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Lo
osservò in silenzio, scrutandone ogni singolo millimetro del
volto, deciso a imprimerselo nella mente e custodirne gelosamente il
ricordo.
Scuotendo
la testa in un moto di compassione e divertimento raccolse la trapunta
di lana da terra e lo coprì con delicatezza, stando attento
a non svegliarlo. Il piccolo Oren aveva sempre avuto il particolare
vizio, anzi dono, di scoprirsi durante il sonno.
Si
sedette sul bordo del letto, il viso schiacciato contro le mani
sorrette per i gomiti dalle ginocchia, reprimendo un gemito di paura,
dolore, terrore, sofferenza. Entro poche ore avrebbe dovuto trovare la
forza, no il coraggio, di impugnare spada e scudo, infilare elmo e
armatura, e guidare le truppe di Highever e Amaranthine in guerra,
senza suo padre o l’arl Howe. Non era mai sceso realmente in
battaglia, ma aveva sentito le storie raccontate dagli uomini che ci
erano stati e non sapeva se sarebbe riuscito a mantenere il sangue
freddo senza cedere mai.
Si
sporse un poco e fece una carezza al bambino, scostandogli dalla fronte
i capelli scuri, e questi si rischiarò in un sorriso
involontario, girandosi poi sul fianco e dandogli le spalle.
«Fergus,
torna a letto…» mormorò sua moglie con
voce impastata.
Le
volse lo sguardo, sentendosi il cuore battere all’impazzata.
A quel punto però non seppe più stabilire se
ciò fosse dovuto al timore dell’avvenire o al
desiderio per lei.
La
donna, illuminata dalla tenue luce diffusa dalle candele e avvolta in
un lenzuolo, avanzò fino a lui. Scrutò amorevole
loro figlio, poi prese la mano del marito, scortandolo in silenzio fino
alla loro camera da letto, dove si sedettero e lo tenne stretto a
sé.
«Lo
sai che non sei obbligato…»
«Certo
che lo sono, Oriana», replicò lui con un filo di
voce. «Sono vincolato dal nome della mia
famiglia…»
Lei
gli tenne stretto il viso, obbligandolo a guardarla. «E
allora rinnega il tuo titolo, rinnega il tuo re e non
andare», lo supplicò infine, trovando finalmente
la fermezza per dar voce a ciò che le opprimeva
l’anima.
Non
sarebbe stato male mollare tutto e tutti e scappare ad Antiva,
lì sua moglie era la figlia di un importante uomo
d’affari. In una nazione di assassini, dove tradimenti e
intrighi di corte stavano all’ordine del giorno, nessuno
avrebbe potuto puntargli il dito addosso, ma che ne sarebbe stato del
suo onore? No, una simile idea non avrebbe dovuto nemmeno
attraversargli per un attimo la mente e scosse la testa nel tentativo
d’allontanarla.
«Se
solo potessi… Ho dei doveri verso i Cousland, ma soprattutto
nei confronti del mio popolo. Non posso abbandonarli.»
«Che
differenza farebbe un uomo in meno?» disse lei,
sull’orlo della disperazione. «Fergus, io ho un
brutto presentimento… Se andrai, sento che…
che…»
Lui
deglutì, consapevole di ciò che la moglie stava
per dire. Anche lui sentiva che quella sarebbe stata la loro ultima
notte, che quelli sarebbero stati gli ultimi ricordi che avrebbe avuto
di coloro che portava nel cuore.
Avrebbe
conservato per sempre la memoria del suo piccolo uomo fare le smorfie
nel sonno, probabilmente sognando i suoi adorati grifoni;
così come senza fine avrebbe rammentato il viso della sua
innocente sorellina, che si era sobbarcata l’incarico di
badare al castello; o quello di sua madre, Eleanor Cousland, che tanto
aveva fatto per farlo sentire il figlio migliore del mondo.
Appesantito
dal fardello dell’imminente Flagello, ma avido di sentirsi un
uomo comune, le attirò a sé il volto,
impossessandosi delle sue labbra e desiderando che diventassero una
cosa sola.
