Ryou
sospirò e spense il televisore, passandosi la mano
libera tra i capelli: « È ufficiale, siete dappertutto. »
« Uuuh, siamo famose! »
« Meglio di no, Purin, » esalò stanca Zakuro, « È già
abbastanza complicato così. »
Keiichiro spinse un carrello portavivande fino al tavolo
che avevano occupato quella mattina, iniziando a distribuire tè e
dolcetti di
ristoro.
« Ci siamo già fatte battere dopo i primi dieci minuti, »
borbottò Ichigo, di nuovo nei suoi vestiti, controllandosi il graffio
sulla
coscia, « Non è molto entusiasmante. »
« Ci ha preso alla sprovvista, vecchiaccia, » cercò di
consolarla uno scanzonato Taruto, « La prossima volta non ci faremo
prendere in
giro. »
« Pensavo l’effetto sorpresa fossimo proprio noi… »
brontolò Minto, riempendosi una tazza di tè e continuando a
controllarsi i
capelli per essere sicura di aver tolto ogni traccia di vegetazione e
polvere.
« Comunque se ci pensate, siamo fortunate che ogni volta
arrivino sempre dei gran gnocchi, » commentò allegra Purin, ricevendo
immediatamente un’occhiata rovente da parte di Taruto e quelle più
scettiche e
scioccate delle amiche, « Che ho detto?! »
«
Please… » Ryou si fece cadere su una sedia e si
rivolse a Pai, « Ora che li avete incontrati direttamente, possiamo
saperne
qualcosa di più? »
Il viola sembrò rifletterci un istante, stringendo appena
gli occhi: « A capo della squadra sembra esserci il tizio dai capelli
azzurri
di nome Rui, ma la sua autorità sembra essere messa in discussione dal
Geota
che ci ha attaccati direttamente… »
« Il buzzurro che sembra un gorilla? » domandò Minto,
sorseggiando lentamente, e l’alieno annuì:
« È una testa calda, il che potrebbe anche giocare a
nostro favore. Non siamo riusciti a capire i nomi degli altri tre,
però. »
« E sui loro poteri? »
Di nuovo, Pai esitò un po’: « Confermo che il… secondo in
comando utilizza un qualcosa di simile al vostro bazooka, che emette
potenti
getti d’aria. Rui portava una spada corta alla cintola, mentre un altro
- »
« Quello biondo molto carino, devi stare attento alla
concorrenza, capo. »
« - aveva arco e frecce, » concluse il maggiore degli
Ikisatashi con un sospiro acido verso Purin, « Non sono stato in grado
di
percepire nessun tipo di abilità speciale, in loro. »
« Ma? »
« Ma sono forti, » s’intromise Kisshu, poggiandosi allo
schienale della sedia, « Non che significhi nulla, sia chiaro. »
Minto lo guardò storto e poi tremò, ripensando a come il
suo istinto avesse ruggito a trovarseli davanti: « A me mettono i
brividi, »
borbottò, « Soprattutto il gorilla. Non mi sembra molto disposto al
dialogo. »
« Perché, invece, quello tutto scuro che non ha mai detto
una parola? » Ichigo scosse la testa in un turbinio di ciocche
carminio, « Lui
sì che era inquietante. Sembrava stesse cercando di farmi i raggi X con
gli
occhi. »
« Dai, secondo me ci stiamo preoccupando troppo, non mi
sembrano molto peggio di questi tre qui e il loro capo, » commentò
Purin,
sporgendosi sul tavolo per afferrare un pasticcino e al tempo stesso
accennando
agli Ikisatashi, « Anche Pai nii-san era particolarmente inquietante la
prima
volta che l’abbiamo visto. »
Retasu si concentrò per non strozzarsi con il sorso di tè
caldo nel vedere la faccia spiazzata del menzionato, e le espressioni
altrettanto confuse degli altri due, e Shirogane sospirò forte,
passandosi
entrambe le mani tra i capelli:
« Non per turbare l’ottimismo di Purin, ma cerchiamo di
non prenderli troppo sotto gamba né di farci prendere troppo dal
panico,
d’accordo? »
« Dobbiamo essere ottimisti, capo! Ci basta riscaldarci, re-ingranare
la marcia, rassodare un po’ i muscoli, e poi vedrete come gli facciamo
il culo!
»
Minto fece una smorfia al linguaggio della più giovane di
loro, posando la tazza ormai vuota sul piattino: « L’unica che deve
rassodare
qualcosa qui è Ichigo. »
« Scusami!? E poi, ti sembra il momento!? »
« Vi prego. »
Si zittirono entrambe al sospiro esausto di Zakuro, che
aveva già iniziato a massaggiarsi le tempie, e Pai ne approfittò per
aggiungere: « Purin non ha tutti i torti. Potrebbe essere saggio
assicurarci
che anche voi riprendiate confidenza con i vostri poteri e con il
combattimento. »
Ichigo gemette sottovoce, lanciando un’occhiata disperata
ai dolcetti di cui si era già servita un paio di volte, e Ryou le
poggiò una
mano sul ginocchio con fare attento.
« Per oggi direi che è già abbastanza, » intervenne
Keiichiro pacato, « Sono stati due giorni impegnativi in ogni caso,
anche senza
considerare questo primo incontro. Suggerirei di andare a riposarvi, di
assimilare bene la situazione. Noi intanto scendiamo in laboratorio per
cercare
di studiarli un po’ di più, e per studiare una strategia a mente più
fredda.
Che ne dite? »
Un vago mormorio d’assenso poco convinto si levò dal
tavolo, interrotto solo dal rumore delle ceramiche svuotate che
venivano
poggiate.
« D’accordo, » con un sospiro, Retasu controllò
l’orologio che portava al polso, « Se mi sbrigo, riesco a fare in tempo
per la
lezione pomeridiana… »
« Vengo con te, » si accodò Zakuro, alzandosi con grazia
e abbozzando un mezzo sorriso verso Minto, « Ho qualche telefonata di
lavoro da
fare e un paio di copioni da recuperare, niente che non possa fare da
casa. »
« Onee-sama, sei sicura di voler andare da sola? »
« Me la cavo, Minto, non preoccuparti. E poi mi serve una
passeggiata. »
« Mi raccomando, teniamoci in contatto con cellulari e
medaglioni, » le ammonì Ichigo, « Alla prima sensazione che ci sia
qualcosa che
non va, avvertiamoci. »
« Basta che non sia perché ti sono spuntate le orecchie
per l’ennesima volta, Momomiya. »
Captando chiaramente il continuo malumore di Minto, per
una volta la rossa non controbatté ma si limitò a lanciarle uno sguardo
di
sbieco mentre si alzavano tutti lentamente dal tavolo, le ragazze
scambiandosi
un’ultima occhiata d’accordo.
« Forza, voi tre, andiamo di sotto. »
« Senti, biondo, non è che perché adesso
fingiamo di
lavorare qua che tu puoi darci ordini. »
«
Wanna bet, kelp head? »
La stanza rimaneva in penombra anche quando direttamente
raggiunta dalla luce del sole, e Kert si domandò se non fosse il potere
di Zaur
a giocare qualche tranello, oltre alle spesse doppie tende di velluto
rosso.
Lanciò un’occhiata al compagno d’armi, seduto per terra a
gambe incrociate al centro del salone, intento in una delle sue
sessioni di
meditazione che, diceva, lo aiutavano a tenere in ordine sia la mente
che
l’energia che gli scorreva nelle vene.
Kert riteneva che fosse più utile ed efficace scaricarli
a suon di attività fisica, anche di generi assai differenti, ma non
c’era mai
stato verso di convincere l’amico ad ascoltarlo. Né Zaur era mai stato
capace
di convincere lui a tentare di seguire i suoi metodi, fin troppo pacati
per i
gusti del maggiore dei fratelli Tha, una testa molto più calda di
quanto a lui
stesso piacesse ammettere.
Forse sarebbe stata la missione sulla Terra proprio la
volta buona, si ritrovò a pensare mentre si sfregava un avambraccio,
visto
quanto gli sembrava che la sua stessa forza reagisse in maniera diversa
a quel
pianeta. O forse era solo tutta quella finta calma e quell’attesa
infinita a
renderlo più irrequieto del solito.
