Eternal
Moonglow
capitolo 07:
Irrisolto
«Ti
va di entrare, Jacob? Hai l’aria
stanca», commentò Carlisle.
Distolsi gli occhi da quelli di Jake e lo scrutai in viso: non aveva
una bella
cera.
Lui fece una smorfia, sospirando. «In effetti ho avuto
giornate migliori».
«Se vuoi accomodarti, sei il benvenuto. Abbiamo alcune cose
di cui parlare»,
gli disse Carlisle, indicandogli la porta di ingresso.
Jacob sembrava combattuto, tentennava, storcendo il naso e fissando
l’interno
della casa che riusciva a intravedere dalla porta aperta.
Subito non riuscii a capire il perché della sua
indecisione, poi un altro
particolare mi tornò in mente: a me non piaceva il suo odore
come a lui non
piaceva il mio.
E casa Cullen, abitata
da ben otto vampiri,
non aveva un’aria proprio
respirabile, per lui.
Odiai – totalmente priva di raziocinio – me stessa,
per quello.
Abbassai gli occhi, amareggiata, ma subito dopo sentii la sua mano
calda che si
appoggiava leggera contro la mia schiena.
«Entriamo, dai. Ho proprio bisogno di sedermi su qualcosa di
morbido», disse,
paralizzandomi con un sorriso.
«Prego», disse
Carlisle, invitandolo
dentro con un gesto. Jacob lo seguì, spingendo anche me, con
la mano ancora sulla
mia schiena.
Io e Jacob occupammo il divano, mentre Carlisle si sedette sulla
poltrona, di
fronte a noi.
«Cosa volevi chiedermi, Carlisle?», disse Jake,
guardandosi intorno leggermente
a disagio. Lo guardai, in apprensione.
«Ovviamente mi preme sapere come
è
andata col branco», disse Carlisle.
Branco. Quella semplice parola fu capace di
scatenare dentro di me
un’ansia assurda, e riempire la mia testa di domande: come
avevano reagito i
licantropi alla mia trasformazione? Si era scatenata una guerra? Il
patto era
rotto? La chiarezza con cui ricordai
quei particolari e tutto ciò che riguardava i miei
– ex? – amici licantropi di
La Push mi
frastornò per un secondo.
Jacob aggrottò le sopracciglia
folte, e il suo volto si inscurì.
«Non l’hanno presa bene, ma non dovete
preoccuparvi: non la toccheranno»,
disse, «non lo permetterò».
«Credi che si organizzeranno per un attacco?»,
domandò Carlisle, irrequieto.
«Non lo so, e non potrei saperlo nemmeno se volessi. Ormai
non faccio più parte
del branco, e, sfortunatamente, non posso più sentire i loro
pensieri. Quando
mi sono ribellato al volere di Sam ho sentito le catene che mi legavano
a lui
spezzarsi; essendo io un alfa non posso far parte di un branco in cui
ne è già
presente uno, per questo non ho più legami psichici con
loro», rispose.
Era rimasto da solo. Aveva voltato le spalle ai suoi fratelli, per me.
Si era
schierato contro di loro, pur di proteggermi. Era ingiusto.
Non riuscii nemmeno a guardarlo in faccia, per quanto mi vergognavo.
«Perché l’hai fatto, Jacob?»,
domandai, fissando il pavimento.
«Prima o poi saremmo arrivati a uno scontro, Bella. Un alfa,
anche se latente,
non può sottostare ad un altro per molto tempo»,
rispose, tranquillo.
Forse non aveva capito bene la domanda.
«Perché ti sei messo nei guai per
proteggermi?», riformulai, alzando la voce.
Carlisle sospirò, mentre Jacob mi guardò
interrogativo, per una manciata di
secondi.
«Guai? Bells,
mi sono semplicemente ribellato a una
decisione che non condividevo, e ho avuto il pieno diritto di farlo.
Capo
Jacob, ricordi?», rispose, cercando di sdrammatizzare.
Rimuginai su quel capo Jacob, ma
non
mi venne in mente nulla.
Osservò la mia espressione concentrata e, vedendomi in
difficoltà, venne in mio
soccorso.
«Mi hai affibbiato questo soprannome la prima volta che ti ho
parlato di questa
storia: il ruolo di alfa, per diritto di nascita, spetterebbe a me
invece che a
Sam. Oggi ho fatto valere questo mio diritto, tutto qui»,
disse, sorridendomi.
Non potei fare a meno di imitarlo. Sorrisi, ma per un decimo di
secondo.
Tornai istantaneamente – lo sentii – una maschera
di rimorso e preoccupazione.
«Non importa», mormorai, «lo hai fatto
comunque per proteggere me. E non me lo
merito».
