One day with you and all is a mess
Titolo: One day
with you and
all is a mess
Autore: My
Pride
Fandom: One
Piece
Tipologia: One-shot
[ 2829 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa
Zoro ; Nami ; Sanji
Black-Leg ; Mugiwara
Genere: Generale
; Avventura ; Vagamente
Sentimentale; Vagamente Ironico
Rating: Verde
/ Giallo
Avvertimenti: Shounen
ai ; Linguaggio a tratti
un po’ colorito; Assurdità sparse ; Slice of Life
; What if?
Celestial
Weather 10&Lode: #06.
Nord
Binks
Challenge: 16° Sentiero
› 49° Empatia
Prompt: 14°
Argomento: Elementi
› Terra
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
«Perché
diavolo sono dovuto venire io con te? Quello stupido cuoco sarebbe
stato più
che felice di farti da schiavetto», borbottò
d’un tratto Zoro, caricandosi
meglio in spalla tutti gli acquisti che Nami gli aveva bellamente
scaricato.
Già non sopportava di suo
dover
vagare per negozi quando si trattava di frivolezze, figurarsi quindi
quanto lo
scocciasse, in quel momento, dover seguire la navigatrice nelle sue
folli
spese. Non ne poteva più di vestitini attillati, scarpe col
tacco e gioielli
d’ogni tipo, nossignore. Per di più, quella strega
perdeva un casino di tempo a
raggirare i commessi, uscendone sempre vittoriosa e con sconti che
avrebbero fatto
girare paurosamente la testa a chiunque. Che fosse tirchia lo sapeva
tutta la
ciurma, ma che arrivasse fino a quel punto non ci avrebbe mai pensato.
Troppo preso com’era nei suoi
pensieri, ed essendo stato tranquillamente ignorato dalla ragazza, Zoro
nemmeno
si accorse di dove metteva i piedi, ed imprecò
nell’andare a sbattere contro
Nami, ferma nel bel mezzo della strada ad osservare chissà
cosa. «Che diavolo
ti prende, adesso?» sbottò, sperando che almeno
quella domanda venisse presa in
considerazione. E in parte fu accontentato, giacché la
navigatrice si girò
verso di lui con un sorriso luminoso.
«Perché non mi vai
a prendere una coppa
di gelato?» chiese poi,
indicando distrattamente il bar poco distante.
Zoro inarcò un sopracciglio.
«Cosa
faresti se ti dicessi di
andartela a prendere da sola?»
«Ti pesterei fino al calar del
sole e poi
continuerei
a pestarti finché il sole non torna a sorgere e poi ti
pesterei finché il sole
non va giù di nuovo».
Riprese fiato e, sapendo che quelle parole avrebbero fatto ben poco
presa sullo
spadaccino, soggiunse: «E se ciò non dovesse
bastare,
aumenterei in maniera spropositata
i
tuoi debiti».
Il Vice Capitano sbatté
più volte le
palpebre, quasi non avesse capito in pieno le sue parole, e poi
imprecò a denti
stretti, assottigliando lo sguardo. Quella strega prima o poi
l’avrebbe fatta a
fette. Parola sua. «Crema o
cioccolato?» si ritrovò a domandare in un
sibilo, aggrottando la fronte non appena vide dipingersi un altro
grosso
sorriso sulle labbra della navigatrice, che si portò un dito
a picchiettare il
labbro inferiore come se fosse indecisa sul gusto.
«Cioccolato»,
esordì infine,
facendogli
cenno di sbrigarsi mentre lei, tranquilla come non mai e con la stessa
aria
soddisfatta di un gatto che si era appena mangiato un topo,
andò ad accomodarsi
ad un tavolino, accavallando elegantemente le gambe al di sotto di
esso. Allo
spadaccino non toccò altro da fare se non sbuffare
sonoramente e, borbottando
qualcosa fra sé e sé, lasciò i pacchi
accanto a lei e si diresse all’interno
del bar, mettendoci più tempo del previsto per prendere alla
ragazza quel
maledetto gelato a causa della folla che si era formata lì
davanti.
La navigatrice, d’altro canto,
ebbe
persino il coraggio di fargli pesare la cosa, agguantando senza tanti
complimenti
la coppa di gelato senza nemmeno ringraziarlo. Beh, non che Zoro se lo
fosse in
qualche modo aspettato, però... a tutto c’era un
limite, dannazione. Masticò
qualche insulto a mezza bocca e decise di accomodarsi a sua volta,
annoiato a
dir poco. Chi diavolo gliel’aveva fatto fare di seguirla in
città proprio non
lo sapeva. Ah, giusto... essendo già sicura che avrebbe
comprato una montagna
di roba, era ovvio che Nami avrebbe scelto colui che avrebbe potuto
portare un
peso eccessivo senza tanti problemi... e la scelta su cui era ricaduta,
dunque?
