Kisshu si lanciavano ancora coltellate metaforiche ad ogni occasione, ma per lo più vigeva la pace.
E a proposito del biondino, Ichigo ora capiva la fonte di tutti quei batticuori adolescenziali. Una volta superato lo scoglio, neanche così imponente, del passaggio da “migliori amici” a “in una relazione”, passare quasi tutto il tempo disponibile con lui, senza timori né imbarazzo, le era sembrata la cosa più semplice del mondo. Anzi, le era sembrato quasi incredibile come fosse naturale stargli vicino, cercarlo, lasciare che le sussurrasse all’orecchio parole in inglese che lei non capiva e che al tempo stesso le accaloravano le guance. Non che Shirogane si sciogliesse in grandi proclamazioni o gesti d’affetto in pubblico, quello era ovvio, ma la sua mano sgusciava spesso e volentieri in quella della rossa o sull’incavo della sua schiena, e le attenzioni che le rivolgeva in privato erano più che sufficienti. Certo, capitava come prima – e forse più di prima – che si scontrassero in una delle loro epiche litigate, ma di contro fare pace pareva molto più semplice e sicuramente più divertente.
Al tempo stesso, Ryou non le aveva certo permesso di distrarsi dai suoi doveri – cosa che l’aveva fatto amare ancora di più da Sakura, e detestare un po’ meno da parte di Shintaro, a cui era stato presentato ufficialmente come fidanzato della figlia in una serata orchestrata ad arte dalle due rosse – perciò Ichigo era riuscita a completare tutti gli esami e aveva deciso di continuare gli ultimi due anni alla Facoltà di Lettere. Come premio (e come scusa per uscire dal costante turbinio del loro gruppo di amici), un bel pomeriggio di metà luglio Ryou si era presentato sotto casa sua e l’aveva molto difficilmente convinta a prendere armi e bagagli e trasferirsi nella sua villetta al mare.
Ichigo non avrebbe potuto dire in dettaglio come si fossero svolte quelle giornate, condite dal calore del sole sulla pelle asciugata dal sale; quando ci avrebbe ripensato, la sua mente si sarebbe focalizzata sulle lunghe passeggiate al tramonto, le cene al lume di candela al tavolino appena affacciato alla spiaggia, la totale rilassatezza delle ore passate stesi sulla sabbia. E sarebbe arrossita a ripensarci, ovvio, non solo per la costante vicinanza al biondo in abbigliamento molto limitato, ma anche per la maniera assolutamente estasiata in cui si era sentita, avvolta da una bolla di felicità che non aveva mai avuto modo di provare.
Solo quando Minto le aveva mandato un messaggio ironico condito da una sottile malizia in cui le aveva chiesto se Shirogane la tenesse legata al letto ventiquattro ore su ventiquattro, lei si era resa conto che effettivamente erano passate quasi tre settimane senza che lei mandasse alle amiche qualche segno di vita più complesso di alcune faccine sorridenti nelle conversazioni di gruppo. Per farsi perdonare, così, aveva chiesto un enorme favore al ragazzo, e aveva interrotto il loro idillio di coppia per ospitare l’intero gruppo (meno Zakuro, alle prese con una campagna estiva in una elegante località di montagna) per il fine settimana coincidente al compleanno di Purin.
« Ora ho capito perché Ichigo-chan ha interrotto le comunicazioni, » esclamò divertita la biondina, che si lasciava cullare dalle onde, galleggiando appena sull’acqua bassa della battigia.
« Sì, sono state sicuramente le sabbiature a prenderle tutto quel tempo. »
« Giuro che ti faccio cadere in acqua, Minto. »
Le altre tre si scambiarono una risata, divertite dall’evidente rossore sulle guance della rossa, che quasi davvero offesa si concentrò sul suo tè freddo. Avevano recuperato quante più sedie sdraio possibili e si erano piazzate direttamente in riva, così da ristorarsi con le gambe in acqua mentre prendevano il Sole e continuare a fare chiacchiere – d’altronde Retasu, per quanto avesse imparato quantomeno a galleggiare, ancora non si sentiva completamente a suo agio in mare, e le amiche avevano presto trovato espedienti per ovviare alla situazione. Molto più al largo, invece, Ryou e Keiichiro si stavano finalmente concedendo un po’ di surf insieme, anche se la velocità con cui il biondo aveva proposto l’attività avesse fatto sospettare che volesse solo isolarsi per un paio d’ore visto l’improvviso affollamento della sua casa.
« Aaaah, per gli dèi, anche l’acqua è calda! »
Kisshu si buttò in mare come un bufalo sgraziato, sollevando un’indecente quantità di schizzi che non risparmiò le ragazze.
« Sempre il solito esagerato, » commentò tetro Pai, seguendolo in ogni caso con celerità molto più elegante.
« Tutto bene, Kisshu-san? » domandò divertita Retasu, vedendolo galleggiare a stella mentre ansimava.
« Come fate a sopportare questo caldo? » borbottò lui, « Fa caldo all’ombra, la sabbia brucia, l’acqua è bollente, come?! »
« Si chiama estate. »
« Per me è giusta, » commentò confusa Purin, sedendosi per terra accanto a Retasu, che continuava a ridacchiare dei lamenti esagerati del verde.
« Noi non ci siamo abituati, » Pai, solo la testa visibile oltre la superficie, iniziò a spiegare lentamente, « Siamo cresciuti con un clima decisamente inospitale, e anche le temperature attuali su Duuar sono molto miti. Simili alla vostra primavera, credo. Non possiamo parlare di quattro stagioni, temo, né sappiamo come continuerà a reagire il pianeta alla presenza della Mew Aqua. »
« Quello che speriamo è comunque di non combinare il vostro stesso casino con il cambiamento climatico, » gracchiò Kisshu, spostandosi la frangia zuppa dagli occhi, « Perché questo non è normale, sappiatelo. »
« E poi, da noi non c’è il mare, » continuò il fratello, suscitando esclamazioni sgomente da parte delle ragazze, « Il nostro è un pianeta boscoso, con fiumi e qualche lago, ma non specchi d’acqua comparabili al vostro. Ovviamente, sono accessibili relativamente da poco. »
« Ah, a proposito! » con un guizzo degno di un cetaceo, Kisshu si girò sulla pancia e piantò gli occhi su Minto e Ichigo, « Quei cosini graziosi che avete indosso chi li ha inventati? Ha tutta la mia stima. »
« Deficiente! » Ichigo e Minto esclamarono in coro, l’una con molto più gelo dell’altra, mentre Purin si limitava a ridacchiare e Retasu si stringeva un po’ di più le ginocchia al petto per coprire l’abbondante scollatura del suo costume intero.
« Quindi da voi non ci sono le vacanze? » mormorò dopo un po’ la biondina, sempre più incuriosita dalla storia di quel pianeta lontano.
« Non proprio come le immagini tu, scimmietta, » rispose Kisshu continuando a galleggiare col naso a pelo d’acqua, e il tono in cui lo disse fece intuire che fosse meglio cambiare soggetto.
Ichigo si tirò in piedi e si stiracchiò contenta, facendo un cenno con il capo verso l’acqua: « Chi viene a farsi un bagno prima di pranzo? »
« Ioooo! »
« Purin, ti prego, gradirei non bagnarmi i capelli. »
« Andate avanti voi, ho come l’impressione che la vista da qui sia – mpphhhh! »
Le ultime parole di Kisshu finirono in un gorgoglio di bolle, visto che Minto, passandogli accanto, gli aveva spinto la testa sott’acqua con poca grazia per farlo tacere.
Retasu rise ancora della scenetta mentre il verde riemergeva con un gran respiro, accusando la mora di tentato omicidio con lei che non si degnò nemmeno di considerarlo; solo in quel momento si rese conto che Pai non si era accodato al gruppo, ma anzi la stava fissando dalla stessa posizione di prima con quella che le parve curiosità negli occhi scuri.
« Non hai ancora imparato a nuotare? » le domandò all’improvviso.
Retasu non seppe se sentirsi a disagio per la domanda leggermente fuori luogo, per il fatto che lui si ricordasse di quel ridicolo particolare data la sua natura secondaria, o per tutta la situazione in generale.
« No, io… preferisco rimanere dove si tocca, » esclamò con una mezza risatina imbarazzata, giocherellando con un dito nella sabbia bagnata, « Fa un po’ ridere, vero? »
Pai si limitò a scrollare le spalle e girarsi un secondo verso il gruppetto, attirato dalla risata di Purin e dal grido assassino di Minto visto gli schizzi che lei e Kisshu stavano provocando spruzzandosi a vicenda.
« Ognuno ha le sue peculiarità, » proclamò enigmatico, osservando l’acqua che gli sfiorava la vita, « Ammetto che nemmeno io sono molto a mio agio qui dentro, ma è l’unica fonte di ristoro. »
Retasu nascose un sorrisetto contro le ginocchia e ne osservò il profilo di nascosto, un dito che giocherellava con la sabbia bagnata: « Quanto fa freddo sul vostro pianeta? »
« Si gela. Gelava, » si corresse lui quasi subito, gli occhi viola che accennarono a perdersi, « Eravamo costretti a vivere sottoterra, per ripararci dalle intemperie, ma la situazione non era migliore. Mi è successo solo un paio di volte di salire in superficie, e… diciamo che il buio dello spazio era più confortevole. »
Lei rimase in silenzio per qualche istante, percependo chiaramente quanto il discorso non fosse tra i preferiti dell’alieno.
« Quindi qui è tutto completamente diverso, » esclamò poi con una mezza risata, « Eppure sembrate abbastanza a vostro agio. Non so come facciate, se fosse toccata a me una cosa del genere… dovermi reintegrare in un posto del tutto nuovo, non saprei… »
« Ci siamo dovuti adattare ai cambiamenti, » Pai la guardò da sopra la spalla con l’ombra di un sorriso, « E molte volte non è stata una nostra scelta. »
Retasu annuì e riabbassò di nuovo gli occhi blu, esalando un respiro tremolante. Avrebbe tanto voluto chiedergli di più, ma aveva paura di risultare invadente o toccare altri punti dolenti. Non riusciva ancora a comprendere l’umore dell’alieno, né la maggior parte delle sue espressioni e ciò che si nascondeva dietro esse, e non voleva essere presa per una ficcanaso insensibile.
« Comunque, non è vero quello che hai detto, » soppesò Pai dopo un po’, cogliendola di sorpresa, « Anche tu sei stata messa all’improvviso dentro una situazione totalmente nuova e che alcuni descriverebbero come folle, eppure sei riuscita ad affrontarla. »
La ragazza non riuscì ad evitare di fissarlo ad occhi sgranati, il cuore che le batté forte un paio di volte.
« Anzi, forse l’avete affrontata con molto più coraggio di noi. Soprattutto perché non avevate altra scelta. »
Le rivolse di nuovo un sorriso mezzo affettato; Retasu dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma fu preceduta dallo strillo esagerato di Purin, che era stata afferrata di peso da Kisshu e lanciata in acqua compiendo un largo arco nell’aria.
« Finiranno per attirare l’attenzione di tutta la spiaggia, » borbottò cupo Pai, parendo aver perso quel minimo di buon umore.
« … Kisshu-san sa nuotare, vero? » domandò preoccupata la verde, seguendo con lo sguardo Ichigo e Minto mentre rincorrevano l’alieno, reo di continuare a sollevare schizzi, e tentavano di spingerlo in giù.
Il viola scosse solo la testa e uscì dall’acqua: « Se la caverà. »
 
 
 
