« Possiamo constatare quanto sia stato un completo
fallimento. »
« Su, fratellino, non essere sempre così negativo, » una
risata strafottente rimbombò per lo stanzone, « Io direi che è stato…
esplosivo.
»
Un paio di occhi blu come il mare si assottigliarono
irritati: « Lo scopo era di osservare l’obiettivo senza farsi notare,
stimare
la situazione per poter determinare la procedura ottimale e andarsene
in
fretta. Sbaglio o non è andata proprio così? »
Una terza voce, più allegra ma meno irriverente,
s’interpose al dibattito: « Guarda il lato positivo, abbiamo appurato
fin dal
principio che gli abitanti del posto non sono molto… pacifici. »
« E che le nostre stime sul loro progresso erano decisamente
sbagliate, » concluse un quarto, dal tono grave e quasi annoiato, «
Sono un
popolo molto più retrogrado di quanto ci potessimo auspicare, il che
può
dimostrarsi un’arma a doppio taglio per la riuscita del nostro
progetto. »
« Visto, fratellino, » ghignò di nuovo il secondo, « Se
avessimo perlustrato in segreto non avremmo ottenuto tutti questi
risultati. »
Un sospiro, poi un sottile ringhio: « Non perdere di
vista il fulcro della questione, Kert. Per quanto possa risultarti
complicato,
a capo della missione ci sono io, e gli ordini vanno rispettati. »
Abbandonò il salone a larghe falcate, cercando di
ignorare la risata tonante che lo seguì lungo i corridoi bui, e si
diresse verso
quella che aveva conclamato come la sua stanza. Il Sole stava
spegnendosi lentamente
dietro l’orizzonte, così diverso da quello cui erano abituati i suoi
occhi, e
si soffermò un istante a scrutare da dietro il vetro appannato della
finestra.
Parte di lui non riusciva a credere che l’aria che stava
respirando era la stessa che i suoi antenati avevano condiviso milioni
di anni
prima, che era davvero la Terra quella sui cui si stavano posando i
suoi piedi;
gli erano bastati però pochi respiri per cogliere tutte le differenze
con Gaia,
il loro pianeta quasi perfetto, così pulito e confortevole.
Com’era possibile che quella nuova razza avesse sfruttato
in maniera così becera la loro preziosa casa?
Un fruscio di tessuti attirò la sua attenzione prima che
un paio di braccia esili si chiudessero intorno al suo torace: « Adesso
sei
contento che sia venuta anch’io? »
« Tutt’altro, » sbuffò, poggiando le mani sopra quelle
più pallide, « Temo che sarà molto più complicato di quanto
programmato. Avrei
preferito tu rimanessi al sicuro. »
« Non preoccuparti, » la stretta si fece più intensa,
mentre il calore che gli si propagò dalle scapole gli fece capire che
aveva
poggiato il viso contro di lui, « Prometto che non mi stancherò troppo.
E poi
vorrà dire che sono davvero necessaria e che è un bene che ci sia
anch’io, no?
»
Si voltò e prese il volto tondo tra le dita,
specchiandosi negli occhi scuri: « Cerca di non farmi preoccupare. »
« È quasi tecnicamente impossibile. »
Rise e avvicinò la bocca alla sua: « Sai cosa voglio
dire. »
Le braccia gli si chiusero dietro la nuca e una risatina
vibrò contro le sue labbra: « Dimmi che mi ami e basta. »
§§§
Ichigo si afflosciò ancora di più nella vasca da bagno,
il naso a sfiorare la superficie schiumosa dell’acqua. Non aveva smesso
di
tremare da quando gli altri se n’erano andati, più o meno
rumorosamente, e
aveva subito accolto il suggerimento di Ryou di rilassarsi e
riscaldarsi in uno
dei suoi luoghi preferiti dell’intera casa.
Soffiò piano per allontanare un cumulo di bolle che la
stavano pizzicando e strinse le mani tra le cosce; non aveva ancora
fatto del
tutto pace con la voglia che le era rispuntata sulla pelle, e meno che
mai se
la sentiva di vederla quella sera.
Le girava talmente tanto la testa che le pareva i
pensieri stessero cercando di uscirne, tanto erano sovraffollati. Solo
tre
giorni prima aveva indossato l’abito bianco, la sua più grande
preoccupazione
era stata non svenire dall’ansia lungo la camminata fino all’altare, e
ora si
ritrovava a dover nuovamente comprendere di dover lottare contro nemici
provenienti da un pianeta lontanissimo.
Con una bimba di quattro mesi, stavolta.
Sibilò ancora e s’immerse completamente, desiderosa solo
dell’ottundimento causato dall’acqua. Le sembrò provvidenziale, in quel
momento, quella decisione, quell’
istinto di non
aspettare a celebrare la
sua unione con Ryou. Come se una parte di sé l’avesse sempre saputo,
perché era
così, era ovvio, era stata semplicemente lei a decidere che la
ricomparsa della
voglia non volesse dire nulla.
Però non sapeva dove avrebbe trovato il coraggio di
affrontare tutto.
Rimase sott’acqua finché non sentì i polmoni sul punto di
esplodere, poi si risciacquò velocemente e si avviluppò
nell’accappatoio che
aveva preventivamente agganciato al termosifone.
L’intera casa era più silenziosa del solito quando uscì
sul corridoio, e poté udire con chiarezza il ticchettio della tastiera
che
proveniva dallo studio. Vi si diresse a piedi nudi e rimase in silenzio
a
sbirciare dallo spiraglio lasciato aperto; più che mai la vista le
parve
familiare, Shirogane con le luci al minimo e la schiena curva sui
larghi
schermi dei computer, le sopracciglia leggermente aggrottate in
un’espressione
di pura concentrazione mentre il suo cervello lavorava frenetico per
trovare le
risposte necessarie, o forse per sentirsi meno in colpa.
La sua capacità di concentrarsi totalmente nel lavoro,
estraniandosi dalla realtà circostante, era al contempo invidiabile e
insopportabile.
Ichigo batté le nocche sulla porta e gli si avvicinò,
abbracciandolo da dietro per quanto le permettesse la sedia.
«
Hey there, ginger, » l’accolse lui con un
sospiro stanco, « Come ti senti? »
Lei strusciò la guancia contro quella di lui,
strappandogli uno sbuffo alle ciocche bagnate che lo colpirono: «
Meglio, »
mentì sottovoce, « Mi sta tornando fame. »
« Ordiniamo quello che vuoi, » la prese gentilmente per
un braccio e la tirò per farle aggirare la poltrona e sedere sulle sue
gambe, «
Personalmente vorrei un paio di birre. »
La rossa rise e gli si rilassò contro, inspirando il
profumo del suo dopobarba. Ryou aveva ancora la traccia di abbronzatura
e le
sembrò strano notarlo, come se non fossero tornati solo quella mattina
dal loro
weekend insieme; era così stanca che le sembrò lontano una vita, un
ricordo già
sbiadito e inafferrabile.
Lui fece scivolare la mano lungo il suo ginocchio, sotto
le pieghe dell’accappatoio: « Ti devi vestire, o ti verrà di nuovo
freddo. »
Ichigo però rimase lì, appollaiata su di lui come un
piccolo koala, il viso sempre nascosto contro al suo collo.
« Non so come fare, » ammise in un sussurro dopo qualche
secondo, avvertendolo irrigidirsi un po’ di più ed espirare lentamente,
« So
che devo farlo, è come una voce che non posso ignorare, ma… non so
come, questa
volta. »
Le labbra di Shirogane si posarono più decise contro la
sua tempia: « Per quanto mi disturbi ammettere che ci serva il loro
aiuto,
Purin ha ragione nel dire che questa volta gli Ikisatashi sono dalla
nostra
parte. Lo sai anche tu quanto sono forti, e non c’è nulla che ci faccia
presuppore non siano migliorati, con il tempo. »
« A confronto nostro, » mugolò contrariata la rossa,
odiandosi direttamente per quel pensiero, « Lasciamo perdere il dover
combattere, non mi ricordo neanche l’ultima volta che sono andata in
palestra.
»
Ryou sbuffò e la scostò appena così da poterla guardare
negli occhi, togliendole l’asciugamano arrotolato in cima alla testa
per
passare le dita tra la sua chioma: « Non succedeva spesso nemmeno
prima,
ginger.
»
Lei si limitò a fare una smorfia, sfiorandogli distratta
la voglia chiara sul collo.
« Non avevi paura, quando l’hai fatto? »
« Certo. Ma non avrei mai potuto iniettare qualcosa a
delle sconosciute senza averlo provato prima io. »
« Avrei qualcosa da ridire anche su questo, » Ichigo si
lasciò scappare una mezza risata, poi chiuse gli occhi e poggiò la
fronte
contro la sua, ammettendo in un pigolio, « Ho paura. Una paura folle. È
come se
avessi due istinti, dentro di me, quello del gatto Iriomote e quello di
madre
e… non riescano a mettersi d’accordo. »
« Per quello che vale, lo sai che non sarai mai sola,
vero? »
« Lo so, » la rossa gli prese il viso tra le mani e si
avvicinò un po’ di più, « Ma ciò vuol dire che mi preoccupo anche per
te. »
Lui sfiorò il naso di lei col proprio: « Non mi sono mai
messo nei guai. »
« Mmmh, » lei gli lanciò un’occhiata poco divertita, «
Allora era un’altra testa bionda, durante… l’ultima volta. »
«
Don’t think about that, » Ryou fece scorrere la
mano più in alto lungo la sua coscia, così da stringerla, « Non pensare
a cos’è
successo. Pensa solo a concentrarti su questo momento, e a superarlo.
Insieme.
