Stavo pensando...
Oggi manca esattamente una settimana al 18 ( data che aspetto con trepidazione
maniacale ), così ho deciso di festeggiare con una one-shot
di Lady Bracknell, la mia preferita ( insieme ad Under the Table, anche se
questa non è una shot ).
Kissing it better
Quando Tonks si sedette sui gradini della scala,
chiedendosi quale parte del suo corpo le dolesse di più, tutto ciò a cui riusciva a pensare era che
non era così che si pensava dovessero finire i primi appuntamenti.
E specialmente
non i primi appuntamenti con Remus, che le piaceva e con cui flirtava
da mesi, e che aveva colto il messaggio e le aveva chiesto di uscire con un
fare talmente timido e nervoso che lei non aveva potuto fare a meno di
innamorarsi di lui se possibile ancora di più di quanto non lo fosse già.
No, i primi
appuntamenti con Remus non sarebbero dovuti finire
così. Avrebbero dovuto esserci baci e quella strana
sensazione alla bocca dello stomaco, e promesse di ripetere queste cose in un
futuro più che prossimo. O qualcosa di decisamente più
orizzontale. I primi appuntamenti non sarebbero dovuti
finire con un silenzio imbarazzato mentre lei si trascinava pesantemente verso
Grimmauld Place, lei seduta sui gradini al buio ed ogni centimetro del suo corpo che le faceva
male.
Primo appuntamento col cavolo, pensò la ragazza amaramente, mentre
appoggiava la tempia dolorante alla ringhiera. Probabilmente sarebbe stato l’unico appuntamento, visto che perché
mai Remus avrebbe voluto uscire con qualcuno che non
riusciva nemmeno a reggersi in piedi?
Tonks sospirò.
Remus era sempre così aggraziato ed equilibrato, mentre lei era un peso ed una
minaccia, ed aveva le ginocchia sbucciate come una bambina di sei anni, cosa
che era alquanto sconveniente. Più di una volta lui aveva accennato a quanto
loro due fossero diversi e questa sera lei l’aveva
semplicemente provato. Lui era stato un sogno, lei un incubo.
Non sapeva
nemmeno come avesse fatto. Un attimo prima stava
camminando lungo il pub verso Remus reggendo un paio di drink e subito dopo era
scivolata...
Trasalì. Non ci
voleva neanche pensare.
Che impressione
doveva aver fatto con le gambe che partivano in direzioni diverse
mentre volava di faccia verso il pavimento?
Alzò gli occhi al
cielo, incontrando inavvertitamente lo sguardo vitreo di una delle teste
impagliate degli elfi. Avrebbe giurato che le stesse facendo un ghigno derisorio.
Dio. Avrebbe
voluto che le scale si aprissero e la inghiottissero.
Remus terminò di
asciugare i loro cappotti e li appese, quindi si voltò verso di lei, ma Tonks
evitò il suo sguardo, aspettando che le desse l’inevitabile ben servito, il
classico ‘bene, è stato bello ma si sta facendo tardi’
prima di darsela a gambe e rifugiarsi nella sua stanza, fino a che entrambi non
sarebbero stati sufficientemente imbarazzati riguardo la faccenda, da fare
finta che fosse mai successo.
Studiò il gradino
sotto il suo piede traditore, seguendo le venature del legno che riusciva a
vedere sotto il tappeto logoro, maledicendo la birra rovesciata e pavimenti di
legno e le calzature che non facevano sufficiente presa.
“Va tutto bene?”
chiese Remus dolcemente.
“Bene,” mormorò. “Mi conosci...”
Tacque e Remus la
osservò attentamente per un istante, quindi le offrì la mano. Tonks guardò la
mano che gli tendeva, poi lui, e poi di nuovo la mano, e alla fine ancora lui,
giusto per essere sicuri, in quanto né lui né la mano sembravano
particolarmente reali. E non riusciva a pensare a nessuna ragione
per cui avrebbe potuto offrirgliela.
“Non mordo,” disse, e le lanciò uno sguardo sfacciato e rassicurante
al tempo stesso ed anche decisamente adorabile. Lei sorrise esitante. “Pensavo
di prepararti una cioccolata,” continuò Remus, e Tonks
accettò la mano, perché se stava per fargli il discorso ‘ehi, sei fantastica,
ma restiamo semplicemente amici, ok?’, preferiva avere qualcosa sotto mano per
scacciare le lacrime ed il nodo alla gola.