« Il Consiglio è stato avvisato degli ultimi sviluppi. »
Sbucato dalla porta principale alle loro spalle, Rui si
lasciò cadere accanto a Kert con un sospiro pesante, il volto tirato e
più
pallido del normale; come sempre, le comunicazioni con il gruppo di
undici
saggi
lo svuotavano di tutte le energie.
« Dovremo raccogliere più informazioni su queste Mew Mew
e fare rapporto. Nel frattempo, continueranno i tentativi di comunicare
con
Duuar per capire cosa ci facciano tre di loro sulla Terra e se ci sono
le basi
per un… tradimento. »
Pharart, stravaccato sul divano perpendicolare al loro, alzò
un sopracciglio: « In base a cosa pensano di stabilirlo? »
« Non lo so, » Rui si sfregò stancamente il viso, « Non è
mia abitudine porre domande ai Consiglieri. »
« Già il fatto che si rotolino tra le lenzuola con quelle
umane potrebbe essere un motivo valido per dichiararli disertori della
patria.
»
L’alieno dai capelli biondi spostò lo sguardo
incuriosito, questa volta, sul maggiore dei due fratelli: « E tu che ne
sai? »
Kert rise rasposo: « Ma non li hai visti? Quanto vuoi
scommetterci che è la sola ragione per cui stanno qui? Bisogna solo
capire chi
con chi. »
Rui alzò gli occhi al cielo, ma non aggiunse altro,
troppo esausto per assecondare quei vaneggiamenti.
« Hanno detto una cosa… » riprese Pharart dopo un po’,
gli occhi verdi che si concentrarono nel vuoto nel tentativo di
ricordare, «
Qualcosa su una sostanza in grado di far rinascere un pianeta? »
Kert brontolò indispettito: « Ah, potrebbero dire
qualsiasi cosa per distrarci o abbindolarci. La Terra puzza ed è
sporchissima,
non credo abbiano trovato proprio nulla. »
Zaur aprì svogliatamente un occhio e rilassò appena le
spalle: « Abbiamo altri ordini? »
« Il Consiglio vuole deliberare su quale sia l’approccio
migliore dato l’imprevisto, » rispose Rui, « Per questo vogliono
saperne di più
su quelle umane. Dobbiamo attendere una loro decisione prima di
riprendere gli
attacchi. »
« Seriamente? » Kert gemette esasperato e alzò gli occhi
al cielo, « Il Consiglio ti ha dato il ruolo di Comandante, potrebbe
anche
lasciarti fare il tuo lavoro. »
« Si tratta solo di un paio di giorni, » tentò di
placarlo il fratello, « Il tempo di fargli digerire le informazioni e
aspettare
la loro risposta. Non vuol dire che non faremo niente, nel frattempo,
anzi.
Voglio più turni di ricognizione, voglio scoprire quanto più possibile
su di
loro. Soprattutto i punti deboli. Così quando colpiremo… »
L’altro stese un ghignetto divertito: « Ci sarà da
divertirsi. »
Pharart annuì, studiando con finta attenzione una crepa
che correva lungo il soffitto: « Avremo bisogno dei sistemi di
monitoraggio
fissi. Kert e io possiamo andarli a prendere. »
« Non sarà facile individuarle, ma nemmeno impossibile, »
confermò Zaur, « La presenza dei Duuariani giocherà a nostro favore, è
un DNA
molto più riconoscibile di quello umano. Soprattutto se Kert ha
ragione. »
« Io
ho ragione, vuoi scommettere? Cinquanta
sheqli.
(*) Anzi, cento. »
Gli occhi neri lo ignorarono del tutto: « Non appena
arriverà l’ordine, saremo pronti. Dopotutto, abbiamo anche un altro
asso nella
manica. »
Rui si voltò molto lentamente verso Zaur, cui pure Kert
rivolse un sopracciglio poco convinto.
« Non puoi stare dicendo sul serio. »
« Per una volta sono d’accordo con il mio fratellino, »
ghignò l’alieno dagli occhi dorati, allungando un pollice verso il
corridoio
buio dietro di sé, « Soprattutto giudicando dai rumori che provengono
dal
bagno. »
Il fratello gli lanciò un’occhiata gelida, ma lui stesso –
per motivi però diametralmente opposti a quelli di Kert – non poteva
ignorare
le pessime condizioni in cui verteva Espera da quando erano atterrati
sul
Pianeta Blu; si concentrò allora solo su Zaur, che fece spallucce.
« È qui, Rui. Tanto vale provarci, e verificare se sia
davvero possibile. Prima che arrivi l’ordine diretto dal Consiglio. Lo
vedranno
sicuramente come un gesto tattico, per non dire degno di fiducia. »
Lui esalò piano tra i denti, gli anni di addestramento
militare che si scontravano con le proprie idee e le proprie sensazioni.
« Non senza il suo consenso, » ringhiò infine, « E non
finché non sarà in grado di reggersi in piedi. »
Kert alzò di nuovo gli occhi al cielo: « Allora staremo
qui per un po’, » bofonchiò poco soddisfatto.
Rui non rispose, ma gli lanciò solo uno sguardo
d’avvertimento e si alzò senza aggiungere altro.
Tra i banchi più in fondo possibile, Retasu cercò di rendersi
ancora più invisibile mentre sbirciava con la coda dell’occhio ai suoi
compagni
di lezione. Praticamente tutti, chi tra cellulare e chi tra computer,
stavano
commentando con energia le immagini registrate quella mattina dal
gruppetto di
ragazze al parco di Shinjuku Gyo-en, che attestavano non solo
inequivocabilmente l’arrivo di altri nemici dallo spazio, ma anche il
ritorno
delle Mew Mew.
Con un gesto quasi meccanico si accertò che la sua
camicetta fosse ben chiusa attorno alla gola – un bottone in più del
normale –
e per un istante desiderò avere almeno un cappello per nascondere i
suoi
capelli così appariscenti. O almeno che pure i suoi acquisissero il
colore
della sua forma Mew solo durante la trasformazione, come succedeva a
Ichigo e
Minto
(**). Qualsiasi cosa, pur di permettere
che la vera identità
della mewfocena non fosse mai, mai e poi mai ricollegata a lei.
Non sarebbe mai stata capace di gestirlo. I suoi genitori
avrebbero avuto un infarto. E poi come spiegare che il suo
ragazzo
proveniva
inoltra da un altro pianeta?! No, no, assolutamente no. Non aveva
nemmeno detto
esplicitamente di averlo, il fidanzato, presentarlo pure come
extraterrestre
sarebbe stato il colmo!
Le scappò un gemito sottile e si afflosciò ancora di più
sulla sedia, infilando il naso tra i suoi appunti. Calma, doveva
mantenere la
calma; agitarsi non le avrebbe certo fatto bene e apparire sospetta o
colpevole
era la strategia sbagliata. Dopotutto l’aveva già affrontato ed era
andato
tutto bene, e dalla sua parte aveva ora il fatto di essere più adulta,
più
indipendente, non avrebbe dovuto inventarsi tutte le frottole che aveva
intrattenuto durante le scuole medie per giustificare ogni assenza,
ogni
repentino cambio di piani, ogni volta che crollava a letto prima di
cena perché
fisicamente e mentalmente esausta.
Il ricordo, però, le generò uno scomodo senso di colpa:
non sarebbe stato in ogni modo semplice dover mentire per forza alla
sua
famiglia, quasi come se fosse l’unica opzione disponibile. La faceva
stare
male, e nemmeno i discorsi sul bene superiore che Keiichiro aveva fatto
loro in
passato e che sapeva fossero dietro l’angolo riuscivano a cancellare
del tutto
quella sensazione di star facendo ai suoi genitori una grave mancanza.
Ma
d’altronde, cosa avrebbe potuto raccontargli? La verità era fuori
questione,
non avrebbe fatto altro che farli preoccupare all’inverosimile! Erano
stati i
primi testimoni della sua innata goffaggine e l’avevano incerottata
decine di
volte per i suoi piccoli incidenti domestici, pensare che si andasse a
cacciare
in maniera volontaria in veri e propri scontri con nemici sarebbe stata
la loro
fine!
Calmati, calmati, si ripeté per l’ennesima volta
mentre la professoressa entrava in classe e richiamava gli studenti
all’ordine,
Una cosa alla volta.
Magari poteva incominciare presentando ufficialmente Pai
ai suoi per arginare un po’ il problema di dover sempre scegliere
un’amica
diversa con cui dire di essere o dare risposte così vaghe da risultare
palesi.
