6° Capitolo
Il preside del Mahora passeggiava nel suo studio con una certa ansia, andando
avanti e indietro.
Lui stava dietro la scrivania, ed Evangeline, comodamente seduta con tanto di
gamba sopra il bracciolo della poltrona, lo osservava divertita.
Chachamaru e Takamichi stavano in disparte, vicino alla porta.
“Dunque, Evangeline: ti credevamo morta insieme alla tua partner, e invece
eccovi qui, avevo registrato una nuova studentessa e invece eri tu. Sei riuscita
a raggiungere l’Islanda quando invece, in teoria, non potresti muoverti dal
Mahora. Ed ora mi racconti che hai salvato il mondo magico. Ah, hai pure
ritrovato il professor Negi”.
“Esatto, vecchio, hai riassunto bene. Vuoi un bacetto sulla guancia come
premio?”, rispose la vampira.
“No, vorrei che mi spiegassi come diavolo è successo tutto questo!”
Evangeline si sfregò le mani. “E vai! Finalmente posso dimostrare quanto sono
stata geniale! Allora, mesi fa, percepii la presenza di Arxelles, e conoscendo
il suo modo di operare, decisi di creare una mia perfetta copia magica che
fingesse di essere sua alleata e al momento opportuno lo ingannasse. Costruii
anche una nuova versione, senz’anima, di Chachamaru, per rendere la messinscena
più realistica”.
“Accidenti”, commentò Konoemon, “non pensavo tenessi così tanto al Mahora”.
“Non me ne frega nulla di questo posto”, ribatté lei, “ma io conoscevo
Arxelles, un megalomane che ha sempre bramato conquistare il mondo. Se qualcuno
minaccia questo globo di terra e acqua, non posso non restare coinvolta”.
“Ok. Però avresti potuto avvertire qualcuno”.
“E rinunciare così alla mia gloria? Una simile impresa, per giunta condotta
da sola, può solo fare bene alla mia fama”.
“Veramente, padrona”, intervenne Chachamaru, “pensavo che l’avesse fatto
perché lei non sapeva chi era stato posseduto da Arxelles, e voleva evitare di
uccidere qualcuno, poiché quel nemico altrimenti non poteva abbandonare un corpo
se non lo voleva”.
Davanti al volto leggermente arrossito di Konoemon, Evangeline divenne rossa
come un pomodoro, e si avventò sulla sua serva. “Ma io ti smonto la bocca,
maledetta pettegola!”
Il tossire di Konoemon e Takamichi la fece riconcentrare sul racconto e tornò
a sedersi.
“Ehm… allora, dopo aver creato quelle copie, utilizzai un antico incantesimo
di mimetizzazione, e creai l’identità di Shinobu Maehara. Quest’ultima non era
frutto di una mia recitazione, era a tutti gli effetti una nuova personalità,
inconsapevole della sua vera natura, ed io sorvegliavo restando nel suo
subconscio. Invece Chachamaru rimase nascosta, e Chachazero con lei. Arxelles
venne a cercare il mio aiuto, senza sapere che il mio pensiero aveva subìto”, la
vampira girò la testa dall’altra parte, “diciamo, un’evoluzione rispetto al
passato e così la falsa Evangeline si alleò con lui.
La mia trappola prevedeva, sotto le sembianze del misterioso mostro nero, di
spingere Arxelles a lasciare Haruna Saotome per entrare nella seconda Evangeline”.
“Però”, obbiettò Takamichi, “è stato rischioso. E se nel frattempo qualcuno
fosse rimasto ucciso?”
Evangeline liquidò quell’obbiezione con un gesto scocciato della mano. “Nah,
Arxelles vive di emozioni negative, rabbia, odio, e le persone gli sono utili
come fonte di energia, non come cadaveri. Comunque Chachamaru e Chachazero
vegliavano nell’ombra, e anch’io, come Shinobu, ero sempre pronta ad
intervenire”.