 
« … tanti auguri, cara Purin, tanti auguri a teee! »
La biondina si piegò a soffiare sulle candeline con un sorrisone a trentadue denti, mentre il gruppetto intorno a lei applaudiva festante.
« Esprimi un desiderio! » la incalzò Ichigo, e la vide stringere forte gli occhi e arricciare il naso prima di spegnere tutte e diciotto le lucine in un unico soffio, gli altri che continuavano ad incitarla.
Retasu si premurò invece di riaccendere le luci del salotto, intanto che Keiichiro aiutava la festeggiata a tagliare la torta.
« Ci siamo dimenticati di insegnarvi la canzone, » fece a mo’ di scuse poi rivolta verso Kisshu, che aveva osservato la scena con una spalla poggiata al muro e l’espressione tra il confuso e il rapito, « È tipica di quasi tutta la Terra, direi. La melodia, almeno. »
L’alieno fece un cenno di comprensione: « E quelle? »
« Per tradizione, il festeggiato celebra con una torta con sopra tante candeline quanti sono gli anni che compie, e le deve spegnere con un soffio. Si dice anche che dovresti esprimere un desiderio, mentre lo fai. E poi solitamente ci sono i regali da aprire. »
Kisshu intese l’occhiata di blu intenso come una muta e curiosa richiesta a sapere come funzionasse dalle loro parti, quindi abbozzò a un sorriso: « Anche noi ci scambiamo dei doni per la ricorrenza della nostra nascita. Ma niente torta, quando eravamo piccoli il regalo migliore era un frutto, che noi chiamiamo kirimoia(*). Ha bisogno di molta luce per crescere, e siccome da noi la luce era artificiale, le sue coltivazioni erano molto limitate, il frutto costoso. Quindi era una vera chicca. »
Retasu ricambiò il suo sorriso e gli passò uno dei piattini con la torta: « Sai che non sappiamo quando sia il tuo compleanno, Kisshu-san? »
Lui ingollò circa mezza fetta prima di rispondere, chiudendo un occhio mentre pensava: « Mmmh… non abbiamo esattamente il vostro calendario, ma grossomodo direi il vostro… aprile? Pai lo sa sicuro meglio di me. »
Lo sguardo di Retasu guizzò per un secondo verso il maggiore degli Ikisatashi, dall’altro lato della stanza, e il verde nascose un sorrisetto dietro all’ennesima forchettata di dolce.
« Non è molto bravo a divertirsi, » commentò con un ghignetto, « Non lo era nemmeno prima di diventare un soldato. Mr. Ghiacciolo è tutto decoro e dovere. »
Retasu spiluccò la sua fettina, sorridendo appena: « A volte sembra che non andiate molto d’accordo. »
Kisshu si strinse nelle spalle e passò il lato della forchetta sul piatto per ripulirlo di ogni traccia di panna: « Siamo diversi. Quando sono morti i nostri genitori eravamo ancora piccoli, il modo in cui abbiamo reagito ci ha diviso ancora di più, se possibile. Poi sai, tutte le nostre avventure… »
La ragazza sgranò gli occhi, terribilmente mortificata, mentre quasi si strozzava con un pezzo di dolce: « Kisshu-san, mi dispiace, io non… »
« Su, su, pesciolina, » lui le diede un paio di pacche sulla schiena, sorridendo quasi divertito mentre le passava un bicchiere d’aranciata, « Ormai è acqua passata. »
Lei lo ringraziò con un ultimo colpo di tosse, prendendo un lungo sorso con aria avvilita. Come le era venuto in mente di dire una cosa simile? E come poteva Kisshu rivelare notizie del genere con tutta quella nonchalance? Si azzardò a lanciare un’altra occhiata a Pai da sopra l’orlo del bicchiere; forse non era poi del tutto strano, allora, che lui avesse quel carattere così chiuso, anche se diametralmente opposto a quello del fratello… ma certamente non era una cosa che avrebbe di nuovo investigato così presto.
« Grazie a tutti ancora! » esclamò Purin a volte alta, e si appese al collo di Ichigo per un altro abbraccio, « È stato un fine settimana fantastico. E Keiichiro nii-san, la cena è stata squisita! »
« Ho cercato di fare del mio meglio, Purin cara. »
Da sopra la spalla della rossa, la biondina lanciò uno sguardo divertito a Ryou: « Ti perdono per aver rapito Ichigo nee-chan. »
L’americano, spaparanzato sul divano, piegò solo un sopracciglio, sorseggiando la sua birra: « È stata più che d’accordo. »
« Sì, sappiamo che fa fatica a dirti di no. »
« Purin! »
Il viso di Ichigo prese fuoco e cercò di scrollarsela di dosso, ma la biondina si tenne stretta continuando a ridere: « Ora propongo di andare a farci un altro bagno! »
« Purin, siamo stati in acqua tutto il giorno, » rispose Retasu con un tono un po’ di scuse.
« E sono le undici e ci siamo già fatti tutti la doccia, » aggiunse Minto, un po’ più piccata, ma Purin scosse la testa come a non voler sentire ragioni:
« Dai, per favore! È il mio compleanno e decido io. »
« Ma ha sempre avuto questo caratterino? » sghignazzò Kisshu, « Comunque io appoggio la proposta. »
« Figuriamoci. »
« Andate voi, davvero, » Retasu li incoraggiò con un sorriso, « Io e Minto-chan mettiamo un po’ in ordine. E domattina avremo ancora il tempo di stare un po’ in spiaggia. »
« Promesso, eh! Ma Ryou nii-san non è esonerato. »
« Alright, alright! »
Con uno sbuffo, Ryou si unì a Purin e Ichigo, seguito da Kisshu, e Keiichiro, che però indugiò un secondo sulla soglia.
« Sicure che non vi serva una mano? »
Minto sventolò una mano mentre si alzava dal divano: « Vai pure a controllarli, Akasaka-san, o rischi che si affoghino davvero. »
Rimasti in tre, con un gran sospiro la mora cominciò a raccogliere gli involucri scartati dei regali, mentre Retasu e Pai rassettarono velocemente il tavolo della sala da pranzo, trasportando i coperti in cucina.
« Sai quando torna Zakuro-san, Minto-chan? » domandò la verde poi, aprendo il rubinetto per sciacquare i piatti prima di riporli in lavastoviglie.
« La prossima settimana, » replicò pronta la mora, raccogliendo le bottiglie sparse, « Non ha ancora deciso se tornare venerdì o rimanere un weekend in più, dipende anche se la produzione ha intenzione o meno di fare uno shooting. »
In silenzio, Pai si dileguò molto presto al piano di sopra, mentre le due ragazze finivano di sistemare i piatti e chiacchieravano sottovoce.
« Sono felice che Purin-chan sia stata contenta, » mormorò Retasu, « È stato un po’ difficile incontrarsi per il suo compleanno gli anni passati, e spesso suo papà non c’era. »
« Invidio la sua solarità, » concordò Minto, « Saranno dieci anni almeno che non festeggio un compleanno con i miei genitori, eppure continua a darmi fastidio. »
La verde le rivolse un sorriso comprensivo, per lei era così difficile immaginarsi di non avere una famiglia unita, o dei genitori affettuosi, e ogni volta si rendeva conto di quanto fosse fortunata. Si asciugò le mani in un canovaccio e poi esalò lenta: « Porto i regali di Purin in camera e poi credo che andrò a dormire, ti dispiace? »
« Vai, io rimango ancora un po’, fa troppo caldo per dormire. »
Retasu raccolse i regali e si avviò lenta su per le scale, non vedendo l’ora di rilassarsi tra le lenzuola dopo la giornata comunque intensa. Quando sbucò sul pianerottolo, l’unica fonte di luce sul corridoio buio venne data dalla luce del bagno che filtrò dalla porta aperta da Pai, che stava lasciando la stanza in quel momento.
L’alieno alzò a fatica la testa verso di lei, l’espressione un po’ esausta, e lei fece solo un sorriso, quasi bloccandosi dove stava.
« Non ho finito di aiutarvi, » bofonchiò a mo’ di scuse, e si passò una mano sul volto con fare stanco, « Ma… questo caldo, e il Sole… »
Retasu sentì il proprio cuore battere irregolare dalla tenerezza che le scatenarono quelle parole, e continuò a sorridere mentre annuiva comprensiva: « Nessun problema, Pai-san. So che non dev’essere facile. »
Pai annuì, le sembrò che raddrizzasse un poco la schiena, come se mostrarsi così distrutto non fosse fonte di decoro né appropriato, e fece qualche passo verso la stanza che avrebbe condiviso con il fratello.
« Penserai che sia molto noioso, » disse a voce bassa, così bassa che lei quasi stentò ad udirlo, una punta di divertimento nel tono che le sembrò quasi strana, « Mio fratello ancora pimpante, e io che sto per crollare perché la temperatura non fa per me. »
Lei congiunse le mani davanti a sé, la gola via via che si seccava: possibile che continuasse a trovarsi sola con lui quel giorno?
« Non sono molto più divertente di te, Pai-san, » replicò, cercando di suonare altrettanto ironica, « Non mi avventuro più in là della riva, e sto andando a dormire dopo aver sistemato. »
Gli occhi ametista brillarono un poco nell’oscurità, forse colse l’ombra di un sorriso: « Allora mi dai ragione, che sono noioso. »
« N-n-n-no no no! » Retasu si affrettò a correggersi, avvertendo le guance andare in fiamme e agitando le mani davanti a sé, « Mi hai frainteso, cercavo di dire che… »
Lo sentì ridacchiare piano mentre si avvicinava di più alla propria camera: « Scusa, non volevo turbarti. »
Come poteva non turbarla quando cambiava umore in così poco e addirittura le mostrava quel sorriso? E lei perché continuava a farsi tutte queste domande?
Retasu deglutì e cercò di ricomporsi, ricambiando la risatina a disagio: « Be’, ora… ora credo che andrò a riposare. »
Pai la osservò un altro paio di secondi in silenzio prima di far sì con la testa: « Buonanotte, Retasu. »
In realtà, lei rimase ferma dov’era finché non lo vide chiudersi la porta della stanza alle spalle; poi lasciò uscire tutta l’aria che aveva trattenuto in un sottile sospiro, e si fiondò in bagno a sciacquarsi la faccia rovente, sperando solo che il buio avesse camuffato la cosa.
Al piano di sotto, Minto pensò che forse rinfrescarsi un po’ con l’acqua del mare non sarebbe stata una brutta idea, visto quanto facesse comunque caldo anche in piena notte. Storse un po’ il naso però al pensiero del sale e delle alghe, e del tran-tran successivo che avrebbe dovuto affrontare tra doccia e creme idranti, quindi invece afferrò un bicchiere e lo riempì fino all’orlo di acqua fredda, bagnandosi nel frattempo anche un po’ i polsi. Sospirò rumorosamente una volta che lo ebbe svuotato in un colpo solo, passandoselo sulla fronte per trovare un minimo di ristoro dato nella frescura della superficie. Aldilà della larga vetrata della cucina, riusciva ancora ad intuire le sagome degli amici che si spruzzavano allegramente sotto la Luna, e sentì chiaramente l’urletto allegro di Purin mentre veniva sollevata da Ryou e scaraventata nuovamente in acqua.
Si concesse un altro sorriso intenerito a pensare all’amica, che nonostante tutto non aveva mai visto abbattuta o scoraggiata, ma che anzi sembrava sempre più solare ogni giorno che passava.
« Niente avventure notturne per te, tortorella? »
Kisshu, come al solito, la prese alle spalle, i capelli che gocciolavano senza pietà sul pavimento di legno del corridoio. Lei, che era sobbalzata visibilmente, fece una smorfia infastidita mentre riempiva il bicchiere una seconda volta: « Non sono il tipo da bagni di notte. »
« Cos’è, hai paura dei pesci? Pensavo fosse la micetta quella fifona al buio. »
Minto gli lanciò un’occhiata di rimprovero: « Non ho paura di un bel niente, semplicemente mi ero già rilassata e ripulita dalla spiaggia, e non avevo intenzione di vanificare il tutto. »
L’alieno la guardò divertito: « Rilassata non mi sembra il termine ideale, passerotto. »
Lei non provò nemmeno a ribattere, consapevole che avrebbe solamente visto il ghignetto allargarsi, e affondò il proprio puntiglio in un sorso d’acqua.
« E in ogni caso, è molto più rilassante al buio, » esclamò poi Kisshu, guardando fuori dalla vetrata, « Anche se con la scimmietta non è che si parli molto di relax… »
Si girarono entrambi verso il corridoio buio quando udirono il rumore della porta d’ingresso e la risatina allegra e rumorosa di Ichigo che fingeva di arrabbiarsi per il fatto che Ryou se la fosse caricata in spalla e stesse ora marciando verso il piano superiore, due sorrisi troppo marcati perché avessero effettivamente litigato o lei fosse veramente dispiaciuta della cosa.
Kisshu guardò la mora, rivolgendole un occhiolino: « Forse nemmeno tanto con la micetta. »
« Ah, Ichigo, » mormorò Minto con un sospiro intenerito, « Bisogna volerle bene così com’è, esagerata e con la testa per aria. »
« C’è forse un cuoricino sotto quegli strati di stoffa costosa? »
« Più di quanto ci sia un cervello sotto quei capelli impossibili. »
Kisshu rise divertito e scrollò la testa giusto per darle fastidio con le gocce fredde che schizzarono da tutte le parti, lei che emise un grugnito esasperato mentre afferrava un canovaccio e glielo tirava in faccia come un muto ordine di asciugarsi.
« Comunque, vi bilanciate bene voi due, » commentò sovrappensiero l’alieno dopo qualche istante, sfregandosi il panno in testa.
« Forse vuoi dire che io ho un’ottima influenza su Ichigo, » esclamò Minto con nemmeno tanta ironia, alzando un sopracciglio divertita, poi però si strinse nelle spalle, « È la mia migliore amica. »
« Più della lupotta? »
« Con la onee-sama è… diverso. Ichigo è stata una delle mie prime vere amiche, ed è… beh, è Ichigo. »
« Già, » Kisshu abbandonò lo straccio accanto al lavandino e abbozzò una smorfia, « L’hai riassunta bene. »
La mora picchiettò appena le unghie contro il bicchiere che ancora teneva in mano: « Devi darle un po’ di credito per quando è venuta a parlarti, dopo che hai spifferato a tutti di lei e Shirogane. Sa essere espansiva e diretta, ma… fa un po’ fatica sui discorsi più complicati. Ed era preoccupata. »
« Non c’era niente di cui preoccuparsi, gliel’ho anche detto, » replicò lui, un minimo sorrisetto sulle labbra, e Minto piegò un poco la testa di lato mentre agitava il bicchiere nell’aria, leggermente a disagio:
« Sì, ma comunque… sai… »
L’alieno rise del suo imbarazzo e le prese il bicchiere dalle dita per vuotarlo di un colpo: « Non mi sembra che nemmeno tu sia campionessa dei discorsi difficili, tortorella. »
« Cerco di non impicciarmi negli affari altrui. »
« Coooome no! »
Minto scosse di nuovo la testa, si riprese il bicchiere e lo poggiò dentro al secchiaio. In quel momento, Purin corse dentro casa come una furia, ridendo ad alta voce, Keiichiro una ventina di passi indietro, molto più calmo.
« Buonanotte, Kisshu-san, nee-chan! Domani lo rifacciamo, eh! E Akasaka nii-san mi ha promesso che mi insegna a surfare! »
La mora si scambiò un rapido sguardo con il pasticcere, che aprì solamente un poco le braccia come a dire non ho avuto altra scelta, prima di incamminarsi anch’egli al piano di sopra con un sospiro e un saluto.
« Spero che Retasu non si fosse già addormentata, » commentò lei divertita, « O non prenderà più sonno. »
« Le si scaricheranno le pile, a un certo punto, » ghignò Kisshu di ricambio, « Vedi, tortorella, è così che bisogna essere, giovani e attivi! »
« Chi era quello che ha passato la giornata galleggiando a morto boccheggiando per il caldo? »
« Come se non vi foste fatte un pisolino all’ombra dopo pranzo. »
Minto alzò gli occhi al cielo, piegando un angolo della bocca: « Cosa fai, ci spii anche ora? »
Lui ricambiò l’occhiata divertita con un guizzo negli occhi: « Il panorama non era male. E poi così almeno sono riuscito a sbirciare quel tuo faccino adorabile senza la solita spocchia sopra. »
La mora inarcò un sopracciglio a mo’ di avvertimento: « Rischi che Shirogane tenti davvero di affogarti se ti becca a occhieggiare Ichigo, » aggiunse poi.
L’alieno esalò un lungo verso di esasperazione, finalmente togliendosi il canovaccio da dosso e appallottolandolo prima di lanciarlo accanto al lavandino: « Ma mi ascoltate almeno quando parlo? Poi se vuole farsi una scazzottata ben venga, non ho bisogno di molte scuse. »
Quasi in automatico, Minto si avvicinò al lavandino per prendere lo straccio e piegarlo con cura in un rettangolo ordinato.
« Ti conviene spicciarti ad andare a farti una doccia, » esclamò, tendendo un orecchio verso al piano di sopra, « O credo che il bagno verrà occupato a lungo. »
« Non mi importa molto, » Kisshu si osservò le braccia pallide, ancora coperte da qualche goccia d’acqua, « Non è una sensazione spiacevole, quella del sale. »
La mora lo guardò con un’espressione schifata: « Non è molto igienico. »
« Lo so che sei delicata, » la prese in giro sottovoce, « Ma è anche la prima volta che mi capita di passare una giornata al mare, o di vederlo per bene, se è per questo. Magari me lo voglio godere un po’ di più. »
Le rivolse un’espressione talmente saputa che Minto riuscì solo a ridere e scuotere la testa: « Fa comunque un po’ schifo. »
« Mica ci dormi tu con me, tortorella. »
Lei gli puntò l’indice contro come ammonimento, trattenendo un sorriso, poi sospirò, incamminandosi verso le scale: « Vado a dormire, prima che Purin e Retasu occupino tutto il letto. »
Kisshu la studiò un istante, come se stesse cercando di capire qualcosa, poi la sua espressione si tramutò nel solito ghignetto: « Se non ci dovesse essere posto… »
« Vai a quel paese, Kisshu. »
« Buonanotte anche a te, passerotto. »
Minto si limitò a sventolare svogliatamente una mano dietro di sé, dandogli le spalle mentre saliva le scale buie, ignorando il pizzicore che provava alla nuca dato dagli occhi dorati puntati addosso.
 