Magari presentandolo esclusivamente come un normale, ordinario, perfino
noioso
umano con un lavoro assolutamente regolare e una storia di vita
insignificante.
Sospirò così forte che la sua frangetta le svolazzò
davanti agli occhi al frullo del suo cuore al pensiero di sottoporre
l’idea
all’alieno, e fu grata della voce monocorde della professoressa che le
diede
qualcosa di diverso su cui concentrarsi.
« Andiamo a casa? »
Ryou si domandò quando, esattamente, l’immagine di una
Ichigo imbronciata sull’uscio del laboratorio fosse diventata una di
quelle a
lui più familiari.
« Mi sta anche venendo sonno. »
Lui rise, digitò un altro paio di volte sulla tastiera e
poi si reclinò contro lo schienale della poltrona, voltandola verso di
lei: «
Però devo continuare a lavorare. »
« Il portatile è fatto apposta per lavorare di fianco a
me mentre faccio un pisolino, » ribatté, allungando una mano verso di
lui come
a dirgli di spicciarsi, « Non hai scuse. »
« Non dire poi che faccio troppo rumore. »
Tiratosi in piedi con un sospiro, Ryou le prese il polso
per tirarla a sé e l’abbracciò, nascondendo il viso contro al suo
collo: « Non
mi mancava vederti combattere. »
« Non è che abbiamo combattuto, » mugugnò lei, sfregando
il volto contro di lui, « Ma condivido il sentimento. Però ho voglia di
pareggiare, ora. »
Il biondo sbuffò poco divertito però non si spostò: «
You’re
so sexy with your costume on though. »
« Shirogane! »
« Non posso fare i complimenti a mia moglie? »
Ichigo avvertì le viscere contrarsi di un intenso calore
a quelle parole, che risalì fino al petto e poi le infiammò le guance:
« Se ti
spicci e andiamo a casa magari ne possiamo parlare… »
Ryou rise sottovoce e per un istante la strinse più
forte, poi le lasciò un bacio sulla fronte: « Dammi cinque minuti,
copio questi
dati per Pai e ti raggiungo. Tu raccogli le tue cose. »
La rossa annuì e gli strizzò le dita tra le sue per un
secondo, prima di fare dietrofront e risalire le scale con passo
pesante. Gli
altri si erano già dileguati, Kisshu e Pai verso la loro astronave a
fare
chissà cosa – aveva da tempo perso la curiosità di andare a sbirciare
come
fosse davvero – e non voleva invece pensare dove si fossero rinchiusi
Taruto e
Pai. Poteva solo sentire Keiichiro canticchiare sottovoce in cucina
mentre,
senza dubbio, si dedicava a uno delle sue deliziose creazioni non per
vera
necessità, vista la temporanea chiusura del Caffè, ma più per scaricare
la
tensione di quella giornata che già le sembrava infinita.
Stava faticosamente raggiungendo l’ultimo gradino, quasi
tirandosi attaccata al corrimano, quando il cellulare iniziò a vibrarle
nella
tasca posteriore dei jeans. Lì per lì, il cuore le schizzò in gola
mentre si
immaginava una delle ragazze di nuovo in pericolo – nonostante il
silenzio di
tutti i loro sistemi – invece si accigliò quando lesse il nome sul
display e il
nervosismo la colse per una ragione differente.
Sbrigandosi a salire del tutto le scale e lanciando
un’occhiata furtiva a Keiichiro, e al passeggino parcheggiato accanto a
lui,
s’intrufolò di soppiatto nel bagno dello spogliatoio, rispondendo
sottovoce: «
Pronto, Aoyama-kun? »
« Ichigo, meno male che hai risposto, » la voce
del ragazzo la raggiunse piena di sollievo,
« Ho visto il
telegiornale, e…
sta succedendo di nuovo? »
Lei si morse il labbro mentre si sedeva sulla tazza e si
sfregava il viso: « Ecco… sì, diciamo di sì. »
« State tutti bene? »
Non seppe perché continuò a sentirsi così in colpa mentre
annuiva, pur conscia che lui non l’avrebbe vista: « Sì, per ora sì. Ci
hanno
colti alla sprovvista, ma… ce la caveremo. Come sempre. »
Masaya abbozzò a una risata di sostegno, poi sospirò
forte: «
Io non ho più i miei poteri. Altrimenti avrei… »
Ichigo strinse gli occhi per un istante, cercando di
togliersi dalla mente l’immagine del ragazzo che si sovrapponeva a
qualcuno a
lui così simile, eppure totalmente opposto, e si mischiava ancora a
quella di
lunghi capelli dorati e un pastrano blu: « Grazie, Aoyama-kun. Gli
Ikisatashi
sono… davvero dalla nostra parte questa volta. Andrà tutto bene. »
« Mi raccomando, Ichigo. Se posso fare qualsiasi cosa
- »
« Stai al sicuro, Aoyama-kun. È la cosa più importante. »
«
Anche voi, mi raccomando. E buona fortuna. »
Rimase seduta sul water per un minuto buono non appena la
telefonata terminò, a torturarsi una ciocca di capelli senza un reale
motivo.
Se anche Masaya era sembrato così preoccupato, nonostante tutto ciò che
avevano
passato –
che lui e lei avevano passato – forse
cercare di sentirsi
ottimisti non era la scelta giusta…
« Ichigo, ci sei? »
Scattò come una molla quando la voce di Ryou la
raggiunse, trafficando per infilare di nuovo il cellulare in tasca.
« Eccomi! » tossicchiò e quasi si lanciò fuori, cercando
di mantenere l’espressione più neutrale possibile quando incontrò il
viso del
biondo fuori dalla soglia, « Possiamo and – ah, no, devo fare… »
Shirogane alzò un sopracciglio confuso: « Sei appena
uscita dal bagno. »
« Sì ma stavo… lascia perdere, torno subito! »
Lui rimase perplesso quando la porta gli si richiuse in
faccia, poi sospirò e scosse la testa verso Kimberly, tranquilla e
allegra nel
suo passeggino: «
Just so you know, your mom’s weird. »
Seduta al centro della stanzetta d’allenamento allestita
all’ultimo piano di casa, Minto rovesciò il contenuto del borsone da
danza,
sparpagliandone i vari pezzi sul legno, per riordinare in vista della
lezione
alle bambine che – cascasse il mondo – avrebbe tenuto il pomeriggio
seguente.
Iniziò a piegare accuratamente i vari body, leggings, e top,
dividendoli tra
quelli che avrebbe indossato nei giorni successivi, quelli da lavare
per far sì
che non si rovinassero, quelli che ormai non la convincevano più e che
avrebbero potuto essere aggiunti al cassetto dedicato del suo armadio.
Era un’azione che la rilassava, poter sistemare in quella
maniera, annusare nuovamente il profumo familiare della lycra e del
cotone, ristabilirsi
nel suo elemento. Pur non usandole mai con le bimbe, si portava ancora
dietro
il sacchetto a rete con dentro tutte le ultime punte che aveva
utilizzato, e si
prese del tempo per esaminare anch’esse e decidere se – davvero – un
paio fosse
ormai troppo usurato per conservarlo.
Sfiorò con estrema tenerezza il paio decisamente
consumato che sapeva appartenere al suo ultimo spettacolo ufficiale;
era solita
infatti distruggere le scarpette selezionate per una performance
durante questa
e partire subito con un paio semi-nuovo per lo show successivo, ma di
alcune
proprio non riusciva a disfarsene, per quanto inutilizzabili fossero la
componente emotiva era fin troppo importante pure per lei. Conservava
il primo
vero paio di mezze punte, ormai sbiadite e logore, dentro una scatola
chiusa da
un fiocco e riposta al sicuro sul ripiano più alto della cabina
armadio,
figurarsi se non avrebbe tenuto ogni singolo paio di punte che
rappresentavano
qualcosa di significativo.
Il sussurro del teletrasporto le arrivò alle orecchie e
lei lanciò solo uno sguardo verso la grande parete di specchi per
assicurarsi
che i suoi sensi non l’avessero tradita.