La vampira iniziò poi a ridere. “Ah, dovevate vederla la faccia di Arxelles,
quando è entrato in un corpo che era solo un guscio vuoto e che io ho ucciso
senza problemi, imprigionando così il bastardo nella sua collana. In quel
momento mi sono sentita orgogliosa come non mai. Sono un genio!”
Chachamaru applaudì, il preside e Takamichi no.
“Bah, voi due non capite nulla! Comunque”, riprese lei, “a quel punto il mio
piano avrebbe dovuto concludersi. Però, come voi, anch’io trovai sospetta quella
misteriosa torre, e immaginai che la faccenda fosse più grossa di quanto
sembrava. Quindi ho continuato la mia recita. Purtroppo non potei seguire quelle
mocciose in Islanda. Per ingannare l’incantesimo di Nagi, sono dovuta ricorrere
a un collarino magico che mi permetteva di allontanarmi dal Mahora, ma solo di
un chilometro e per circa due ore”.
“Per questo”, la interruppe Konoemon, “Negi e Asuna hanno potuto incontrare
Shinobu fuori dal Mahora”.
“Esatto. Ma dopo essermi trasformata nel mostro, il collare si era rotto, e
l’incantesimo non mi avrebbe mai permesso di andarmene. Però ero sicura che non
sarebbe successo nulla d’irreparabile se le lasciavo andare su quell’isola, e
così è stato. Immaginando che il nemico misterioso avrebbe tentato di
riprendersi la torre AM e di catturare tua nipote, ho preparato una trappola, ho
fatto in modo che Chachamaru cambiasse identità, fornita di curriculum e dati
anagrafici falsi, e quando quelle copie sono arrivate dall’Islanda, era tutto
pronto. Nonostante l’incantesimo, ho sentito di potermi arrischiare a lasciare
il Mahora, e sebbene abbia ricevuto molte fitte di dolore, che metterò sul conto
di quel dannatissimo Nagi, i fatti mi hanno dato ragione. Inoltratami con
Chachamaru e Chachazero nella base del nemico, ho trovato Negi e quella
misteriosa bambina, Maria, con il potere di ricostruire la realtà. Quando ho
liberato il moccioso dal condizionamento che quella pidocchiosa di Eva
Ushiromiya gli aveva inflitto, per poco Maria non ci polverizzava tutti. Ma
Chachazero, nascostasi dentro Chachamaru…”
“Dentro?”, domandò perplesso Takamichi.
Chachamaru si slacciò la camicetta e si aprì il ventre, rivelando la presenza
di un piccolo vano. “La mia padrona ha preso l’idea da un certo Soundwave,
personaggio di un cartone animato”.
“Cartone animato?”
“Chachamaru!”, la richiamò imbarazzata, e irritata, Evangeline, “non rivelare
troppo delle mie abitudini. Comunque, Chachazero ha stordito Maria, dando a Negi
il tempo di riprendersi, e quando lei è rinvenuta, l’ha calmata spiegandole
tutto. Maria ha visto la sua fiducia nella zia incrinarsi, su mio consiglio l’ha
sottoposta a un test e la cara zietta l’ha fallito completamente. Quando tutto è
tornato normale, Maria era scomparsa. Non so dove sia finita”.
Calò il silenzio.
“Be?”
“Be cosa?”
“Maledetto vecchiaccio! Non avete niente da dire?!”
“Oh sì, che stupido”. Konoemon si picchiettò in testa. “Sei stata molto brava
Evangeline, senza di te non so come sarebbe finita”.
“E’ vero”, aggiunse Takamichi, “ti faccio i miei complimenti. Il tuo piano,
azzardato in alcuni punti, in generale è stato audace e ben congegnato. Brava. E
sei stata brava anche tu, Chachamaru”.
L’androide rispose con un inchino, mentre Evangeline salì con i piedi sulla
sedia e scoppiò in una risata orgogliosa.
“Quindi alla fine tutto si è concluso per il meglio”, riprese il preside.
“Peccato non sapere che fine abbia fatto quella bambina. Però qualcosa mi
suggerisce di non preoccuparmi, mentre sua zia è stata consegnata alle autorità
del mondo magico. Ci penseranno loro a punirla”.