»
Ichigo sbuffò, poi piegò un sopracciglio in
un’espressione divertita: « Pensavo di aver sposato un musone fatalista
e
pessimista. »
« Se preferisci quella versione, ragazzina, basta
chiedere. »
Lei ridacchiò e intrecciò le braccia dietro al suo collo,
baciandolo e facendo aderire i loro corpi il più possibile, cercando in
lui il
calore necessario a scioglierle il freddo dal petto. Sapeva che la
tempesta nel
suo cuore non sarebbe passata molto facilmente, ma almeno per quella
notte
avrebbe smesso di pensarci.
« Tu lo sapevi? »
Seduta sul suo letto con le gambe a penzoloni dal bordo e
la mano stretta nella sua, Purin guardò Taruto da sotto la frangetta
bionda,
disegnando distrattamente sul braccio del ragazzo con la punta di un
dito.
« Non tutto, » ammise lui a bassa voce, « Io dovevo
ancora mettermi in pari con gli studi, e con l’Esercito… i miei
fratelli mi
avevano raccontato qualcosa, ma ovviamente certe informazioni erano più
confidenziali. Sono rimasto indietro anche per… controllare che non
arrivassero
nuovi messaggi e per avere un contatto diretto con il Comando Generale.
»
« Non sapete proprio niente di chi sia arrivato? »
« No, » Taruto sospirò pesantemente e lanciò la testa
all’indietro, incassandola nelle spalle, « Pai è inavvicinabile, credo
abbia
cercato di smontare l’intero sistema di radar e comunicazione per
capire perché
non ci siamo accorti di niente. Da quanto ho capito, lui e Shirogane
hanno
anche hackerato non so cosa per ottenere i video di quei tizi e
studiarli
meglio. »
Purin si concesse una risatina a quella rivelazione: « Io
e Retasu nee-san non abbiamo avuto il coraggio di scendere in
laboratorio,
infatti. »
« Avete fatto bene, ho seriamente temuto che il biondino
potesse accoltellarci. »
« Povera nee-san, » lei si corrucciò, sfiorandosi
distratta la voglia sulla fronte, « Non l’ho mai vista così disperata.
Io mi
preoccupo per i miei fratellini, però lei… non vorrei proprio essere
nei suoi
panni, ma la dobbiamo aiutare. Non abbiamo altra scelta. »
Taruto la scrutò in silenzio, cogliendo negli occhi
marroni quella scintilla di positiva determinazione che l’aveva sempre
caratterizzata e che lui aveva sempre ammirato, in lei.
« Come fai a sapere sempre qual è la cosa giusta da fare?
» le chiese di scatto, senza rifletterci troppo sopra, e Purin si
strinse nelle
spalle:
« Non ho detto che dobbiamo combatterli per forza, su
questo sono d’accordo con Retasu nee-san. E te l’ho anche già detto
(*),
preferirei non dovessimo scontrarci in nessuna stupidissima guerra… ma
è anche
nostro compito doverli affrontare, proteggere la Terra come meglio
possiamo. E
cercare di convincerli che questo metodo non è quello giusto. »
Gli rivolse un sorriso, poi balzò giù dal letto e si
stiracchiò poco elegantemente: « Mannaggia, sono davvero esausta. E non
ho per
niente voglia della chiacchierata di domattina al Caffè. Già sento gli
strilli
di Minto. »
« Kisshu non era ancora tornato quando sono passato al
Caffè, » commentò lui lugubre, « Mi devo preoccupare? »
« Credo che la nee-san sia abbastanza crudele da evitare
di proposito di colpire punti vitali per prorogare la sua vendetta, »
Purin
rise un po’ ironica, prima di fare una smorfia, « Non credo andrà molto
bene,
al nii-san… »
Taruto non poté evitare di pensare che un po’ gli stesse
bene, al fratello, visto che predicava sempre molto bene riguardo
l’onestà e
gli affaracci altrui quando poi lui stesso s’infilava in casini molto
più
grossi, ma decise di non dire nulla. Si alzò anche lui e osservò Purin
di
sottecchi, tossicchiando leggero.
« Sei… sicura che non vuoi che rimanga, per… hai sentito
cos’ha detto Akasaka-san, sarebbe meglio non stare da soli e… »
La biondina abbozzò un sorrisetto appena più malizioso
del solito e strusciò il naso contro al suo, causandogli un evidente
rossore
sulle guance: « Apprezzo l’offerta, ma va bene così. Dubito che gli
alieni
sarebbero interessati ad attaccare questa zona, visto che non c’è molto
intorno, e poi… sarebbe un po’ prematuro, non trovi? »
Ci mancò poco perché le orecchie di Taruto cominciassero
ad emettere fumo: « N-n-non il
quel senso! » sberciò
in tachicardia, «
M-m-ma s-so-solo pe-per… »
Purin rise e si tirò in punta di piedi per schioccargli
un bacio: « Non preoccuparti. E poi prima vorrei spiegarlo bene ai miei
fratelli, così smettono di impicciarsi. »
Lui si limitò ad annuire, la gola completamente chiusa,
analizzando che effettivamente l’ultima cosa che potesse essergli utile
in
quell’istante erano quattro maschi adolescenti in atteggiamenti
protettivi
verso la loro sorella maggiore.
Le diede un ultimo bacio, ben conscio che lei potesse
percepire il calore del suo viso, e si teletrasportò al Caffè, invaso
da un
silenzio estremo che sottolineava come non ci fosse nessuno, nemmeno
Pai.
Sospirando, Taruto si avviò verso la cucina: con un po’ di fortuna,
Akasaka non
aveva portato tutti gli avanzi a casa di Ichigo.
Quando effettivamente riapparve, qualche ora dopo, suo
fratello già tra le lenzuola, Kisshu si chiuse la porta della camera da
letto
alle spalle con un pesante tonfo e ringhiò minaccioso: « Non dire
niente,
Taruto. Non una parola. »
Si spogliò e si infilò a letto con rabbia, un braccio a
coprire gli occhi, ignorando il borbottio offeso del minore che si
limitò ad
avvolgersi nel lenzuolo e dargli le spalle.
Non sapeva nemmeno lui come se lo sarebbe aspettato, in
fondo, di dover alla fine vuotare il sacco con i terrestri sul piccolo,
banale,
insignificante dettaglio mancante del loro ritorno sulla Terra. Sì,
aveva
previsto che le ragazze – soprattutto alcune – si sarebbero arrabbiate,
ma a
volte sottostimava la potenza della rabbia che potevano provare.
Soprattutto quella più di suo interesse.
Minto si era letteralmente arroccata a casa di Zakuro non
appena avevano lasciato Ryou e Ichigo; aveva tentato di seguirla, di
bloccarla,
di parlarle, ma la mora aveva rifiutato qualsiasi suo tentativo di
avvicinamento, ignorandolo fino all’automobile della modella, su cui
era salita
senza fiatare, e quasi usando l’amica come scudo. Lui aveva pensato di
precederla a destinazione, ma, vedendo l’occhiataccia che Zakuro stessa
gli
aveva rivolto una volta accomodatasi accanto alla mora, aveva deciso
che non
era decisamente il momento adatto per testare ulteriormente la sua
pazienza.
Aveva così passato le ore successive a vagabondare per la
città per sbollire la propria, di rabbia – detestava con passione
essere
ignorato, per di più sapendo che sarebbe arrivata una litigata epocale,
e non
poteva cancellare quel sottile senso di colpa e di stupidità a non aver
ammesso
certe cose prima, perché poteva essere stupido ma non così tanto – alla
ricerca
di un luogo con un minimo di solitudine.
Non aveva avuto molto successo, visto la maniera in cui
gli si stavano ancora attorcigliando le budella.
C’erano troppe cose che erano andate storte perché
potesse prendere sonno. Chi diavolo erano i tizi che avevano deciso di
replicare la loro avventura di sette anni prima? E com’era possibile
che
nemmeno i loro sistemi si fossero attivati, che chiunque fosse, fosse
riuscito
ad arrivare senza che se ne accorgessero?
Una vecchia ma mai dimenticata sensazione d’ansia gli
risalì dal petto, lì dove la cicatrice gli tirava la pelle. Qualunque
cosa
fosse, non sarebbe potuto andare peggio di com’era andata.
O almeno fu quello che si augurò.
Retasu soffiò piano sulla tazza di tè nero, alla ricerca
della dose giusta di ricarica per svegliarsi. Non ricordava l’ultima
volta che
aveva dormito così male – o così poco – e nonostante si fosse
sciacquata la
faccia tre volte con acqua gelida, non riusciva a scacciare la
pesantezza dalle
sue palpebre.
Sospirò e si mosse in silenzio attorno alla cucina, era davvero
presto e non voleva svegliare i suoi genitori o suo fratello prima del
previsto, anche perché sarebbe stato abbastanza complicato dover
spiegare cosa
stesse succedendo e perché lei avesse quella ruga di preoccupazione
stampata in
fronte. Si riempì una ciotola con un po’ di yogurt e mezza banana e,
reggendo
tutto con estrema cautela, si rintanò di nuovo in camera sua, dove non
avrebbe
dovuto indossare una maschera di tranquillità.
Ci aveva provato, la sera prima, a consolare Ichigo il
più possibile, a smorzare l’impeto combattivo di Minto, ma non appena
era
rimasta sola si era sentita soggiogata dal panico al pensiero che
stesse per
ricominciare tutto.
Aveva odiato combattere la prima volta, aveva odiato ciò
che era successo alla fine, il costo che avevano dovuto pagare per
rendersi
conto di quanto quella guerra fosse futile. Certo, da un punto di vista
potevano dire di aver ottenuto il lieto fine, ma lei non era mai stata
d’accordo con il percorso per arrivarci fin dal principio.