Prima che Jacob potesse ribattere, Carlisle intervenne.
«Non devi sentirti responsabile, Bella, né
preoccuparti: se ci saranno problemi
col branco li affronteremo tutti insieme. Non lasceremo Jacob da
solo», cercò
di tranquillizzarmi.
Sospirai, tentando con tutta me stessa di mettere da parte
l’ansia; nella mia
mente di vampira, anche quella era amplificata notevolmente.
«Giusto», dissi, e guardai Jacob.
Lui, di rimando, mi sorrise; il salotto dei Cullen
era così illuminato ed arioso che il suo sorriso era
smagliante il doppio.
Mi persi a notare i suoi zigomi sollevati, l’espressione nei
suoi occhi quando
sorrideva.
Avevo ricordi confusi del viso di Jacob dalla mia vita umana, ma ero
sicura
che, al tempo, avevo ammirato solo una parte minima della sua bellezza
e mi ero
beata di una parte infinitamente inferiore della vita
e del calore che emanava in realtà.
Ora che potevo osservarlo con occhi più acuti e cogliere
ogni suo minimo
particolare, Jacob era ancora più straordinario.
La voce di Carlisle mi riportò con i piedi per terra.
«Il branco non è il
nostro unico problema… Jacob, sai qualcosa del tenente Swan?».
Mi bloccai, fissandolo. In una manciata di secondi, la dura
realtà mi piombò
addosso.
Mancavo da casa da tre giorni e sicuramente Charlie aveva perso la
testa.
Charlie.
Cosa avrei fatto con lui? Come potevo vederlo, parlargli o stargli
vicino se
ero diventata un mostro? Anche se fossi stata in grado di non
ucciderlo, dove
potevo trovare il coraggio di guardarlo in faccia? Ero una figlia
tremenda, che
non sapeva fare altro oltre che mettere sottosopra la propria vita e
quella
delle persone che la circondavano.
Io attiravo disgrazie e Charlie ci finiva sempre in mezzo.
Già una volta lo
avevo abbandonato, e adesso la storia si ripeteva.
La risposta di Jacob sembrava lontanissima, persa com’ero
nella mia nebbia di
pensieri. «Sam mi ha detto che Charlie sta cercando Bella
dappertutto. Avrà
chiamato Billy una trentina di volte per sapere se era con me, ma
quando ha
capito che anche io mancavo da casa ha dato di
matto…». Si voltò per guardarmi,
sorridendo. «Crede che Billy stia facendo da complice ad una
nostra fuga
d’amore», disse, tentando di sdrammatizzare.
Risi brevemente: un po’ perché la preoccupazione
per la salute mentale di
Charlie stava crescendo di secondo in secondo, un po’
perché l’idea di una fuga
d’amore con Jacob (sebbene non fosse possibile) mi
elettrizzò momentaneamente.
Se fossi stata ancora umana, probabilmente sarei arrossita. Il mio
aspetto congelato, se non altro,
mascherava bene
le mie emozioni, nascondendo anche le mie illusioni.
«E’ un bel problema», commentò
Carlisle, sospirando preoccupato. Poi si voltò
verso di me. «Sei molto controllata per essere una neonata,
quindi, con le
giuste precauzioni e misure di sicurezza, si potrebbe provare a farvi
incontrare».
«Ma sono troppo diversa… Non voglio dargli anche
questo dolore», sussurrai,
guardando in basso.
«Non credi che sparire dalla sua vita senza una spiegazione
lo farebbe soffrire
di più? E poi Charlie è più tosto di
quello che pensi, Bella, davvero», mi
disse Jacob, sorridendo.
Mi voltai di scatto verso di lui. «Ma, Jacob, come posso
farmi vedere da lui così?!».
Quasi urlai, disperata, indicandomi con un gesto della mano.
Già, come poteva Charlie accettarmi se persino io detestavo
il mio nuovo
aspetto, la mia nuova natura? Era assurdo. Totalmente assurdo.
«Calmati Bella, tranquilla», intervenne Carlisle,
toccandomi il braccio con
mano. Forse avevo esagerato.
«Stiamo solo facendo delle ipotesi»,
continuò dolcemente. «Stiamo pensando alla
mossa giusta da fare nei confronti di tuo padre».
Mi alzai, poi mi mossi velocemente e arrivai ad affacciare la grande
vetrata.
Guardai fuori, dando loro le spalle.
«Mi sento confusa, non so cosa fare», ammisi,
stringendo i pugni. «Da una parte
vorrei vedere mio padre, vorrei tranquillizzarlo e dimostrargli che
sono viva…
ma dall’altra, nutro solo un gran desiderio di scappare il
più lontano
possibile». Iniziai a perdere il controllo della voce sulle
ultime parole. «Non
voglio che mi veda così», sussurrai infine.