 
 
 
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Zakuro aveva sempre avuto il sospetto che i suoi sensi di lupo non si fossero mai del tutto placati nel corso degli anni, perché anche in quel momento poteva benissimo avvertire che ci fosse qualcuno nel suo appartamento fin dall’ascensore all’inizio del corridoio.
Maledetta la sua decisione di dare le chiavi a Shirogane.
Si preparò esalando lenta e rilassando le spalle, non poteva certo arrabbiarsi, immaginava che le intenzioni fossero più che amichevoli e affettuose, al tempo stesso le riusciva difficile non innervosirsi al pensiero di non poter godere di un po’ di silenzio e calma.
Non appena infilò le chiavi nella toppa, udì il mormorio acquietarsi con una serie di ssssh! minacciosi, e dovette reprimere un sorrisetto; contò fino a cinque, e spalancò la porta di casa.
Il suo loft s’illuminò d’un colpo mentre tutti e nove gli altri sbucavano da dietro i muri – chi più chi meno energicamente – con palloncini e nastri al grido di Buon compleanno!, investendola in più con una pioggia di coriandoli (che, si appuntò mentalmente mentre non poteva fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso, avrebbe fatto ripulire direttamente al suo connazionale).
« Ti abbiamo fatto la sorpresa! » sottolineò Purin, ignorando come al solito gli spazi personali altrui e abbracciandola con un saltello.
« Decisamente, » commentò Zakuro con una risatina, e si passò una mano tra le ciocche color glicine per togliere la maggior parte dei pezzetti colorati, « A cosa devo l’onore? »
« Abbiamo realizzato che non ti festeggiavamo come si deve da almeno tre anni, » le spiegò dolcemente Retasu, mentre si incamminavano verso il salotto, « Mentre i nostri compleanni più o meno siamo sempre riusciti a passarli insieme. Speriamo ti faccia piacere. »
E la modella non poté negare che, nonostante la pochissima voglia che aveva sempre avuto nei confronti del proprio giorno di nascita e il grande scontento che provava all’invasione della sua solitudine, vedere il tavolino da caffè del salotto ricoperto di fiori, regali, qualche vassoio con degli stuzzichini e una larga torta rotonda, e altri palloncini sistemati dietro al divano, le provocò una piacevole ondata d’affetto nei confronti di quella che era, a tutti gli effetti, la sua famiglia.
« Sei sorpresa, onee-san? »
« Certo, Purin, » le carezzò affettuosa la testa bionda, e poi lanciò uno sguardo divertito verso Ryou e Keiichiro, « La torta è omaggio del Caffè? »
« Voi vi approfittate del buon cuore di quest’uomo! »
« Lasciatelo perdere, è sempre un piacere per me, ragazze. »
Ricevuti gli abbracci anche da parte di Ichigo e Minto, che si era premurata di sottolineare quali tra i vari pacchettini fossero i suoi regali, sempre con Purin attaccata all’altro braccio, rivolse uno sguardo all’intero gruppo che si stava sistemando tra divano, poltrone e tappeto: « Grazie mille, davvero. È stato un pensiero carinissimo. »
« Una donna di poche parole, » ghignò Kisshu, appollaiato a braccia incrociate sul bracciolo del divano, guadagnandosi un’occhiataccia sia da parte della festeggiata che di Minto.
« Dai, dai, ora soffia! »
Purin la tirò fino al tavolino, quasi costringendola a sedersi, intanto che Keiichiro accendeva le ventidue candeline bianche. Almeno le fu risparmiato il supplizio della canzoncina, si disse tra sé e sé mentre seguiva un applauso al suo spegnerle tutte d’un colpo.
« È una New York cheesecake con dei mirtilli, » le rivelò il pasticcere con fare complice, ben conscio dei suoi gusti, « Porzione per quindici, conoscendo i nostri ospiti. »
Zakuro ricambiò il sorriso, e si alzò sorreggendo cauta la torta in mano: « Però la taglio in cucina, voi mettetevi comodi. »
« Sei sicura, Zakuro-san? »
Lei rispose a Retasu con un cenno del capo: « Mi aiuta Ryou. »
« Sir, yes, sir. »
Non diede attenzione alla sua ironia, gli porse la torta e lo precedette in cucina, andando a rimestare tra gli scaffali per piattini e forchette.
« Ti avevo detto che non volevo festeggiare. »
Ryou non si scompose per nulla alla gelida nota di rimprovero sotto al sorrisetto della modella, mentre poggiava la torta sulla penisola.
« Avresti preferito che lasciassi tutto nelle mani di Ichigo e Minto? Ti saresti ritrovata nell’ultimo locale più in voga del momento con una torta a tre piani. Invece, voilà, non ti sei nemmeno dovuta mettere un paio di calze. »
Zakuro ignorò il commento sul fatto che fosse a piedi scalzi sul pavimento di marmo della cucina e agitò vagamente il coltello che aveva in mano davanti al naso del biondo.
« Guarda che non sono io quella che non sa dire di no a quelle due. »
« Ouch, » Ryou si mise una mano sul cuore, non dovendo poi fingere così tanto di essere stato punto sul vivo, « Sto per nascondere il tuo regalo. »
Lei gli lanciò un’ultima occhiataccia divertita e si riavviò con i piattini della torta su un elegante vassoio, porgendo i primi a Purin e Ichigo che, come al solito, sembravano le più impazienti di gustarsi il dolce. La conversazione su un argomento di cui aveva mancato il principio continuò anche mentre ognuno si concentrava sul dessert, e mentre Zakuro si risiedeva notò con la coda dell’occhio Kisshu che, con nonchalance, appoggiava il braccio sullo schienale del divano, appena cinque centimetri sopra le spalle di Minto, la quale rimase impegnata a partecipare alla discussione, ma con la parte superiore del corpo leggermente inclinata verso l’alieno. La modella si sforzò di non sorridere per non attirare l’attenzione su di sé, e al tempo stesso si chiese se non ci fosse sotto qualcosa che l’amica stessa non aveva ancora notato. Anche se forse un discorsetto o due d’avvertimento a Kisshu sarebbero stati d’obbligo.
Cullata dal ronzio delle chiacchiere di sottofondo, e dal meraviglioso sapore della cheesecake sulle papille gustative, a malapena si accorse del tempo che passava, lei che di solito anelava così tanto poter rimanere sola con i suoi pensieri. Era quello, si disse, la vera prova che avesse accettato quel gruppo in tutto e per tutto come un’estensione del suo essere, come la parte mancante della sua vita; il riuscire a condividere momenti importanti insieme a quelli semplici, senza avere la voglia di scappare al più presto possibile.
Da sotto la frangetta, lanciò uno sguardo in su, reprimendo un sorriso: a Keiichiro in poltrona che impilava ordinatamente i piattini usati; a Ryou, rilassato con Ichigo accanto a sé che chiacchierava fin troppo energica con Minto, di fianco a lei nel divano da quattro, Kisshu all’altro lato che invece confabulava con Purin, seduta ai piedi di Retasu sulla seconda poltrona, il cui bracciolo era occupato da Pai. Si soffermò un istante di più sul profilo dell’alieno, di cui ancora faticava a comprendere gli stati d’animo.
Forse non erano poi così differenti, si disse. Sempre un po’ pesci fuori dall’acqua, sempre introspettivi ma curiosi, imperscrutabili agli altri. Eppure, come lei al tempo, lui e il fratello si erano uniti in maniera organica al gruppo, la loro presenza aveva smesso di stonare fin da subito, e ora sembrava davvero che la scena fosse completa.
« Ti sono piaciuti i regali? » Purin gattonò fino a lei, seduta oltre al tavolino a gambe incrociate sul tappeto, « Sta diventando un po’ difficile pensare cosa regalarti, nee-san. »
Zakuro sbuffò una risata roca alla schiettezza della biondina, annuì convinta: « Molto, Purin, grazie mille. Prometto che ne farò buon uso. »
« Io ce l’ho uguale, » sorrise la più giovane, riferendosi al tappetino da yoga che le aveva donato, « Minto nee-san mi ha detto che il tuo si è perso durante un viaggio, quindi mi è sembrata una buona idea. »
« È perfetto, » concordò la modella, « Anzi, stavo pensando, perché non organizziamo qualche tipo di evento a tema per fare un po’ di pubblicità alla vostra nuova palestra? So che siete dedicati alle arti marziali, ma magari… »
Gli occhi scuri brillarono estasiati: « Nee-chan, sarebbe grandioso! Anzi, soprattutto quando non c’è papà, così non mugugna sulle attività alternative! E scommetto che anche i miei fratellini si divertirebbero, Heicha in realtà si sta interessando alla ginnastica ritmica ma sarebbe ottimo! »
« Parlerò con la mia manager e Minto, e ti faccio sapere. Ora che riaprono le scuole è una buona occasione. »
La biondina le si lanciò addosso per un altro dei suoi energici abbracci, quasi facendole perdere l’equilibrio.
« Ovviamente invitiamo anche Ichigo-chan e Retasu-chan, » esclamò Zakuro a voce un po’ più alta, un po’ ironica, « A un appuntamento di yoga nella palestra di Purin. »
« Ichigo millanta di saper fare, » aggiunse Minto, roteando teatralmente gli occhi, « Il tappetino che le ho regalato io sarà sicuro a far la polvere. »
« Guarda che io sono un sacco attiva ora! »
« Immagino. »
« Minto! »
Zakuro mascherò un sorrisetto mentre quelle due riprendevano a battibeccare sotto lo sguardo scocciato di Shirogane, che dopo tre minuti di orologio scostò il braccio dal poggiatesta e fece per alzarsi.
« Sono quasi le dieci, direi che abbiamo abusato dell’ospitalità di Zakuro. »
« Grazie ancora a tutti per i regali, » ripeté mentre si alzavano tutti in piedi e pian piano raccoglievano le loro cose, sciamando verso l’uscita, « Chi vuole la torta rimasta? »
Le mani di Kisshu, Ichigo, e Purin scattarono in su all’unisono, e lei rise: « La porto domani al Caffè. »
« Chi prende il treno per tornare? »
« Io ho la macchina, se qualcuno vuole un passaggio. »
« Teletrasporto offerto da Ikisatashi e co., anche molto più ecologico. »
« Do you ever shut up? »
Quando poté finalmente chiudere la porta alle spalle dell’ultimo uscito, Zakuro non riuscì a trattenere un sospiro, poggiando la fronte contro al legno fresco. Voleva loro bene, certo, ma dopo un po’ la calma era indispensabile.
E necessaria a percepire il sottile spostamento d’aria dato dall’uso dei poteri alieni.
« Voi essere umani siete sempre così… conviviali? »
Si voltò con calma, con l’ombra di un sorriso sarcastico sul volto, al sentire la domanda così seria di Pai.
« Non io, personalmente, » ammise con onestà, incrociando le braccia al petto, « Ma… non siamo nemmeno un gruppo di persone normali. »
Lo sorpassò nel corridoio, e lo avvertì seguirla in cucina, dove lei si versò un bicchiere d’acqua del rubinetto.
« Da dove vengo io… i nuclei familiari sono uniti, ma siamo anche stati abituati fin da subito a non affezionarci troppo agli altri. La vita non era semplice, e le faide tra gruppi non scarseggiavano. Bisognava badare a noi stessi e ai più prossimi, il più delle volte. O ai tuoi compagni d’armi, in certe situazioni. Ora la situazione è stabile, certo, la società solida, ma… le vecchie abitudini sono dure a morire. »
Zakuro lo osservò facendo roteare il bicchiere tra i palmi, allungandosi sulla penisola: « Dicono che siamo animali sociali, però, » commentò sottovoce, « Gli altri sono la mia famiglia. Riesco a concedere tutto questo tempo solo a loro, e non è stato facile per me all’inizio. »
« E la tua famiglia d’origine? »
Non si scompose alla domanda schietta, era una delle caratteristiche dell’alieno che aveva colto fin da subito; si limitò perciò solo a stringersi nelle spalle: « Abitano su un altro continente, e non ci parliamo da quasi dieci anni. »
Pai annuì, la fronte appena corrugata come se stesse soppesando la sua risposta. Lei aspettò in silenzio, finendo di bere, immersa a sua volta nei pensieri.
Poi si mossero l’uno verso l’altra quasi all’unisono, così com’era successo quella prima volta, nella penombra del laboratorio, un paio di settimane prima, e le volte successive. Non si erano posti molte domande, né se le fecero in quel momento, consci che eventuali risposte non sarebbero state trovate sulle labbra dell’altro ma intenzionati solo a perdervisi, per un istante.
 