Non avrebbe mai più voluto rivedere quello sguardo in un
paio di occhi ametista; sapere che avrebbero combattuto dalla stessa
parte,
adesso, la rendeva ancora più nervosa, perché se per caso fosse
successo
qualcosa…
Scosse la testa e si costrinse a non lasciare che la
propria mente si avventurasse per quei pensieri, che erano solamente
controproducenti. Si strafogò della sua colazione per i cinque minuti
successivi, guardando distratta fuori dalla finestra la luce che si
faceva
lentamente più intensa.
Cercando di ignorare che, forse ironicamente, era anche
la prima volta che discuteva con Pai e non era molto certa su come
comportarsi.
C’era da dibattere anche se
discutere fosse il
verbo giusto, dato che
dopo la serata a casa Shirogane si era limitata a rifiutare la sua
offerta di
un passaggio a casa e a dirgli che aveva bisogno di un po’ di tempo da
sola (aveva
mentito, non aveva voluto rimanere per conto suo ma non era
completamente a suo
agio con la bugia che i tre alieni avevano mantenuto per tutto quel
tempo).
Sospirò e lanciò un’occhiata al proprio cellulare,
rimasto silenzioso per la maggior parte della serata, ognuna delle
ritrovate
Mew Mew probabilmente persa nei propri pensieri. C’era un messaggio da
parte
dell’alieno, quello che meglio si era applicato, ovvio, ad utilizzare
la
tecnologia umana, semplice come erano sempre stati i precedenti.
Se necessario chiama.
Con il punto alla fine della frase come al solito, che ad
altri avrebbe potuto apparire minaccioso e che invece lei interpretava
come
un’ovvietà, perché era così che si chiudeva un periodo in maniera
corretta.
Perché effettivamente l’unica arrabbiata era lei.
Sapeva che aveva ragione ad essere indispettita,
ovviamente, ciò che gli Ikisatashi avevano confessato solo la sera
prima era
stato davvero troppo grosso, ma non era nella sua indole tenere il muso
o non
essere del tutto a posto con una persona. Ed esserlo con Pai le
provocava
ancora più disagio.
All’improvviso si lasciò scappare uno sbuffo divertito:
si stava preoccupando non per la minaccia interplanetaria che
nuovamente
incombeva su di loro, ma perché non sapeva come comportarsi con il
proprio
ragazzo dopo un dissapore, che razza di priorità le stavano sorgendo?
Terminò in fretta la propria colazione e si rifugiò in
bagno proprio mentre sentiva trillare la sveglia dei suoi genitori.
Avrebbe
dovuto stare attenta, da lì in poi, a non lasciare scoperta la sua
voglia –
perché a lei doveva capitar proprio un punto così sconveniente?! – e fu
silenziosamente grata che almeno con l’arrivo dell’autunno ciò avrebbe
potuto
essere un poco più semplice. Si lavò, pettinò, e vestì in fretta,
rispondendo a
monosillabi più o meno vivaci alle domande di routine di sua mamma e
adducendo
come scusa della sua visibile stanchezza solamente il carico di lavoro
dell’università. Sapeva benissimo di essere pessima a mentire, ma
almeno i suoi
genitori le avevano sempre concesso la cortesia di non impuntarsi
troppo ad
impicciarsi, se vedevano che non era dell’umore giusto.
Solo quando nuovamente la casa fu silenziosa, ogni altro
componente della famiglia Midorikawa andato per la propria giornata,
Retasu si
concesse un sospiro pesante e agguantò il telefono. Era in ogni caso
davvero
presto, non si sarebbero dovuti trovare al Caffè per minimo un altro
paio
d’ore, e lei era ben conscia di non essere come Ichigo o Minto: non era
capace
di tenere il muso, non sarebbe riuscita a concentrarsi se prima non
avesse
risolto i suoi dubbi.
Riuscì appena a sbloccarlo, però, che il cellulare si
mise a ronzarle in mano. Non rispose, ma scese le scale lentamente per
andare
ad aprire la porta.
Ringraziò che il suo vicinato non fosse particolarmente
impiccione, perché l’aria del mattino era parecchio fresca, eppure Pai
stava
sulla soglia con solo una t-shirt leggera e l’aria da cane bastonato.
« Di solito a quest’ora… » iniziò titubante, e la verde
annuì, facendosi da parte per concedergli di entrare.
L’alieno si portò al centro esatto della stanza,
l’addestramento militare ben visibile nella posa rigida della spina
dorsale, e
nuovamente si voltò verso di lei come un imputato davanti al giudice.
« So che vi dobbiamo delle scuse. Ma ciò che più mi preme
è chiedere scusa a te. »
La verde sospirò e si strinse il cardigan di cotone
attorno al torso: « Pensavo avessimo deciso che… se fosse stato
necessario, ci
saremmo detti le cose. »
« Non sapevamo se sarebbe successo davvero. »
Si sorprese di se stessa quando gli rispose con uno
sbuffo seccato: « Non è continuando a ripeterlo che s’aggiusterà tutto,
Pai. »
L’alieno annuì e fece un passo avanti per prenderle le
mani: « Lo so. Però ritieni sarebbe stato utile informarvi di una
possibilità
che, per quanto ne sapevamo, poteva rivelarsi assai remota? Pensi che
sareste
riuscite a vivere in totale incertezza? Non avremmo saputo in ogni caso
se e
quando sarebbero arrivati, nessuno dei nostri sistemi è riuscito a
intercettarli prima del loro sbarco sulla Terra. »
Retasu si corrucciò, non apprezzando il momento di
razionalità che avvertì provenire da quel discorso: « Non è comunque…
ci
saremmo preparate, avremmo potuto… che ne so, allenarci, riprendere
coscienza
dei nostri poteri, non… »
« I vostri poteri si sono riattivati solo con il ritorno
di Taruto, ricordi? » Pai cercò di incrociare il suo sguardo,
abbassando di un
tono la voce, « Tre mesi fa. Vi abbiamo dato un anno e mezzo di
tranquillità,
invece. »
Lei si morse il labbro e scostò le mani, agitandole
davanti al volto: « D’accordo, ma… non è comunque un buon motivo per
mentirmi
per tutto questo tempo! »
Il ragazzo si avvicinò di nuovo e questa volta le
accarezzò le guance con i pollici: « Lo so, Retasu. Non c’è nulla che
possa
cancellare questo fatto, ma vorrei provaste a capire il perché. »
La verde sospirò di nuovo, detestando il fatto che le
iridi ametista le sembravano più sincere che mai: « Di chi è stata
l’idea? »
borbottò.
Pai si meravigliò, ancora una volta, dei dettagli che lei
non mancava mai: « Mia. Me ne assumo tutta la responsabilità, come
comandante
di questa missione. Kisshu, e Taruto soprattutto, avrebbero voluto
rivelare
almeno in parte delle cose, ma non gliel’ho permesso. »
Lei avvertì un moto di disagio al rigore militare cui lui
stesso si sottoponeva e al fatto che il suo discorso le pareva ogni
secondo più
sensato. Una parte di loro aveva sempre saputo che il loro ruolo di Mew
Mew non
avrebbe mai potuto essere un evento unico, ma era anche cosciente che
non
sarebbe riuscita a vivere una vita normale con il minimo sentore di una
minaccia incombente. Forse non si sarebbe nemmeno mai lasciata andare
come
aveva fatto, non le sarebbe parso genuino ma solo forzato dall’angoscia
di
perdere del tempo, dal vecchio ricordo di un
e se? che
non avrebbe
voluto ripetere.
« Perdonami, Retasu, » insistette lui sottovoce,
poggiando la fronte contro la sua, « Il nostro intento non era
malevolo. »
In risposta, Retasu si tirò in punta di piedi e gli
strinse le braccia al collo, cercando consolazione nel suo abbraccio.
« Non mentirmi più, » gli sussurrò con una punta di
convinzione aggiuntiva, e avvertì le mani dell’alieno stringerla più
forte.
I colori delle pareti del locale sembravano spenti, con
l’atmosfera che vi regnava. Quasi tutte le imposte erano serrate, e un
cartello
con su scritto
Chiuso per riparazioni campeggiava
davanti al vialetto
d’ingresso.
« Ho detto alle altre ragazze che era scoppiata una
tubatura in bagno, » spiegò Keiichiro quando Pai e Retasu fecero il
loro
ingresso, « E che quindi saremo rimasti chiusi per qualche giorno. »
Purin, Taruto, Ichigo e Ryou erano già seduti ad un
tavolo nel centro della stanza, l’unico senza sedie rovesciate sopra;
una delle
poche lampade accese illuminava l’area e si rifletteva tenue sulle
tazze di tè
che fumavano lente. Bastò un’occhiata alla rossa, che ogni tre secondi
controllava Kimberly nel passeggino, perché Retasu capisse che
probabilmente
aveva dormito meno di tutte.
« Kisshu nii-san è ancora al piano di sopra, » spiegò
Purin sottovoce, sforzandosi di fare un sorriso di benvenuto, « Minto
nee-san e
Zakuro nee-san stanno arrivando. »
« Preparate i tappi per le orecchie, » commentò lugubre
Taruto, ricevendo da sotto il tavolo un calcio nello stinco da parte
della
biondina.
Keiichiro si prodigò a rifornirli di altro tè, caffè, e
dolci da colazione nell’attesa, passata in un silenzio interrotto solo
dai
rumori di cucchiaini e forchette. Dopo cinque minuti, il rumore di
tacchi sul
selciato annunciò l’arrivo delle ultime due Mew Mew mancanti, e dovette
essere
percepito da Kisshu stesso, che scese le scale nello stesso momento a
passi
pesanti.
Fu come se una nuvola ancora più grigia fosse scesa sul
Caffè: né Zakuro né Minto dissero una parola, la seconda ignorando
totalmente
l’alieno dai capelli verdi anche quando questo prese posto a tre sedie
da lei
fissandola con tanta determinazione da pensare che avrebbe preso fuoco.