Udii istantaneamente dei passi alle mie spalle e poco dopo avvertii il
calore
di Jacob contro la mia schiena, come un’aura irradiata dal
suo corpo. Il suo
respiro caldo intiepidì la mia nuca e il mio collo
– ero più bassa di lui –
sebbene si fosse tenuto a qualche centimetro di distanza.
Se fossi stata ancora umana, probabilmente il mio cuore sarebbe
impazzito.
«Qual è il problema, Bells?»,
domandò serio.
Chinai la testa, sperando che non riuscisse a scorgere la mia
espressione nel
riflesso del vetro, sperando di riuscire a nascondermi.
«Ho paura», ammisi, scrollando le spalle come se
fosse un’ovvietà.
Ero una vampira neonata, adesso: lo sentivo dalla forza vigorosa che
scorreva
dentro di me. Grazie a quella forza e alle mie nuove attitudini sarei
stata in
grado di compiere le imprese più straordinarie; ero
indistruttibile, tutto ciò
che mi circondava era più fragile di me. Avrei potuto
affrontare persino
Victoria in quel momento, da sola, senza nessuna paura.
Eppure c’era ancora qualcosa che riusciva a spaventarmi: le
emozioni, l’ignoto,
il futuro.
Da una parte mi sentivo invincibile – obiettivamente lo ero
– ma dall’altra
provavo disagio nel mio nuovo corpo. E, lo sapevo, con lo sguardo di
Charlie
puntato addosso mi sarei sentita ancora più fragile,
vulnerabile.
Sentii Jacob fremere, ma non si scompose.
«Di cosa?», domandò.
Appoggiai la mano contro il vetro, freddo quasi quanto me.
«Ho paura di non riuscire a controllare le mie emozioni; ho
paura di quello che
succederà, ho il terrore del futuro», mormorai,
atona. «Mi sono già cacciata
nei guai, ma questa volta l’ho combinata davvero grossa. Sono
sparita
improvvisamente da un giorno all’altro e quel che
è peggio è che non posso
tornare alla mia vita normale come se niente fosse, perché
sono diventata un
pericolo per tutte le persone che amo e che conosco. Non posso tornare
indietro
in nessun modo. E, come se non bastasse, la mia trasformazione ha
portato alla
rottura del patto tra i Cullen
e i Quileute, il che
provocherà sicuramente una guerra». Mi
sfuggì un singhiozzo. «Non so cosa fare».
Jake si fece ancora più vicino, e il suo calore mi avvolse
quasi completamente.
Appoggiò una mano sulla mia spalla sinistra, stringendola
appena. Avvertii una
leggera scossa.
Era incredibile quanto considerassi quel gesto naturale, quanto poco mi
dovessi
impegnare per mantenere il controllo con lui nonostante fosse un mio
nemico
naturale. Il mio istinto aggressivo o di autodifesa non
scattò nel modo più
assoluto, anzi, i miei sensi assorbirono ogni cosa di lui come se fosse
la più
normale al mondo.
Eccetto l’odore, che mi infastidiva leggermente.
«Ti ho già detto che per il branco non ti devi
preoccupare nella maniera più
assoluta», replicò. Dal tono di voce capii che
stava sorridendo.
«Pensa a quello che vuoi fare con Charlie, invece. Tu
vorresti vederlo, non è
vero?», domandò comprensivo.
Il suo tono così rassicurante e morbido mi costrinse a dire
la verità.
«Sì», ammisi in un sussurro inudibile ad
orecchie umane. «Vorrei vederlo, ma
non so se sono ancora pronta a incontrarlo di persona»,
spiegai. «E poi mi
manca casa mia. Vorrei rivedere la mia casa, la mia camera».
Mi voltai verso Carlisle, scostandomi da Jacob. «Credi che
sia possibile?»,
domandai.
Lui sorrise e mi volò accanto, accarezzandomi la nuca.
«Sei così umana, Bella.
E’ sorprendente quanto tu sia ancora attaccata al tuo
passato, e quanto questo
attaccamento prevalga su ogni tua nuova
necessità», proferì con dolcezza.
«Certo, certo che è possibile. Possiamo
accompagnarti, se lo desideri»,
propose.
Annuii, sorridendo timidamente. «Lo preferirei. Non sono
ancora sicura di
riuscire a controllarmi, visto che Charlie è un umano che
abita in un quartiere
di umani», risposi.
Jacob ridacchiò per un istante, poi assunse
un’espressione pensierosa. «E se
Charlie fosse in casa?».