 
 
 
Kisshu era ancora sveglio, steso al buio della sua camera, quando sentì il soffio del teletrasporto poco fuori la sua porta socchiusa. Lanciò distratto un’occhiata all’orologio digitale, che segnava l’una e mezza del mattino, e spostò la mano sotto alla nuca mentre con l’altra continuava a giocherellare con un piccolo para-para.
Pai dovette passare per forza di fronte alla sua stanza per andare in bagno, e si accorse di lui.
« Che ci fai ancora sveglio? » gli sussurrò quasi arrabbiato.
Il verde ghignò, mantenendo lo sguardo sul soffitto: « Troppi zuccheri, non trovi? »
Il pugno del fratello maggiore si tese impercettibilmente, mentre questi sbuffava e scostava gli occhi.
« Me ne vado a dormire. »
« Pai? »
Kisshu si tirò a sedere e lo scrutò in uno dei suoi rari momenti di serietà; il viola attese qualche secondo, poi scosse la testa e si avviò verso il bagno.
 
 
 
 
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« Per fortuna che siamo arrivati insieme, » Ichigo prese Retasu sottobraccio e si strinse a lei mentre percorrevano il vialetto d’ingresso illuminato di villa Aizawa, quella sera di ottobre, « Quando Minto fa le cose così in grande, mi sento sempre a disagio. »
« Ma ogni anno fa le cose in grande, nee-chan. »
« E io mi sento sempre a disagio. »
« Non preoccuparti, Ichigo-chan, » Zakuro le sorrise teneramente da sopra la spalla, camminando qualche passo avanti a lei, « Siamo sempre noi, alla fine. »
« Ma mi devo preoccupare? » borbottò Kisshu, piegandosi appena verso l’orecchio di Purin mentre lanciava occhiate in giro al giardino, « Cos’è, tra un po’ spunta qualcuno a farmi un esame di galateo? »
« No, per quello basta Minto-chan, » rise la biondina divertita, « Ogni anno invita sempre un sacco di persone al suo compleanno e Ichigo-chan si stressa perché sono sempre tutti eleganti e posati. Ma è niente in confronto alle feste private che la sua famiglia organizza in primavera ed estate. Lì ci sono davvero un sacco di snob, mentre gli altri amici della nee-chan alla fine sono simpatici. »
« Per te è facile dirlo, Purin, faresti amicizia anche con un albero, » commentò Retasu intenerita, mentre tutti insieme varcavano il portone d’entrata ed allungavano borse e cappotti, un po’ a disagio, verso le cameriere.
« La festa della signorina Aizawa si sta tenendo nel salotto piccolo, » le informò la più giovane di loro, sorridendo allegramente a Ichigo che ricambiò, riconoscendola da tutte le volte che si era fermata alla villa.
« Wow, il salotto piccolo, » commentò Ryou con sarcasmo, scambiandosi un’occhiata divertita con Zakuro, « Ci siamo trattenuti quest’anno. »
« Oh, grazie al cielo, » esalò Ichigo sottovoce, agguantando questa volta il braccio del biondo, poi aggrottò le sopracciglia, « Spero che non ci sia quella tizia antipatica che andava a scuola con lei e che due anni fa ci ha provato con te tutto il tempo. »
Il ragazzo alzò un sopracciglio, divertito e stupito al tempo stesso del commento, e le lasciò un bacetto sulla sommità della testa mentre si incamminavano: « Easy, tiger. »
Il salotto piccolo di villa Aizawa, ovviamente, era grande due volte (e probabilmente mezza) il salotto di Ichigo, e al loro ingresso già brulicava di persone sorridenti impegnate in chiacchiere sopra un elegante sottofondo musicale; sul lato sinistro, vicino alle alte finestre e subito individuato da Kisshu, Purin, e Ichigo, c’era un lungo tavolo coperto da una candida tovaglia e pieno di vassoi ricolmi di cibo dall’aspetto appetitoso.
« Credo di aver individuato dove passerò la serata, » ghignò il verde, facendo ridere di nuovo la biondina, « Ma non manca il dolce con le lucine…? »
« Minto-chan che soffia sulle candeline? Per favore! » Purin alzò appena gli occhi al cielo, sghignazzando con ironia, « L’unica volta che siamo riusciti a convincerla è stato facendole un agguato al Caffè con un cupcake e una singola candela. »
« Minto-chan! » la rossa si alzò sulle punte e sollevò un braccio per attirare l’attenzione della festeggiata, impegnata ad accogliere altri ospiti dall’altra parte della stanza.
« Per carità, Ichigo, non siamo al porto, » la salutò non appena li raggiunse, facendo subito storcere la bocca all’amica, « Su, su, non state lì impalati, c’è un sacco di cibo e da bere – Kisshu, Purin, mi raccomando, buone maniere. Onee-sama, ti vorrei presentare un paio di amici… »
« Ma io che ho fatto! »
« Aizawa, il tuo primo brindisi ufficiale ce lo puoi anche concedere. »
Lei alzò un sopracciglio altezzoso guardando Ryou: « La prossima volta dì alla tua ragazza di non arrivare in ritardo. »
« Guarda che torno a casa e mi porto dietro il regalo! »
« Minto-chan è ufficialmente maggiorenne, » spiegò gentilmente Retasu ai due alieni, che avevano osservato lo scambio di battute un po’ confusi, « In Giappone si può iniziare a bere, tra le altre cose, dai vent’anni. » (**)
« Ma allora, passerotto, bisogna festeggiare! » esclamò lui con un guizzo negli occhi dorati, e la mora si limitò a sospirare teatrale:
« Kisshu, ti prego, almeno stasera, placati. Onee-sama, vieni? »
Mentre la mora prendeva la modella sottobraccio e la conduceva tra i vari gruppetti di persone con sguardo adorante, Ryou lanciò uno sguardo di divertito astio nei confronti del verde, che era rimasto un po’ basito dalla risposta (molto più abituato a risposte piccate da parte della ragazza), e prese di nuovo la mano di Ichigo, facendo un cenno verso il buffet.
« Vuoi qualcosa? »
Gli occhi della ragazza brillarono ingordi, prima che una sottile smorfia le si disegnasse sul volto: « Sì, però qualcosa di leggero… l’ansia mi ha fatto venire un po’ di mal di pancia. »
Il biondo la guardò leggermente preoccupato, sfiorandole una guancia: « Tutto okay? »
Ichigo sorrise e annuì, agitando una mano: « Sì, lo sai che non sono fatta per le grandi feste eleganti. »
« Me lo ricorderò quando vorrai di nuovo inaugurare il Caffè. »
In realtà, tutto il gruppetto si mosse compatto verso le cibarie, tutti molto più a proprio agio tra di loro che tra la folla e in ogni caso desiderosi di assaggiare le leccornie di ispirazione europea proposte. E, proprio come previsto da Retasu, Purin e la sua estroversione furono il ponte perfetto per interagire con gli altri invitati, riconoscendo soprattutto vecchi amici di Minto che avevano già conosciuto a eventi precedenti (e, con sommo dispiacere di Ichigo, inclusa la vecchia compagna di scuola che aveva mostrato interesse per Shirogane).
Kisshu, dal canto suo, per una volta rimase piuttosto in disparte, la coda dell’occhio fissa sulla festeggiata che rimbalzava come un’elegante piuma da ogni parte della sala, cercando di intrattenere quanti più ospiti possibili nello stesso momento e di interagire con tutti, da perfetta padrona di casa. La osservò sorridere raggiante, probabilmente scambiarsi battutine per pochi con delle ragazze longilinee quanto lei, posare per delle foto con quegli aggeggi che lei e le altre si portavano sempre in giro. Quando si riaccostava a loro, poi, era quasi come se tornasse a prendere un respiro da tutto quel tran-tran oltre che a un sorso di una bevanda o un vol-au-vent.
« Ma dovevi proprio invitare quella Tanaka-san? » le si lamentò Ichigo all’orecchio dopo un po’, « Non riesce proprio a non fare la cascamorta! »
Minto alzò gli occhi al cielo, concedendosi un pasticcino: « La conosco da quando vado all’asilo, non potevo lasciarla fuori. E non è così male, sei tu che sei estremamente gelosa. »
« Ci ha provato letteralmente con tutti. Vero, Kisshu? »
Lui ghignò e alzò le mani in segno di difesa: « Non la possiamo certo biasimare, gattina. »
« Grazie, sei di aiuto. »
« Ichigo, piuttosto, Maeda-san ti stava cercando, anche lei pensava di continuare l’università con Lettere e voleva qualche informazione. »
« No, ti prego, tutto ma non lo studio stasera… »
Kisshu osservò con un sorrisetto la mora trascinare l’amica da un’altra parte, intimandole qualche tipo di minaccia all’orecchio visto il sorriso splendente che la vide fare; in quel momento, afferrò un paio di bicchieri pieni e sgattaiolò quatto lungo il muro, silenzioso come sapeva essere, avvicinandosi alle spalle di Minto. Solo quando vide Ichigo ben impegnata nella conversazione lui si fece avanti e prese la mora delicatamente per un braccio, tirandola un po’ meno gentilmente verso uno dei corridoi su cui si affacciava la stanza.
« Kisshu, che modi sono! » si lamentò immediatamente lei, « Ti sembra possibile!? »
« Non mi hai nemmeno salutato per bene. »
Minto si irrigidì all’istante, notando come le iridi dorate di Kisshu paressero brillare anche nella penombra del corridoio.
« Dovevo assicurarmi che tutto andasse bene alla festa, » gli rimbrottò, « Voi siete solo bravi a finirlo, il cibo. »
L’alieno ghignò e fece un mezzo passetto avanti: « Tortorella, » sussurrò a bassa voce, « Smettila di voler sempre avere il controllo su tutto. »
Lei alzò gli occhi al cielo e accettò il bicchiere di bollicine che lui le stava porgendo, più che altro per avere qualcosa in mano su cui concentrarsi.
« Sono i tuoi amici della compagnia? »
Minto annuì, lanciando un’occhiata sopra la spalla agli invitati che continuavano a chiacchierare allegri.
« Non ti ho visto interagire molto con loro. »
Kisshu esibì un sorrisetto ironico, accennando verso uno dei ragazzi: « Non credo che io e Mister Ciuffo impomatato avremmo molto in comune di cui discutere. Tu, piuttosto… »
« Io piuttosto cosa? »
« Sei a tuo agio con loro. Non come quando sei con le altre, eh, quel tuo ghignetto supponente c’è sempre, ma sei contenta. »
Lei lo guardò stranita, prendendo un sorso lentamente: « Non capisco se dovrei ringraziarti o ribattere all’insulto. »
Kisshu sghignazzò e piegò la testa da un lato: « Perché hai smesso di ballare, allora? »
Minto esalò lentamente, osservando il poco contenuto del bicchiere; era un argomento che ancora le doleva toccare: « Circa un paio di anni fa, ho sentito mia madre commentare, con testuali parole, “meno male che la nostra Minto si è affezionata così tanto al suo hobby, non è molto portata per altro.” »
Lui la osservò sforzarsi di fare un falsissimo sorriso velenoso, mentre sollevava appena un sopracciglio e continuava con astio.
« Un hobby. Prima ballerina per una vita, molto prima del normale, tournée in tutto il mondo, ho ballato anche a New York e all’Opera di Parigi, sai? Ma era solo un hobby, e non sono portata per altro, » la mora prese un altro respiro profondo e poi alzò la testa, « Così, ho messo da parte l’hobby e ho dimostrato che sì, potevo anche far qualcos’altro. »
Kisshu la guardò in silenzio per qualche istante, poi sbuffò divertito: « La tua testardaggine potrebbe essere pericolosa, tortorella. »
Minto lasciò uscire una risatina dal naso e poi alzò appena un sopracciglio, avvicinando il bicchiere alle labbra: « Lo prenderò come un complimento. »
« Ora dimmi una cosa, » il verde fece un passo in avanti, con una luce divertita negli occhi, « Cos’hai contro il soffiare le candeline? »
Dovette trattenersi dal ridere al vedere la faccia stupita e confusa della ragazza.
« Ma che… che razza di domanda è? E soprattutto chi te l’ha detto? »
« La scimmietta, » Minto represse un lamento sconsolato, avrebbe dovuto riconoscere il colpevole fin da subito, « Mi è sembrata una cosa molto curiosa e che lei trova particolarmente significativa del tuo carattere. »
« È una grandissima sciocchezza. »
« E per questo non ti piace farlo. »
Non era una domanda, ma piuttosto una constatazione rallegrata, e la mora si strinse solo nelle spalle: « Non vedo perché sia così importante. E credo che alcuni preferiscano mangiare un dolce che non è appena passato sotto la faccia di qualcuno. »
« Eppure mi avevate spiegato che questa famosa torta è il momento più importante di tutta la festa, » la prese in giro leggermente, allungando distratto due dita per scostarle una ciocca corvina dal volto.
« Forse se hai dieci anni. O sei Purin, » aggiunse, in tono di amabile rimprovero, « La festa in sé è importante. O meglio, le persone con cui si festeggia. »
« Tortorella, più andiamo avanti, più mi diventi una tenerona, » la canzonò appena, giusto per vederla arricciare il naso, « Cosa ne sarà della tua reputazione? »
Minto, però, rise piano e alzò un sopracciglio mentre si spostava leggermente dalla cornice dell’uscio e appoggiava la schiena al muro: « Non dovrai rivelare nulla. »
Kisshu la seguì di un altro passo, il viso pieno di sincero divertimento: « Sei sicura di voler affidare un tale segreto a qualcuno – com’è che hai detto quella volta? – avvezzo ai voltafaccia? »
« Se quel qualcuno ci tiene a non funzionare da puntaspilli… »
« Niente, ritiro tutto, » con un sorriso, l’alieno le si mise accanto e infilò le mani in tasca, « Rimani una tortorella crudele e vendicativa. »
« Ma nemmeno nel giorno del mio compleanno puoi evitare quegli sciocchi nomignoli? »
« Perché dovrei? » le domandò con la stessa sincerità di un bambino, « Tutti gli altri ti chiamano Minto. »
Lei dovette sforzarsi di ignorare il frullio all’altezza del petto, e finì il contenuto del suo bicchiere: « È il mio nome, dopotutto. »
« E le alucce e il didietro piumato dove vogliamo metterli? »
La mora gli lanciò un’occhiata minacciosa: « Possibilmente in un cassetto del passato. »
« Oh, andiamo, non saresti qui a spassartela con il sottoscritto altrimenti. Né avresti le ragazze. Il tuo essere una tortorella è una grande componente di ciò che sei ora. »
Minto lo studiò per un paio di istanti, poi rise esasperata: « Non è nemmeno l’animale giusto! »
Kisshu continuò a sghignazzare, svuotando anche lui il bicchiere mentre perdeva lo sguardo lungo le altre parti buie della casa, e solo dopo qualche minuto di relativo silenzio la ragazza aggiunse:
« Comunque chi te lo dice che me la stia spassando? »
Gli occhi dorati brillarono birbanti nel buio, voltandosi all’improvviso verso di lei: « Ti stai forse annoiando? »
Lei ridacchiò e scosse la testa: « Mai detto neanche questo. »