« Bene, » Keiichiro si schiarì la gola, « Preferirei che
le circostanze fossero differenti, ma abbiamo un po’ di cose di cui
parlare. »
« Dillo ai nostri amici, » sibilò Zakuro, lanciando
un’occhiata rovente a Pai, che rimase immobile e rigido sulla sua sedia.
Shirogane tossì e si arruffò i capelli, sporgendosi un
po’ in avanti: « Abbiamo ottenuto i filmati mostrati al telegiornale e
raccolto
altri video presi da altre angolazioni. Per il poco che sappiamo,
confermiamo
che i nostri nuovi ospiti non provengono da qui. E che l’arma di uno di
loro pare
funzionare ad aria compressa. Mi sembra chiaro che… » prese un gran
respiro e
guardò Ichigo con la coda dell’occhio, « La squadra Mew Mew deve
tornare in
azione. »
«
Yeee… » Purin si lasciò andare in una flebile
esclamazione di allegria che però si spense subito al mancato
coinvolgimento
delle amiche, così Pai prese la parola:
« Credo sia ormai evidente a tutti che il nostro ritorno
qui è anche stato dettato dalla volontà di aiutarvi, ma vorrei
reiterare il
fatto che siamo completamente dalla vostra parte e che, se necessario,
combatteremo insieme a voi. »
« Ma che gentili, » sussurrò velenosa Minto, spezzettando
un biscotto in una polverina, «
Se necessario, mi
parevano decisamente
intenzionati. »
Il viola espirò più deciso e continuò: « Non sappiamo molto
della tecnologia e dei poteri dei Geoti, ma riteniamo sia possibile
supporre
che non debbano essere molto diversi dai nostri. Il fatto che usino
armi, però,
ci fa credere possano non condividere – almeno non tutti – le capacità
che noi
abbiamo di manipolare la terra, o l’elettricità. Vista la facilità con
cui sono
scomparsi, parrebbero utilizzare anche loro il teletrasporto. »
« Quindi cosa ne pensate? Sono più o meno forti di voi? »
Ichigo parlò solo in quel momento, con voce roca e stanca.
I tre Ikisatashi si scambiarono un’occhiata veloce, e fu
sempre il maggiore a rispondere: « Purtroppo non posso rispondere
finché non li
avremo incontrati dal vivo. »
« Grandioso, » Minto fece schioccare la lingua, « Quindi,
fatemi ricapitolare. Il vero motivo per cui siete venuti qui è perché
volevate
difenderci dall’ennesima invasione dei vostri quasi-compatrioti. E
dunque, a
rigor di logica, dopo la felice riuscita del vostro piano
confidenziale, ve ne
ritornerete da dove siete venuti, non avendo davvero più niente da
fare. Sempre
che non ci sia qualche altro segretuccio in giro. »
All’affermazione acidamente sarcastica della mora, che si
poggiò contro lo schienale della sedia a braccia incrociate, sul Caffè
scese il
gelo. Zakuro e Ichigo si scambiarono un’occhiata di nascosto, notando
con
chiarezza come Retasu impallidisse e Purin si corrucciasse.
« Non è una cosa che abbiamo mai detto, » scandì
lentamente Pai, e la mora fu l’unica che lo schernì irritata:
« Mi sembra appunto quello il problema. »
Si alzò con un potente stridio della sedia contro al
pavimento e afferrò cappotto e borsa senza aggiungere altro, voltando i
tacchi
e marciando verso la porta sul retro; Kisshu reagì con tre secondi di
ritardo,
scattando dalla sedia rischiando di rovesciarla e quasi correndole
dietro.
« Tortorella, aspetta. »
Lei non si degnò nemmeno di dargli un minimo
d’attenzione, anche se l’eco dei suoi passi si fece più pesante.
« Hai finito di ignorarmi!? »
Per tutta risposta, la mora aprì la porta con più forza
del solito e se la lanciò alle spalle probabilmente in un tentativo di
sbattergliela sul naso.
« Minto. Non ho mai inseguito una femmina in vita mia e
non ho intenzione di iniziare adesso. »
L’occhiata di spregio e scetticismo che gli lanciò da
sopra la spalla lo costrinse ad alzare gli occhi al cielo e sospirare,
prima di
decidere che fosse giunta l’ora di usare metodi un po’ più
approssimativi. Le
si teletrasportò davanti, bloccandola, e, prima che lei potesse
formulare
l’insulto che le si stava formando sulle labbra, l’afferrò per le
spalle e
spostò entrambi nella camera da letto che condivideva con il fratello.
« Ora mi ascolti. »
« Che razza di modi sono questi?! »
« Quelli a cui mi costringi facendo la testarda cocciuta!
»
« Non ti azzardare, » gli sibilò stringendo gli occhi, «
Ho tutto il diritto di non volerti ascoltare visto che tanto mi hai
sempre
riempita di frottole! »
«
Questa è una stronzata e lo sai benissimo, »
replicò gelido lui, « Solo perché ho dovuto omettere una cosa, non vuol
dire
che… »
« Oh, no, no, » Minto gli si avvicinò, puntandogli il
dito contro, « La sera in cui sono spuntati i marchi, te lo ricordi
cosa ti ho
chiesto? Ti ho chiesto di
giurare che non ne sapevi
niente, e tu mi hai
raccontato una palla! »
Il verde si limitò a fare una smorfia: « In realtà non ho
mentito. Non ho detto di non saperne niente, ho detto che non ti avrei
mai
messa in pericolo volontariamente. Il che è la verità. »
Ci furono un paio di secondi di silenzio prima che la
mora scoppiasse in una risata isterica e si allontanasse, le mani che
prudevano
dalla voglia di prenderlo a ceffoni: « Mi stai prendendo in giro!? »
« Tortorella, andiamo, se mi lasciassi spiegare… »
« Non c’è niente da spiegare! » strillò lei, sbattendo un
piede a terra, per una volta incurante degli amici al piano inferiore,
« Non mi
hai
omesso che… che ti fa schifo la danza o che
hai avuto sette
fidanzate prima di tornare qui, ma una cosa ben più importante, Kisshu!
E non
riesci nemmeno a prenderla sul serio ora! »
Tra sé e sé l’alieno pensò che entrambe le proposte gli
sarebbero parse altrettanto gravi, visto il caratterino della mora, ma
si
costrinse a non dire una parola.
« Tu mi dici che… che sei… e poi mi tieni segreto
questo!
»
« Stai dicendo che non ti fidi, è questo che vuoi dire? »
« Congratulazioni, non pensavo fosse un pensiero così
complesso. »
Kisshu inspirò a fondo per riuscire a calmarsi: «
Tortorella, per quanto stia sul cazzo pure a me, a volte nella vita
devi
rispettare degli ordini. E non è stata una mia idea quella di non dirvi
niente.
»
Minto si corrucciò, una vampa di curiosità negli occhi, e
si strinse le braccia al petto: « Che vuoi dire? »
« Era un ordine di Pai, che è ancora un mio stracazzo di
superiore, ma l’ordine veniva da ancora più in alto. Cosa pensi, che
dopo tutto
il casino che abbiamo combinato sia stato così facile convincerli a
rimandarci
qui? » il verde sbuffò e si passò una mano tra i capelli, « Il Comando
Generale
ci ha lasciato andare solo dopo molte e ripetute assicurazioni che non
avremmo
richiesto nessun tipo di aiuto. Ci siamo solo noi a pararvi il culo. È
una
missione così segreta che neanche esiste. »
Lei computò la frase per qualche istante, poi abbassò la
voce: « E credi che questa cosa mi faccia sentire meglio? »
« Che abbiamo rischiato che l’intero governo del nostro
pianeta ci mandasse a quel paese per venirvi ad aiutare? Magari un
pochetto. »
Ci volle qualche secondo, poi Minto sbuffò sarcastica con
una punta di veleno: « Non sei certo tornato per me. »
Kisshu ringhiò sottovoce: « Questo cosa cazzo c’entra
ora? »
La mora non rispose, facendo solo spallucce mentre gli
occhi le si inumidivano e lei scostava lo sguardo. L’alieno si premette
una
mano sulla faccia, espirando lentamente. Era perfettamente cosciente di
essere
testardo, ma quando Minto ci si metteva era come un fiume in piena.
« D’accordo, tortorella, è vero. Ma non vedo come abbia
importanza dopo quasi un anno, » approfittò del suo rimanere muta per
avvicinarsi e posarle le mani sulla vita, « Soprattutto dopo tutto
quello che
ti ho detto e che ti ho raccontato della vita su Duuar. »
Lei persistette a tenere il viso aggrottato in una
smorfia di rabbia: « Hai dimenticato la cosa più importante. »
« Non credo, » Kisshu scosse la testa e la strinse un po’
più forte quando la percepì cercare di allontanarsi, « La cosa più
importante è
che ho intenzione di proteggerti, a qualunque costo. »
Minto s’irrigidì sotto i suoi palmi e fece uno strano
verso dal naso: « Non ci provare, Ikisatashi, » borbottò contrariata,
ma non
oppose troppa resistenza quando lui la spinse contro di sé e le poggiò
il mento
sulla testa.
Al piano di sotto, gli altri stavano facendo del loro
meglio per ignorare i tonfi e le voci attutite del litigio.
« Secondo me non ne usciamo in fretta. »
Purin si allungò per riempirsi di nuovo il piattino,
lanciando uno sguardo verso al soffitto, e Ryou si massaggiò le tempie
con
forza.
« It
just gets better and better… »
Zakuro gli allungò una tazza di caffè nero, poi guardò
lei stessa all’insù non appena le voci si attutirono.
« Vado a chiamarli, » decise poco dopo, alzandosi e
incamminandosi convinta verso le scale; non dovette fare molti passi,
però,
perché nello stesso istante Kisshu e Minto riapparvero nella stanza,
lei sempre
con un cipiglio deciso ma meno pronunciato di prima.