Su di lui, ovviamente, che sollevava un manubrio da trecento chili
senza alcuno
sforzo. Secondo loro,
almeno. Anche
lui ci metteva una buona dose di forza per riuscirci, quel coso non era
mica
una piuma.
A quei suoi stessi pensieri, Zoro
sbuffò, scuotendo il capo. Inutile continuare a rimuginarci
su. Ormai era lì. Con
un gomito poggiato sul tavolino e il viso sorretto sul dorso della
mano, quindi,
cominciò a squadrare il modo in cui la ragazza si portava
tranquillamente alle
labbra il cucchiaino colmo di gelato, gustandolo come se fosse stata la
cosa
più buona che avesse mai assaggiato fino a quel momento.
«Mi stai facendo venir
fame», se ne uscì d’un tratto, e fu solo
a quel punto che Nami sollevò lo
sguardo su di lui, come se si fosse ricordata soltanto in quel mentre
della sua
presenza. E ridacchiò, mandando giù un altro
boccone.
«Sono sicura che Sanji-kun
sarebbe ben
lieto di prepararti qualcosa, sulla nave», disse, scrollando
persino le spalle.
«Sempre se non vuoi che ti compri qualcosa io e ti chieda poi
gli interessi di
tutti i berry spesi», soggiunse distratta.
Zoro decise di tralasciare la seconda
parte del discorso - quando mai quella tirchia non pensava al denaro e
a come
estorcergliene di più, in fondo? -, decidendo di
concentrarsi invece
sull’argomento “Sanji”.
«Perché accidenti quel cuoco dovrebbe prepararmi
da
mangiare, se non lo fa mai?» le tenne presente con fare
sarcastico.
«La strada verso il cuore di
un uomo
passa attraverso il suo stomaco, non lo sapevi?»
«Che diavolo stai
farneticando, Nami?»
La navigatrice sorrise, assumendo
un’espressione che la diceva lunga. Si sporse persino verso
il viso dello
spadaccino, facendo schioccare la lingua sul palato. «Puoi
provare a far finta
quanto vuoi, Zoro, ma che ci sia del tenero fra voi due lo vedrebbe
anche un
cieco», replicò poi in tono suadente, e fu a quel
punto che lui si accigliò.
«Cosa?»
replicò, grattandosi
il capo
come se non sapesse davvero di che cosa stesse parlando la ragazza. O
forse ne era
a conoscenza e voleva continuare a negare in modo così
palese l’evidenza, non
si poteva mai sapere. «Non dire stronzate».
«Guarda che sto dicendo sul
serio»,
borbottò lei, mettendo su un broncio adorabile che sarebbe
stato in grado di
far capitolare qualsiasi uomo l’avesse vista in quel momento.
E avrebbe anche
aggiunto altro se la sua attenzione non fosse stata richiamata dal
subbuglio
che si era scatenato all’improvviso in strada, facendola
voltare incuriosita in
quella direzione.
«Eccoli, sono loro!»
si sentì
esclamare
d’un tratto, e la giovane navigatrice sbiancò nel
rendersi conto che, a meno di
qualche metro da loro, un plotone di marines armato di tutto punto si
stava
avvicinando di gran lena, e non ci voleva di certo un genio per capire
che avevano
di sicuro la ferma intenzione di catturarli. «Roronoa Zoro e
Nami la Gatta
Ladra, i pirati di Cappello di Paglia! Non lasciateveli
scappare!»
«Merda!»
imprecò Zoro, e,
sgranando gli
occhi con fare sconcertato, Nami si sentì afferrare in un
lampo per un braccio
e alzare di peso dalla sedia venendo trascinata via da lì
fino ad essere
caricata in spalla dallo spadaccino, nemmeno fosse stata un
maledettissimo
sacco di patate.
«Aspetta, che accidenti
fai!»
esclamò
indignata, cominciando a tempestare di pugni la schiena robusta del
compagno
per farsi mettere giù. «Abbiamo lasciato
lì i miei vestiti, brutto stupido che
non sei altro!»