Lasciò che Remus
la guidasse verso la cucina e si accasciò su una sedia, mettendosi a fissare i
buchi sulla tavola, mettendosi quasi a ridere per il fatto che improvvisamente
trovasse il legno così affascinante. Lo sentì chiamare a
sé tutto quello che gli serviva, scaldare il latte, e, poco dopo, appoggiò una
tazza scheggiata dei Cannoni di Chudley piena di cioccolata fumante sul tavolo
di fronte a lei. Riluttante, alzò lo sguardo.
“Grazie,” mormorò, prendendo la tazza fra le mani e bevendone un
sorso.
Tonks tossì quando un calore che non aveva niente a che fare con
la temperatura della bevanda le si diffuse nel corpo.
“C’è del whiskey
qui dentro?” chiese, guardandolo con aria interrogativa, mentre ne beveva un
altro sorso.
“Solo un goccio,” rispose Remus, sedendosi nella sedia accanto a quella di
lei. “Ho pensato potesse aiutare.”
Tonks inarcò
leggermente un sopracciglio per indicare che aveva sentito, ma non riusciva
proprio a pensare a qualcosa da dire. Cosa si poteva
dire a qualcuno che ti aveva portato fuori per una serata assolutamente
perfetta dopo che tu hai rovinato tutto scivolando e piantando la faccia per
terra? Cosa c’era da dire dopo aver cercato di limitare i danni rimettendoti in
piedi con tutta la dignità che sei riuscita a
raccogliere, uscendo precipitosamente dal locale tentando di nascondere al
meglio il bernoccolo? Cosa si poteva dire dopo che gli
avventori del locale avevano accompagnato la sua ritirata strategica con sonore
risate? Tonks si mordicchiò un labbro. Improvvisamente il whiskey le sembrò
un’ottima idea, e bevve un generoso sorso di cioccolata.
“Hai fatto un bel
capitombolo.”
Le parole di
Remus interruppero i suoi pensieri ed alzò lo sguardo per trovarlo ad
osservarla con espressione gentile oltre il bordo della sua tazza.
“Grazie di non
esserti messo a ridere,” mormorò, posando la tazza e
giocherellando con una delle crepe sul manico.
“Perché avrei dovuto ridere?” chiese, appoggiando la tazza
accanto a quella di lei.
“Devo essere
sembrata piuttosto ridicola,” rispose. “Sai, quando ho
fatto quel volo e ho battuto la testa per terra. Non so perché non mi sia
venuto in mente di lasciare andare uno dei bicchieri per frenare la caduta con
una mano.”
Remus sorrise, e
vide che non era un sorriso di scherno o compassione. Era comprensione. Remus si inclinò leggermente verso di lei, cercando il suo
sguardo, gli occhi che scintillavano.
“Solo mi dispiace
di non essere stato abbastanza veloce a lanciare un incantesimo per attutire
l’impatto,” disse. La osservò un attimo, la lingua fra
i denti mentre lei lo guardava curiosa. Avendo
apparentemente trovato la risposta alla domanda che si era posto, continuò. “Ho
provato, ma, beh, hai preso velocità durante la caduta.”
Un angolo della
sua bocca si curvò in un leggero sorriso e Tonks rise, e la sua fu una risata
leggermente soffocata, nonostante lei desiderasse abbandonarsi al conforto dato
dalle sue parole.
“Sei sicura che
sia tutto a posto?” chiese, e c’era una tale gentilezza nel suo sguardo che non
poteva che essere onesto.
“Mi sono fatta un
po’ male al ginocchio” disse con una vaga scrollata di spalle, e Remus annuì,
spostando lo sguardo sul ginocchio di lei e quindi
tornado a guardare lei mentre le faceva segno di sollevare la gamba dei
pantaloni. Le distolse lo sguardo, troppo mortificata per poter anche solo
pensare di guardarlo negli occhi. “E’ tutto a posto, davvero.”
“Andiamo,” disse Remus con dolcezza. “Fammi vedere.”
Tonks alzò gli
occhi al cielo, quindi sollevò riluttante la stoffa dei
jeans, rivelando una brutta sbucciatura ed una porzione di pelle decisamente
rossa e gonfia a livello del ginocchio.
“Ahi,” esclamò Remus, incontrando lo sguardo di lei, sussultando
come se potesse effettivamente sentire il dolore.
“Sto bene,” intervenne Tonks, cercando di ridere, sebbene avesse
quasi le lacrime agli occhi. “Lo sai come sono fatta. Mi faccio male
facilmente. Non è niente. Davvero, io...”
