Fanfic su artisti musicali > Muse
Segui la storia  |       
Autore: nightswimming    30/05/2012    2 recensioni
Svegliati, Dom, al mondo non esistono i buoni samaritani. Specialmente quando si tratta di sesso. Non l’ha fatto per altruismo, l’ha fatto perché lo voleva quanto se non più di te.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- …Se ci penso adesso, Dio, mi prenderei a schiaffi da solo! Chiuderlo nel bagno! Poteva pensare di tutto: che lo volessi derubare, picchiare, molestare – Gesù, non berrò più una goccia d’alcool per almeno un mese, Tom, anche quando si tratterà di degustare i vini che dobbiamo acquistare, per carità, lo lascio fare a te – grazie al cielo che mi è andata bene! Non sarei più voluto uscire dal letto per la vergogna. Gli sono praticamente saltato addosso. “Vacci piano, Dom, lui ti piace ma non sei sicuro che tu piaccia a lui, stai buono, calma e gesso” e poi il minuto dopo, zac! Sentivo di avere dei tentacoli al posto delle mani! Ma lui è stato fantastico, davvero, sai quando leggi nei libri l’espressione “abbandono” e pensi “ma che stronzata” – lui invece si è proprio abbandonato, ma proprio fisicamente, sulla mia spalla! - e poi si è lasciato baciare ed era così entusiasta, sembrava davvero felice, ed è una sensazione così bella quando qualcuno ti fa capire di volerti per davvero, e… -
- Dom? –
- Sì? -
- …Che cos’è una brugola? –
Dominic quasi cadde dallo sgabello nel tentativo di voltarsi e fulminarlo con lo sguardo. Tom si pentì immediatamente della sua interruzione così prosaica.
- Io ti sto aprendo il mio cuore – cominciò il biondo, dilatando le narici e agitando il martello che teneva in mano per aria, - e tu mi chiedi che cos’è una brugola?!
- Dom, attento al quad- -
Tom compì un balzo felino per oltrepassare la scatola aperta dell’Ikea che gli stava davanti e tentò invano di salvare l’acquarello incorniciato che si era appena spaccato in mille pezzi ai piedi di Dom.
- …ro. – concluse con un’espressione abbacchiata sul viso.
Dom scese con un balzo dallo sgabello e si inginocchiò di fianco all’amico, mettendosi ad osservare con lui i frammenti di legno e vetro con aria critica.
- Poco male. Ho sempre trovato orrenda quella cornice. – disse infine facendo spallucce. Tom sospirò.
- Fammi indovinare: un regalo di compleanno di Emma. –
- Esattamente. –
- Il disegno è carino, però. –
Dominic prese delicatamente in mano il foglio acquarellato, stando attento a non tagliarsi con i cocci. Era un bel paesaggio marittimo che rappresentava il paesino in Francia dove andavano in vacanza da piccoli.
- E’ sempre stata brava con le tempere. – disse con un sorriso suo malgrado orgoglioso. - Sin da bambina. Si vedeva lontano un miglio che i miei simulavano entusiasmo davanti ai miei sgorbi, e adoravano in maniera genuina i suoi disegni. –
Ridacchiò da solo udendo il proprio tono offeso; Tom gli prese una guancia fra due dita.
- Oh, povero, povero Dommie incompreso! Che infanzia difficile! Mi sto per mettere a piangere. –
Dom si divincolò con un grugnito e, dopo essersi chinato a rovistare nel cartone aperto dell’Ikea, lanciò addosso all’amico una busta di plastica piena di barrette di metallo piegate a L.
- Ahi! –
- Queste sono brugole, coglione. – replicò impietoso il biondo ignorando il suo lamento di dolore.
 – C’è pure il disegnino sul manuale d’istruzioni. –
Tom fece una smorfia supponente.
- Manuale d’istruzioni? Per montare una banale libreria? Tsk. Giammai. –
- Quando verrai a chiamarmi, dopo ore e ore colme di incomprensione e bestemmie, e mi implorerai di darti il libretto che ora tu tanto disprezzi, sappi che ti manderò affanculo. –
- Non succederà. –
- Vedremo. –
Guardò il proprio orologio da polso: avevano resistito a malapena mezz’ora.