Il ghigno di Kisshu si allargò ancora di più: « Crudele, vendicativa, e incontentabile. »
La mora alzò gli occhi al cielo, e fu poi attirata dal volume della musica che si alzava di qualche tacca da dentro la sala.
« Forse è meglio se torniamo dentro… » mormorò, allungandosi un po’ per sporgersi dall’uscio e controllare cosa stesse succedendo, « Credo che Purin e Nishikawa-san abbiano preso possesso dello stereo. »
« E tu lasciale fare, » replicò il verde, e quando Minto si voltò di nuovo, si rese conto che i tre passi che li separavano si erano nettamente ridotti, « Non abbiamo forse detto che bisogna godersi la festa? »
« Sì, ma… »
Il suo sussurro poco convinto si affievolì quando lo vide sorridere contento e furbo, le sue dita che le sfiorarono di nuovo una guancia mentre le portava un boccolo nero dietro l’orecchio: « Devi smetterla di voler sempre controllare tutto, » le ripeté malizioso, così vicino alle sue labbra, « Tortorella. »
Il cervello di Minto computò che effettivamente Kisshu la stava baciando – e il modo in cui la stava baciando – solo una grossa manciata di secondi dopo, e lei si intimò di incolpare i bicchieri di champagne ingeriti e non il fatto che tutto il suo corpo avesse reagito d’istinto, lasciandosi premere contro al muro e tendendosi sulle punte per rendere tutto più semplice.
Aprì gli occhi quando, con beneplacito dei suoi polmoni, l’alieno si staccò da lei, solo per posarle un bacio leggero nell’incavo del collo che però la scosse più di quello precedente. Spontaneamente, fece un passo di lato e riacquistò quel minimo di spazio necessario a calibrare le mosse successive, possibilmente senza incrociare il sorrisetto soddisfatto di lui.
« Non mi guardare così, » sussurrò, riaggiustandosi i capelli in maniera automatica, ottenendo solo il risultato di farlo ghignare ancora di più, « E non azzardarti a dire che non stai facendo nulla di che, » aggiunse in fretta e un po’ minacciosa, controllandosi anche il vestito.
Kisshu rimase zitto per una volta, limitandosi solo a fissarla allegro e stringersi nelle spalle come un bambino obbediente.
« È meglio se non… torniamo dentro insieme, » concluse infine Minto, e prese un lungo respiro, annuendo poi come se stesse convincendo anche se stessa, « Be’… vado, allora. »
« Tortorella? »
Lei esitò un istante sulla porta, deglutendo per rimettere il cuore a posto, e lui si riavvicinò, rimanendo nascosto nel corridoio ma allungando una mano per sfiorarle il contorno delle labbra con il pollice.
« Meglio, » la prese in giro sottovoce, mostrandole il dito macchiato dall’ombra del rossetto che lei portava; Minto arrossì soltanto e si riavviò dentro la sala.
 
 
 
 
« Dov’è finita Minto? » Ichigo tentò di allungare il collo sopra le teste degli invitati per individuare la testa bruna, imitata da Retasu accanto a lei, « Dobbiamo farle il brindisi e la foto! »
« L’ho vista andare prima per di là, » commentò distratta Purin, scorrendo l’MP3 connesso allo stereo per continuare il suo nuovo ruolo da deejay della festa, « Ma era con te, nee-chan. »
« Credo sia andata in bagno, » Zakuro rispose laconica, ignorando con maestria lo sguardo di traverso che le fu rivolto da Ryou, che pur controvoglia non aveva certo mancato la concomitante scomparsa di una certa testa di broccolo, « Eccola, sta tornando. »
Ichigo si voltò verso la direzione indicata dalla modella, iniziando ad agitare la mano verso la mora che spuntò da un corridoio, strofinandosi le mani, e si diresse verso di loro.
« Eccoti, ma dov’eri? È l’ora del brindisi e dei regali! »
« Per tutti i kami, Ichigo! » sbottò, alzando gli occhi al cielo, « Come sei pesante, tu e i regali! Ero andata… in bagno, direi che ne ho ancora il diritto. »
Si schiarì la gola, sperando solo che tutto l’autocontrollo che aveva richiamato a sé la stesse aiutando a mantenere un colorito accettabile, e poi sorrise verso l’amica: « Vogliamo fare questo brindisi? »
Ichigo annuì con energia e cominciò a spingerli verso il lato opposto della stanza, di nuovo dal lungo tavolo a buffet che alcuni camerieri stavano di nuovo riempendo di bicchieri: « Nishikawa-san è già andata a chiamare qualcuno per la foto, ma dobbiamo fare prima quella con solo noi e – aspetta, ma non manca anche Kisshu? »
« Si sarà appartato con un’invitata. »
« Purin! » Retasu la riprese con un sussulto, ottenendo solo il risultato di far aumentare lo sghignazzare della biondina.
« Io punto su una delle ballerine. »
« Allora, ci muoviamo?! »
Allo strepito di Minto, Ryou guardò Zakuro con molta più insistenza, e gli occhi indaco lo redarguirono con così tanta potenza che lui congelò all’istante qualsiasi espressione facciale, appuntandosi mentalmente che non avrebbe mai dovuto dimenticarsi quanto fosse infallibile il sesto senso della ragazza.
Non appena arrivò al tavolo, la mora afferrò un bicchiere d’acqua e lo trangugiò quasi in un unico sorso, esalando un lungo respiro al sentire la freschezza ristorarla un pochino.
« Stai bene? » Ichigo la guardò con affetto e una punta di preoccupazione, sfiorandole un braccio.
« Sì, ho solo caldo, mi state tutti addosso, » replicò lei, ruotando le spalle all’indietro come per scrollare qualcosa.
La rossa annuì e imitò il suo gesto, facendosi aria con la mano: « Forse il salotto piccolo non è stata una grande idea, io sto sudando. »
« Elegante. »
« Ehi, solo tu e Zakuro-san avete iper controllo sulle vostre funzioni fisiologiche! » Ichigo le diede un’amichevole colpetto con la spalla, e poi cercò il suo viso un’altra volta, « Sicura che ti stia divertendo? Sembri… non lo so, distratta. »
« Mh-mh, » Minto negò col capo mentre beveva ancora, sollevandosi con la mano libera i capelli dalla nuca, « Sto solo pensando alla logica dei prossimi momenti. »
« Per carità, Minto, è una festa, lascia che vada! »
« È quello che le dico anche io, micetta, » Kisshu spuntò all’improvviso alle spalle della mora  (vanificando tutti i suoi sforzi per cancellare la sensazione del corpo di lui contro al suo, non che l’avrebbe mai ammesso o reso noto in quel momento), e si allungò tra di loro per afferrare un bicchiere, « Volevate fare questo importantissimo brindisi senza di me? »
« Sei tu che sei sparito, nii-san, » cinguettò allegra Purin, affiancandosi a lui per ricevere un po’ di analcolico dai camerieri, « Chissà cosa stavi combinando. »
« Stai facendo comunella con mio fratello per avere tutta questa sfiducia nei miei confronti, nanerottola? Sono integerrimo. »
« Con quella faccia? Ceeerto! »
« Micetta, tortorella, difendetemi! »
Ichigo ridacchiò solo, distratta da Minto che borbottò solo qualcosa sottovoce mentre lasciava cadere la mano e assumeva quella posa rigida che preannunciava che di lì a poco avrebbe perso tutto l’autocontrollo che stava richiamando a sé in quel momento. Posa che in effetti assumeva spesso, quando c’era Kisshu nei paraggi.
Si azzardò solamente a guardarla in maniera curiosa, piegando appena un sopracciglio, ma la festeggiata si voltò a naso in su per chiedere un bicchiere di champagne, ignorandola in una maniera fin troppo evidente; la rossa ghignò sotto i baffi e si limitò ad agitare la mano in direzione di Retasu e Ryou.
« Siamo pronti! »
Si allinearono tutti vicini, forse un po’ troppo stretti vista la quantità di gente in quella stanza, e Ichigo tirò a sé il biondo giusto per rimarcare il messaggio a tutte le ragazze che aveva benissimo notato guardarlo fin troppo convinte, sistemandosi tra lui e Minto.
Con la coda dell’occhio, scorse la mora mugugnare ancora qualcosa che non capì a Kisshu, al suo fianco, che per tutta risposta le rivolse un sorriso scanzonato e con due dita le liberò di nuovo il collo dai capelli, spostandoglieli su una spalla.
« Okay, fate un bel sorriso e dite tanti auguri Aizawa-san! »
Guardò di nuovo l’amica, che si impose invece di mantenere gli occhi fissi sul fotografo con il sorriso studiato negli anni, e represse un sorrisetto, prima di vedere solo il flash.
 
