-
…Se ci penso adesso, Dio, mi prenderei a schiaffi da solo!
Chiuderlo nel bagno!
Poteva pensare di tutto: che lo volessi derubare, picchiare, molestare – Gesù,
non berrò più una
goccia d’alcool per almeno un mese, Tom, anche quando si
tratterà di degustare
i vini che dobbiamo acquistare, per carità, lo lascio fare a
te – grazie al
cielo che mi è andata bene! Non sarei più voluto
uscire dal letto per la
vergogna. Gli sono praticamente saltato addosso. “Vacci
piano, Dom, lui ti
piace ma non sei sicuro che tu piaccia
a lui, stai buono, calma e gesso” e poi il minuto dopo, zac!
Sentivo di avere
dei tentacoli al posto delle mani! Ma lui è stato
fantastico, davvero, sai
quando leggi nei libri l’espressione
“abbandono” e pensi “ma che
stronzata” –
lui invece si è proprio abbandonato, ma proprio fisicamente,
sulla mia spalla!
- e poi si è lasciato baciare ed era così
entusiasta, sembrava davvero felice,
ed è una sensazione così bella quando qualcuno ti
fa capire di volerti per davvero,
e… -
-
Dom? –
-
Sì? -
-
…Che cos’è una brugola? –
Dominic
quasi cadde dallo sgabello nel tentativo di voltarsi e fulminarlo con
lo
sguardo. Tom si pentì immediatamente della sua interruzione
così prosaica.
-
Io ti sto aprendo il mio cuore – cominciò il
biondo, dilatando le narici e
agitando il martello che teneva in mano per aria, - e
tu mi chiedi che cos’è una brugola?! –
-
Dom, attento al quad- -
Tom
compì un balzo felino per oltrepassare la scatola aperta
dell’Ikea che gli
stava davanti e tentò invano di salvare
l’acquarello incorniciato che si era
appena spaccato in mille pezzi ai piedi di Dom.
-
…ro. – concluse con un’espressione
abbacchiata sul viso.
Dom
scese con un balzo dallo sgabello e si inginocchiò di fianco
all’amico,
mettendosi ad osservare con lui i frammenti di legno e vetro con aria
critica.
-
Poco male. Ho sempre trovato orrenda quella cornice. – disse
infine facendo
spallucce. Tom sospirò.
-
Fammi indovinare: un regalo di compleanno di Emma. –
-
Esattamente. –
-
Il disegno è carino, però. –
Dominic
prese delicatamente in mano il foglio acquarellato, stando attento a
non
tagliarsi con i cocci. Era un bel paesaggio marittimo che rappresentava
il
paesino in Francia dove andavano in vacanza da piccoli.
-
E’ sempre stata brava con le tempere. – disse con
un sorriso suo malgrado
orgoglioso. - Sin da bambina. Si vedeva lontano un miglio che i miei
simulavano
entusiasmo davanti ai miei sgorbi, e adoravano in maniera genuina i
suoi
disegni. –
Ridacchiò
da solo udendo il proprio tono offeso; Tom gli prese una guancia fra
due dita.
-
Oh, povero, povero Dommie incompreso! Che infanzia difficile! Mi sto
per
mettere a piangere. –
Dom
si divincolò con un grugnito e, dopo essersi chinato a
rovistare nel cartone
aperto dell’Ikea, lanciò addosso
all’amico una busta di plastica piena di
barrette di metallo piegate a L.
-
Ahi! –
-
Queste sono brugole, coglione. – replicò impietoso
il biondo ignorando il suo
lamento di dolore.
–
C’è pure il disegnino sul manuale
d’istruzioni. –
Tom
fece una smorfia supponente.
-
Manuale d’istruzioni? Per montare una banale libreria? Tsk.
Giammai. –
-
Quando verrai a chiamarmi, dopo ore e ore colme di incomprensione e
bestemmie,
e mi implorerai di darti il libretto che ora tu tanto disprezzi, sappi
che ti
manderò affanculo. –
-
Non succederà. –
-
Vedremo. –
Guardò
il proprio orologio da polso: avevano resistito a malapena
mezz’ora.
Sospirò.
-
Pausa? – propose con un sogghigno. Tom quasi battè
le mani per la contentezza.
-
Pausa. – confermò, tirando fuori il pacchetto di
sigarette.