« Se avete finito il vostro teatrino, avremmo altre cose
di cui discutere… »
« Oh, sta’ zitto, Shirogane, ce ne sarebbe anche per te.
»
Non appena si furono tutti riaccomodati, il biondo
sospirò e fece un cenno verso Keiichiro, che sollevò una cassetta di
metallo da
cui penzolava un lucchetto aperto.
« Ikisatashi-san ha ragione nel dire che dovremo cercare
di evitare un combattimento. Ma in ogni caso, lo dovete fare nel modo
più
sicuro, » aprì la scatola, rivelando i cinque fermagli da Mew Mew, «
Questi
appartengono a voi. »
« Non mi era mancato, » sbuffò ironica Ichigo,
allungandosi per afferrarne uno e al tempo stesso passandoci un dito
sopra con
una punta di malinconia.
Keiichiro le sorrise, poi si frugò in tasca: « C’è anche
qualcos’altro, Ichigo-chan… »
Un lampo rosato, uno squittio fortissimo, e poi qualcosa
di morbido e peloso che le si schiantò contro la guancia:
« Ichigo,
Ichigo, pii! »
« Masha! » la rossa agguantò il robottino e continuò a
frizionarselo contro il viso, « Tu sì che mi sei mancato davvero! »
« Mancato, mancato,
pii! »
Volteggiandole un paio di volte sopra la testa, Masha
prese poi a frullare da ciascuna delle ragazze, ricevendo coccole in
debito da
parecchio tempo.
« Gli abbiamo aggiornato il software e potenziato
l’hardware, » commentò intenerito Keiichiro, guardando Purin
strusciarsi il
robot contro al naso, « Ora dovrebbe essere in grado di trasmettere
immagini
molto più chiare e in presa diretta, oltre che a registrarle in una
memoria
espansa. Non sappiamo se i Geoti siano in grado di creare chimeri, ma
può
ancora catturarli, se necessario. »
Taruto guardò confuso il pupazzetto rosa, che lo ignorò
per andare ad appollaiarsi sulla spalla di Ichigo: « Una volta
impazziva quando
eravamo nei paraggi. »
« Ovviamente l’abbiamo resettato per evitare che allerti
della vostra presenza, Taruto-san, » spiegò con un sorriso il moro, « O
sarebbe
stato controproducente. »
« Amici, pii! »
« Mi sta già più simpatico, l’aggeggio. »
Ichigo lanciò un’occhiataccia a Kisshu quando si sporse
per tirargli un po’ la codina, poi sospirò e si scambiò uno sguardo con
le
amiche: « Che ne dite… facciamo una prova? »
« Sìììì! » Purin scattò su dalla sedia con energia,
brandendo in mano il suo ciondolo, « La squadra torna in azione! »
« Teoricamente quella sarebbe la mia battuta. »
« Allora forza,
capo! »
Ryou sospirò e guardò velocemente Ichigo, che cercò di
sorridergli incoraggiante prima di alzarsi e raggiungere la biondina in
mezzo
alla sala. Retasu si unì con un timido sorriso, e infine Zakuro quasi
trascinò
Minto con sé.
L’americano le guardò un altro istante, ricordandosi la
prima volta che si erano trovate tutte e cinque dentro al locale, e
fece
schioccare la lingua con fare ironico: « Squadra Mew Mew… bentornate. »
Fu quasi un richiamo istintivo che fece loro stringere i
loro pendagli ed esclamare
Metamorfosi! all'unisono;
cinque lampi di
colori diversi riempirono la stanza, e in pochi secondi le cinque
custodi della
Terra si ripresentarono agli occhi dei loro vecchi nemici.
« Ehilà, » fischiò Kisshu con malizia e un sorrisetto
divertito in volto, « Non me lo ricordavo così divertente questo
spettacolino.
»
Retasu divenne bordeaux mentre tentava invano di tirare
su il bordo superiore del suo costume, decisamente più sfacciato con le
forme
più adulte, mentre Minto gli lanciò uno sguardo d’astio per il commento
inappropriato e Zakuro fece sfrigolare la sua frusta. L’unica che
sembrò
contenta dell’apprezzamento fu Purin, che continuava a girare sul posto
per
controllarsi la codina pelosa:
« Accidenti, mi ero scordata quanto fosse figa! Guarda,
Taru-Taru! Non è meravigliosa? »
« Lo prenderò come un complimento, » commentò Ryou al suo
posto, notando che il più giovane degli Ikisatashi aveva assunto una
strana
espressione vacua e, al tempo stesso, non potendo ignorare il sonoro
crampo
allo stomaco nel rivedere Ichigo interamente in rosa e con gli
attributi felini.
« Potevi ingegnarli a essere un po’ più coprenti, però… »
borbottò la rossa stessa, il cui costume le pareva un po’ troppo
striminzito
attorno al seno.
« Io non mi lamento. »
« Tu vuoi morire, Kisshu. »
« Non avete proprio senso dell’umorismo, voi ragazze. »
« Ho due orecchie da lupo che mi spuntano dalla testa
perché
nuovamente devo combattere un’invasione
aliena, » lo gelò Zakuro
con un’occhiataccia elettrica, « Non ci trovo molto da ridere. »
Il verde si mosse sulla sedia, a disagio con il malumore
della mewlupo: « Siate positive, non è andata così male la prima volta,
vi
siete trovate pure dei fidanzati. »
« Tu sei ancora in prova, » cinguettò gelida Minto,
ricontrollandosi per la terza volte le piume della coda mentre Pai
folgorava il
fratello con lo sguardo e con una scossa al minimo voltaggio necessario
per
fargli rizzare i peli sul braccio.
« Ma por… certo che siete crudeli! »
« Kisshu nii-san ha ragione però, » gongolò Purin,
avvicinandosi a Taruto – che ancora non aveva fiatato – con un sorriso
divertito e facendogli una piroetta davanti, « Allora che ne pensi?! »
« Che sei uno schianto, scimmietta, ecco perché si sta
strozzando con la sua stessa saliva, » s’intromise indomito Kisshu per
l’ennesima volta, facendo voltare il fratello minore con così tanta
furia verso
di sé che lo scricchiolio delle vertebre del suo collo fu molto chiaro.
« D’accordo, ci possiamo riconcentrare? » esclamò
Shirogane, « Ci sono ancora un paio di dettagli da discutere. »
« Primo fra tutti, un piccolo problema tecnico con il
quartier generale, » s’accodò Keiichiro, « Il Caffè era utile a
fornirvi una
copertura quando eravate più giovani, anche verso le vostre famiglie e
i vostri
amici, ma ora che siete adulte la situazione è un po’ cambiata, la
vostra
disponibilità diversa. E la presenza di altre cameriere rende la
questione un
po’ più… complessa. »
« Facile, liberiamocene, » sentenziò Ichigo, che stava
giocherellando con Kimberly per abituarla al fatto che ora sua madre
aveva due
orecchie da gatto in testa e occhi e capelli di colori diversi,
ottenendo un
sonoro schiarirsi di gola da parte di Ryou.
« Vorreste forse che tornassimo e prendessimo il loro
posto? » domandò gelida Zakuro, e il moro scosse la testa:
« Concordo con Ichigo-chan che sarebbe più adeguato…
sollevare Tamiko-san, Kayio-san e Chieko-san dalle loro responsabilità,
così da
non dover trovare giustificazioni sempre più complesse in caso di
necessità
improvvise. Pensavamo di lasciare il Caffè chiuso per il prossimo mese
o giù di
lì, così da poter difendere un poco il dover lasciarle andare, per poi
rimpiazzarle con… il personale giusto. »
Voltò appena il viso, con il solito sorriso elegante,
verso i tre Ikisatashi. Ci volle qualche secondo, poi Kisshu,
nuovamente, parlò
per conto degli altri due: « Che cavolo stai dicendo? »
Shirogane replicò con un sorriso maligno: « Chiamalo
guadagnarsi
l’affitto visto che stai a scrocco da una vita. » (**)
« Senti - ! »
« Credo che sia la strategia giusta, Akasaka-san, »
s’intromise Pai, pur non del tutto convinto, « Dopotutto sarebbe solo
una
copertura. »
« Sì ma il lavoro è reale, » ghignò Purin, sedendosi
pesantemente su Taruto e abbracciandogli il collo, « Ah, saremo doppi
colleghi,
che meraviglia! »
« Non ci si apparta in orario di lavoro, sappilo. »
« Shirogane, ma ti sembra…?! »
Keiichiro rise gentilmente insieme agli altri della
faccia sconvolta del giovane alieno, e annuì: « In questa maniera ci
sarà più
facile gestire qualsiasi emergenza. Ovviamente vi ringraziamo della
disponibilità. »
« Sembra più un ricatto. »
« Kisshu, smettila di lamentarti sempre. »
« Faremo arrivare le vostre divise a breve, » aggiunse
Ryou con una punta di divertita malignità, « E un mese mi sembra più
che
sufficiente per imparare il mestiere. »
« Vi insegnerò tutto io! » trillò Purin, scattando in
piedi ed afferrando Taruto per un braccio, « Anzi, iniziamo subito,
forza! Per
prima cosa, il ripiano dei dolci segreti! »
«
The what? »
« Purin, c’è ancora da - »
« Sono parecchio interessato, » Kisshu si alzò e la seguì
verso la cucina, non mancando prima di lanciare uno sguardo furbo a
Minto, «
Tortorella, sei sicura che non vuoi tornare pure tu? Non mi
dispiacerebbe
rivederti con quell’uniforme tutta pizzi. »
« Cammina. »
« Aspettate, prima voglio fare una cosa! »
« Purin, ti prego, scendi dal corrimano. »
Nel corridoio filtravano sottili raggi di luce opaca che
coloravano il pulviscolo nell’aria di un sottile alone dorato,
intensificando la
sensazione che quel luogo fosse sospeso in un passato indefinito. A
passi
lenti, tentando di fare il minimo rumore possibile sopra alle risate
che
provenivano dal salone, si affrettò verso la stanza principale, avvolta
invece da
quanta più oscurità possibile. La figurina esile sembrava scomparire
tra le
coperte, e lui attese qualche secondo sulla soglia per accertarsi che
non si
fosse riaddormentata.