«Potremmo aspettare stanotte», rispose prontamente
Carlisle.
Stanotte. Sì, era una
buona idea.
Volevo accertarmi di riuscire a resistere all’odore del
sangue caldo e umano di
Charlie prima di provare a incontrarlo, e tastare il terreno mentre lui
dormiva
mi rassicurava. Forse non ero ancora pronta a incrociare il suo sguardo
ferito,
addolorato, deluso…
«E’ un’ottima idea»,
commentò Jacob, sorridendo.
Lo guardai per qualche secondo, di sfuggita, senza dire nulla. Lui
notò il mio
sguardo.
Avrei avuto bisogno di lui quella sera, lo sentivo.
Jacob mi tranquillizzava, era pazzesco: la sola presenza di un mio
nemico
riusciva a placare la mia ansia più delle parole
rassicuranti e dette con
dolcezza di Carlisle.
Ma, mentre stavo per aprir bocca, mi tornò in mente la
promessa che avevo
fatto a me stessa
un istante dopo
essermi resa conto di quanto lo amassi ancora: prendere le distanze e
lasciarlo
in pace.
In quel momento ero pericolosa per tutti, anche per lui. Non potevo
lasciarmi
sopraffare dal mio egoismo e dal mio desiderio di volerlo sempre
accanto, non
potevo. Dovevo lasciare che fosse felice lontano da me, non
approfittare di
ogni occasione per stargli attorno. Dovevo proteggerlo da me stessa e
dal
nostro rapporto che non poteva portargli altro se non guai e sofferenza.
Perciò scostai lo sguardo e
tacqui,
sforzandomi di tenere la bocca chiusa.
«Che ne pensi, Bella?», domandò Carlisle.
Smisi di lasciarmi distrarre dai miei pensieri. «Uh,
sì. Per me va bene».
«Perfetto», convenne lui con un sorriso.
«Mentre voi sarete da Charlie, mi offro volontario per
controllare la
situazione attorno al perimetro», intervenne Jacob.
Da una parte fui contenta che Jake mi avesse risparmiato il disagio di
chiedergli di persona di non venire con me, dall’altra invece
pensai che
l’irruzione notturna a casa di Charlie sarebbe stata meno
pericolosa rispetto
alla ronda.
«Perimetro?», domandò Carlisle, curioso.
«Sì, la zona circostante al vostro territorio. Non
credo che Sam e gli altri
varcheranno quei confini; o almeno, lo spero»,
spiegò, aggrottando le
sopracciglia sulle ultime parole, pensieroso.
«Qualunque cosa decideranno di fare, noi saremo pronti:
alcuni di noi
rimarranno qui stanotte, se avrai bisogno di aiuto», gli
assicurò Carlisle,
deciso.
Colsi l’occasione al volo: non volevo che Jacob mi seguisse,
ma non volevo nemmeno
Edward.
«A me basterebbe che mi accompagnassi tu», gli
dissi, a bassa voce. «Gli altri
potrebbero rimanere qui con Jake».
Carlisle mi sorrise. «Certo, Bella. Ci sarò io con
te, non preoccuparti».
Quanto avrei voluto sentire quelle parole uscire dalle labbra di Jacob.
Non
osai nemmeno guardarlo, in quell’istante.
«Grazie».
Angolo
autrice.
Ehm,
sì, chi non muore si rivede…
Lo so, è da un anno (e più) che non aggiorno
questa storia.
Mioddio, il picco di
“crisi da pagina bianca”, “blocco
dello scrittore” o come lo volete chiamare non è
mai stato così alto. Un anno.
Mamma mia.
Comunque ora sono tornata, anche se non so davvero dirvi quando
uscirà il
prossimo capitolo… Spero che questo aggiornamento mi serva
da trampolino di
lancio per ricominciare con aggiornamenti più frequenti (:
Magari ricevere
qualche bella recensioncina mi darà una spinta…
Nel prossimo, lo dico subito,
Bella tornerà a casa sua e un capitolo difficile (da
scrivere) si prospetta.
Help @_@
Ringrazio tantissimo jakefan,
fufe,
nalu,
raggiodisole90, Lea__91,
Atomo e GiulsWeasley
per aver recensito lo scorso capitolo.
Spero che anche questo sarà di vostro gradimento :)
A presto!
Un bacione,
Bea xxx
Dedica personale ~
Il sentimento principale che fa da fondamento a queste mie storie
è l’amore;
fino a due anni fa, scrivevo di questa emozione senza averla mai
vissuta fino
in fondo.
Se, da ora in poi, l’amore che trapelerà da queste
pagine sembrerà più reale,
sarà solo merito tuo, che me lo fai vivere ogni giorno.
Grazie.