Sospirò.
- Pausa? – propose con un sogghigno. Tom quasi battè le mani per la contentezza.
- Pausa. – confermò, tirando fuori il pacchetto di sigarette.
 
*
 
Si stesero sulla coppia di sdraio che Dom teneva in terrazzo e presero l’aperitivo sigaretta alla mano, godendosi gli ultimi minuti di sole prima del calare della sera.
- Spiegami tutta questa urgenza di attaccare quadri, montare mensole e comprare librerie. – attaccò subito Tom, bevendo un sorso di vino bianco.
Dom sorrise, facendosi dondolare la bottiglia di birra in grembo. Quella era una gran buona domanda.
- La casa mi sembrava un po’ spoglia… - cominciò, incerto, tentando di costruirsi un discorso plausibile nella sua testa. – Non so, troppi… Troppi spazi vuoti. – Agitò una mano in aria come a illustrare all’amico il vuoto metaforico che lo circondava. – Capisci? –
Tom aggrottò le sopracciglia.
- No. –
- Ecco, mi pareva. –
- Cioè sì. Ma quando hai comprato l’appartamento la cosa che ti aveva attratto era proprio lo spazio vuoto. È questo il concetto fondamentale di open space, no? –
Dom non rispose e continuò a far roteare con metodo la bottiglia ancora praticamente piena.
Il problema è quando ti sembra che ci sia troppo spazio per una persona sola.
- Forse avevo solo bisogno di cambiare un po’. – rispose, bevendo finalmente un primo sorso di birra sotto lo sguardo penetrante dell’amico. – Capita, a volte. –
Finirono le rispettive sigarette in silenzio, mandando giù di tanto in tanto un po’ d’alcool per rinfrescare le gole secche. Il mese di settembre si era rivelato eccezionalmente caldo quell’anno.
- Quanto tempo è passato dalla festa di tua sorella? – chiese infine Tom con garbo. Dom inspirò a lungo.
- Tredici giorni. – disse piano.
Tredici lunghissimi, interminabili giorni.
- Tredici giorni durante i quali ti sei messo in testa di voler concorrere alle Olimpiadi del Sospiro Sofferto. – Dom non riuscì suo malgrado a trattenere il suddetto sospiro: entrambi ridacchiarono.
– Oltre ovviamente a rompere più bottiglie di quanto tu abbia fatto in tutta la tua vita, scordarti le mance sul bancone e chiamare ripetutamente Matthew il nostro affittuario, Michael, che conosci da quindici anni. –
- Dio, che vergogna. – mugolò Dom prendendosi la testa fra le mani. Tom annuì divertito.
- È divertente anche il modo in cui, non importa di cosa si stia parlando - politica, l’ultimo film che hai visto al cinema, la multa che hai preso l’altro giorno per aver imboccato un senso unico al contrario rischiando di spezzarti l’osso del collo – tu riesca sempre a collegarti all’ingiustizia divina rappresentata dal fatto che questo benedetto Matthew si scopi qualcun altro e non te. –
Stappò un’altra bottiglia di birra e la passò all’amico che stava, né più né meno, rantolando.
- Grazie della delicatezza, Kirk. – borbottò affranto Dom attaccandosi al collo della bottiglia come un naufrago al salvagente.
- Di niente. Dunque, visto l’attuale stato di cose, io suggerirei per la tua e anche in qualche modo la mia salute mentale di provare a ricontattare Matthew il più presto possibile. –
Tom fu preso da un inconsueto bisogno di abbracciare forte l’amico: le spalle gli erano precipitate al suolo e le sue labbra avevano assunto una piega amara.
- Tom, è… - cominciò con voce triste. Tom gli fece gesto di stare zitto.
- …Fidanzato. E chissenefrega. Anche la tizia che mi sto portando a letto da un mese è fidanzata e ti giuro che la cosa non costituisce nessun problema. –
Dom si scordò per un attimo del proprio cattivo umore e gli rivolse un sorrisino malizioso.
- Quella che non sta zitta un attimo? – chiese, divertito. Tom annuì alzando gli occhi al cielo.