« Kert mi sembra di buon umore. »
Sorrise dell’ironia e si sedette a bordo del letto,
scostando appena il lenzuolo per sfiorare la fronte sudata: « Come
stai? »
« Vorrei staccarmi la testa dal collo, » gemette, « Oh,
Rui, è tutto così… amplificato qui. »
« Riposati oggi, » la rassicurò, impedendole di
protestare, « Non voglio che ti stanchi, non servirebbe a nulla. »
« Lo so, » si voltò e affondò di più il viso contro al
cuscino, mugolando piano, « Però mi sento inutile. E un peso. »
« Né l’uno né l’altro. »
« Tuo fratello la pensa diversamente. »
« Come se badassi alle sue opinioni, » rise sottovoce e
le baciò la fronte, « Ciò che conta è che tu stia bene. Al resto
penseremo poi.
»
Il sospiro stanco doveva suonare come una risposta
affermativa, ma tradì solamente apprensione.
« Promettimi che starai attento. »
« Quando mai non lo sono stato? »
« Allora promettimi che terrai tuo fratello a bada. »
« Quello è impossibile, » avvertì rumori più decisi dalla
fine del corridoio e fece per alzarsi, « Torno più tardi, se ti serve
qualcosa
avvertimi. »
Gli tenne stretto il polso per baciarlo meglio un altro
paio di secondi, provocandogli uno sfarfallio deciso nel petto. Le
rimboccò le
coperte fin sotto al mento quando si riaccoccolò tra i guanciali, e
camminò con
altrettanta leggerezza di nuovo verso il salotto, adocchiando i suoi
tre
compagni accasciati più o meno ordinatamente sui divani di pregiata
fattura ma
dall’aspetto trasandato.
« Come sta la nostra principessina? »
La nota di acido sarcasmo gli fece scoccare
un’occhiataccia che sapeva non avrebbe sortito molto effetto: « Non
cominciare,
Kert. »
« Mi stavo solo preoccupando, » non c’era neanche un
briciolo di sincerità in quella affermazione, detta con un sorrisetto
maligno,
così decise che fosse meglio ignorarlo del tutto.
« Zaur, qual è lo stato delle planimetrie? »
« Complete al 95 percento. Le fonti energetiche di questo
pianeta sono abbastanza obsolete, ci vuole tempo perché i nostri
macchinari si
ricarichino. »
« Tempo stimato di completamento? »
« Trentacinque minuti. Minuto più, minuto meno. »
In silenzio, Retasu, di nuovo in abiti civili, accompagnò
Pai lungo le scale del laboratorio, cercando di non sorridere troppo
vistosamente. Non poteva non condividere il pensiero di Purin all’idea
di
lavorare ancor più fianco a fianco con l’alieno, di poter passare
ancora più
tempo insieme, anche se era cosciente, vista la ruga sulla fronte di
lui, che
lui non era esattamente della stessa opinione.
« Non è così male, sai, » gli disse divertita, « Se ci
riesco io… »
« Tu sei molto più abituata ad avere a che fare con gli
umani di me, » replicò secco l’alieno, con un evidente tensione nelle
spalle, «
E ad essere gentile. »
Retasu non riuscì a contenere la risatina e gli mise una
mano sul braccio: « Nemmeno Zakuro-san era particolarmente orientata ai
clienti, ma è sopravvissuta. Andrà bene, vedrai. Magari puoi stare alla
cassa e
lasciare che Kisshu e Taruto si occupino degli ordini. »
« Così che mio fratello possa flirtare con tutte le
clienti donne? »
« Solo se Minto-chan non c’è. E poi se fa migliorare il
business… »
Pai la guardò, molto poco divertito dal suo spirito, e
poi sospirò, soffermandosi davanti alla porta del laboratorio: « Dite
ad
Akasaka che non ho intenzione di indossare cose ridicole. »
« La mia uniforme non è ridicola! È solo… »
« Corta ed eccessivamente decorata? »
La ragazza non poté obiettare quell’affermazione, ma notò
con una certa soddisfazione l’accento sul
corta: «
Sono sicura che
Akasaka-san abbia trovato qualcosa di appropriato anche per voi. »
L’alieno sospirò pesantemente, però allungò una mano per
posarla nell’incavo della schiena di lei per tirarla contro di sé: «
Tieni
Purin e la sua palla lontano da me. »
Retasu ridacchiò e si rilassò contro al suo petto,
godendosi quel momento di tenerezza spontanea finché non sobbalzò a
causa di un
frastuono dal piano di sopra, seguito poi dalla risata sguaiata di
Purin e dal
pianto disperato di Kimberly. Se possibile, la nube di malumore
s’intensificò
ancora di più attorno all’alieno, che grugnì esasperato, bramando la
porta
rinforzata del laboratorio che rendeva la stanza molto più silenziosa.
« Guardate che il tubo rotto è solo una copertura, non
dovete sfasciarmi il locale per davvero. »
La voce di Ryou rimbombò dall’inizio delle scale, fin
dove accompagnò Ichigo, che cullava la bimba nel tentativo di calmarla.
« Deve mangiare, » illustrò come se fosse palese a Pai
mentre scendeva i gradini, lanciandogli al contempo un’occhiataccia.
Retasu si allontanò dall’alieno, le cui dita avevano
avuto uno scatto attorno alla sua vita: « In… laboratorio? »
La rossa fece una smorfia disgustata e lo oltrepassò come
se niente fosse: « Io in camera di Kisshu non ci vado, non credo la tua
sia
un’opzione valida. »
L’amica trattenne un’altra risatina, afferrandogli una
mano per trascinarlo verso il percorso inverso a quello compiuto pochi
minuti
prima.
« Vado in stanza, » borbottò Pai, « Ho bisogno di cinque
minuti di solitudine. »
Retasu annuì comprensiva e divertita: « Ti porto un tè,
d’accordo? » bisbigliò, occhieggiando Minto, di nuovo seduta al tavolo,
la cui
profonda ruga sulla fronte era visibile fin da lì, « Credo che anche
Minto-chan
ne abbia bisogno. »
« Non potremmo muovere un po’ di più il culo? » un paio
di occhi dorati saettò annoiato verso l’altro lato della stanza, « Mi
stanno
andando in cancrena le gambe. »
« Sei stato tutta mattina in panciolle sul divano, potevi
allenarti insieme a noi. »
« Da che parte stai, Pharart!? »
« Da nessuna, Kert. »
« I macchinari non hanno ancora terminato. »
« Non sarebbe la prima volta che andiamo all’avventura!
Cosa sarà mai un misero due percento rimanente… quanto siete noiosi. »
« Ricognizione, per ora. Con cautela. Questo è il piano,
» gli occhi color del mare incrociarono i fratelli nell’ennesimo
tentativo di
tenerli a bada, « Abbiamo già avuto abbastanza sorprese durante il
primo
tentativo, preferirei correre meno rischi possibili. »
« Sono dei primitivi, cosa pensi possa succedere? »
« Vuoi rischiare di essere liberato dai tuoi incarichi
fin da subito? »
« Non ti scaldare, fratellino, » lo sbuffo era tutt’altro
che sincero, « Stavo solo suggerendo di sbrigarci. »
L’altro aggrottò appena la fronte per mantenere la calma:
« Il registro è stato aggiornato e i dati pronti a essere trasmessi.
Zaur,
aspettiamo solo la tua conferma per cominciare. Kert, lascio a te la
scelta del
luogo. »
Un viso dai tratti fin troppo simili ai suoi si colorò
con un sorriso beffardo: « Andiamo a fare quattro salti. »
Minto sbuffò sonoramente, sfogliando le pagine della larga
agenda e verificando le informazioni contro quelle registrate nel
cellulare di
lavoro di Zakuro. Non che avesse molta voglia di lavorare, in quel
momento, ma
lo preferiva allo stare con le mani in mano ad aspettare che succedesse
qualcosa. Né aveva particolarmente voglia di mischiarsi agli altri,
che, come
al solito, rumoreggiavano troppo per i suoi gusti; ne capiva il motivo
e il
senso, ma riteneva che mettere Taruto e Purin a lavorare insieme
ufficialmente
fosse una pessima idea.
Almeno non sarebbe toccato a lei dover avere a che fare
con adolescenti in piene tempeste ormonali.
Alzò gli occhi solo per lanciare un’occhiata alla testa
scura che spuntava dalle porte a saloon della cucina, fin troppo
contento per
la situazione in cui vertevano: le dava estremamente fastidio che a lui
sembrasse possibile dimenticare le discussioni –
e che
discussioni – in
cinque nanosecondi e passare alla cosa successiva come se avessero
parlato del
meteo, star lì a ridersela con Purin e strafogarsi di pasticcini come
se non
fosse successo nulla.
Sbuffò un’altra volta, fu distratta dal ronzio del
cellulare personale di Zakuro, su cui a volte la manager dirottava
email o SMS
di lavoro per essere sicura che fossero ricevuti. Lo prese quasi in
maniera
automatica, e la ruga tra le sue sopracciglia si fece più profonda
quando lesse
chi era il mittente. Cercò però di rimanere abbastanza impassibile
quando si
avviò verso l’amica, impegnata con Shirogane in una conversazione di
cui poteva
intuire i toni scontenti, in fondo al corridoio.
« Ti è arrivato un messaggio, » si limitò a esclamare,
porgendole il telefono.
