TRENTESIMO
CAPITOLO –
Ero
nel mio letto, quel pomeriggio. Rimuginavo e rimuginavo, come ero
solita fare. Mia zia Anne aveva smesso di preoccuparsi per me, da
quando tornavo a casa col sorriso. Me lo stampavo in faccia, quando
dovevo salutarla, e a lei andava bene così. Sarebbe stato
tutto più
facile se anche le altre cose della mia vita si sarebbero potute
risolvere così.
Ma
niente era mai facile mentre si viveva.
Guardai
lo sportellino del mio cellulare, e lo aprii. Sul display lessi le
ultime chiamate perse. C’era quella di mia madre. La
richiamai
all’istante; era un po’ che non la sentivo e ne
avevo proprio
voglia.
“Pronto?”
disse lei, dopo qualche secondo, quando rispose alla chiamata.
“Pronto
mamma, ciao come stai?” esclamai, entusiasta di sentire la
sua
voce.
“Bene,
tesoro. E tu?”
“Ho
visto la tua chiamata avevi bisogno? “
Sentii
un mugugno dall’altra parte. “Volevo chiamarti, per
sentire come
stavi e se andava tutto bene. Se aspetto che ogni volta mi chiami tu,
passano trent’anni e divento troppo vecchia. Dopo non posso
più
risponderti che va tutto perfettamente”.
Risi.
Poi, improvvisamente, le sue labbra, così simili alle mie,
mi
passarono nella mente, mentre sfioravano con dolcezza e passione
quelle di Loud. Cercai di scacciarle via, ma non se ne volevano
andare. Continuavano a morder le sue con avidità. Poi mi
spensi in
quell’illusione oscura. Chiusi gli occhi e presi un respiro.
Dovevo
smetterla di pensare a certe cose che ormai erano andate. Erano
passate.
“Allora,
che hai detto questa volta ai tuoi alunni?” ripresi, cercando
di
far finta di niente.
“Gli
ho ancora una volta raccontato la tua storia” sorrise alla
cornetta, l’avvertii molto chiaramente. Il suo fiato fece
tremolare
la linea.
“Che
storia?” mormorai, confusamente.
Rise.
“La mia dolce bambina quando nacque, quando crebbe e quando
diventò
grande”.
“E
come sono da grande nella storia?”
“Come
lo sei ora. Sempre la mia dolce bambina, che rimane continuamente
quella che trova sempre la soluzione per risolvere tutto”
rise.
“Mm…
non ne sono così sicura” mormorai.
Ci
fu una pausa. “Ma che dici, tesoro? C’è
qualcosa che non va?”
Sospirai.
“In realtà, sì” la sentii
farsi acuta ad ascoltarmi. Poi,
decisi cosa dovevo fare.
“Allora?”
mi incitò, stando in ascolto.
“No,
nulla. Non c’è nulla che non va, stai
tranquilla” sorrisi.
“Potresti passare a trovarmi appena puoi?”
“Certo.
Sono libera domani. Ci vediamo domattina, okay?”
“D’accordo.
Ti voglio bene, a presto” chiusi la chiamata, con un sorriso.
L’indomani
e l’avrei vista.
Qualcuno
bussò alla porta. Mi trastullai nel sonno. Forse avevo
sentito male.
“Tesoro,
ci sei?” esclamò la voce di mia zia.
Mi
alzai di malavoglia e andai ad aprire la porta di camera mia.
“Sì?”
Anne
mi fissò compiaciuta. “No, volevo solamente
controllare che fosse
tutto a posto”.
“Anne,
ti dico sempre che non ti devi preoccupare, perché invece
continui a
farlo?”
“Lillian
mi ha detto così e me lo dice sempre, ogni volta che mi
telefona”.
“Voi
vi sentite di nascosto?” la scrutai.
Scosse
la testa. “Non è di nascosto. Ci sentiamo e basta,
proprio come
fate tu e lei”.
“Credevo
non foste così amiche”.
“Una
volta sembravamo davvero sorelle” sorrise “poi
tutti i tempi
passano, e ora ci sentiamo quando possiamo. Ma rimane mia sorella a
tutti gli effetti” mi guardò, aspettando che
dicessi qualcosa “e
le voglio bene”.
“Pensi
che un giorno tornerà per rimanere?”
“Penso
che ti vorrà con lei, ben presto”.
La
guardai, fisso. “Vuoi dire che vuole che faccia i
bagagli?”
Fece
cenno di no. “Solamente se tu vorrai seguirla, te lo
consiglierà.
Altrimenti, puoi rimanere qui”.
Feci
un sospiro. “Ah, ho capito. Quindi avevate anche un secondo
piano”.
“No,
me l’ha detto da poco. Ormai sei grande. E dopo aver finito
la
scuola te ne puoi andare da lei. È a un ora da
qui”.