- Dio, . L’ho rivoltata come un calzino più volte e non ho ancora trovato il pulsante che la spegne. È pazzesco, ogni volta c’è un tappeto sonoro di blablabla che mi fa uscire di testa. –
- “L’ho rivoltata come un calzino più volte” - ma sentitelo! –
Tom sogghignò.
- La chiacchiera inarrestabile è l’unica cosa che non apprezzo, in effetti. – Si accese un’altra sigaretta, lanciando a Dom un’occhiata furba. – Va come un treno. Ogni volta è una maratona – il suo fidanzato dev’essere magro come un chiodo. Tre ore con lei valgono come venti chilometri di corsa. –
Il biondo fece tintinnare la propria bottiglia di birra contro il bicchiere di vino dell’amico con una smorfia di apprezzamento.
- Alla maratoneta. –
- Alla maratoneta. –
- Vedi di non esagerare. Ti ricordo che l’altro che ha fatto la maratona è morto, alla fine. –
Tom emise un “psh psh” condiscendente e spazzò via quell’ipotesi con un ampio gesto della mano.
- Nah, impossibile. Sto tenendo più o meno il ritmo che tenevi tu qualche mese fa con Justin, o Jason, o Jeremiah, o come accidenti si chiamava. –
- John, Kirk, chiaro e semplice. –
- Ecco, John. Se ce l’hai fatta tu ce la faccio anch’io senza problemi. –
Dom ridacchiò piano, stiracchiandosi lentamente sulla sedia a sdraio e accavallando le gambe. Chiuse gli occhi: il calore del sole era a malapena percepibile sulle sue palpebre serrate. Con un brivido pensò che era meglio rientrare prima di prendere umido.
Ma prima doveva aspettare che Tom la smettesse di contorcersi su sé stesso, e che gli domandasse per quale motivo l’unica relazione della sua età adulta che gli era parsa in qualche modo stabile fosse naufragata da un giorno all’altro.
- E… Senti… John lo vedi ancora? –
Tombola.
Dom rivolse all’amico un sorriso divertito. Come nelle sue previsioni, si stava mordendo nervosamente il labbro inferiore, la scritta “gli sto chiedendo se ha ancora un fidanzato, cazzo!” che ancora un po’ prendeva a lampeggiargli in fronte come un’insegna al neon.
- No. – rispose tranquillamente. D’altronde,  in fin dei conti, non  è che la cosa gli fosse dispiaciuta troppo. Non era stata una grande perdita.
Sentì distintamente che Tom sbuffava di fronte alla prospettiva interiore di continuare a interrogarlo su un argomento così delicato.
- Non ti convinceva? – gli chiese infine, un’espressione comicamente testarda in viso. Dom rise un po’ troppo forte per sembrare del tutto naturale.
- A te convincerebbe un tipo che sparisce per un mese senza dirti niente e nel momento in cui si fa rivedere si mette a litigare con te perché gli hai chiesto legittimamente di mettere il preservativo, dato che non sai che schifo di malattia potrebbe essersi preso dalle scopate che di sicuro si è fatto alle tue spalle? –
Si girò verso Tom: il viso gli si era irrigidito.
- No. – rispose l’amico, rivolgendogli uno sguardo sin troppo grave per i suoi standard. Evidentemente aveva scommesso troppo alto su John – esattamente come aveva fatto lui.
- Infatti. Neanch’io. – disse leggero, facendogli l’occhiolino. Tom ridacchiò e si accese una sigaretta scuotendo le spalle come per scacciare la sensazione di disagio che si era attaccata loro addosso.
– Su con la vita, Kirk. Non è sempre domenica, me l’hai detto tu. –
- Aveva proprio la faccia della puttana. Scusa, adesso posso dirtelo. – commentò velocemente l’altro in tono duro. Dom scoppiò a ridere e annuì.
- Era quello che mi aveva attratto di lui, immagino. –
John, in effetti, irradiava un’aura di sesso che era riuscito a ghermirlo quanto se non più della combinazione gradevolissima formata da un fisico prestante e una voce profonda.