« Sarebbe meglio non comparire all’improvviso, ora. »
Kisshu sbuffò e la circumnavigò, scrutandola con un
ghigno divertito: « Ti stai nascondendo? »
« Tanto mi trovi sempre. »
Quasi incredibilmente, gli rivolse un sorrisetto sincero
mentre lui si lasciava cadere con uno sbuffo sul pavimento, a gambe
divaricate:
le afferrò poi il polpaccio destro, la tirò a sé – sordo alle sue
proteste sul
fatto che le sue cosce nude sfregarono il pavimento – e approfittò
della sua
elasticità per posarle la caviglia della stessa gamba sulla spalla per
averla
il più vicino possibile.
Minto lo guardò sollevando semplicemente un sopracciglio,
e lui intrecciò le dita sull’incavo della sua schiena:
« Preferivi stare da sola? »
« Da quando in qua è un’opzione che ti interessa davvero?
»
« E da quando in qua rispondi a una domanda con un’altra
domanda? »
La mora sbuffò senza poter fermare un sorriso alla sua
espressione irriverente, aggiustandosi un po’ di più contro di lui.
« No, in ogni caso, » mormorò, « Non è decisamente il
momento. Anzi, sono preoccupata per la onee-sama. »
Kisshu giocherellò con uno dei boccoli che ormai le
arrivavano al seno: « Mi preoccuperei di più per chi si possa mai
mettersi in
testa di trovarsi faccia a faccia con lei. »
« Sciocco, » lo ammonì subito, « Non è il caso di
scherzare su queste cose. Non siamo… preparate. Non lo eravamo nemmeno
la prima
volta, però… »
Lui aumentò un poco la presa: « Dici per oggi, tortorella?
Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a mostrargli chi è che comanda. »
Minto sbuffò e lo guardò un po’ storto: « Appunto. »
« Meglio, non sanno ancora cosa gli aspetta, » vedendo
che i suoi tentativi di umorismo – come al solito – non parevano
convincere la
mewbird, l’alieno poggiò la fronte contro la sua, « Dico sul serio.
Essere
sottovalutati può rilevarsi estremamente efficace. Anche noi all’inizio
non vi
avevamo dato un centesimo, con quelle gonnelle troppo corte e troppo
colorate,
eppure guarda com’è andata a finire. »
La mora gli rivolse un’occhiata un po’ scioccata e
indispettita che sottintendeva chiaramente un
non me lo
ricordare, per
favore, poi abbassò la testa e borbottò: « Continua a non
piacermi per
niente. »
« Io qualche cazzotto a quelli là lo do volentieri. Però
preferirei non ci andassi di mezzo tu. »
Lei non rispose, esalando solo tra i denti, e dopo un po’
Kisshu le tirò un po’ più dispettoso una ciocca di capelli, cercando di
incrociare il suo sguardo: « Sei ancora arrabbiata con me? »
« Sì, » Minto rispose un po’ troppo velocemente e con un
po’ troppa poca convinzione, ma lui fu abbastanza furbo da nascondere
il
ghignetto divertito, « E vedi bene di non fare il deficiente con tutte
le
clienti del Caffè. »
Lui le picchiettò la fronte con l’indice: « Lieto che sia
questa la tua preoccupazione principale al momento, tortorella. »
La mora sbuffò ancora e tolse la gamba dalla sua spalla
per passargliele sotto le braccia e raggomitolarsi un po’ di più contro
di lui,
incastrando la testa sotto alla sua gola così da non guardarlo in
faccia: «
Resti a cena? »
Kisshu ghignò e continuò ad accarezzarle i capelli: «
Solo se me lo chiedi a voce più alta, che non ti fa male. »
« Cretino. »
§§§
Pai esalò per l’ennesima volta e si massaggiò le tempie
con i polpastrelli, premendo quanto più forte possibile. Non importava
quanti
radar avesse installato, con quanti parametri differenti, connettendo
anche i
pendagli delle ragazze e ogni singolo sistema disponibile tra lui e
Shirogane:
gli alieni proveniente da Gaia sembravano introvabili.
E il fatto di non essere sicuro al cento per cento che le
loro posizioni fossero altrettanto nascoste ai loro nemici non faceva
altro che
peggiorare la situazione.
Non riusciva a capire come la tecnologia geota fosse così
tanto più avanzata della loro, che già superava quella di Shirogane,
che
a
sua volta era molto più precisa di quella umana per quanto
riguardasse la
vita extraterrestre. Già non essere riusciti a captare il loro arrivo
era una
macchia indelebile sulla sua coscienza, ma nemmeno riuscire a trovarli
ora che
si trovavano fisicamente a Tokyo…
Aveva anche tentato di controllare l’intera atmosfera
terrestre, ovviamente, e quanto più possibile nello spazio attorno ad
essa. In
più, i sistemi di Duuar erano in grado di percepire dimensioni
parallele come
quelle che creavano lui e i suoi fratelli, e, anche se erano passati
millenni
da quando il loro popolo si era diviso, non riteneva che i poteri dei
loro
antichi cugini fossero così dissimili dai loro.
Imprecò di nuovo tra i denti e si costrinse a pensare al
minimo dettaglio che avesse potuto scordarsi. Ci doveva essere qualcosa
nell’etere, una vibrazione, un’anomalia che portasse almeno un indizio
di forme
di vita differenti. E lui doveva trovarlo.
« Sento puzza di bruciato e direi che è il tuo cervello.
»
Pai utilizzò tutto l’autocontrollo addestrato negli anni
per non friggere Kisshu lì sul posto ma limitarsi a grugnirgli contro
in una
maniera che faceva ben intendere che il sarcasmo era ben poco
apprezzato. Il
fratello di mezzo, ovviamente, sembrò non prenderlo abbastanza sul
serio.
« Confermo che i registri della nave non hanno rilevato
nulla per l’ennesima volta, solo quando i nostri nuovi amici si sono
palesati
al parco, » esclamò, gettando con inesistente grazia un dischetto
rotondo
davanti a Pai, « Ma hanno annotato qualche dato biometrico che potrebbe
essere
interessante. »
Il maggiore chiuse le dita attorno allo spazio di memoria
esterno: « Non riesco a capire come sia possibile. Dovrebbe essere la
migliore
tecnologia che abbiamo. »
Kisshu si strinse nelle spalle: « Noi siamo molto più
avanzati degli umani. Potrebbe essere successa la stessa cosa con i
geoti. »
« Grazie, » sibilò il maggiore a denti stretti, « Un
approfondimento davvero pioneristico. »
Il fratello gli rivolse un’occhiata irritata: « Sbatterci
la testa contro non è utile. Sarebbe meglio ti concentrassi su come
batterli. »
« Localizzarli è altrettanto importante, » insistette
Pai, « Non sappiamo nemmeno se loro siano in grado di trovare noi, e
vista la
situazione non sarei così tranquillo. »
« Taruto ha innalzato una barriera attorno tutto al Caffè
(***).
Possono pure trovarci, ma i danni che possono provocare sono limitati. »
« E ogni abitazione? »
Kisshu sospirò, grattandosi la testa e chiudendo gli
occhi per un istante: « Senti, se questo è il meglio che possiamo fare,
per ora
accontentiamoci, giusto? Le ragazze non sono delle sprovvedute, e a
parte per
Ichigo e Zakuro, direi che c’è
sempre uno di noi
con loro. E ci vogliono
letteralmente cinque secondi per avvertirci e raggiungerle, in caso. »
Pai emise solo un grugnito che parve fungere da scettica
accettazione delle parole dell’altro, sempre poco incline a dargli
ragione.
« Non è la situazione ottimale. »
« Quando mai lo è stata? »
Il ghignetto sarcastico del verde non alleviò certo il
suo malumore, però si sfregò la faccia e rifletté qualche secondo prima
di
ordinare spiccio: « Le Mew Mew possono comunicare tra di loro
attraverso i loro
pendagli, ma è meglio dotare ognuna anche di un nostro connettore così
che
possano raggiungerci più facilmente. Non mi fido di quegli aggeggi
umani, il
loro campo non è così stabile. »
« Sissignore, » la risposta di Kisshu fu un po’ troppo
divertita, « Dovremmo averne abbastanza sulla nave. Altrimenti dovrai
sfruttare
ancora un po’ quel tuo potente cranio. »
Pai lo trucidò con lo sguardo, e Kisshu scivolò via con
un sorriso prima che potesse infilzare uno o due ghiaccioli in punti
poco
piacevoli.