“Certo che voler cancellare la magia del mondo perché la riteneva colpevole
della perdita della sua famiglia… Non sapremo mai se davvero quell’esplosione è
stata provocata da un esperimento di suo padre Kinzo finito male, ma nonostante
tutto, non riesco a non provare anche pena per lei”, dichiarò il professore.
“Lo capisco, ma questa non giustifica il voler distruggere un intero mondo, e
meno male che la dottoressa Akagi e il suo collaboratore se la sono cavata.
Comunque, ora resta solo un’incognita: il professor Negi riuscirà a farsi
accettare nuovamente dalle sue allieve? Le ho richiamate tutte a scuola dicendo
soltanto che si trattava di una cosa importante, per fare loro una sorpresa. Ma
il professore temeva che sarebbero state tutte arrabbiate con lui”.
Un fortissimo urlo si diffuse nell’aria.
Sembrava la voce di tante ragazze.
“Che sarà successo?”, si domandò preoccupato Takamichi.
Il preside chiamò col citofono la professoressa Shizuna, che arrivò dopo un
po’, tenendo sotto braccio una tuta.
“Professoressa, cosa è successo? Chi ha gridato?”
“Oh, quell’urlo arrivava dalla III A. Quando hanno visto tornare il professor
Negi, gli si sono lanciate tutte addosso. Anzi, Ayase mi ha appena chiamato per
dirmi di portare un nuovo abito per il professore. A furia di baci e abbracci
l’hanno lasciato in mutande”.
Evangeline sospirò. “Si ricomincia, finalmente. Voglio godermi lo spettacolo.
Vieni, Chachamaru”.
Seguendo Shizuna, la vampira lasciò lo studio insieme alla sua partner.
Quando furono fuori, Evangeline distanziò l’insegnante.
“Mi sorprende che tu, brutta pettegola, non gli abbia rivelato quel
particolare su Shinobu. Ti diverti sempre a mettermi in imbarazzo”.
“Padrona, quella non è certo una faccenda divertente, ma mi dica: rivedremo
ancora Shinobu?”
“Chachamaru, la personalità di quella ragazzina ha avuto il suo tempo nei
miei primi dieci anni di vita. Adesso è solo un ricordo, debole, innocuo e
dolce. Ora ci sono io. Fine della storia”.
La ragazza robot non rispose e insieme si diressero verso la loro classe.
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Nella immensa sala, il cui soffitto, retto da colonne mastodontiche, era così
in alto da risultare invisibile, un dito picchiettava nervosamente sul bordo di
una scacchiera.
Lambda Delta osservava infastidita lo scacco matto che le aveva inflitto la
bambina dai lunghi capelli scuri, impassibile, che la fissava dall’altro lato
del tavolo.
“Uffa, non è giusto! Sei dannatamente fortunata. Stavolta ero sicura che
avrei vinto io!”
“Solo perché il tuo pezzo principale era molto sicuro di sé?”, ribatté con
voce piatta l’altra bambina. “Non serve a nulla avere un ottimo esecutore dei
nostri desideri senza un’adeguata strategia. Non è questione di fortuna”.
“Perché? Io non ce l’avevo una strategia?”
“Le hai detto le regole e hai soddisfatto le sue richieste d’aiuto, quando
non voleva sforzare troppo Maria. Ti pare strategia?”
“Ho inserito le pagine che hanno permesso di trovare la collana di Arxelles,
ho suggerito l’incantesimo di rintracciamento e fornito a Konoka la seconda
ispirazione. E’ strategia!”
“No”.
Lambda Delta s’indignò. “Ma scusa, allora dove sarebbe la tua di strategia?
Ti sei limitata agli atti di compensazione, quando hai fatto ricordare a Sakura
l’incantesimo di sostituzione, e poi quando hai coperto la morte di Evangeline
ai miei sensi e le hai permesso di arrivare in Islanda sotto mentite spoglie,
senza che Maria se ne accorgesse. E il tuo pezzo, quella Evangeline, non è stata
veramente abile, ma solo molto, troppo fortunata, avendo avuto l’appoggio della
nostra collega. In fondo non hai fatto nulla di diverso da me”.