 
 
 
Mugolò scontenta quando la luce del Sole le arrivò dritta nelle palpebre ancora chiuse; passavano gli anni, ma certo i metodi di sveglia di Minto rimanevano sempre troppo bruschi per i suoi gusti.
Con la mente ancora ovattata dal sonno, udì parzialmente l’amica ringraziare sottovoce una cameriera che aveva portato la colazione e il tintinnio del servizio sul carrellino. Non nascose nemmeno lo sbuffo che le sorse naturalmente dal petto mentre, sentendosi accaldata e ancora stanca, lottò contro la gravità che incombeva sulle sue palpebre.
« Su, pigrona. Sono arrivati i rinforzi. »
« Buongiorno anche a te, » borbottò Ichigo, la faccia ancora premuta nel soffice cuscino che tanto avrebbe voluto traslocare nel suo letto, « Potevi essere un po’ più gentile a svegliarmi. »
« Stai letteralmente per fare colazione a letto, non so cosa tu voglia di più. »
La rossa le rivolse una smorfia divertita e si rotolò ancora qualche istante, prima di mettersi seduta e stiracchiarsi con tutta calma.
« Tè o caffè? »
« Mmm… tè, grazie, » Ichigo osservò con gli occhi a cuori l’elegante servizio di porcellana e i vari piattini che avevano portato, « Ah, anche io vorrei svegliarmi così tutte le mattine! »
Minto la guardò quasi offesa mentre le riempiva una tazza e gliela passava: « Non è così tutte le mattine, io di solito mi vesto e vado in sala da pranzo, » commentò con una punta di acidità.
La rossa non rispose alla provocazione, limitandosi solo ad osservare di soppiatto l’amica, che sicuramente si era pettinata prima di svegliarla, perché non credeva che potesse apparire così composta naturalmente anche da appena alzata.
« Allora hai intenzione di raccontarmi cosa succede? »
Le lanciò un’occhiata divertita mentre stringeva la tazza di tè fumante tra le mani, soffiandoci appena sopra. Minto si tese come una corda di violino, versandosi la propria con fare scocciato:
« Non sta succedendo proprio nulla. »
« Come no! Ieri sera eravate così in confidenza. »
La mora la trucidò con lo sguardo, con il solo effetto di far divertire l’amica ancora di più: « Avrai sicuramente bevuto troppo e immaginato cose. »
« Per tua informazione, non ho bevuto nulla! » replicò veloce l’altra, « Avevo la pancia un po’ sottosopra, quindi ero assolutamente lucida! »
« Per forza, con tutti i dolci di cui ti strafoghi al Caffè, il tuo povero fegato… »
« Non cambiare discorso! » Ichigo poggiò la tazza sul comodino e si sedette sui talloni per ispezionare meglio il carrellino portavivande ricolmo, « Quando fai così vuol dire che c’è qualcosa che non vuoi ammettere. »
« Non c’è proprio niente da dire, » Minto si concentrò su un pezzo di pera, « Sappiamo fin troppo bene di Kisshu. »
« Ah, quindi parliamo di lui! »
« Sei proprio una stupida. »
La rossa rise e la guardò da sotto la frangetta mentre si stendeva sul letto: « Secondo me vi piacete fin troppo. »
« Secondo me devi farti i fatti tuoi. »
« Guarda che più dici così, più mi dai ragione. »
Minto le lanciò un’altra occhiata di fuoco, scuotendo solo la testa con fare esasperato, poi la sua espressione si fece più preoccupata: « Perché fai quella faccia? »
Ichigo, ancora stesa nel letto, premette il volto contro al copriletto: « Mi fa di nuovo male lo stomaco, » bofonchiò, « Forse devo davvero smetterla coi dolci. »
« Momimiya, se mi hai portato dei germi è la volta buona che ti bandisco. »
« Non ti ho portato dei germi! » ribatté la rossa con fare decisamente offeso, « Ho solo… umphhhh. »
Con uno scatto degno dei suoi dormienti geni felini, Ichigo scattò su da letto e corse veloce verso il bagno riservato dell’amica, buttandosi praticamente con la testa dentro al water.
Minto la seguì con lentezza e preoccupazione, affacciandosi al bagno titubante: « Ichigo? »
« Sto bene, » la rossa ondeggiò una mano come a dirle di non preoccuparsi prima di tirare lo sciacquone, « Tutto okay, solo… ugh, ma che abbiamo mangiato ieri? »
La mora continuò a osservarla un po’ indecisa: « Lo stesso che ho mangiato io, e non mi ha dato fastidio. »
« Te l’ho detto, è da qualche giorno che non sto molto bene, » Ichigo prese un respiro profondo e si sedette più comoda a terra, poggiando la schiena al muro, « Anche alla mattina, sono sempre stanca e faccio fatica ad alzarmi. »
« Non è molto diverso da solito. »
« Ah, ah, ah, » l’amica le lanciò un’occhiataccia e poi esalò ancora lentamente, strofinandosi lo stomaco, « Faccio più fatica. E non è divertente. »
« Potrebbe essere un male stagionale, » Minto si sedette sulla vasca da bagno, a un’elegante debita distanza, « Oppure sei così innamorata da dimenticarti di mangiare bene, anche se la vedo difficile. »
« Avresti dovuto finire quello che hai iniziato ieri sera, forse saresti meno acida, » Ichigo la fulminò ancora con lo sguardo, reclinando la testa e chiudendo gli occhi, « Ugh, di nuovo… »
« Okay, » la mora si alzò di scatto e si avviò verso l’alto mobiletto bianco pieno di toiletteria e candidi asciugamani ben piegati, così da poter dare le spalle alla rossa, « Vedo se qui ho qualcosa per farti stare meglio, okay? Altrimenti chiedo a Oba-san. »
« Mmmhm, » Ichigo non si mosse, ma aprì solo un occhio, « Anche qualcosa per il mal di testa sarebbe grandioso. »
Senza nemmeno girarsi, Minto afferrò una scatoletta e gliela passò di scatto: « Anni di danza ti temprano ad avere l’antidolorifico a portata. »
La rossa rise, sedendosi un po’ più dritta per cercare di sbirciare il contenuto del mobiletto: « Cos’hai, un’intera farmacia lì den - »
Un pacchettino nel ripiano più alto attirò la sua attenzione come una calamita, e Ichigo sentì il sangue gelarsi nelle vene mentre lo stomaco si ribaltava come a sottolineare la cosa. Al silenzio improvviso, la padrona di casa guardò da sopra la spalla per accertarsi che andasse tutto bene, e si accigliò nel trovarla a bocca aperta e più pallida di prima.
« Ichigo, tutto okay? »
La rossa prima annuì lentamente, poi iniziò a scuotere la testa in un no poco deciso: « Che… giorno è oggi? »
« Cosa stai dicendo, oggi è - » un lampo di comprensione saettò sul viso della mora, che si voltò del tutto e lasciò cadere le braccia lungo al corpo, « Oh, no. »
Un denso silenzio cadde sulle due finché, minimo tre minuti dopo, Ichigo sventolò le mani nella direzione di Minto per chiederle di aiutarla a tirarsi in piedi:
« Mi devi accompagnare, ti prego, non so nemmeno se mi reggono le gambe. »
« Non reggono a me, figuriamoci… » borbottò lei, mentre la tirava quasi di peso, « Forza, vado a chiamare l’autista. »
 
 
 
Ryou probabilmente compì un vasto catalogo di infrazioni del codice della strada mentre, in sella alla moto, guidava verso casa di Ichigo con il cuore in gola. Mezz’ora prima, mentre era nel bel mezzo di una riunione, aveva ricevuto un messaggio da parte di Minto che praticamente lo intimava di presentarsi a casa della rossa al più presto possibile, cosa che gli aveva scatenato parecchia ansia.
In primis, perché non capiva il motivo del mittente, secondo, non riusciva a capacitarsi dell’urgenza del messaggio. Cosa poteva essere successo nelle quattordici ore tra quando aveva lasciato Ichigo da Minto e ora?
Una parte di lui – quella più egoista – pensava che non potesse essere niente di legato alla loro relazione, visto che Minto non ci avrebbe avuto niente a che fare. Dall’altra parte, conosceva quelle due abbastanza per sapere che insieme potessero combinarne parecchie, e non era rassicurante sapere quanto fossero ficcanaso l’una negli affari dell’altra.
Quasi piegandosi sul cemento, sorpassò l’ultima curva e inchiodò sotto il palazzo della ragazza, lanciandosi sul citofono e, di nuovo, con il cuore a battergli contro la gola nel sentire che fu Minto a rispondere ed aprire.
Fece le scale a due a due, e ringraziò soltanto che la porta d’ingresso fosse già aperta per non fargli aspettare ulteriormente.
Anche se avrebbe preferito essere accolto in maniera diversa.
« I-Ichigo? »
Lei, seduta sul divano accanto a Minto con le lacrime che le striavano il viso, lo guardò come un cagnolino abbandonato, un singulto che le scosse le spalle mentre si alzava indecisa e lenta, gli occhi bassi.
« Ecco, io… »
« Ichigo, mi sta venendo un infarto, » borbottò lui, poggiando il casco in terra e facendo qualche passo nella stanza come se fosse un campo minato, « Cos’è successo? Ti sei fatta male? »
 « M-mi dispiace… »
Ichigo fu nuovamente scossa da singhiozzi mentre abbassava la testa, e Ryou, sentendosi morire dentro, le si avvicinò titubante, cercando di prenderle il viso tra le mani.
« Che sta succedendo? » tentò di domandarle ancora, ma lei scosse solo la testa, poggiando la fronte contro al suo petto.
Lui la strinse, e lanciò uno sguardo d’aiuto a Minto, che si alzò dal divano con un sospiro per porgergli qualcosa.
Ryou sentì la terra scomparire da sotto i piedi.
« Holy shit… »
« Esplicativo. »
 L’americano, questa volta, lanciò un’occhiataccia a Minto, poi scostò Ichigo da sé quel che bastava per riuscire a sollevarle il viso e guardarla negli occhi.
« Ichigo, ti prego, calmati. Ne… parliamo, d’accordo? »
Lei prese un respiro profondo, lo sguardo sempre basso, i pugni che si strinsero attorno alla sua maglietta: « I-io n-non so come… siamo sempre stati attenti, e… io sono… »
Riprendendola tra le braccia, un lampo di lucidità passò per il geniale cervello del biondo, che di nuovo imprecò sottovoce: « Potremmo non aver… considerato una cosa. »
Due paia di occhi scuri lo guardarono interrogativi, uno decisamente più umido dell’altro, e lui prese un sospiro, aggiustando la frangetta della rossa mentre cercava parole che avrebbero spiegato l’idea senza ledere la già precaria condizione di lei.
« Ichigo, tu… non hai mai avuto molto controllo suoi tuoi ormoni, diciamo… » abbozzò, sentendola irrigidirsi e quindi stringendo la presa, « E io e te siamo… molto compatibili. Almeno, geneticamente parlando. Quindi è probabile che le cose siano state… facilitate. »
« Oh, kami-sama. »
Ryou guardò di nuovo storto Minto, che si era presa la testa tra le mani, scuotendola sconfortata. Ci volle qualche istante in più perché Ichigo invece, sbattendo le palpebre, riuscisse a comprendere, e quindi scattò all’indietro, schiaffeggiandogli un braccio: « Shirogane! Tu e i tuoi esperimenti dei miei stivali! »
« Hey, it takes two to tango! »
« Vedila così, » la mora si alzò con un sospiro, raccogliendo le sue cose, mentre Ichigo continuava a scrutare torva Shirogane, « Se la situazione fosse leggermente diversa, troveresti tutto mielosamente romantico. »
Si avvicinò all’amica, che era arrossita di colpo, e la strinse in un abbraccio.
« Vi lascio a discutere, ma chiamami se hai bisogno. Okay? »
Ichigo annuì e pigolando sottovoce la ringraziò del supporto quel pomeriggio, Minto che si limitò ad abbozzare un sorriso e salutare con un cenno delle dita, prima di chiudersi la porta alle spalle.
La rossa prese un respiro tremolante, incassando la testa tra le spalle e continuando a fissarsi i piedi.
« Cosa facciamo ora? » esalò in un singulto.
« Per prima cosa, ti calmi, » Ryou le sollevò di nuovo il viso e le passò i pollici sulle guance per asciugarle dalle lacrime, « D’accordo? Poi ci… ragioniamo. »
Ichigo tirò su con il naso e annuì appena, affondando la fronte contro al petto di lui e cingendogli piano la vita: « Noi avevamo appena… »
Il biondo la strinse, poggiando il mento sulla sommità della sua testa: « It’s alright, » le mormorò, « L’importante è che tu stia bene. »
Lei rimase zitta e ferma, a respirare il suo profumo con boccate spezzate, e Ryou avvertì solo le dita sottili stringersi di più attorno alla camicia.
 