« Trovate. »
La voce bassa di Zaur non tradì molta emozione in quel
pomeriggio per loro assurdamente afoso, ma riuscì invece a scatenare
l’interesse dei compagni, che si alzarono per raggiungerlo nell’angolo
più
fresco del salone, dove sostava davanti a un largo monitor che pareva
galleggiare nel nulla.
« Dopo solo tre giorni, magnifico, » commentò sarcastico
Kert, sbirciando da sopra la spalla del compagno, « Sarà una missione
molto
breve. »
L’alieno dagli occhi neri picchiettò leggero sul monitor
e l’immagine di una strana costruzione di colore rosa comparve in tre
dimensioni davanti a loro.
« Cosa…. Sarebbe? »
La domanda di Pharart rimase sospesa per qualche secondo
mentre Zaur corrugava la fronte e zoomava di più sul locale.
« Sei sicuro che siano le coordinate giuste? »
« La loro traccia biometrica porta esattamente qui, »
rispose laconico, « Sono sicuro. »
Il biondo alzò una mano come a scusarsi, e in silenzio
osservarono l’immagine in diretta che roteava di trecentosessanta
gradi.
« Riesci a farci vedere l’interno? »
Zaur scosse la testa alla domanda di Rui: « Non del
tutto, ma posso fare… così. »
Il Caffè rimase visibile nella sua interezza, ma tre
ombre scure apparvero sovraimpresse su quello che sembrava il piano
inferiore;
anche con i contorni leggermente sbiaditi, i geoti riconobbero le
sagome dei
loro antichi compatrioti.
« Questo è il punto in cui convergono maggiormente le
singole tracce e per la maggiore quantità. I livelli dei Duuariani sono
molto
più alti di quelli delle umane, » Zaur picchiettò con l’indice su una
stringa
di dati in alto a sinistra, « Il loro quartier generale. »
Rui studiò la scena, imprimendosi bene in mente la
struttura di quella costruzione così bizzarra.
« Questo posto sta diventando sempre più strano. »
« Ehi, guarda lì. »
Pharart attirò la loro attenzione nell’angolo in basso a
destra del video, in cui era comparsa l’umana dai lunghi capelli
biondi. Kert
fece una smorfia al contempo stupita e confusa: « È… diversa da come
l’abbiamo
vista noi. »
Con un paio di rapidi ticchettii, Zaur fece spuntare
un’immagine presa dal loro ultimo scontro con le Mew Mew, accostandola
al video
in diretta.
« Non devono essere semplici umane, » Rui scosse la
testa, stringendo gli occhi, « Non so se i Duuariani abbiano qualcosa a
che
vedere con tutto ciò, ma voglio una sorveglianza costante su questo
posto. Studiate
i loro movimenti, scoprite dove vanno, cosa fanno, in quali altri
luoghi si
incontrano. E perché diamine hanno delle orecchie animali che gli
spuntano
dalla testa. »
« Un aspetto che donerebbe a Kert. Soprattutto la coda. »
«
Ah-ah-ah. »
« Non ti si può dar torto, Pharart, » una voce divertita,
ma fioca, li raggiunse dalla soglia alle loro spalle.
Kert si rabbuiò all’istante, soffocando un ringhio,
mentre Rui sorrise e si avviò verso la nuova arrivata, porgendole la
mano: «
Pensavo fossi a letto. »
« Sì, ma mi stavo annoiando e ho sentito che avete fatto
scoperte interessanti, così vi ho raggiunti. »
« Come stai? »
Lei sorrise grata a Pharart: « Meglio, grazie. Io e Zaur
stiamo testando delle calibrazioni che possano aiutare. Mi dispiace
causarvi
così tanti inconvenienti. »
« Figurati,
principessina, » la prese in giro Kert
con malcelato astio, « La tua presenza qui non è che fonte di gioia. »
Rui lo incenerì con lo sguardo, ma la risata cristallina
dell’aliena dal viso tondo e stanco, incorniciato da una folta
frangetta nera,
gli fece capire che, come al solito, lei non avrebbe dato troppo peso
alla battutina
gratuita: « Ti ringrazio delle parole gentili, Kert. Ma potresti anche
chiamarmi con il mio nome. »
« Cerco solo di renderti onore,
Espera(****).
»
Espera sorrise divertita, sfiorando con leggerezza il
dorso della mano di Rui come a tranquillizzarlo, poi stese il collo
fino a
sbirciare il monitor sospeso nell’aria.
« Le avete identificate? »
« Il loro principale ritrovo, sì, » ricapitolò Rui,
poggiandole una mano sull’incavo della schiena, « Ma ci sono ancora
abbastanza
incognite su di loro. »
La ragazza corrugò la fronte nell’osservare la figurina
dai capelli color miele che entrava e usciva da una porta: « Sembra…
così
giovane. »
« Meglio così, » commentò roco Kert con soddisfazione, «
Sarà più facile metterle fuori gioco e completare questa missione al
più
presto. Scommetto che la nostra inaspettata ospite non veda l’ora di
tornare a
casa. »
Questa volta, gli occhi blu scuro di Espera lo guardarono
con una punta di fastidio: « Non attribuirmi parole che non ho mai
detto. »
« Vuoi forse rispondere che, però, non sia vero? »
Lei lo scrutò per un’altra manciata di secondi, prima di
sorridere: « È merito tuo se abbiamo trovato questa elegante casa
abbandonata da
utilizzare come nostro alloggio, Kert. Non posso certo lamentarmi, non
ci manca
nulla. »
Lo sguardo dorato brillò di fastidio prima che l’alieno
grugnisse scontroso, e Zaur ne approfittò per domandare: « Come vuoi
procedere?
»
« Almeno ventiquattro ore di sorveglianza prima di un
eventuale attacco. Così da avere dati sufficienti da condividere anche
con il
Consiglio. »
Kert si schiarì la gola, e un sorrisetto maligno si
ridipinse sulle sue labbra: « E
dell’altro pezzo
del piano cosa ne
pensiamo? »
Espera, se possibile, impallidì ancora di più mentre Rui,
con un guizzo della mascella, sibilò tra i denti: « Non è da discutere
qui. »
« Mi dispiace, fratellino, ma non sono d’accordo, »
insistette lui, « Siamo qui apposta, stiamo discutendo la strategia. E
tra
cinque giorni… »
« Kert. »
« Lo sai che ho ragione. »
Il fratello, come al solito, lo squadrò con astio e
impazienza, poi mosse il mento verso il monitor di Zaur mentre poggiava
di
nuovo la mano sulla schiena di Espera: « Monitorate e datemi tutte le
informazioni più importanti. Zaur, affido a te il compito di scrivere
un
rapporto per il Consiglio. Lo invieremo domani. »
Non attese risposta mentre guidava elegantemente la
ragazza fuori dal salone e lungo il corridoio buio fino alla camera da
letto che
condividevano. Non era certo il posto più formale in cui parlare di
attività
ufficiali legate alla loro missione, ma non sarebbe mai riuscito a
trattarla
del tutto come un membro effettivo di quella squadra.
Non come tutti gli altri, almeno.
« Sapevamo che sarebbe successo, » mormorò lei a mezza
voce, cercando di suonare spensierata.