«Lascia perdere i vestiti,
mocciosa, o
porto te o loro!» sbottò di rimando Zoro,
sistemandosela meglio sulla spalla
prima di riprendere la sua folle corsa con i marines alle calcagna. Per
quanto
avesse ormai le orecchie piene delle grida di quegli uomini e degli
strepiti di
Nami, che non la smetteva di colpirlo e di riempirlo
d’insulti degni di uno
scaricatore di porto, Zoro aveva l’assoluta certezza che, se
avesse eseguito
l’ordine della ragazza e l’avesse messa
giù, con quei trampoli che si ritrovava
al posto delle scarpe si sarebbe fatta prendere in meno di due secondi
dai
marines che li inseguivano. Per lui che le faceva da scorta sarebbe
stata
un’onta terribile sul suo onore, e inoltre, conoscendo il
Capitano, gliene
avrebbe cantate quattro anche lui per essersi fatto fregare la loro
preziosa
navigatrice da sotto il naso. Era dunque meglio che la ragazza se ne
stesse
zitta e lasciasse fare a lui, accidenti.
Si infilarono fra stretti viottoli e
strade senza uscita, in mercati affollati e piazze deserte, e ormai
Nami,
arresasi dall’essere sballottata così rudemente
dallo spadaccino, non poteva
fare altro che sperare che quei marines che davano loro la caccia si
arrendessero, dato che di loro, per il momento, sembravano essersene
perse le
tracce. E capì davvero il perché solo quando si
guardò intorno, rendendosi
conto che in quella zona della città gli edifici diventavano
più vistosi e
imponenti, molto diversi da quelli che aveva veduto quando era sbarcata
insieme
al compagno.
«Aspetta, Zoro, il porto non
è da
questa
parte!» esclamò d’un tratto, facendolo
arrestare con una colorita imprecazione.
Accidenti, avrebbe dovuto guardare con più attenzione la
strada, conoscendo il
pessimo senso dell’orientamento di Zoro. «Muoviti,
mettimi giù», soggiunse
frettolosamente, rassettandosi le vesti non appena toccò
finalmente terra,
traendo persino un sospiro di sollievo. Lo spadaccino era di sicuro
più veloce
di lei, ma non aveva la benché minima delicatezza.
«E adesso che si
fa?» domandò
quest’ultimo, e il fatto che avesse portato una mano a
sfiorare l’elsa della
sua katana bianca rassicurò in un certo qual modo Nami, a
sua volta ansiosa a
causa di quella strana calma che li aveva avvolti.
«Torniamo indietro e
raggiungiamo la
Merry, mi sembra ovvio», replicò lei, cominciando
ad incamminarsi con lo
spadaccino al seguito. Di tanto in tanto gettava qualche occhiata nella
sua
direzione per accertarsi che la stesse ancora seguendo, ma fu proprio
dopo
avergli lanciato l’ennesimo sguardo che un movimento
sospettò catturò la sua
attenzione, prima che il boato di un colpo di fucile fendesse
l’aria.
«Maledizione!»
esclamò Zoro,
frapponendosi svelto fra il marine appena apparso da dietro
l’angolo con il suo
plotone e la ragazza, sibilando di dolore quando il proiettile lo
colpì di
striscio al braccio. E bruciava maledettamente, accidenti. «A
loro ci penso io!»
tuonò immediatamente all’indirizzo di Nami.
«Torna alla Merry e preparatela per
la partenza, ce ne andiamo!» e mentre lui si gettava nella
mischia, estraendo
al contempo due delle sue spade e sbarellando più avversari
possibile a colpi
di katana, Nami cominciò a correre in direzione del porto in
cui era ormeggiata
la nave, sperando in cuor suo che quell’idiota non ci
lasciasse la pelle. Non
se lo sarebbe mai perdonato, altrimenti.
Il fiato cominciò a venirle
meno per la
folle corsa, ma non si fermò, facendo forza sulle gambe
nonostante i muscoli le
stessero andando ormai a fuoco; sentiva le caviglie doloranti a causa
dei
tacchi alti, però non si sarebbe fermata per nulla al mondo,
più che
intenzionata a raggiungere la Merry e a mettere tutti in guardia. Quasi
le
brillarono gli occhi nel vedere la figura della nave stagliarsi
all’orizzonte,
e con un ultimo sprint finale la raggiunse, salendo a bordo tutta
trafelata.