Il confronto con Matt gli balenò irrefrenabile in testa. Piccolo, mingherlino, dai gesti nervosi e la voce quasi inudibile, vestito come chi non ha fatto altro che perdere scommesse per tutta la sua vita: non il suo tipo – e nemmeno un tipo ben identificabile, ad essere sinceri. Possedeva quel particolare fascino dato dalla totale inconsapevolezza di una certa avvenenza dinoccolata e incongrua. Dom era sicuro che lui non avesse la minima idea di quello che gli aveva fatto soltanto guardandolo attraverso lo specchio: qualcosa che si era rivelato mille volte più intrigante di tutti i piedini, gli inviti espliciti e gli approcci fisicamente invasivi che aveva ricevuto sino a quel giorno.
Quegli occhi gli avevano detto se avevo paura prima, ora non ne ho più. La sua espressione decisa e serissima era quanto di più vicino potesse esserci alla manifestazione fisica di un “sì!” urlato a pieni polmoni. L’aveva scongiurato con la certezza di ottenere quello che nemmeno riusciva ad ammettere di desiderare: era un assurdo mix di sensuale sicurezza e goffaggine patologica.
E Dom non riusciva a smettere di pensarci.
- Io se fossi in te torchierei Emma per ottenere il suo numero di telefono. –
Sospirò: grazie a Dio Tom aveva scelto il barista come mestiere di vita, e non il consulente sentimentale.
- Piuttosto preferisco morire. – rispose sorridendogli zuccheroso.
- Ogni lasciata è persa, Howard. – lo redarguì l’amico in un finto tono paternalistico, battendogli sonoramente una mano sulla spalla. – E fidati dello zio Tom: chi si divincola adducendo scrupoli di coscienza e poi ti ficca comunque la lingua in bocca non vuole essere né lasciato né perso. –
- Tom, sono stato io a chiederglielo. – ribatté spazientito il biondo. – Lui mi ha concesso un favore… -
- Che cazzo significa? Anch’io ho chiesto, scongiurato e implorato favori di ogni tipo a donne che hanno trovato giusto rispondermi con un ceffone! Svegliati, Dom, al mondo non esistono i buoni samaritani. Specialmente quando si tratta di sesso. Non l’ha fatto per altruismo, l’ha fatto perché lo voleva quanto se non più di te. Stai solo accumulando scuse su scuse per non andartelo a prendere e scopartelo finchè gli sembrerà impossibile l’avere mai avuto una fidanzata prima. –
E su quest’ultimo punto purtroppo non posso dissentire, Kirk.
- L’unico uomo che davvero mi interessa doveva essere impegnato e per di più onesto e fedele.– borbottò Dominic scocciato e incredulo di fronte alla propria sfortuna, buttando il mozzicone di sigaretta giù dal balcone. – Dio. Il mio karma fa schifo. – commentò aspro.
Tom emise un verso stanco e si alzò a fatica dalla sdraio, guardando l’orologio. Il sole era completamente tramontato e aveva cominciato a soffiare un venticello fresco.
- Beh, prendila così, Howard: date queste premesse, non mi sembra un altro John. – Gli diede quello che doveva passare come un coppino affettuoso sul collo. – Scusa, amico, ma ora devo proprio scappare. Domani è il compleanno di mia madre e non le ho ancora preso niente. – disse in tono di scuse.
Dom annuì sovrappensiero e gli fece gesto di dirigersi pure verso la porta senza di lui – d’altronde, aveva sempre avuto una copia delle sue chiavi e poteva richiuderla dietro di sé senza nessun problema.
- Comprale un libro. A tua madre piace leggere, sono sicura che apprezzerà. – disse in tono assente, sentendo l’amico raccogliere rumorosamente i suoi averi dal tavolino di fianco a lui. Gli fece un piccolo sorriso e strinse la sua mano tesa in segno di saluto. – E falle gli auguri da parte mia. –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: capitolo corto, lo so. Disonore su di me, disonore sulla mia mucca.
Grazie infinite delle splendide recensioni <3 Sono contenta che la storia vi piaccia, e mi scuso per l’irregolarità con cui viene postata ma purtroppo ho la cattiva abitudine di mettere troppa carne sul fuoco e ho tipo trecento storie da terminare XD
A presto e grazie ancora :***

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: nightswimming