Rui si fermò nel centro della stanza e le prese il volto
tra le mani: « Sì, ma non voglio forzarti. E l’ordine del Consiglio non
è
ancora arrivato. »
Espera gli strinse le dita e abbozzò un sorriso: «
Scommetto che sappiamo entrambi a volte sia meglio non doverli
aspettare. »
« La mia bellissima figlia della Notte, » lui poggiò la
fronte contro la sua, « Dovremo vedere se questo nomignolo significa
davvero
qualcosa. »
«
Bellissima? »
Il ragazzo sbuffò: « Di quello non devi dubitare. »
Lei ridacchiò e poi si morse il labbro: « Allora… tra
cinque giorni? »
Le dita di Rui si strinsero appena contro al suo viso: «
Non devi farlo obbligatoriamente. Sarebbe solo la prima Luna piena
sulla Terra,
e non abbiamo ancora combattuto come si deve contro le umane. Non
succederebbe
nulla se per questa volta… »
Espera fece schioccare la lingua e scosse la frangia: «
Vorrebbe dire aspettare un altro mese per provarci. Non ha molto senso,
rischieremmo di perdere un’occasione e di irritare il Consiglio. Mi
hanno messo
sull’astronave apposta, no? Se la profezia è vera... »
« Ripeto, avrei preferito che non fosse una sorpresa, »
Rui insistette a tenerla ferma, « Solo se te la senti. Se non stai
bene, se per
caso… tu rimani qui. »
« Starò bene, » lo rassicurò convinta, il sorriso un po’
più sicuro, « Lo prometto. »
§§§
«
Where are you? »
Zakuro, in piedi davanti alla larga porta finestra della
camera da letto, si guardò sopra la spalla con l’accenno di un sorriso:
«
I’m
right here. »
«
No, you’re not. »
Lei fece una smorfia e ritornò a guardare fuori verso le
molteplici luci notturne della città: « Non mi piace non sapere le
cose, »
mormorò piatta, stringendosi le braccia nude, « Non mi piace non
capire. »
Il silenzio che le rispose, rotto solo da un fruscio
leggero di lenzuola, la fece continuare sottovoce, sempre in inglese: «
Non
conosciamo ancora bene i nostri nemici, che non si fanno vedere né
sentire da
quasi una settimana. Non riesco a decidermi se sia una cosa positiva o
negativa; forse ci stanno studiando e sanno dove colpirci, a differenza
nostra;
forse anche loro ci stanno mettendo così tanto perché presi alla
sprovvista. Ma
l’attesa mi innervosisce. »
«
Thought I’d relaxed ya. »
Si voltò finalmente del tutto verso Joel, nascondendo un
sorriso sotto il guizzo di un sopracciglio, ma non aggiunse altro;
chiuse le
tende, desiderosa di quanto più buio possibile, e si infilò di nuovo
nel letto,
poggiando la schiena contro la spalliera.
« Davvero non hai mai fatto domande a Shirogane quando ti
ha coinvolto nel progetto? »
« Perché avrei dovuto? Paga bene. »
Zakuro sbuffò, e sotto lo sguardo zaffiro il texano si
voltò su un fianco, issandosi su un gomito: « Sono un medico
specializzato in
genetica. Era l’occasione della vita. »
La modella batté le palpebre, rispondendo con un secondo
di ritardo: « Un esperimento per cui non avresti mai potuto raccogliere
gloria,
però. »
« Non ho studiato medicina per la gloria, » rimbeccò lui,
« Il DNA di animali in via d’estinzione vi regala superpoteri che
aumentano la prestanza
e la resistenza del vostro fisico. Ti sei mai chiesta come potrebbe
essere
possibile applicare una versione edulcorata di questa scoperta per
combattere
malattie neurodegenerative? O patologie per cui ancora non abbiamo
trovato una
cura? »
L’istinto del lupo della ragazza quasi le fece digrignare
i denti: « Non siamo cavie da laboratorio. »
« Non ho detto
questo, » Joel allungò un braccio per sfiorarle una gamba, « Non sto
studiando
voi.
E neanche il vostro DNA direttamente. Però le ricerche di
Shirogane in
generale possono essere utili a più scopi. »
Zakuro scostò il viso solo per non fargli notare che
stesso considerando che lui potesse aver ragione. Nessuna di loro si
era
effettivamente mai chiesta con esattezza in cosa consistessero gli
studi
condotti dai vari laboratori di Ryou e Keiichiro in giro per il mondo o
dalle
varie collaborazioni con altre aziende internazionali. Né avevano mai
dubitato
che le intenzioni dei due scienziati fossero altro che ottime. Al tempo
stesso,
non le piaceva che le fosse ricordato sempre, con estrema facilità,
quanto la
sua vita avesse preso una svolta non pianificata e così assurda; come
fossero
state trasformate in mutanti in nome del bene superiore.
« Il colpevole è sempre Shirogane, » scherzò sottovoce
Joel, intuendo il suo malumore, « Io non c’entro niente con chi ha
scelto, sono
arrivato dopo. »
Zakuro non si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo: «
Lui dice sempre che è stata la Terra a sceglierci. »
« Non l’avrei mai preso per uno così romantico. »
«
Ass licker, you mean. »
L’americano rise e si girò meglio su un fianco: « Posso
portarti, lo sai. A vedere cosa faccio. Il laboratorio a Sunnyvale
(*****)
è
particolarmente delizioso, in primavera. »
Lei inclinò appena il capo, sollevando un sopracciglio: «
Chi mi assicura non sia una trappola per rubare i segreti del mio DNA? »
La risata roca rimbombò nella stanza buia in risposta al
suo sarcasmo: «
I got you where I want right here. »
§§§
Ichigo esalò e chiuse gli occhi, poggiando la testa
contro lo schienale della sedia a dondolo mentre continuava a dare
colpetti
leggeri sulla schiena di Kimberly. Sperava solo che la bimba decidesse
di
dormire un po’ più a lungo del solito, almeno per quella sera. Le
sarebbe
bastata solo una sera.
Era così stanca che le pareva di sentire il rumore delle
ossa che cigolavano sotto il peso di tutto quello che stava succedendo.
Sfiorò
con le labbra la testa della figlia e ne inspirò il profumo che
riusciva sempre
a calmarla.
La casa era silenziosa, Ryou era di nuovo rintanato nel
laboratorio del Caffè a distruggersi il cervello cercando di scoprire
quanto
più possibile sui loro nemici. Ichigo sospirò piano e continuò a
dondolarsi;
lui non l’avrebbe mai ammesso, ma lei sospettava che in qualche maniera
l’americano si sentisse in colpa per quanto accaduto mesi prima, per
non
essersi reso conto della riattivazione dei loro poteri o della nuova
minaccia
incombente – nonostante nemmeno i raffinatissimi strumenti degli
Ikisatashi
avessero dato molti frutti – e stesse quindi cercando una sorta di
espiazione
lavorando a ritmo più serrato che mai. Con lui, ovviamente, i tre
alieni loro
alleati; quella sorta di stasi in cui erano caduti da una settimana a
quella
parte aveva reso tutti attenti al più minuscolo dettaglio, alla ricerca
di una
qualsiasi risposta.
Era conscia che, almeno per Ryou e per Pai, fosse una
risposta naturale per mantenere la calma e avere l’impressione, per
quanto
falsata, che la situazione fosse sotto controllo; ma per lei era come
avere il
cuore in un costante frullatore, e la modalità protettiva in cui erano
scattati
i ragazzi le era tutt’altro che di conforto.
Non che poi fosse effettivamente sicura di cosa volesse.
Sospirò di nuovo e si accomodò meglio contro la poltrona,
canticchiando una ninna nanna a mezza voce mentre controllava che
Kimberly si
stesse effettivamente addormentando, scivolando in un sonnellino a sua
volta
quasi senza rendersene conto.
«
Cazzo! »
« Purin! »
« Scusa, capo, » la biondina lo guardò con aria afflitta
e si succhiò il pollice ferito, « Mi sono distratta. »
Ryou sospirò e le si inginocchiò accanto per aiutarla a
raccogliere la moltitudine di forchette sparse per terra.
« Ti sei fatta male? »
« No, solo nell’onore. »
Lui esalò una risata: « Che ci fai ancora qui? »
Purin sistemò con molta cura le posate e fece spallucce:
« Taru-Taru è giù con te e Kisshu nii-san. Non avevo voglia di stare a
casa da
sola, ho i nervi a fior di pelle con questa attesa. »
L’americano non poteva certo biasimarla, visto che stava
cominciando ad avvertire una certa vibrazione nelle vene ed era
comunque salito
in cucina per l’ennesima tazza di caffè.
« E i tuoi fratelli? »
Lei fece una smorfia divertita: « Fuori con gli amici.
Quando mio papà non c’è hanno la tendenza a svanire. »
« Per fortuna che non hanno una sorella che si preoccupa
troppo. »
« E cosa gli potrei dire?
Ciao, io a undici anni già
combattevo i mostri, mi raccomando tornate entro mezzanotte? »
Ryou rise di nuovo e le arruffò i capelli mentre la
superava per avvicinarsi alla macchina del caffè all’americana.
« Avete fame, di sotto? »
« C’è Kisshu, di sotto. »
Purin rise e infilò la testa nel frigo: « Con questa
storia della finta ristrutturazione stiamo cominciando ad avere poche
provviste. »
« La dispensa è piena! »
« Sì, ma Keiichiro nii-san non ci lascia più gli avanzi della
giornata. »
« I
don’t even know where you put all the stuff you eat… »
Si risvegliò di scatto quando il suo istinto le vibrò
nelle orecchie, avvertendola che c’era troppa calma, troppa pace.