Non perse nemmeno tempo ad esplicare la situazione agli altri
componenti della
ciurma, ordinando semplicemente loro di levare in fretta
l’ancora e di spiegare
le vele, volgendo un ultimo sguardo apprensivo in direzione della
cittadina
nella quale aveva lasciato Zoro. Ce l’avrebbe davvero fatta,
tutto solo contro
quegli avversari armati? E se fosse riuscito a scappare da quella
situazione,
sarebbe riuscito a tornare senza perdersi? Quelle erano domande a cui
non
sapeva dare risposta, ma incurvò le labbra in un sorriso non
appena i suoi
occhi registrarono la sagoma dello spadaccino, che correva a perdifiato
nella
loro direzione.
«Rufy, prendilo!»
esclamò,
sporgendosi
oltre il parapetto per la foga del momento, riuscendo a reggersi ad
esso per un
pelo; un braccio di gomma del Capitano passò nel suo campo
visivo e raggiunse
Zoro, che afferrò in fretta quella mano fino ad essere
catapultato a bordo, al
sicuro sul ponte della nave; poterono sentire le grida di un marine
mentre
ordinava ai suoi commilitoni di affrettarsi, per quanto le loro
imbarcazioni si
trovassero nella zona ovest del porto. Allontanarsi
dall’isola non fu per
niente una passeggiata, però, ormai al largo e lontani
parecchi chilometri
dalla costa, poterono finalmente trarre un sospiro di sollievo
collettivo.
Essere dei pirati non era per niente facile, accidenti.
«Tutto bene, Nami-san? Sei
ferita?» La
voce preoccupata di Sanji ruppe quel lieve strato di silenzio che si
era venuto
a creare, richiamando però l’attenzione della
navigatrice, che sorrise
raggiante nonostante tutto.
«Fortunatamente no, Sanji-kun,
ma
Zoro...» Si voltò verso lo spadaccino poco
distante, sottoposto alle cure di un
apprensivo Chopper. «È stato colpito. Mi ha
protetta».
L’espressione che si dipinse
sul volto
di Sanji fu indecifrabile, tanto che persino Nami stessa non
riuscì a
comprendere perché il cuoco, dopo aver bruscamente stornato
lo sguardo in
direzione del Vice Capitano, fosse tornato ad osservarla con un sorriso
forzato, portandosi due dita alle labbra per afferrare la sigaretta.
«Ogni
tanto qualcosa di buono lo fa, quello stupido marimo».
Sbuffò fuori il fumo
azzurrognolo. «L’importante è che tu
stia bene, Nami-san», e, stranamente senza
nessuna delle sue solite moine, le regalò un altro piccolo
sorriso e si diresse
verso la cucina, finendo in un lampo quella stecca prima di gettare il
mozzicone e chiudersi nel suo “santuario”, come
tanto gli piaceva chiamarlo.
Nami sbatté le palpebre
più volte,
inclinando il capo di lato. «Chissà che gli
è preso», sussurrò poi rivolta a
sé
stessa, scoccando ben presto un’occhiata a Zoro. Per quanto
Chopper avesse
cominciato ad inveirgli contro per l’essersi tolto le bende
dal braccio -
accidenti, gliel’aveva appena messe e già le aveva
fatte sparire, quello
spadaccino idiota -, Zoro non sembrava dargli retta più di
tanto, forse persino
indispettito da quella sua fissazione. E Nami non poté fare
a meno di scuotere
il capo, immaginando perfettamente cosa stesse pensando quello scemo.
Le bende
non le aveva mai sopportate, e lo ricordava bene il fastidio dipinto
sul suo
viso quando era stato costretto a tenerle dopo la brutta ferita
infertagli da
Mihawk, che gli aveva lasciato l’orribile sfregio sul petto
che lei stava
osservando proprio in quell’esatto momento.
«Che accidenti hai da
guardare?» le fu
chiesto dallo spadaccino, e lei, forse per il fatto che si era beccato
una
pallottola al suo posto, decise di soprassedere per quel suo modo di
fare e di
ignorare il tono scontroso con cui le si era rivolto, annullando le
distanza
che li separava per appioppargli un pugno su una spalla.
«Non fare l’idiota e
parlagli», esordì
poi, facendo inarcare un sopracciglio al Vice Capitano.
«Parlare a chi?» gli
venne spontaneo
chiedere, e Nami non si risparmiò dal rifilargli un sonoro
scappellotto con uno
sbuffo.
«A Sanji, stupido.
Va’ da lui e
parlagli».
«E che diavolo dovrei
dirgli?»