Tonks fu
distratta da una calda sensazione che le solleticava il ginocchio, e guardò giù
per vedere la mano di Remus a pochi centimetri da esso
e la sua pelle brillare di un bagliore dorato per alcuni secondi mentre
formicolava sotto l’effetto inconfondibile di un incantesimo curativo. Un
incantesimo curativo eseguito molto bene. Aprì la bocca per ringraziarlo, ma
prima che potesse pronunciare parola, lui era scivolato giù dalla sedia e si
era accovacciato ai piedi di lei.
“Cosa stai...?” le mancò la voce quando lui posò un leggero,
dolcissimo bacio sul ginocchio appena guarito, le sue labbra che scaldavano e
solleticavano la pelle molto più di quanto avesse fatto l’incantesimo.
“Faccio passare
il male.” Mormorò.
Si spostò appena,
mettendosi sulle ginocchia e srotolò delicatamente la gamba dei pantaloni,
rimettendola a posto, per poi sorriderle timidamente. Tonks ricambiò il sorriso anche se probabilmente era troppo confusa per
apparire convincente. Era solo un po’ disorientata. Aveva per caso Remus
appena...?
“Come va l’altro
ginocchio?” chiese quest’ultimo. “Mi è sembrato tu fossi
caduta su entrambi, o sbaglio?”
Era tentata di dire che non aveva la più pallida idea di come fosse messo
l’altro ginocchio in quanto il suo cervello aveva smesso di pensare addirittura
al fatto che lei avesse delle ginocchia e stava cercando di memorizzare ogni
dettaglio, ogni millisecondo, ogni sensazione che le labbra di lui sulla sua
pelle avevano prodotto.
“Lo stesso,” mormorò, con la voce più roca di quanto credesse, e lui
allungò una mano verso l’orlo dei pantaloni, quindi alzò lo sguardo, inarcando
leggermente il sopracciglio come a chiederle il permesso.
Lei annuì e lui sollevo il tessuto lentamente, attentamente, scoprendo la
pelle sbucciata e arrossata, che si sarebbe trasformata in un livido spettacolare,
date le premesse. Questa volta seguì Remus con gli occhi
mentre la sua mano scorreva sul suo ginocchio e lo toccava appena con la
bacchetta. Il palmo della sua mano brillò per un attimo della luce dorata mentre l’incantesimo iniziava a solleticarle il
ginocchio, passando dalla pelle di lui alla sua, facendo effetto. Quando ebbe finito lo osservò, incapace di muoversi, posare
un delicato, squisito bacio anche su quel ginocchio. Senza alzare lo sguardo,
srotolò cautamente la gamba dei pantaloni, e Tonks trattenne il respiro,
temendo che qualsiasi movimento avrebbe fatto dissipare quella bolla magica che
si era creata attorno a loro, riportandoli nella sudicia cucina col tavolo
tarlato e teste di elfi impagliati nel corridoio.
“Dove poi?” chiese Remus a voce così bassa, che lo sentì a
malapena.
“Ho urtato
qualcosa col fianco,” spiegò, la sua voce più bassa di
quanto credesse possibile, mentre si aggrappava con le dita alla sedia cercando
disperatamente un appiglio per non cadere. “Sai, cadendo.”
“Fammi vedere.”
“Cosa?” domandò, e la sua voce tremava. Remus la guardò,
sorridendo.
“Se non mi fai vedere dove ti fa male, non posso fartelo passare.”
Tonks non era del tutto sicura di quello che stava suggerendo, ma le
piaceva decisamente quella scintilla maliziosa negli occhi di lui mentre lo
faceva.
Alzò gli occhi al
cielo e scostò nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quindi si
spostò fino al bordo della sedia, piegando le ginocchia da una parte e
abbassando leggermente il bordo dei jeans.
“Lo sai, in
genere i ragazzi mi devono portare fuori più di una volta prima di vedere la
mia biancheria intima.” Disse, cercando di tenere una
nota leggera nella voce, nonostante il cuore le battesse forte ed il nervosismo
che le scombussolava lo stomaco. Le sopracciglia di Remus si mossero divertite
e lui sorrise – in effetti ghignò.
“Peccato,” commentò, osservando con apprezzamento il pizzo nero che
spuntava dai pantaloni. “E’ molto carina.”
Lei alzò di nuovo
gli occhi al cielo e ridacchiò mentre lui posava la
mano sul suo fianco ed il formicolio dell’incantesimo si diffondeva dalle sue
dita alla pelle. Sentire lui che la sfiorava lì le faceva venire i brividi, ma
nel senso buono. Nel senso migliore. Poteva solo immaginare come fosse avere le
sue labbra lì. Remus alzò brevemente lo sguardo, dandole la possibilità di
fermarlo, prima di posare un bacio sul pizzo nero che trovava apparentemente
così affascinante, ed il tocco delle sue labbra e il calore del suo respiro, le tolsero il fiato.