 
 
 
Il mattino dopo, Ichigo si svegliò ancora più intontita, se possibile, e senza sapere esattamente quante ore avesse dormito; probabilmente avrebbe anche tirato dritto, se non fosse stato per la mano che le stava accarezzando la testa in quel momento.
Si stiracchiò lenta, sentendo la pelle delle guance continuare a tirare, e sbattendo le palpebre per mettere a fuoco la tazza di tè che fumava sopra al suo comodino.
« Tutto okay? » le domandò Ryou, la mano libera ben stretta attorno alla propria tazza di caffè nero.
La rossa annuì e si stropicciò gli occhi, puntellandosi sulle mani per tirarsi su a metà: « Che ore sono? »
« Quasi le undici. Ben oltre la mia media, » scherzò lui, continuando a giocherellare con i suoi capelli.
Ichigo sbadigliò e prese un sorso di tè, rabbrividendo piano al calore che vi si sprigionò, mentre tutti i pezzetti della serata precedente si ricomponevano nella sua mente.
Il biondo le accarezzò una guancia e si sedette più vicino a lei nel letto, lasciandole un bacio sulla fronte.
« Allora siamo d’accordo? »
Lei lo guardò da sotto in su, passando distratta un dito lungo il bordo della tazza: « Sei sicuro? »
Lui salì del tutto sul letto per posare la fronte contro la sua, fermando il palmo contro al suo viso: « Ichigo, io ti amo. E qualsiasi cosa sarà, io ci sarò. Got it, ginger? »
Dovette trattenersi dal sorridere quando la vide assumere circa dieci sfumature di rosso diverse mentre processava le sue parole, prima di esalare un mugolio indefinito e abbracciarlo per nascondere la faccia rovente contro il suo petto. Ryou ricambiò la stretta, baciandole la testa con una risata mentre lei strusciava la guancia contro di lui come una vera e propria gatta.
Per il momento, sarebbe andata bene anche così.
« Mio padre ti ucciderà, » mormorò lei dopo un po’.
Shirogane si limitò a fare una smorfia: « Ho come il sospetto che Kei sarà in prima fila. »
« E forse Zakuro-san. »
« Ammetto che sono fortunato a non aver ricevuto un pugno subito da Minto. »
Ichigo rise e gli si appiccicò appena di più, e lui giurò di poterla sentire fare le fusa.
 
 
 
§§§
 
 
 
L’annuncio ufficiale al resto della truppa fu dato soltanto un paio di settimane più tardi, dopo qualche altra conversazione profonda tra Ryou e Ichigo, una serie di visite da parte della rossa, la coincidenza di tutti i turni pomeridiani, e un tattico approccio preventivo al povero Keiichiro (che, anche se non l’avrebbe mai ammesso e dopo una solida ramanzina riservata solamente al suo protetto “a cui aveva spiegato certe cose”, era stato estasiato all’idea).
A locale vuoto e chiuso, ovviamente, il grido eccitato da parte di Purin rimbombò ancora più forte, mentre si lanciava sui due con la spinta di un razzo.
« Purin, piano! »
« Retasu, respira, » ridacchiò Minto, osservando come la verde si era portata le mani davanti alla bocca, con gli occhi lucidi e le guance arrossate, « Sai quanto sarà ancora più insopportabile Ichigo da ora in poi? »
« Sempre gentile, » mugugnò la rossa, cercando di staccarsi la biondina dal collo.
« Ma come avete fattoooo-oh-oh-oh! »
« Purin! »
La verde si asciugò una lacrima e afferrò una mano di Ichigo: « Ma… come farete ora? »
« Lasceremo i nostri appartamenti e ci trasferiremo nella vecchia villa dei miei genitori, » spiegò il biondo, « L’ho fatta ristrutturare, ma era troppo grande per me soltanto. Finora. »
« Ah, una villa, ti tratti bene, Momomiya. »
« Uuuh, una convivenza! »
« Mi sembra la cosa minore, » sogghignò Zakuro, scambiandosi un’occhiata d’intesa con l’americano.
« Io continuerò ad andare all’università, finché il piccoletto non diventerà troppo ingombrante, » continuò Ichigo, ignorando i commenti di entrambi mentre si sfiorava la pancia, « E voglio anche continuare a lavorare al Caffè, finché possibile. Già sentivo le battutine delle altre, non voglio che si pensi che mi sono fatta mettere incinta dal capo per avere favoritismi e prendermela comoda. »
Ryou rise contro la chioma rubino, passando un braccio intorno alle spalle della ragazza e stringendola: « Ma tu ti sei fatta mettere incinta dal capo. »
Come previsto, lei tentò di divincolarsi nelle risate generali, finché Keiichiro non fece un passo avanti e parlò con la sua costante gentilezza: « Non preoccuparti, Ichigo-chan, sistemeremo tutto e saremo tutti qui ad aiutarvi. L’importante è che tu ora ti riposi e ti rilassi. »
« E figuriamoci, quando mai ha fatto il contrario. »
« Minto, io adesso…! »
La mora rise della faccia indispettita della rossa e seguì Keiichiro in cucina, per aiutarlo a recuperare qualche bicchiere per fare un brindisi con del succo di frutto fatto in casa.
« Cos’è tutto questo starnazzare? » Kisshu varcò la soglia della seconda porticina da saloon della cucina, indicandosi alle spalle con il pollice, « Vi si sente dal laboratorio, la vena sulla fronte di Pai è parecchio ingombrante. »
« Oh, Ikisatashi-san, ecco… » il pasticcere esitò un istante, senza mai che il suo sorriso scemasse mentre lanciava un’occhiata di sbieco a Minto, che continuò imperterrita ad allineare bicchieri sul vassoio, « Ichigo-chan e Ryou ci hanno appena comunicato che avranno un bambino. »
Il suono di Kisshu che tratteneva appena il respiro rimbombò per un istante tra le pareti della cucina, poi l’alienò scoppiò in una risata sguaiata: « Ah! Davvero geniale il biondino, ci ha dato dentro parecchio per acchiappare definitivamente la micetta! »
« Kisshu, fai veramente schifo. »
« Si chiama scherzare, gufetto, non l’hai ancora capito? » si avvicinò all’isola e, come suo solito, afferrò uno dei dolcetti rimasti della giornata, « Contenti loro, se vogliono iniziare a giocare alla casa così presto posso solo che supportare. Da lontano, non amo i marmocchi. »
Keiichiro e la mora si scambiarono solo un’occhiata rassegnata, poi l’uomo prese uno degli eleganti carrellini in metallo e vi ripose le caraffe di succo e i bicchieri, avviandosi verso la sala principale.
« Pensi tu ai pasticcini, Minto-chan? »
Lei annuì e sfilò veloce uno dei vassoi dalla presa di Kisshu, portandolo su uno dei banconi così che fosse insieme agli altri dolci rimasti e dandogli la schiena mentre lui si lamentava sottovoce.
« Gufetto? » gli mormorò sarcastica dopo qualche istante di silenzio.
Lo sentì stiracchiarsi e ridere sommesso: « La faccia che fai quando sei contrariata è molto ispirante. »
« Credo che tu ne sappia qualcosa, allora. »
Kisshu sbuffò divertito e le si avvicinò a passi lenti, poggiando un fianco al bancone con le braccia incrociate; Minto, suo malgrado, non poté evitare di avvertire un fastidioso formicolio alla bocca dello stomaco, e lo guardò di sottecchi: « Tutto okay? »
« A parte l’incredibile ansia di sapere che il gatto pulcioso diventerà padre alla mia età? Una favola, » Kisshu ridacchiò amaro e scosse la testa, « Anche se era una cosa molto comune sul mio pianeta, fino al ritorno della Mew Aqua, devo dire di essere molto contento di aver sempre schivato il proiettile. »
Lei non riuscì a evitare di lanciargli un’occhiataccia all’allusione: « Depravato. »
« Non ho detto niente! » rise lui, alzando le mani, « Solo perché non ho fatto mistero di amare un po’ le distrazioni. » 
La mora sbuffò mentre finiva di comporre elegantemente vari pasticcini e biscotti su due larghi vassoi: « Immagino tu stia soffrendo parecchio a non trovarne qui sulla Terra. »
Lui si allungò come un gatto sul bancone, poggiandovi i gomiti sopra e riposando il mento sui palmi così da guardarla da sotto in su con un sorrisetto: « Non trovo niente, dici? »
Minto lo trucidò con lo sguardo mentre sentiva le guance scaldarsi: « Smettila. »
« Non sto facendo nulla! »
« Sai benissimo cosa stai facendo, » sibilò lei, « E devi smetterla. »
« Tortorella, se lo pensi davvero, » la voce di Kisshu si abbassò di mezzo tono mentre lui si avvicinava un po’ di più e allungava una mano per sfiorarle il polso con la punta delle dita, « Queste cose dovresti dirmele mentre mi baci, non dopo. »
Lo stomaco di Minto ebbe un sussulto tale da propagarsi lungo la spina dorsale e farle sbattere uno dei vassoi contro al bancone, ma riuscì comunque a rivolgergli uno sguardo omicida nonostante le guance in fiamme: « Sei… assolutamente… impossibile! »
Lui sorrise con così poco decoro, le iridi dorate colme di malizia, che le mani della mora tremarono mentre si sforzava per non afferrare uno dei vassoi liberi e spalmarglielo in faccia, e al tempo stesso reprimeva il brivido che era arrivato a solleticarle la nuca.
« Minto-chan! Dai, ho fame! »
Kisshu continuò a ghignare imperterrito mentre Minto emetteva uno strano verso di totale esasperazione e usciva dalla cucina con i benedetti pasticcini mugugnando sottovoce qualcosa a proposito di plurimi omicidi.
 