*
Si
stesero sulla coppia di sdraio che Dom teneva in terrazzo e presero
l’aperitivo
sigaretta alla mano, godendosi gli ultimi minuti di sole prima del
calare della
sera.
-
Spiegami tutta questa urgenza di attaccare quadri, montare mensole e
comprare
librerie. – attaccò subito Tom, bevendo un sorso
di vino bianco.
Dom
sorrise, facendosi dondolare la bottiglia di birra in grembo. Quella
era una
gran buona domanda.
-
La casa mi sembrava un po’ spoglia… -
cominciò, incerto, tentando di costruirsi
un discorso plausibile nella sua testa. – Non so,
troppi… Troppi spazi vuoti. –
Agitò una mano in aria come a illustrare all’amico
il vuoto metaforico che lo
circondava. – Capisci? –
Tom
aggrottò le sopracciglia.
-
No. –
-
Ecco, mi pareva. –
-
Cioè sì. Ma quando hai comprato
l’appartamento la cosa che ti aveva attratto
era proprio lo spazio vuoto. È questo il concetto
fondamentale di open space,
no? –
Dom
non rispose e continuò a far roteare con metodo la bottiglia
ancora
praticamente piena.
Il
problema è
quando ti sembra che ci sia troppo spazio per una persona sola.
-
Forse avevo solo bisogno di cambiare un po’. –
rispose, bevendo finalmente un
primo sorso di birra sotto lo sguardo penetrante dell’amico.
– Capita, a volte.
–
Finirono
le rispettive sigarette in silenzio, mandando giù di tanto
in tanto un po’
d’alcool per rinfrescare le gole secche. Il mese di settembre
si era rivelato
eccezionalmente caldo quell’anno.
-
Quanto tempo è passato dalla festa di tua sorella?
– chiese infine Tom con
garbo. Dom inspirò a lungo.
-
Tredici giorni. – disse piano.
Tredici
lunghissimi, interminabili giorni.
-
Tredici giorni durante i quali ti sei messo in testa di voler
concorrere alle
Olimpiadi del Sospiro Sofferto. – Dom non riuscì
suo malgrado a trattenere il
suddetto sospiro: entrambi ridacchiarono.
–
Oltre ovviamente a rompere più bottiglie di quanto tu abbia
fatto in tutta la
tua vita, scordarti le mance sul bancone e chiamare ripetutamente
Matthew il
nostro affittuario, Michael, che conosci da quindici anni. –
-
Dio, che vergogna. – mugolò Dom prendendosi la
testa fra le mani. Tom annuì
divertito.
-
È divertente anche il modo in cui, non importa di cosa si
stia parlando -
politica, l’ultimo film che hai visto al cinema, la multa che
hai preso l’altro
giorno per aver imboccato un senso unico al contrario rischiando di
spezzarti
l’osso del collo – tu riesca sempre
a
collegarti all’ingiustizia divina rappresentata dal fatto che
questo benedetto
Matthew si scopi qualcun altro e non te. –
Stappò
un’altra bottiglia di birra e la passò
all’amico che stava, né più
né meno, rantolando.
-
Grazie della delicatezza, Kirk. – borbottò
affranto Dom attaccandosi al collo
della bottiglia come un naufrago al salvagente.
-
Di niente. Dunque, visto l’attuale stato di cose, io
suggerirei per la tua e
anche in qualche modo la mia salute mentale di provare a ricontattare
Matthew
il più presto possibile. –
Tom
fu preso da un inconsueto bisogno di abbracciare forte
l’amico: le spalle gli
erano precipitate al suolo e le sue labbra avevano assunto una piega
amara.
-
Tom, è… - cominciò con voce triste.
Tom gli fece gesto di stare zitto.
-
…Fidanzato. E chissenefrega. Anche la tizia che mi sto
portando a letto da un
mese è fidanzata e ti giuro che la cosa non costituisce
nessun problema. –
Dom
si scordò per un attimo del proprio cattivo umore e gli
rivolse un sorrisino
malizioso.
-
Quella che non sta zitta un attimo? – chiese, divertito. Tom
annuì alzando gli
occhi al cielo.
-
Dio, sì. L’ho
rivoltata come un
calzino più volte e non ho ancora trovato il pulsante che la
spegne. È
pazzesco, ogni volta c’è un tappeto sonoro di
blablabla che mi fa uscire di
testa. –
-
“L’ho rivoltata come un
calzino più
volte” - ma sentitelo! –
Tom
sogghignò.