Annuii.
“O per le vacanze”.
“Esatto”
mi sorrise. “Dormivi? Ti ho disturbato?”
Scossi
la testa. “Non ti preoccupare, ho notato che sono solamente
le
nove. Meglio che mi metta a studiare. Domani arriva Lillian,
finalmente” la guardai, nascondendo un sorriso.
“Davvero?”
le si illuminarono gli occhi per un istante. “Sai, questa
volta ho
proprio voglia di vederla”.
“Anch’io”.
Mi
svegliai completamente tranquilla quella mattina. La prima volta in
tanto tempo che ero calma e rilassata. Mi parve di essere in
un’altra
dimensione. Presi un lungo respiro. Cercai di tornare nella mia
realtà, anche se per la verità preferivo rimanere
là. In quella
strana terra isolata, fatta di dolcezza e quiete.
Ma
aprendo bene gli occhi, presi coscienza del fatto che dovevo
affrontare anche quella giornata, per uscirne vincitrice di tutte le
mie paure.
Entrai
in cucina e ci trovai Jen a fissarmi, accanto ad Anne. Rimasi
sorpresa. “Che ci fai qui?”
“Volevo
andare insieme a scuola, ma è tutto ieri che non mi rispondi
agli
squilli. E non sapevo se saresti venuta, così sono passata
di qui…
un po’ presto in effetti. Bè, come stai?”
“Bene”
risposi. “Senti, vieni fuori con me, un attimo?”
Lei
annuì e si alzò dalla sedia, facendo un cenno ad
Anne.
“Ci
vediamo dopo, Anne” dissi io.
Quando
fummo fuori, la guardai negli occhi. “Allora, ti manca
l’ultima
parte della storia…”
Lei
annuì, un po’ confusa.
“Perché c’è
dell’altro?”
“Quello
che pensavo io… troppe cose in questa storia, eh? Comunque,
adesso
ti racconto… Piuttosto, hai visto più
Antoine?”
Scosse la
testa. “Entrerà nel mio libro delle acque passate,
quelle che non
si riferiscono né alle piccole né alle grandi
relazioni. Che ci
vuoi fare, c’est la vie”.
Sorrisi.
“Allora… lo sapevi che mio padre si faceva
chiamare Leo?”
Lei
mi guardò sorpresa, sorridendo e scuotendo la testa allo
stesso
momento. Le raccontai tutto.
Avevo
già deciso che non sarei andata a scuola quella mattina, ma
sarei
rimasta a casa a parlare con mia madre. In fondo, aveva finalmente un
giorno libero, ed era stata probabilmente sostituita. E avevo tanto
bisogno di parlare con lei.
Salutai
Jen, che si avviava con la sua bici verso la scuola. Mi aveva detto
che ora stava meglio. E il suo commento a tutta la vicenda era simile
alla mia espressione quando a mano a mano avevo scoperto tutto.
Raggiunsi
la collina, prima che Loud se ne fosse andato a scuola. Lasciai la
mia bici nel cortile fuori dalla grande villa.
Poi
quando uscì, dopo Antoine, levai una mano per salutarlo.
Lui
mi fece un cenno, sorridendomi. Mi venne incontro e gli sorrisi
lievemente di rimando. Vidi Antoine, Pearl e tutti gli altri alle sue
spalle. Le uniche che mancavano erano le insegnanti.
“Ciao”
dissi, cercando qualcosa che cominciare il discorso. Intanto il
cellulare mi vibrò.
Sarò
lì tra poco, mamma.
Scostai
gli occhi dal display e guardai Loud, mentre gli altri si avviarono a
piedi.
“Ciao”
mi rispose lui. “Tutto okay?”
“Sono
venuta per dirti una cosa. Anzi forse è più di
una. Quest’estate
andrò con mia madre ad abitare. Tornerò il
prossimo anno per la
scuola, ma per me sarà questo l’ultimo,
ufficialmente”.
“L’ultimo?”
si corrugò, guardandomi.
“Esattamente.
Non credo che questa storia debba andare ancora avanti. Il tuo amico,
ehm nemico Liam, mi ha detto che io provo qualcosa per te, quando ci
ha visti. E forse è vero. Ma non credo che questo possa
cambiare,
ora, le cose. Ormai è stato tutto deciso. Già da
quando ci siamo
incontrati, probabilmente la storia aveva già la sua fine.
Credo che
sia stato bello, ma che dovremmo salutarci qui. Come ogni cosa che ha
contato, mi mancherà il tuo sorriso. Soprattutto le tue
battute.
Forse mi mancherai più tu, tutto intero” feci una
pausa, notando i
suoi occhi che affondavano nei miei, come se volesse pescarci
qualcosa.