Zakuro stessa non tradì nessuna emozione, come al solito,
ringraziandola sottovoce mentre leggeva il contenuto del testo e
lanciava solo
uno sguardo fugace al biondo, che fu abbastanza per far girare la mora
sui
tacchi per cedere al dirigersi in cucina. Non aveva nemmeno voglia di
stare a
discutere di ciò che quei due avevano sempre tramato nell’ombra, troppo
di
malumore per soffermarsi anche sul rapporto che la modella aveva con
Shirogane
e che – lei lo sapeva – per certi versi era molto più saldo di quello
che aveva
con lei.
« Minto-chan, la vuoi una tortina alla crema? » l’accolse
Purin con la solita allegria (c’era voluto molto a convincerla a
sciogliere la
trasformazione e farla smettere di appendersi per la coda a ogni
improvvisato
sostegno), « Sto illustrando il menù a Taru-Taru e al nii-san così
sanno cosa
aspettarsi. »
« Mi sembravano entrambi molto pronti sulla scelta di
portate, » replicò lei piatta, declinando i trigliceridi extra per un
bicchiere
d’acqua.
« Era necessario un ripassino, » Kisshu si allungò per
afferrare una mini crostata di frutta, ma Minto fu più veloce di lui e
glielo
tolse dalle mani, senza trattenersi dal lanciargli un’occhiataccia:
« C’è della pesca qui, » lo ammonì come si fa con un
bambino, « Gradirei non doverti portare in ospedale, in questo momento.
»
Il verde ghignò e la seguì fuori dalla cucina,
agguantandola nuovamente per la vita per stringersela contro: « Vedi
che mi
vuoi ancora bene. »
La mora sentì un deciso pizzicore sulle guance e si
guardò attorno, divincolandosi contemporaneamente, per controllare di
non
essere troppo in bella vista: « Smettila, » sussurrò irritata, « Non è
il
momento. »
Kisshu allentò la presa ma tenne comunque le dita
incrociate dietro la schiena di lei: « Non è neanche il momento di
tenermi il
broncio. »
Minto fece schioccare la lingua, facendo due passi
all’indietro così che fossero ancora più nascosti dal muro: « Non
credere di
poter essere perdonato tanto facilmente. »
« Per carità, » lui rise, « Però almeno smetti di essere
arrabbiata. »
« Lo decido io quando, » sibilò lei, « E comunque non avete
ancora risposto alla mia prima domanda. »
Ci volle qualche secondo perché Kisshu capisse a cosa si
stesse riferendo, e quando lo fece non riuscì a non sospirare: «
Tortorella, lo
sai benissimo che non mi aspettavo che questo sarebbe successo, »
sottolineò il
questo portandola un po’ più vicina nonostante la
smorfia che la vide
fare, « Forse non posso dire lo stesso dei miei fratelli, ma non è
importante.
D’accordo, il catalizzatore del nostro ritorno sulla Terra è stata la
previsione di un attacco dei Geoti, ma ci stavamo già pensando, e lo
sai.
Quindi perché mai vorremmo tornare indietro? Ora più che mai? »
Lei si strinse nelle spalle, ben poco decisa nel suo
essere stoica: « È casa vostra… »
« Fidati, non è una casa a cui penso con affetto. Non
dopo quello che ci hanno fatto passare. »
Minto fece per rispondere, ma fu interrotta dal pianto
disperato di Kimberly che s’intensificava ad ogni passo pesante di
Ichigo sui
gradini.
« Non riesco a farla addormentare, » esclamò stanca,
rivolta a Ryou che le stava andando incontro, « E non dire che è perché
sente
che sono nervosa. »
Il biondo non fiatò, prese la bimba in braccio e iniziò a
cullarla piano, sussurrandole all’orecchio per calmarla mentre la rossa
cercava
ristoro in cucina. Masha le svolazzò subito contro la guancia,
facendola ridere,
seguito da Zakuro che le mise una mano sulla spalla con tenerezza:
« Tutto okay? »
« Sì, » Ichigo terminò in un sorso un bicchiere pieno
d’acqua e sospirò pesantemente, « È solo tutto… troppo in questo
momento. »
« Sono d’accordo, » commentò piatta la modella, prima di
rivolgerle l’accenno di un sorriso, « L’unica cosa da fare è mantenere
la
calma. »
« Lo so, nee-san, però… » esalò piano e tentò di
scherzare, « Andrà meglio quando Kimberly dormirà un po’ di più. »
Zakuro annuì comprensiva, porgendole l’ultimo dei
pasticcini rimasti. Ichigo fece appena in tempo ad ingollarlo che un
trillo
sommesso s’alzò dal piano inferiore, prima che anche Masha iniziasse a
pigolare
allarmato:
« Attenzione,
attenzione, pii! »
Ichigo sbiancò visibilmente, e anche Purin lasciò cadere
il cucchiaio con un rumore sordo nel lavello, mentre Taruto si
corrucciò: « Che
razza di allarme sarebbe
attenzione? »
Ryou marciò in quel momento nella stanza, seguito dagli
altri due alieni, Minto e Retasu: « Masha deve ancora calibrare
completamente
la traccia dei nostri nuovi ospiti. La cosa perfetta sarebbe riuscire
ottenere
una loro traccia genetica. »
« Meraviglioso. »
« Quindi come… facciamo a sapere esattamente di che si
tratta? »
Fu Keiichiro a rispondere a Purin, affrettandosi per le
scale del laboratorio con in mano un tablet su cui scorrevano
furiosamente
colonne di dati: « Sono loro. Il sistema è riuscito a verificare la
loro
presenza a Shinjuku Gyo-en. »
« È un attacco? »
« Non saprei, » il moro scosse la testa e guardò Ichigo,
quasi dispiaciuto, « Però… »
« Però dobbiamo andare, » lei si scambiò uno sguardo con
le amiche, « Pronte? »
« Per quanto si possa. »
Le ragazze si trasformarono nuovamente, riempendo la
cucina di luce colorata, e Ryou lanciò loro uno sguardo d’ammonimento,
soffermandosi un istante di più su Ichigo: « Mi raccomando. Teniamoci
in
contatto costante attraverso Masha. »
Lei tentò di sorridergli in maniera incoraggiante,
seguendo gli altri verso il salone: « Ci vediamo dopo. »
Lo strappo del teletrasporto, e in un battito di ciglia
avvertirono l’aria fresca di inizio autunno sulla pelle nuda.
« Così è molto più comodo che dover correre ogni volta! »
esclamò MewPurin, cercando di stemperare un po’ la tensione che sentiva
provenire
dalle sue compagne.
« Non sappiamo dove siano, » replicò Pai secco e a voce
bassa, le spalle tese, « Quindi attenzione. L’effetto sorpresa è dalla
nostra
parte. »
MewIchigo si girò a fissarlo per un istante, socchiudendo
gli occhi: « Dobbiamo fare un discorsetto su chi sia il capo, qui. »
Lo sorpassò senza aspettare risposta e aprì la strada
lungo il sentiero del parco, nonostante l’angoscia che sentiva
ribollirle in
petto.
« Ichigo, mi senti? » la voce di Keiichiro le
arrivò più nitida che mai dal robottino che svolazzava frenetico
accanto a lei,
«
Sono a circa duecento metri alla vostra sinistra. »
« D’accordo, » quasi d’istinto, fece apparire la sua
campanella, stringendola saldamente tra le dita e meravigliandosi un
poco di
quanto le apparisse familiare.
I suoi geni del gatto Iriomote fremevano in sottofondo,
un basso ronzio che le riempiva le vene e le tendeva ogni nervo,
spingendola,
chiamandola, e rassicurandola al tempo stesso. Le sembrava di poter
percepire
ogni singolo dettaglio attorno a sé, il rumore dei respiri delle sue
compagne,
i loro DNA che risuonavano con il suo; la calma di quel parco le
sembrava una
nota stonata, la metteva ancora di più sull’attenti.
« Non sembra che stiano attaccando, » mormorò MewZakuro,
a due passi da lei, i tacchi degli stivali che graffiavano il selciato.
« L’ultima volta non hanno attaccato finché non sono
stati provocati, » concordò speranzosa MewRetasu, « Forse non… hanno
intenti
davvero bellicosi. »
I tre Ikisatashi, a guardare le spalle delle ragazze, si
scambiarono un’occhiata dubbiosa, ma Pai intimò ai due fratelli di non
proferire parola.
Svoltarono lungo il sentiero, e i sensi di tutte e cinque
le Mew Mew iniziarono a formicolare contemporaneamente: i quattro
personaggi
che avevano visto nel video erano lì, davanti a loro, in carne e ossa.
Le loro fattezze ricordavano decisamente più quelle degli
Ikisatashi che degli umani, con la pelle pallida, le orecchie a punta,
e i
canini più affilati. Ma le armi che portavano in spalla risultavano
molto più
minacciose di quelle mostrate dai loro vecchi nemici.
Due di loro, notò MewIchigo, si assomigliavano
moltissimo, avrebbe giurato che fossero fratelli, anche se fino da dove
sostava
poteva notare il netto contrasto tra un paio di iridi blu come l’oceano
e un
altro di un vibrante oro. Gli altri due, invece, non avrebbero potuto
essere
più dissimili, uno dai chiarissimi capelli biondo scuro che scendevano
fino a
coprirgli gli occhi verdi, e l’altro con occhi e capigliatura così
scuri da
sembrare più neri del nero stesso.
« Cosa stanno facendo? » domandò sottovoce MewPurin, e
MewIchigo scosse la testa: armi a parte non sembravano minacciosi,
stavano
confabulando, quello biondo si era piegato per toccare il terreno,
forse Retasu
non aveva tutti i torti, e…
Senza pensare oltre, prese un respiro profondo e fece
qualche passo in avanti, esclamando ad alta voce: « E-ehi voi! Non so
che
intenzioni avete, ma la Terra non è vostra da prendere! »
«
Ehi voi, gattina,
ma fai sul
serio!? »
Lei ignorò il mormorio irritato di Kisshu e si concentrò
sul risultare il più sicura possibile mentre squadrava con intensità i
quattro.