“Ed è qui che ti sbagli. Pensi troppo in piccolo”.
“Eh?”
“Lambda Delta! Bernkastel!”
Nella sala comparve Chiyo, che appariva piuttosto irritata.
“Ciao, vecchietta”, la salutò Lambda.
L’anziana fu avvolta da una nuvola di farfalle d’oro, e fu sostituita da una
bella ragazza di almeno venti anni, dai lunghi capelli grigi, che indossava una
veste nera con ricami bianchi, e un largo copricapo nero.
Aveva gli occhi socchiusi, e nonostante la sua età apparente, possedeva
un’espressione che le conferiva grande maturità.
“Siete state imprudenti. Solo perché siete membri del Senato, non potete
prendervi tutte queste libertà”.
“Oh, andiamo Virgilia, in fondo non abbiamo fatto nulla di male. Abbiamo solo
giocato”, rispose la strega bionda.
“Ci sono delle regole, e una di queste vieta di giocare con l’esistenza di
esseri fondamentali per la storia dei mondi inferiori. Meno male che vi
sorvegliavo, ed Evangeline ha voluto ascoltare le mie ispirazioni. Ho evitato
danni irreparabili, altrimenti…”
Lambda strabuzzò gli occhi. “Un momento… Frederika, tu hai suggerito questo
soggetto estremo per il nostro gioco… e Virgilia è una vigilante… ma allora…”
Frederika piegò le labbra in un fulmineo e strafottente sorriso.
“L’hai fatto apposta! Avevi un aiuto in più, sapevi che Virgilia avrebbe dato
informazioni e ulteriori suggerimenti ad Evangeline, in modo che vincesse la
fazione del Mahora, e tu contavi proprio su questo!”
“Già, e tutto accadeva sotto il tuo naso. Piegare le regole del gioco ai
propri scopi è strategia, ma tu la chiamavi fortuna”, continuò Frederika.
“Non è giusto! Avevo di fronte due avversarie, non una. Altrimenti avrei
elaborato una strategia migliore. Non è giusto! Uffa e poi uffa!”
Lambda Delta picchiò più volte i pugni sul tavolo con la scacchiera.
“Smettila, adesso avrai provocato delle catastrofi naturali in qualche
mondo”, la richiamò Virgilia. “Ora ascoltate: ho modificato alcuni ricordi, in
modo che questa storia si concludesse senza riferimenti all’Aevum e tutti
potessero, laggiù, riprendere le loro vite di sempre. Ma siete state davvero
incoscienti. Voi e i vostri stupidi giochi, quando rammenterete che, per quanto
potenti, non siamo dei?”
“Ci annoiamo”, rispose sbuffando Lambda.
“La partita è finita. Non posso impedirvi di giocare nuovamente, ma sappiate
che se provate ancora a farlo con personalità fondamentali, vi denuncerò al
Senato. Siete pezzi grossi, ma non intoccabili”, minacciò la donna.
Senza attendere risposta, Virgilia iniziò a dissolversi in uno sciame di
farfalle dorate.
“Ora vado da Maria, spero che crescerà meno viziata e più responsabile di
voi”, concluse prima che anche la sua testa sparisse.
Rimaste sole, Lambda tirò fuori un sacchetto di caramelle colorate e le
mangiò, una alla volta, con la testa girata dall’altra parte.
“Su, non mettere il broncio”, le disse Frederika. “Facciamo così, iniziamo
una nuova partita. Stavolta, lascerò scegliere il soggetto a te. Così sarai
sicura che non attuerò altre strategie di quel tipo”.
“Prometti?”
“Prometto”.
“Allora ci sto. Conosco già il posto adatto, stavolta Virgilia non potrà dire
niente, perché è un piccolo paese della campagna giapponese, senza eventi e
persone di particolare rilevanza”.
“Come si chiama questo posto?”
“Hinamizawa. Spero che stavolta la partita sarà molto più lunga della
precedente. Dai, scegliamo i nostri campioni”.
I pezzi della scacchiera tornarono da soli al loro posto.