 
 
 
Il terrore di essere vittima di un crimine efferato passò anche nella mente di Ryou, che avrebbe voluto che il grande annuncio ai signori Momomiya fosse lineare quanto quello dato agli altri.
« Mi viene da vomitare, » bofonchiò Ichigo, seduta accanto a lui sul treno.
Lui lanciò solo un’occhiata alle nocche bianche che stringevano compulsivamente il pacchettino di bignè preparati per l’occasione da Keiichiro (che sicuramente aveva aggiunto alla crema del liquore in un tentativo di blandire gli animi), e intrecciò le dita alle sue giusto per non presentare ai suoceri un purè di dolci.
« Guarda che devi essere pronta a difendermi, » le scherzò all’orecchio, ma la rossa non parve divertita.
« Tu lo sai di quando sfidò Masaya-kun a kendo, vero? » al ricordo, sentì un brivido correrle su per la schiena, « Non è stato entusiasmante. »
Sakura li accolse con la sua solare cortesia, trascinandoli dentro casa in un turbinio di chiacchiere e abbracci, Ryou che fu praticamente trasportato in sala da pranzo. Shintaro, ovviamente, già seduto a capotavola, fu ben meno espansivo, limitandosi a esclamare a gran voce quanto fosse contento di rivedere la sua dolce bambina e scoccando solo un’occhiata astiosa nei confronti del biondo, come faceva fin dalla prima volta che gli era stato presentato ufficialmente come fidanzato.
« Ho fatto il tuoi preferito, caro, » esclamò invece Sakura all’americano, mettendo in mezzo al tavolo una pentola di brodo fumante per lo shabu-shabu(***) (per cui lui non era esattamente certo di aver espresso una preferenza, ma si guardava sempre bene dal contraddire la dolce signora, più che mai in un’occasione come quella).
Seduto accanto a Ichigo, poteva avvertire benissimo il ginocchio della rossa tremare e sobbalzare dal nervosismo, e avrebbe tanto voluto poterle prendere la mano da sotto al tavolo o accarezzarla per trasmetterle un minimo di tranquillità – la pochissima che anche lui percepiva – ma era ben conscio dell’odio del signor Momomiya per qualsiasi tipo di effusione fuori luogo, quindi si limitò a cercare di incrociare il suo sguardo tra le varie chiacchiere del pranzo.
« Facciamo noi, mamma, » la rossa quasi scattò su come una molla non appena le abbondanti porzioni preparate da Sakura furono terminate in un sospiro di generale soddisfazione, e raccolse velocemente le ciotoline e il pentolone lanciando un’occhiata estremamente allusiva al biondo. Lui la seguì celere fino in cucina, leggermente preoccupato dal pallore del suo viso.
« Non ce la posso fare, » bisbigliò infatti lei, aprendo il rubinetto per nascondere le parole sotto il rumore dell’acqua che rimbalzava sulle stoviglie, « Non ce la faccio, credo che mi stia per venire un infarto. »
« Ehi, tranquilla, » Ryou le prese le mani tremanti e gliele strinse, « Ci sono anche io. Ho estremamente paura della vena sempre più grossa sulla fronte di tuo padre, ma… dobbiamo dirglielo. Giusto? »
Lei rise appena della battuta e prese un respiro tremolante, deglutendo un paio di volte mentre si sfiorava sovrappensiero il ventre: « Non posso farti da scudo. »
« Non fa niente, » lui rise e le lasciò un veloce bacetto sulla sommità della testa, prima di prendere il vassoio ancora incartato di pasticcini.
« Con i saluti di Akasaka-san, » lo presentò poi tornando in cucina e porgendolo a Sakura con l’abbozzo di un inchino.
La donna sorrise contenta, non esitando a sciogliere il fiocco sopra, la stessa espressione della figlia al trovarsi davanti dei dolcetti.
« Oh, ma che meraviglia! Ma non dovevate, sono così tanti! Caro, guarda come sono belli! »
« In realtà, » Ryou si schiarì appena la voce e lanciò un’occhiata a Ichigo, quasi semi-nascosta dietro di lui, « Sono per… festeggiare. »
« Oh? » Sakura commentò incuriosita, ma con lo sguardo concentrato ancora su quale gusto delle creme assaggiare per prima, « E quale sarebbe l’occasione? »
« Mamma… papà… ehm… » la rossa afferrò saldamente la mano dell’americano e prese l’ennesimo respiro, sicura che avrebbe vomitato d’ansia entro trenta secondi, « Ecco, noi… aspettiamo un bambino. »
Il rumore dei respiri che si bloccarono risuonò chiaramente nel salotto, mentre Sakura rimaneva a bocca aperta con ancora un bonbon allo zabaione stretto tra le dita e pronto ad essere azzannato, e Shintaro strabuzzava gli occhi così tanto che sembrarono sul punto di uscirgli dalle orbite.
« Co… come? » domandò la donna, voltandosi lenta verso i due ragazzi, « Un… bambino? »
Ichigo piantò le unghie nel palmo del suo ragazzo, facendolo sussultare appena: « Non è stato… apposta, » pigolò sottovoce, facendo un passo indietro.
« Ma siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità, » aggiunse veloce e sicuro Ryou, ricambiando la stretta e guardando i due, « Soprattutto, signori Momomiya, voglio che siate certi che sono pronto a prendermi cura di Ichigo in qualsiasi maniera lei vorrà. »
Sakura si alzò e si risiedette come un automa, la bocca ancora chiusa in un oh di sorpresa e lo sguardo incredulo che passava da uno all’altra.
« Voi siete… felici? »
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata, e Ichigo si avviluppò al braccio del biondo prima di arrossire e annuire con vigore.
« … un nipotino! »
Fu solo a quelle parole che Shintaro sembrò risvegliarsi, il volto che acquistò tonalità di viola mentre iniziava a farfugliare e borbottare come una caffettiera: « Tu… voi… tu… cosa?! »
Ichigo sobbalzò al sentirlo sbattere i palmi sul tavolo e far tintinnare le stoviglie rimaste, e Ryou aveva già fatto un passo avanti e aperto la bocca per ribattere, quando Sakura si alzò e gli si rivolse con molta calma, ponendosi appena davanti a loro.
« Shintaro, caro. I ragazzi ci hanno appena detto una cosa bellissima, » lo apostrofò con la voce più ferma che sua figlia le avesse mai sentito fare, guardando il marito con sguardo acceso, « E noi dobbiamo essere fieri che abbiano deciso di affrontare responsabilmente una cosa così importante. »
Lo osservò per un altro paio di secondi, prima di voltarsi di nuovo estasiata verso Ichigo, prendendole le mani: « Oh, tesoro mio! Sapessi quanto sono felice! Un nipotino! Abbiamo così tante cose di cui discutere! Sapete già la data prevista? »
Li avvolse entrambi in un abbraccio mentre la figlia arrossiva ancora e balbettava per cercare di rispondere alla sequela ininterrotta di domande. Dal canto suo, Ryou sentì il palloncino di preoccupazione nel petto sgonfiarsi leggermente, sapeva quanto fosse importante per Ichigo il supporto di sua madre in un momento simile, anche per dissipare qualsiasi ultimo dubbio si fosse annidato nella sua testolina insicura. E sapeva anche quanto fosse importante avere Sakura come ultra-scudo dalle ire del marito.
Shintaro, infatti, osservò l’intera scena senza emettere fiato, le braccia incrociate e lo sguardo duro davanti a sé, immobile come una statua. Solo dopo almeno cinque minuti, sospirò stancamente e si alzò, ma invece che unirsi al gruppetto chiacchierante si diresse senza un suono verso il piano di sopra. L’americano allora si staccò con gentilezza da Ichigo e lo seguì d’istinto:
« Momomiya-san. »
Shintaro si fermò a metà delle scale, scrutando il giovane con aria torva e attendendo in silenzio.
« La prego di non dubitare delle mie intenzioni e dei miei sentimenti verso sua figlia. »
 
 
 
 
« Gli hai detto veramente così? E lui? »
« Niente, è andato al piano di sopra e c’è rimasto per un po’, poi quando è tornato è rimasto seduto sul divano senza dire una parola. Non sono stato aggredito a colpi di shinai (****), quindi direi che è un buon segno. Ichigo ha parlato con sua mamma più tardi, credo che Sakura stia facendo un grosso lavoro psicologico perché si sono già offerti di aiutarci a trasferirci. »
« Dovrai portarle dei fiori, » rise Keiichiro, dall’altra parte del telefono, e Ryou concordò con uno sbuffo divertito.
« E un conto aperto al Caffè. Like mother, like daughter, » scherzò sottovoce, lanciando appena un’occhiata sopra la spalla per captare un segnale da Ichigo, « E la prossima volta porto pure te, come cuscinetto per smorzare le tensioni. »
« La prossima volta spero tu imparerai la lezione. »
Il biondo alzò gli occhi al cielo per il tono di affettuoso rimprovero, poi sospirò: « Non sento rumori da un quarto d’ora, meglio che vada. »
« Non la stressare, e salutala da parte mia. »
« Come se fossi io quello che stressa! »
Si salutarono velocemente, poi Ryou infilò il cellulare in tasca e si diresse verso la camera da letto, dove aveva lasciato Ichigo a cambiarsi dopo la giornata in previsione di una doccia. Come sospettato, però, la rossa era ancora con i vestiti di quella mattina, stesa nel centro del letto quasi a stella a giocherellare con il cellulare e l’aria assorta.
« Per la casa nuova, un lettone enorme, » la prese in giro con dolcezza, mettendosi a gattoni sopra di lei, « Perché una certa gattina tende a occupare un sacco di spazio. »
Ichigo rise solo, riponendo il cellulare e strusciando solo il naso contro al suo.
« Possiamo iniziare i traslochi quando vuoi, » le mormorò sottovoce, lasciandole un paio di baci lungo il collo, « Con calma, ma prima che diventi pieno inverno. »
Al mugolio poco deciso di lei, Ryou alzò gli occhi per osservarla, la mano ferma sul suo fianco.
« Ragazzina, sento le rotelle dentro la tua testa da qui. »
Ichigo storse il naso al soprannome, poi fece un respiro profondo, torturandosi il bordo della maglietta: « Sei sicuro, sicuro, sicuro? » pigolò a mezza voce, evitando il suo sguardo, « Non dobbiamo fare nulla solo perché… e non fare altre cose per… »
Il biondo sospirò e risalì per lasciarle un bacio sulle labbra: « Se tu sei sicura, io sono sicuro, ginger. Voglio solo prendermi cura di te. Di voi. Già avevi fatto la tana qui da me, non trovi? »»
« È diverso, » mugolò lei, appena colta sul vivo, e lui le prese le mani per posargliele delicatamente accanto al viso con una risata:
« Da quando sei una gattina che si perde in questi dettagli? »
« Magari tu volevi fare le cose fatte bene! » sbottò lei, un paio di lacrimucce traditrici che le si affacciarono negli occhi.
« Ichigo. Ichigo, » ripeté Ryou più fermo, prendendole gentilmente la guancia per costringerla a guardarlo, « Pensi davvero che le vorrei meglio di così? »
Senza aspettare che le rispondesse, le arrotolò il maglione per scoprirle la pancia e lasciarle dei baci lungo l’addome.
« Abbiamo saltato le tappe, è vero, » le mormorò, « Ma vorrei andare a vivere con te a prescindere da che qui dentro ci sia qualcuno. »
La percepì irrigidirsi appena quando le sganciò il bottone dei jeans, e osservandola di sottecchi confermò il rossore sulle gote.
«… davvero? » insistette lei in ogni caso, e lui le lanciò un’occhiata allusiva:
« Ichigo, » ripeté con un sospiro per la terza volta, e il tono che usò le fece assumere un altro paio di sfumature di rosso, « Cosa ti ho detto? ».
« Scusa, » borbottò, abbozzando a un sorrisetto, « Sono gli ormoni. »
Ryou rise e fece il percorso inverso con le labbra, soffermandosi un istante di più appena sopra al suo ombelico: « Guarda che hai una quota su quante volte potrai usare questa scusa. »
Lei scosse la testa con una risata divertita, e scivolò più giù nel letto, specchiandosi negli occhi azzurri: « Dimmelo ancora. »
Lui sbuffò appena, la bocca a un millimetro dalla sua e le mani che già vagavano sulla pelle nuda sotto ai vestiti: « Ti amo. »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) Dall’inglese cherimoya, ovvero la Annona cherimola, frutto originario del Sud America e dal sapore descritto come un miscuglio tra ananas, mango e fragola: https://it.wikipedia.org/wiki/Annona_cherimola

(**) In realtà (zan zan, colpo di scena! xD), nel 2014 è passata la prima riforma del Codice civile giapponese in 140 anni per cui, dall’Aprile 2022, la maggiore età scenderà ufficialmente dai 20 ai 18 anni. Ma, ahimè per i poveri giapponesi, bere, fumare, e giocare d’azzardo rimarranno legali e legittimi ancora solo dai 20 anni in su. https://www.japantimes.co.jp/news/2018/06/13/national/crime-legal/japan-enacts-law-lower-adulthood-age-18/#.WyIFrVOFOu4

(***) Lo shabu-shabu trae origine dall’hot pot cinese ed è simile, ma meno dolce, al sukiyaki. Prevede la cottura in tavola di carne (solitamente fettine sottilissime di manzo) in una pentola di acqua calda o un brodo (dashi) fatto di alga konbu. Per farvi venire fame: https://it.wikipedia.org/wiki/Shabu_shabu

(****) Spada usata principalmente nella pratica del kendō, sia durante l'allenamento sia nel combattimento.

   
 
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