«Il
tuo amore mi ferisce, Oriana, e non so come farò ad andare
avanti senza.»
«Ad
Antiva l’amore è un dono piuttosto
raro… per chi non può permetterselo»,
replicò lei, sfilandogli la camicia e slacciandogli la
fibbia della cintura.
«Stai
dicendo che mi hai sposato solo per i soldi?» la
provocò lui, adagiandola supina e baciandole ogni centimetro
di pelle nuda, inebriandosi del profumo esotico che sprigionava.
Fergus
si tirò su, rimirando il corpo di sua moglie, lasciandosi
osservare a sua volta.
Oriana
allungò le dita, facendogliele scorrere lungo le clavicole,
proseguendo fino a una spalla e poi all’altra.
Passò alle anche, poi alla superficie calda dello stomaco e
più giù. Lo attirò a sé per
il collo, lasciando che il suo uomo la prendesse.
«Se
fossi così superficiale, non avresti visto l’alba
di un nuovo dì da molto tempo…»
bisbigliò lei, lasciandosi baciare.
«Questo
perché dormo con un pugnale sotto il
cuscino…» gemette lui senza fermarsi.
«Ricordi quando ci siamo conosciuti…?»
«Non
potrei mai scordarmene…» ammise Oriana,
sfiorandogli il collo con le labbra. «La giornata di Dicembre
più calda che si sia mai vista.»
Mentre
lei gli intrecciava le dita nei capelli, lui non faceva che essere
ancor più bramoso del suo corpo, ossessionato
dall’incidere nella memoria quegli istanti.
«Prometti
che ricorderai che sei mia», sussurrò,
inchiodandole le mani contro il materasso e baciandole
l’incavo della gola.
«Ti
amerò fino alla fine dei tempi», giurò
lei, liberandosi della morsa e invertendo le posizioni.
«Aspetterei milioni d'anni per te.»
Si
cibò delle sue lacrime, sentendo che la risposta di Oriana
era stata sincera, tranquillizzandosi al pensiero che ci sarebbe stata
lei a rimboccare le coperte di Oren nelle fredde notti fereldiane, che
lei ci sarebbe stata sempre.
«Di’
che ti ricorderai, Oriana, di’ che ti
ricorderai…»
«Ti
amerò fino alla fine dei tempi.»
Muovendosi
come se fossero un’unica cosa, come se il loro sentimento
potesse sopire qualunque dubbio, ansia, continuarono a giurarsi il loro
amore, perché di questo Fergus aveva bisogno. Lui
necessitava di uno scopo. Avrebbe dedicato la vittoria a lei, sua
moglie, e sarebbe tornato presto tra le sue braccia a reclamare
ciò che gli era stato giurato e così sarebbe
potuto partire alleggerito dal peso di ciò che si lasciava
alle spalle.
***
Ed
eccoci alla fine di questo mio piccolo esperimento... E' la prima volta
in vita mia che scrivo una pseudo-scena di passione. Credo di
aver letto troppi Harmony... che ebbene sì: adoro. XD
Anche
se non ho scritto niente di esplicito, spero che mio padre non apra mai
i miei file di word, perché credo che mi diserederebbe,
ahaha. Non importa se siamo poveri in canna, il pensiero mi
infastidisce ugualmente =P
Che
dire? Spero questo minicapitoletto - che per l'inciso, credo sia il
più lungo che mai posterò di questa fanfiction -
non abbia fatto tanto schifo, ma in caso contrario vi scongiuro: non
uccideteviiiii!
Per
scrivere mi sono ispirata un pelino alle parole del ritornello della
canzone Blue Jeans di Lana del Rey e anche a quel punto in cui
Giulietta chiede a Romeo di rinunciare al nome dei Capuleti (o dei
Montecchi? Boh, mi confondo sempre...).
Detto
ciò: odio profondamente l'html. Perché cavolo mi
escono le cose con settordici millimetri di spazio proprio non lo so!
ps. Un grazie di cuore e con il gomito a Brida e Verichan per seguire
questa cosa chiamata storia, e anche alla mia amica Chiara, che non
recensisce ma so che c'è ;)
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