Essi si girarono con estrema lentezza verso di loro, osservandole con
sguardi
carichi di curiosità, finché quello biondo – MewMinto notò che aveva
arco e
frecce legati dietro la schiena – si tirò in piedi e alzò un
sopracciglio:
« E voi chi sareste? »
Fu in realtà un rantolo a metà tra l’eccitato e il
preoccupato a rispondergli, proveniente da un gruppo di ragazzine che
stavano
attraversando il parco: « Ma quelle… sono le Mew Mew! »
« Sono tornate! »
« Ma quindi…?! »
MewIchigo poté percepire distintamente il sibilo della
parolaccia scandita da Ryou attraverso gli altoparlanti di Masha quando
il
vociare delle studentesse si propagò confuso anche agli altri presenti
nel
parco che fino a quel momento non si erano accorti di nulla, e quando
tutti i
cellulari cominciarono a venire rivolti verso di loro.
« Le che? »
I quattro alieni si scambiarono delle occhiate perplesse,
prima che quello dagli occhi dorati – con una zazzera di capelli
grigio-azzurri
rasati solo da un lato e la corporatura più robusta di tutti – si
lanciasse in
una risata roca e sguaiata: « Che razza di posto è questo? Prima quei
buffi
tizi con i copricapi blu, adesso delle… femmine svestite che cercano di
fare la
voce grossa? »
« Noi siamo le protettrici della Terra, » insistette
MewIchigo, i peli della coda che le si rizzarono d’istinto, « E siamo
qui per
rimandarvi indietro! »
« Rui, mi hanno già annoiato. »
L’alieno dagli occhi blu, che evidentemente rispondeva a
quel nome, posò una mano sul braccio dell’altro come a dirgli di
fermarsi,
mentre scrutava con sorpresa gli altri tre alieni dietro allo strambo
gruppetto:
« Mi chiedo piuttosto cosa ci facciano dei Duuariani qui.
»
Pai si fece avanti, il ventaglio al fianco ma ben stretto
tra le dita: « Duuar è alleato della Terra, ora. L’umanità si è
moltiplicata su
questo pianeta, appartiene a loro. »
« Idiozie, » sputò l’alieno più grosso, « Il Pianeta
Azzurro è della nostra gente di diritto. »
Rui fece un passo avanti, continuando a scrutare i suoi
simili: « Abbiamo ricevuto solo sprazzi di comunicazioni da voi. Ci era
parso
di capire che avevate intentato voi stessi la riconquista della nostra
patria
primigenia. »
« La storia è un po’ lunga, » ghignò Kisshu, avanzando
anche lui, così da porsi leggermente davanti a MewMinto e MewPurin, «
Se avete
voglia di fare due chiacchiere pacifiche… »
« Non siamo qui per negoziare, » ringhiò riottoso quello
grosso, « Soprattutto non con degli evidenti traditori del proprio
popolo. »
« Non abbiamo tradito un bel niente, » s’intromise di
slancio Taruto, « Duuar e la Terra sono sorelle, e il nostro pianeta - »
« Mi state annoiando, » lo gelò l’altro alieno,
voltandosi svogliato verso Rui, « Duaar non c’entra niente, se fosse
vero il
loro interesse di difendere la Terra avrebbero mandato più di questi
tre. »
Rui si scambiò un’occhiata veloce con gli altri due
componenti del gruppo, quello dagli occhi neri che annuì
impercettibilmente.
« Io sono il colonnello Ikisatashi Pai, » parlò direttamente
a Rui, che aveva dedotto essere a comando dalla maniera in cui
sembravano
sempre rivolgersi a lui, « E sono a capo di questa spedizione - »
« Spedizione! » sbuffò scocciato l’alieno dagli occhi
dorati, con un evidente ghigno derisorio, « Siete solo tre possibili
disertori.
»
« Voi siete solo quattro, » commentò Kisshu con
altrettanto astio, i sai che brillarono tra le dita, « Scommettiamo che
vi
facciamo il culo anche così? »
« Non sai con chi hai a che fare. »
« Vuoi vedere? »
Nuovamente, Rui gesticolò al suo compagno di stare fermo:
« Per quale motivo Duuar avrebbe dovuto allearsi con la Terra? Il
nostro intero
popolo ha sempre voluto ritornare a casa. Ciò che dite non ha senso. »
« Certo che non ce l’ha, » rincarò l’altro, sempre più
sferzante, studiando il gruppetto di umane e Duuariani con crescente
curiosità,
« Te lo dico io cos’è successo, delle belle paia di gambe e dei bei
faccini
hanno convinto a disertare. Non sarebbe certo la prima volta. Dico
bene? »
Il viso di Pai non tradì nessuna emozione, anche se non
poté evitare di spostarsi pochi millimetri di più davanti a MewRetasu:
« La
nostra prima spedizione sulla Terra ci ha portati alla scoperta di una
sostanza
che ha radicalmente cambiato la situazione su Duuar, causando la
rinascita del
pianeta stesso. »
Stavolta fu l’alieno biondo a farsi avanti, con gli occhi
verdi spalancati di curiosità: « Che stai dicendo? »
« Oh, ma li state ascoltando davvero? » sbuffò quello
grosso, « Non siamo qui per farci raccontare favolette! Siamo qui per
un motivo
ben preciso! »
Gli eventi si susseguirono molto in fretta: una delle
ragazzine che ancora stava registrando la scena fu la prima a gridare
quando
vide l’alieno imbracciare la lunga arma argentata; nello stesso
istante, Pai gridò
loro di allontanarsi e ingigantì il suo ventaglio così da parare la
grossa
bolla d’aria che venne sparata verso il loro gruppo.
Contemporaneamente, Kisshu
e Taruto agguantarono le Mew Mew e balzarono all’indietro per
allontanarsi il
più possibile, ma nonostante la protezione di Pai l’onda d’urto li
investì lo
stesso, sbattendoli con violenza contro i tronchi.
«
State bene!? »
« Ufff… micetta, pensavo avessi partorito da un bel po’.
»
MewIchigo si rialzò con il viso in fiamme e delle foglie
tra i capelli, lanciando a Kisshu un’occhiata omicida mentre rispondeva
a
Shirogane attraverso Masha: « Sì… direi che siamo interi. »
« Che fine hanno fatto? » domandò MewPurin, stordita,
guardandosi attorno, e grattandosi un orecchio, che fischiava per il
rimbombo
di quell’attacco. Il colpo d’aria non era stato abbastanza potente da
divellere
gli alberi, ma era riuscito comunque a sradicare qualche siepe e a
dispergere
ovunque pezzi di selciato.
« Sono spariti non appena quel tizio ha sparato, » commentò
truce Shirogane, «
Masha ha registrato tutto, possiamo
esaminare le immagini
non appena tornate qui. »
Kisshu tirò in piedi MewMinto e guardò di sfuggita gli
umani lì attorno, che MewRetasu aveva raggiunto per assicurarsi che
stessero
bene, visto che i sassolini del percorso, spinti a tutta velocità,
avevano
agito da schegge impazzite.
« Ci conviene filare, » commentò, « Mi sa che abbiamo
attirato un po’ troppo l’attenzione. »
« Forse se non avessi provocato quello scimmione…! » si
lamentò la mora, scrutandosi il braccio che si era graffiato contro la
corteccia ruvida.
« Kisshu ha ragione, » tagliò corto MewZakuro, tendendo
le orecchie verso il rumore di sirene all’orizzonte, « Meglio
andarsene. »
« Questa me la segno. »
« Kisshu, per favore,
taci. »
« Kert! Quante volte te lo devo dire,
non sparare
senza un mio ordine! »
L’alieno dagli occhi dorati sbuffò sonoramente e si gettò
con poca grazia sul divano consunto: « Quelle pulci fastidiose mi
avevano
scocciato… avevamo già cianciato abbastanza! »
« Non mi interessa, tu devi aspettare le mie direttive! »
« Non se le tue direttive prendono troppo tempo. »
Quasi volando a raggiungerlo, Rui lo afferrò per il
colletto della maglietta, strattonandolo verso l’alto: « Kert… solo
perché sei
mio fratello… » ansimò d’ira, « Vedi di non oltrepassare il limite. »
Prima che la situazione degenerasse, visto il sorrisetto
ironico sul viso dell’alieno di nome Kert, il biondo prese per le
spalle Rui,
convincendolo a mollare la presa: « Lascialo perdere, non vedi che è
tutto
agitato perché finalmente l’hanno mandato in una missione importante? E
poi lo
sai che ancora lo turba dover sottostare agli ordini del suo
fratellino. »
« Grazie mille, Pharart, » gracchiò Kert roco.
Rui prese un respiro profondo e squadrò tutti e tre i
compagni: « Non stiamo combattendo i nostri fratelli, e l’ultima cosa
che può
esserci utile è avere Duuar contro di noi. Dobbiamo agire con cautela. »
Il compagno dagli occhi neri annuì e commentò atono: « E
dobbiamo ottenere delle informazioni su queste… Mew Mew. »
« Almeno sono un bel panorama. »
Il comandante ignorò il commento del fratello e si passò
una mano tra la frangia azzurra: « È necessario informare il Consiglio
di
questi sviluppi inaspettati. Fino a una loro risposta, non voglio
sentire un
fiato. »
Lanciò un’ultima occhiata d’avviso a Kert, e si avviò
lungo il corridoio buio.
(*) Ad
esempio, episodio 51, quando
Taruto è già… beh, glissiamo xD
(**) Grazie
Re-Turn! che mi ha
dato ispirazione