Non poteva,
pensò, e quindi si fermò. Sembrava un’idea troppo bella per
lasciare che si formasse completamente. Non poteva – non era possibile
che fosse ancora interessato a lei dopo averla vista piantata sul pavimento del
Grinning Kneazle fra mozziconi di sigaretta, gomme da masticare e bottiglie
abbandonate di burrobirra. Non poteva – eppure, quando lo guardò negli occhi,
non vi vide derisione o anche il minimo accenno che stesse
giocando, o al fatto che stesse per farle quel discorso su quanto non fossero
compatibili che si aspettava da quando erano tornati. Tutto quello che vedeva
nei suoi occhi era...
Non era sicura di
cosa esprimesse quello sguardo. C’era preoccupazione,
certo, per lo stato dei suoi lividi, ma anche qualcos’altro – lo stesso sguardo
che aveva quando gli aveva aperto la porta quella sera
e lui l’aveva semplicemente guardata per un istante, e aveva respirato a fondo
prima di dirle quanto carina gli sembrava che fosse.
Inspirò
profondamente e si morse un labbro, appoggiando timidamente una mano sulla sua
spalla. In parte
voleva rassicurarlo sul fatto che non le dispiaceva affatto
che il suo respiro le sfiorasse il fianco, ma soprattutto non credeva avrebbe
resistito ancora a lungo senza toccarlo.
“E so che ti sei
ammaccata un po’ le costole,” mormorò Remus,
sollevando leggermente la maglietta sul fianco. Posò una scia di baci dal
fianco all’area in questione e Tonks fu percorsa da un brivido
quando le labbra le accarezzarono le costole e rafforzò la presa sulla
spalla di lui, chiudendo gli occhi quando la mano le sfiorò la pelle.
“Qualche altra
parte?” domandò, la voce roca e bassa mentre si raddrizzava.
“Qui,” sussurrò lei, toccando appena il sopracciglio che aveva
battuto per terra. Remus si spostò fra le ginocchia di lei,
prese il suo viso fra le mani e lo fece delicatamente avvicinare al suo,
rimpiazzando le dita con le labbra. Lei deglutì, abbastanza palesemente.
“E’ un po’
dappertutto?” chiese Remus, sussurrando le parole contro la tempia
di lei.
“Mmmh,” mormorò Tonks. Le sue dita salirono fino al collo di
proprio accordo, e lo fece avvicinare ancora un po’, tracciandone i contorni
con la punta delle dita, muovendosi lentamente ad accarezzargli la mascella col
pollice, completamente consapevole di quanto vicini fossero.
“Tu invece?” stupita di riuscire a sentire le parole che stava
mormorando sopra il battere furioso del suo cuore e la crescente agitazione
nello stomaco. “Non ti sei fatto male da qualche parte, per caso?”
Remus sorrise lentamente.
“Beh, adesso che mi ci fai
pensare,” disse, “Mi fa un po’ male proprio qui...” toccandosi le labbra col dito. “Farlo passare da solo è
davvero un’impresa.”
“Oh.” Rispose semplicemente
lei, e si sorrisero, riconoscendo quanto entrambi volessero
quello che sapevano stavano per fare.
Si sporse verso
di lui nello stesso momento in cui lui lo fece, e lo baciò, incapace di
trattenersi dal riversare in quel bacio tutto ciò che aveva provato negli
ultimi mesi, tutto quello che provava ora riguardo a quanto lui fosse dolce e sexy e meraviglioso. Le sue labbra erano delicate e
maliziose, ed il suo bacio delizioso, facendole quasi venire voglia di tremare.
Il dolore delle ammaccature e l’imbarazzo che le avevano invaso il corpo si dissiparono, per essere sostituiti da un altro tipo
di sensazione, e non era sicura che la sua accelerata guarigione avesse
qualcosa a che fare con la magia. Per lo meno non quella che si eseguiva con
una bacchetta.
Remus le
accarezzava delicatamente il volto, mentre l’intensità del bacio cresceva, e
lei pensò che, come tutti i primi baci, questo era
decisamente favoloso. Effettivamente, ora che ci pensava, poteva contare come
primo bacio questo, dopo che aveva già avuto le sue
labbra su diverse parti del suo corpo? In ogni caso, pensò pigramente, era
sicuramente uno dei baci migliori che avesse mai ricevuto,
primo o meno che fosse.