Si era fatta sera inoltrata, Kimberly era sempre stretta
al suo petto e dormiva beata; Ichigo si alzò con cautela dalla sedia a
dondolo
e cercò il cellulare nella penombra, tastando con la mano libera. Erano
solo le
nove, eppure le sembrava molto più tardi. Si sorprese quando si rese
conto di
non essersi nemmeno svegliata per la fame, visto che a pranzo si era
concessa
solo uno spuntino veloce perché la bimba era stata di cattivo umore.
Forse era
davvero solo la stanchezza, però aveva uno strano nodo allo stomaco e
quella
sensazione di calma…
Non adagiò la figlia nella culletta ma la tenne con sé
mentre marciava verso la propria camera da letto; corrugò la fronte
quando
l’interruttore della luce in corridoio scattò e la lampada al soffitto
tremolò
un paio di istanti prima di spegnersi del tutto. Ichigo soffiò tra i
denti e
riprovò un paio di volte, ma doveva essere saltata la lampadina, e lei
non era
nemmeno certa di dove fossero quelle di ricambio.
Fece partire la torcia del cellulare giusto per vederci
bene, con Kimberly in braccio, ed entrò in camera da letto digitando un
messaggio per Ryou; le scappò un altro mezzo sospiro di fastidio quando
vide
che pareva non esserci segnale e il messaggio rimaneva bloccato in
uscita.
Poi alzò lo sguardo sulla finestra e il cuore le
precipitò nello stomaco quando vide le luci dell’intera città spegnersi
contemporaneamente davanti ai suoi occhi.
Il frigorifero morì con un sonoro sospiro mentre tutto il
Caffè piombava nel buio.
« Non sono stata io! » si difese subito Purin, chiudendo
lo sportello per preservare il freddo quanto più possibile, « Che
succede?! »
Ryou sussurrò un’imprecazione in inglese e non le
rispose, prendendo invece il cellulare in mano e controllandolo: la sua
intuizione era stata tristemente sbagliata, e il dispositivo gli stava
chiaramente comunicando la totale assenza di linea.
Il rumore sordo del generatore di emergenza – che riempì
il locale di una fredda luce bluastra, e lui ringraziò mentalmente
Keiichiro di
aver insistito così tanto, tutti quegli anni prima – coincise con il
trambusto
degli Ikisatashi che salivano di corsa dal laboratorio.
« Non c’è corrente in tutta Tokyo, » il tono di Kisshu
era teso, « E i segnali - »
« Devo andare da Ichigo, » Ryou lo interruppe e si voltò
verso Purin, « Dove sono le altre? »
« Retasu-chan è con Pai nii-san, Minto nee-san è sul set
con Zakuro nee-san… »
« Chiamale attraverso il vostro pendaglio e dì loro di
trovarsi pronte, » la biondina annuì e lui guardò Taruto, « Potresti…? »
L’alieno annuì vigorosamente: « Andiamo a prendere
Ichigo-chan e torniamo subito, » aggiunse, più diretto alla mewscimmia
che già
brandiva la spilla da Mew Mew che agli altri.
« Localizzate la loro posizione non appena i radar
rivelano qualcosa e trovatevi lì, io chiamo Keiichiro e vi seguiamo dal
computer! »
Pharart fischiò tra i denti mentre osservava il panorama
buio dell’enorme città sotto di loro, il vento della sera che gli
scompigliava
i capelli biondi davanti agli occhi: «
Peeerò. Ci
sei andato giù
pesante. »
Kert ghignò soddisfatto: « La principessina vuole la
Luna, chi sono io per non accontentarla? »
« Se gli umani sono messi in difficoltà da un blackout,
non vedo come possano essere un problema, » commentò con voce annoiata
Zaur, a
fianco a loro, « Mi stupisco non siano dotati di dispositivi di
soccorso. »
« Qualcosa là c’è, » rispose il secondo in comando,
muovendo il mento verso le poche luci che si riaccendevano qua e là, «
Ma
niente che ci possa mettere in difficoltà. Sempre che questo piano
funzioni. »
« Funzionerà, » Rui apparve accanto a loro, i capelli
raccolti da una fascetta di pelle, « Attenderemo il momento esatto in
cui sarà
alta in cielo, e funzionerà. »
Il fratello minore si limitò a scuotere le spalle mentre
il ghigno si faceva più largo: « Nel frattempo, divertiamoci. »
Ichigo soffocò un urlo solo per non svegliare Kimberly
quando percepì lo spostamento d’aria e il sibilo sottile di quello che
solo in
seguito realizzò essere il teletrasporto, mentre quasi saltava sul
posto
voltandosi indietro e puntava la torcia contro il rumore.
« Sono io, sono io, » Ryou le andò incontro e le strinse
il viso tra le mani, « Siamo venuti a prenderti, dobbiamo… »
Lei deglutì a vuoto tre volte di seguito per calmare il
battito sforzato del cuore mentre rimetteva insieme i pezzi nella
mente,
capendo che fosse arrivato il momento di entrare in azione; tentennò in
ogni
caso a passargli la bimba ancora addormentata, gemendo piano quando il
calore
del corpicino lasciò il suo.
« Torniamo al Caffè, » l’affrettò Taruto, niente altro
che un vago contorno sfumato nel buio del corridoio, « Purin ci starà
aspettando là, e da lì ci uniremo agli altri. »
Ichigo annuì e si frugò nelle tasche alla ricerca del suo
ciondolo Mew, seguendo con lo sguardo il biondo che infilava con cura
Kimberly
nel passeggino e agguantava la borsa d’emergenza che avevano iniziato a
tenere
sempre pronta per qualsiasi evenienza.
Un altro sguardo incoraggiante da parte di Taruto, che
lei poté scorgere solo perché gli occhi dell’alieno parevano brillare
anche al
buio, e con un luccichio rosato MewIchigo fece la sua comparsa. Non si
scambiarono molte altre parole mentre l’Ikisatashi le stringeva la mano
e
afferrava il polso di Ryou per portarli velocemente al locale, dove
Purin li
stava attendendo anche lei già trasformata.
« Fuori non si vede un accidenti, » esclamò la biondina,
le orecchiette da scimmia che fremevano nervose, « Le altre sono
pronte, Kisshu
ha raggiunto Minto nee-san e Zakuro nee-san. »
MewIchigo, il viso ancora più pallido sotto la luce
fredda del sistema secondario, inspirò profondamente e poi le rivolse
un cenno
del capo: « Andiamo. »
« Non capisco perché fosse necessario fare tutto ‘sto
casino. »
Quasi in contemporanea, MewZakuro e Pai lanciarono
un’occhiataccia a Kisshu per intimargli di stare zitto, mentre tutti si
concentravano per captare qualsiasi segnale che potesse indicare con
più
precisione dove fossero i loro nemici.
Dopo i primi quindici minuti di estrema confusione per
quel blackout totale e improvviso, su Tokyo era scesa una calma
innaturale: i
clacson della gente che tentava di tornare a casa si erano interrotti,
così
come gli strepiti di chi chiedeva cosa stesse succedendo e chi si
preoccupava a
voce alta.
« Chissà quanta gente è bloccata sui treni… » mormorò
sottovoce MewRetasu, le dita un po’ sudate per l’ansia attorno alle sue
nacchere.
« Akasaka-san sta cercando di comprendere da dove sia
partito, » rispose piano MewZakuro, sia per tranquillizzarla che per
evitarle
troppe distrazioni, « Ora pensiamo ai nostri nuovi ospiti. »
Una folata leggera di vento portò sotto al suo naso un
odore che stava imparando a temere:
« Parlate di noi, bellezze? »
La mewlupo girò sul posto, la frusta che sfrigolò tra le
dita. Tre dei loro avversari stavano sospesi a pochi metri da loro,
quello
dagli occhi dorati con un irritante sorrisetto stampato in volto e
l’arma già
imbracciata.
« Non ci siete tutte, » continuò irriverente, « Vi
abbiamo già fatto perdere la speranza e vi siete date per vinte? »
« Tu dai un po’ troppa aria alla bocca, » latrò Kisshu,
roteando i sai con maestria, « Scendi e parliamone, di chi deve darsi
per vinto.