-
La chiacchiera inarrestabile è l’unica cosa che
non apprezzo, in effetti. – Si
accese un’altra sigaretta, lanciando a Dom
un’occhiata furba. – Va come un
treno. Ogni volta è una maratona – il suo
fidanzato dev’essere magro come un
chiodo. Tre ore con lei valgono come venti chilometri di corsa.
–
Il
biondo fece tintinnare la propria bottiglia di birra contro il
bicchiere di
vino dell’amico con una smorfia di apprezzamento.
-
Alla maratoneta. –
-
Alla maratoneta. –
-
Vedi di non esagerare. Ti ricordo che l’altro che ha fatto la
maratona è morto,
alla fine. –
Tom
emise un “psh psh” condiscendente e
spazzò via quell’ipotesi con un ampio gesto
della mano.
-
Nah, impossibile. Sto tenendo più o meno il ritmo che tenevi
tu qualche mese fa
con Justin, o Jason, o Jeremiah, o come accidenti si chiamava.
–
-
John, Kirk, chiaro e semplice. –
-
Ecco, John. Se ce l’hai fatta tu ce la faccio
anch’io senza problemi. –
Dom
ridacchiò piano, stiracchiandosi lentamente sulla sedia a
sdraio e accavallando
le gambe. Chiuse gli occhi: il calore del sole era a malapena
percepibile sulle
sue palpebre serrate. Con un brivido pensò che era meglio
rientrare prima di
prendere umido.
Ma
prima doveva aspettare che Tom la smettesse di contorcersi su
sé stesso, e che
gli domandasse per quale motivo l’unica relazione della sua
età adulta che gli
era parsa in qualche modo stabile fosse naufragata da un giorno
all’altro.
-
E… Senti… John lo vedi ancora? –
Tombola.
Dom
rivolse all’amico un sorriso divertito. Come nelle sue
previsioni, si stava
mordendo nervosamente il labbro inferiore, la scritta “gli
sto chiedendo se ha ancora un fidanzato, cazzo!”
che ancora un
po’ prendeva a lampeggiargli in fronte come
un’insegna al neon.
-
No. – rispose tranquillamente. D’altronde,
in fin dei conti, non
è che la
cosa gli fosse dispiaciuta troppo. Non era stata una grande perdita.
Sentì
distintamente che Tom sbuffava di fronte alla prospettiva interiore di
continuare a interrogarlo su un argomento così delicato.
-
Non ti convinceva? – gli chiese infine,
un’espressione comicamente testarda in
viso. Dom rise un po’ troppo forte per sembrare del tutto
naturale.
-
A te convincerebbe un tipo che sparisce per un mese senza dirti niente
e nel
momento in cui si fa rivedere si mette a litigare con te
perché gli hai chiesto
legittimamente di mettere il preservativo, dato che non sai che schifo
di
malattia potrebbe essersi preso dalle scopate che di sicuro si
è fatto alle tue
spalle? –
Si
girò verso Tom: il viso gli si era irrigidito.
-
No. – rispose l’amico, rivolgendogli uno sguardo
sin troppo grave per i suoi
standard. Evidentemente aveva scommesso troppo alto su John –
esattamente come
aveva fatto lui.
-
Infatti. Neanch’io. – disse leggero, facendogli
l’occhiolino. Tom ridacchiò e
si accese una sigaretta scuotendo le spalle come per scacciare la
sensazione di
disagio che si era attaccata loro addosso.
–
Su con la vita, Kirk. Non è sempre domenica, me
l’hai detto tu. –
-
Aveva proprio la faccia della puttana. Scusa, adesso posso dirtelo.
– commentò
velocemente l’altro in tono duro. Dom scoppiò a
ridere e annuì.
-
Era quello che mi aveva attratto di lui, immagino. –
John,
in effetti, irradiava un’aura di sesso che era riuscito a
ghermirlo quanto se
non più della combinazione gradevolissima formata da un
fisico prestante e una
voce profonda.
Il
confronto con Matt gli balenò irrefrenabile in testa.