“Ma
è così che deve andare, me lo sento. Ti voglio
bene lo stesso,
Loud” l’abbracciai forte, sentendo che le sue mani
premevano
sulla mia schiena. Chiusi gli occhi, respirando il suo profumo di
fiori.
“Non vuoi nemmeno parlarne?” lo sentii dire, contro
il
mio collo.
“Ne
abbiamo già parlato” mi scostai da lui. La
lunghezza
dell’abbraccio bastava così.
“Lo
sai che anche a me mancherai, ma non sono d’accordo sul non
vederci
più”
Lo
guardai. “Riprenderai ad uscire con Seyla?”
Lui
non si scompose. “Non dire assurdità. Se per altri
anni penserò
ancora a te”.
“Smettila”
sbuffai, scuotendo la testa. Cercai di riprendere un respiro
regolare, sentendo che il cuore mi martellava sempre più
forte nel
petto. Ma sapevo che stavo facendo la cosa giusta.
“Mi
ricorderò per sempre di te”
“Anch’io,
purtroppo” dissi.
“Come,
purtroppo?” si accigliò, nuotando con i suoi occhi
azzurri nei
miei.
Sospirai.
“Sarà difficile scordarti. E ricordarti tutti i
giorni, non lo
voglio fare. Troppo doloroso. Magari ogni tanto”.
“Una
volta all’anno” scherzò lui, rimanendo
comunque serio.
“Ma
no. Purtroppo, passerai nella mia mente molte
più volte”.
“Purtroppo
non avremmo mai quell’amore”
mormorò, sussurrandomi
nell’orecchio.
“Quale,
quello bello e felice? Perché, esiste?” dissi,
ironica.
Sbuffò
lui questa volta, scuotendo di poco la testa. “Ti ho detto
basta
con le battute” mi si avvicinò, e mi
baciò sulle labbra, molto
dolcemente, ma trattenendomi sotto le sue dita.
“Ciao,
Chey”
“Addio”
gli mormorai, soffiandogli contro.
“Addio”.
Lo
lasciai lì in piedi, e ripresi la mia bici. Mentre pedalavo,
mi
arrivò un altro trillo nel cellulare.
Arrivai
davanti al cancelletto e trovai mia madre. Le buttai le braccia al
collo.
“Mamma,
finalmente!” esclamai. Ero davvero esausta. Ed era solo
mattina.
Ero esausta di fini, e cose così. Volevo solamente
rilassarmi. E per
fortuna non mancava molto alle vacanze.
“Chey,
mi sei mancata” disse lei, accarezzandomi i capelli e
appoggiando
la testa sopra la mia spalla.
La
sentii fremere per un secondo e non capii il perché. Mi
scostai
appena dalla sua spalla, e di lato, vidi Loud passare davanti alla
nostra casa.
Vidi
Lillian che lo guardò per un secondo, e forse quello fu il
tempo in
cui i loro occhi si incontrarono di nuovo.
“Purtroppo,
non posso stare zitta” dissi, scostandomi
dall’abbraccio, quando
la figura di Loud fu ormai sparita dalla nostra vista.
Lei
si accigliò. “Che vuoi dire?”
“Che
so tutto. Ho conosciuto lui, Loud. E ho scoperto
tutto, anche
di Leo e di te e Loud. Volevo solamente dirtelo, volevo che tu lo
sapessi. E volevo anche dirti che non ce l’ho con te. Quello
che
hai fatto tu tanto tempo fa, l’ho rifatto io fino ad oggi.
Credo,
ne sono convinta, che lui fosse solo uno di passaggio per me,
nonostante io provi qualcosa di forte per lui. Ma non tutto
è fatto
per avere un lieto fine, no? A volte, serve tanta strada per
arrivarci. E non ci sono ancora vicina” sorrisi “Ma
grazie per
essere venuta”.
“Allora
l’hai conosciuto” disse lei,
mentre la sua voce si fece
più cupa.
“Ho
letto la lettera che tu non hai mai aperto, è in casa. Hai
un idea
di dove sia Leo?”
Lei
scosse la testa. “Non ti ho mai detto che tuo padre sarebbe
mai
tornato, perché è quello che ho sempre saputo
anch’io. Dentro di
me, sapevo che quella era la verità, e che dovevo andare
avanti da
sola con te. Sentivo che era la cosa giusta da fare, proprio come tu
ora senti che la cosa giusta da fare sia allontanarti da lui e dalla
sua famiglia. E ti appoggio in questo. Ricordati sempre cosa hai
imparato, e fai tesoro dei bei momenti. Mentre tutto il resto, i
pianti e i momenti più dolorosi, ti hanno già
aiutato a diventare
quella che sei ora davanti a me. E io ti voglio bene per
questo” mi
sorrise, baciandomi tra i capelli. “Sei sempre la mia
Cheyzanne”.
Continuai
ad abbracciarla, finchè non fummo entrate in casa.
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