La navigatrice roteò gli
occhi,
scocciata. «Questo dovresti saperlo tu, non io»,
concluse lì quella
conversazione che aveva cominciato a reputare inutile, lasciando che lo
spadaccino arrivasse da solo alle sue conclusioni. Non ci voleva di
certo un
genio per capire che la reazione di Sanji doveva avere a che fare con
ciò che
era accaduto, e probabilmente parve capirlo anche Zoro; lo vide difatti
raggiungere a grandi falcate la cucina e ad aprire la porta senza tanti
complimenti, ignorando gli strepiti del cuoco con la sua solita
nonchalance.
Nami sentì distintamente il
battibecco
in cui si erano gettati, e si ritrovò a portarsi una mano
alla fronte,
massaggiandosi le tempie. Quei due erano dei perfetti idioti. E forse
lei lo
era ancora di più, giacché aveva bellamente
frainteso i comportamenti di
entrambi e aveva mandato Zoro a parlare con Sanji, alimentando il
fuoco. Decise
dunque di porre fine a quegli alterchi lei stessa, avanzando in quella
direzione tra sbuffi e borbottii; mano a mano che si avvicinava le voci
dei
suoi compagni cominciavano a calare di tono e gli impropri diminuivano,
venendo
sostituiti da un bizzarro silenzio che lei non riuscì
proprio a spiegarsi. Si
fermò di botto, però, quando, attraverso
l’oblò della cucina, osservò la scena
che si parò dinanzi ai suoi occhi, e dovette ammettere a se
stessa che non se
lo sarebbe mai aspettato. Specialmente da quei due, se proprio doveva
essere
sincera. Ma c’era una strana dolcezza nel modo in cui Zoro,
stringendo in una
mano il colletto della camicia di Sanji come se volesse strozzarlo e
non
attirarlo a sé, aveva poggiato le labbra su quelle del cuoco
per dar vita ad un
bacio goffo e impacciato al quale l’altro non si oppose.
Nami sollevò distrattamente
un angolo
della bocca per dar vita ad un sorriso, lasciando i suoi due compagni
di ciurma
da soli in cucina. In fin dei conti aveva fatto proprio bene a parlare
con
quello zuccone di Zoro e ad aprirgli gli occhi una volta per tutte; se
avesse
atteso che fosse stato lui stesso a rendersi conto dei sentimenti che
provava
nei confronti di Sanji, difatti, avrebbero continuato di sicuro a
navigare con
quella strana atmosfera che vigeva fra i due ogni qualvolta che, tra un
litigio
e l’altro, i loro sguardi si incrociavano e lasciavano
intendere ben più di ciò
che entrambi volessero esprimere a parole. Ah, l’amore. Che
cosa meravigliosa.
«Usopp!»
chiamò allegra,
agitando una
mano in direzione del cecchino non appena lo vide sul ponte, prima di
allargare
spropositatamente il sorriso che le aveva ormai incurvato le labbra.
«A quanto
pare ho vinto la scommessa! Mi devi cinquemila berry!»
Di Nami la Gatta Ladra si potevano dire
tante cose, ma di certo non si poteva affermare che non sapesse
sfruttare
qualunque situazione a suo vantaggio, il più delle volte.
_Note inconcludenti dell'autrice
Okay,
non so esattamente che cosa dire su quest’assurda one-shot.
Innanzitutto è doveroso dire che questa storia è
stata scritta per il contest “Il
mondo dei Peanuts”
indetto da Dark Aeris, nel quale si è classificata seconda
Comunque
sia, aye, la ciurma di Cappello di Paglia adora scommettere *Ride* e
questa
volta avevano scommesso sulla possibile relazione tra Zoro e Sanji
*Ride di
nuovo*
All’inizio
sarebbe dovuta ruotare intorno ai soliti due e avrei voluto far dire la
frase che ho scelto a
Sanji («Perché
non mi vai a prendere una coppa di gelato?» ecc),
però ho pensato che sarebbe stato più canonico se
si fosse trattato di
Nami ed ecco dunque il risultato... così ho anche fatto
interagire Nami e Zoro,
visto che non lo faccio quasi mai *Rotola*
Non
ho idea di che cosa mi passasse per la testa mentre la scrivevo, e
probabilmente è complice anche l’orario indecente
in cui ho finito di
stenderla, dato che a quell’ora si dovrebbe solo dormire
anziché scrivere...
spero comunque che la storia abbia divertito in qualche modo.
Come
sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla
prossima.
♥
Messaggio
No Profit
Dona l'8% del tuo tempo
alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di
scrittori.
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