Piccolo, mingherlino, dai
gesti nervosi e la voce quasi inudibile, vestito come chi non ha fatto
altro
che perdere scommesse per tutta la sua vita: non il suo tipo
– e nemmeno un
tipo ben identificabile, ad essere sinceri. Possedeva quel particolare
fascino
dato dalla totale inconsapevolezza di una certa avvenenza dinoccolata e
incongrua. Dom era sicuro che lui non avesse la minima idea di quello
che gli
aveva fatto soltanto guardandolo attraverso lo specchio: qualcosa che
si era
rivelato mille volte più intrigante di tutti i piedini, gli
inviti espliciti e
gli approcci fisicamente invasivi che aveva ricevuto sino a quel giorno.
Quegli
occhi gli avevano detto se avevo paura
prima, ora non ne ho più. La sua espressione
decisa e serissima era quanto
di più vicino potesse esserci alla manifestazione fisica di
un “sì!” urlato a
pieni polmoni. L’aveva scongiurato con la certezza di
ottenere quello che
nemmeno riusciva ad ammettere di desiderare: era un assurdo mix di
sensuale
sicurezza e goffaggine patologica.
E
Dom non riusciva a smettere di pensarci.
-
Io se fossi in te torchierei Emma per ottenere il suo numero di
telefono. –
Sospirò:
grazie a Dio Tom aveva scelto il barista come mestiere di vita, e non
il
consulente sentimentale.
-
Piuttosto preferisco morire. – rispose sorridendogli
zuccheroso.
-
Ogni lasciata è persa, Howard. – lo
redarguì l’amico in un finto tono
paternalistico, battendogli sonoramente una mano sulla spalla.
– E fidati dello
zio Tom: chi si divincola adducendo scrupoli di coscienza e poi ti
ficca
comunque la lingua in bocca non vuole essere né lasciato
né perso. –
-
Tom, sono stato io a chiederglielo. – ribatté
spazientito il biondo. – Lui mi
ha concesso un favore… -
-
Che cazzo significa? Anch’io ho chiesto, scongiurato e
implorato favori di ogni
tipo a donne che hanno trovato giusto rispondermi con un ceffone!
Svegliati,
Dom, al mondo non esistono i buoni samaritani. Specialmente quando si
tratta di
sesso. Non l’ha fatto per altruismo, l’ha fatto
perché lo voleva quanto se non
più di te. Stai solo accumulando scuse su scuse per non
andartelo a prendere e
scopartelo finchè gli sembrerà impossibile
l’avere mai avuto una fidanzata
prima. –
E
su quest’ultimo
punto purtroppo non posso dissentire, Kirk.
-
L’unico uomo che davvero mi interessa doveva essere impegnato
e per di più
onesto e fedele.– borbottò Dominic scocciato e
incredulo di fronte alla propria
sfortuna, buttando il mozzicone di sigaretta giù dal
balcone. – Dio. Il mio
karma fa schifo. – commentò aspro.
Tom
emise un verso stanco e si alzò a fatica dalla sdraio,
guardando l’orologio. Il
sole era completamente tramontato e aveva cominciato a soffiare un
venticello
fresco.
-
Beh, prendila così, Howard: date queste premesse, non mi
sembra un altro John.
– Gli diede quello che doveva passare come un coppino
affettuoso sul collo. –
Scusa, amico, ma ora devo proprio scappare. Domani è il
compleanno di mia madre
e non le ho ancora preso niente. – disse in tono di scuse.
Dom
annuì sovrappensiero e gli fece gesto di dirigersi pure
verso la porta senza di
lui – d’altronde, aveva sempre avuto una copia
delle sue chiavi e poteva
richiuderla dietro di sé senza nessun problema.
-
Comprale un libro. A tua madre piace leggere, sono sicura che
apprezzerà. –
disse in tono assente, sentendo l’amico raccogliere
rumorosamente i suoi averi
dal tavolino di fianco a lui. Gli fece un piccolo sorriso e strinse la
sua mano
tesa in segno di saluto. – E falle gli auguri da parte mia.
–
Note
dell’autrice:
capitolo
corto, lo so. Disonore su di me, disonore sulla mia mucca.
Grazie
infinite delle splendide recensioni <3 Sono contenta che la
storia vi
piaccia, e mi scuso per l’irregolarità con cui
viene postata ma purtroppo ho la
cattiva abitudine di mettere troppa carne sul fuoco e ho tipo trecento
storie
da terminare XD
A
presto e grazie ancora :***
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