Se non anche li superava tutti.
Cosa che pensò fosse plausibile.
Le sue dita le
accarezzarono i capelli, attirandola ancora di più verso di lui e baciandola
sempre più insistentemente, e...
Merlino. Fra mille altri pensieri di tutti i tipi e di ogni livello, Tonks pensò che se avesse saputo che Remus
era così bravo a curare le ammaccature, si sarebbe lanciata per terra
rendendosi totalmente ridicola davanti a tutti molto tempo prima. Tra il modo
in cui le stava accarezzando la guancia col pollice e la sensazione della sua
lingua sulle labbra, l’aveva portata ad un livello così intimo che di solito
non riservava ai primi appuntamenti.
Proprio quando
arrivò a pensare che le cose non sarebbero potute andare meglio di così, le
mani di Remus scivolarono lungo le sue cosce e sui fianchi, facendola scendere
dalla sedia e tirandosela in grembo, passandole una mano sulla vita, tenendola
stretta a sé, mentre l’altra mano le accarezzava le spalle ed arrivava ai capelli.
Tonks mormorò alcune parole contro le labbra di lui
che nemmeno lei riuscì a mettere a fuoco, chiedendosi se questo era solo un
colpo di fortuna, una coincidenza astrale che si ripeteva solo una volta nella
vita, un incontro di labbra che era semplicemente perfetto, o se ogni volta che
lui l’avesse baciata – cosa che sperava si sarebbe ripetuta molto spesso –
sarebbe stato così. Lo sentì sorridere prima che si scostasse appena.
“Meglio?” chiese
tranquillamente, e lei annuì, dato che non credeva sarebbe riuscita
a pronunciare parola. “Oh,” mormorò, “E hai un po’
di...”
Tenendola vicina
con una mano, tirò su una manica del maglione e le pulì il sopracciglio, la
fronte aggrottata per la concentrazione. “Ecco.”
Tonks sussultò
nel vedere la manica grigia del suo maglione tornare nera.
“Avevo tutta
quella sporcizia sulla fronte?” disse, anche se non riuscì a trattenere un
sorriso, perché trovarsi a cavalcioni su di lui, dopo un bacio in cui avrebbe
potuto benissimo perdersi le dava tutte le ragioni per sorridere come
un’idiota.
“Sì,” rispose Remus con voce divertita. “Ma tu sei
sufficientemente carina da rendere la cosa insignificante.”
“Lo pensi
davvero?” chiese, accarezzandogli il volto con una mano.
“Davvero.” Disse,
riportando le labbra sulle sue con una certa insistenza.
E mentre le sue mani esploravano il suo
corpo, e quelle di lei il suo, trattenne il respiro. Quel primo, delizioso,
fantastico bacio non era stata un colpo di fortuna, un
evento eccezionale, per niente. Tutto era come era
stato prima, se non meglio. Non era assolutamente sicura di quanto ancora
avrebbe resistito così, e si strinse a lui, abbracciandolo ed aggrappandosi
alle sue spalle e lui rispose ai suoi movimenti tracciando una scia di baci
lungo il collo di lei e scombussolandole lo stomaco.
“Lo sai,” mormorò Remus, incendiandole la gola con una serie di
baci leggeri e quindi alzando lo sguardo per incontrare quello di lei, il volto
acceso da un sorriso malizioso.
“Hai preso una
bella botta in testa.”
Tonks si domandò
se volesse arrivare dove sperava.
“E’ così,” disse, rispondendo al suo sorriso con uno identico prima
di piegare la testa perché tornasse a concentrare la sua attenzione sul suo
collo. Remus emise un leggero sospiro soddisfatto, mentre le sue dita che le accarezzavano
i capelli.
“Penso dovresti stare distesa.” Affermò convinto, facendole
rialzare la testa, in modo da poterla guardare ed inarcando un sopracciglio.
Tonks sorrise
mentre Remus la prendeva per mano, la aiutava ad
alzarsi, la abbracciava e Smaterializzava entrambi nella sua stanza, e l’unica
cosa a cui riusciva a pensare era che era esattamente
così che sarebbero dovuti finire i primi appuntamenti con Remus.
Vi sfido a dire che questo Remmy non è
adorabile...! Credo potrei saltargli addosso come
niente, se solo mi si presentasse davanti...
Aaahh... certo che Tonks è proprio fortunata.
Vabbè gente, vi
saluto...
Ci si vede fra una
settimana!!!
NONNA
MINERVA