»
« Oppure sali tu e ritorni sulla buona strada. Anche se
capisco l’attrattiva di questa. »
Un ringhio speculare risalì dalla gola di MewZakuro e
Kisshu, quest’ultimo che si mosse in avanti per coprire MewMinto,
mentre Pai
faceva d’istinto un passo di lato per riparare MewRetasu.
Kert rise di gusto e lanciò uno sguardo ai suoi due
compagni, quello biondo e quello bruno: « Quanti erano gli
sheqli?
»
L’alieno dagli occhi così neri che l’iride pareva
indistinguibile dalla pupilla si limitò ad alzare un sopracciglio: «
Smettiamola di perdere tempo. »
« Non potrei essere più d’accordo. »
Veloce come un fulmine, Kert puntò la propria arma contro
le Mew Mew e i loro alleati, scatenando nuovamente un’enorme bolla
d’aria che schizzò
rapida nella loro direzione.
«
VIA! »
MewZakuro, MewRetasu, MewMinto e i due Ikisatashi scartarono
all’indietro, questa volta più pronti rispetto all’incontro precedente,
ma la
velocità di quella sfera trasparente era incredibile e anche a distanza
ne
avvertirono l’implacabile onda d’urto che li fece caracollare per terra.
«
Ribbon Pudding Ring Inferno! »
L’enorme budino gelatinoso di MewPurin apparve
all’improvviso dalla loro sinistra, schiantandosi contro il colpo
d’aria di
Kert: si frantumò in mille pezzi, spargendo piccoli blob appiccicosi
ovunque,
ma riuscì a smorzare l’efficacia dell’attacco.
« Che cazzo è quello adesso, » sibilò l’alieno tra i
denti, scambiandosi un’occhiata confusa con i compagni.
« Ragazze! State bene?! »
Le ultime due Mew Mew raggiunsero di corsa le loro
compagne, aiutandole ad alzarsi in piedi. Kisshu soffiò qualche
parolaccia
sottovoce e si rialzò borbottando:
« Grazie della preoccupazione, micetta. »
MewIchigo non lo degnò di uno sguardo, fronteggiando
invece i geoti con la campanella ben stretta in mano.
Sentire il potere scorrerle nelle vene era una sensazione
familiare ma al tempo stesso spaventosa, complessa; corrugò la fronte e
deglutì, non era il momento di perdersi ma di dimostrare perché era
stata
scelta come paladina e come leader.
«
Ribbon Strawberry Sur - »
Non riuscì a terminare il suo attacco che fu come se
l’oscurità attorno a loro si fosse fatta più densa, avviluppandole
quasi le
spire di un serpente e mozzandole il respiro. Poi, il sibilo di tre
frecce che
giunsero contemporaneamente all’ennesimo getto d’aria.
Si conficcarono con uno scintillio nel terreno alle sue
spalle, vicino alle sagome delle sue compagne ma abbastanza distante da
non
costituire una minaccia.
« Non mi ha presa! » esclamò MewPurin con un sospiro di
sorpresa, « Ragazze, vo –
ah! »
Una risatina soddisfatta echeggiò nell’aria mentre dalla
punta della freccia spuntava una grossa radice verdognola e bitorzoluta
che
scattò velocissima contro la mewscimmia e le si avviluppò alla gamba,
scagliandola a terra con forza.
« MewPurin! » MewMinto fu abbastanza svelta da librarsi
in aria e riuscire a evitare un’altra radice all’apparenza senziente
diretta
dritto verso la sua vita, e incoccò il suo arco per colpire, invece,
quelle che
avevano afferrato MewRetasu e MewZakuro. Prima che potesse scoccare,
però, una
corrente d’aria la prese in pieno, facendola capitombolare via e
perdere la
freccia. Riuscì a raddrizzarsi poco dopo, la testa che girava, solo per
trovarsi Kert a pochi centimetri da lei.
« Che esserini curiosi, » ringhiò con crudele interesse,
sganciando la fibbia di pelle che teneva ferma una piccola accetta alla
cintola, « Che razza di poteri avete? »
MewMinto deglutì, le dita che si contrassero
meccanicamente attorno alla propria arma, ma non fece in tempo a
sollevarla che
la schiena di Kisshu le si parò a un paio di millimetri dal naso. Gli
occhi
dorati dell’alieno loro nemico, che notò non essere così dissimili da
quelli
che conosceva così bene, si tinsero di rabbia:
« Non rendere il tuo tradimento ancora più profondo, duuariano.
Dovremmo stare dalla stessa parte. »
Kisshu schioccò la lingua, sarcastico, e con un movimento
di polso fece ruotare un
sai: « Sto bene dove sto. »
Una scarica elettrica precedette il suo lanciarsi contro
Kert, che però riuscì a deflettere il colpo all’ultimo secondo; il
geota
ringhiò, le nocche che impallidirono attorno al manico dell’accetta.
« Allora vediamo se vi insegnano qualcos’altro oltre alla
galanteria. »
La mewbird considerò più efficace spostarsi e ritornare
in soccorso dalle amiche quando i due cozzarono uno contro l’altro, con
una
forza tale che lo stridio delle relative armi echeggiò nell’aria ancora
pesante.
Taruto stava ancora tentando di prendere il controllo di
quelle strane radici, Pai che forniva loro una protezione grazie ai
colpi del
suo ventaglio, ma le piante parevano non rispondere per nulla ai suoi
poteri.
« Lascia perdere, » ringhiò MewZakuro, riuscendo
finalmente a liberare un braccio per afferrare la sua frusta, «
MewRetasu, non
ti muovere. »
La verde rispose con un mugolio poco convinto, ma smise
di combattere contro l’escrescenza attorno ai suoi fianchi: l’attacco
della
mewlupo la liberò con precisione pochi istanti dopo, la radice che si
spezzò a
metà con uno sfrigolio inquietante.
« MewIchigo, datti una mossa! » strillò MewMinto da sopra
la spalla, colpendo con una freccia la radice ancora intorno alla gamba
di
MewPurin e che lei stava prendendo a randellate con il tamburello,
inveendole
contro con molta poca grazia. La mewrosa, che insieme a Taruto aveva
provato ad
artigliare le piante, sembrò riscuotersi nonostante la pressione che
ancora
sentiva sul petto e quella strana oppressione che le pesava sulle
membra.
Senza dirle nulla, MewRetasu le si avvicinò e le posò una
mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso comprensivo e di
incoraggiamento,
cui la mewgatto rispose con un cenno, prima di squadrare le spalle e
rivolgersi
nuovamente ai nemici.
Rui lanciò uno sguardo veloce allo scontro sotto di loro,
osservando confuso quelle figurine colorate che stavano incredibilmente
tenendo
testa ai suoi compagni. Schioccò la lingua e si voltò verso Espera, il
volto
più pallido del solito.
« Aspetta fino a che la Luna non sarà del tutto alta,
d’accordo? »
Lei annuì e gli strinse le dita con un palmo sudato, gli
occhi blu velati d’argento e tremolanti: « Capito. »
Lui non riuscì a trattenere un sospiro preoccupato mentre
le accarezzava una guancia, scostandole i capelli dal viso: «
Preferirei tu non
fossi qui. Non lo dovessi fare. »
« Lo so, » replicò sottovoce, « Ma va bene così. »
Rui la osservò un altro paio di secondi, poi sciolse le
loro mani lentamente.
« Stai quanto più lontano possibile. »
La baciò velocemente sulla fronte, avviandosi verso il
basso prima di cambiare idea riguardo il lasciarla sola.
« Grazie per averci raggiunti, » lo accolse Zaur, più
nelle retrovie rispetto agli altri due compagni, la voce piatta che non
conteneva la minima goccia di rimprovero, « Come sta? »
Rui esalò tra i denti: « Vediamo di fare in fretta. »
Si lanciò in avanti, pronto a colpire il fianco scoperto
di quella strana umana dai capelli rosa, quando un fiotto d’acqua
gelida lo
colpì di sorpresa, facendolo barcollare pericolosamente verso il suolo.
Gli ci
volle un istante per riprendersi dallo sconcerto e dal profondo
fastidio di
essere stato colpito proprio da qualcosa che…
La risata roca di suo fratello lo distrasse, spingendolo
a cercarne la figura a mezz’aria:
« Due contro uno? Seriamente? »
Kert stava infatti scontrandosi con il duuariano dai
capelli verdi, che brandiva due sottili tridenti, e l’umana vestita di
viola e
armata di una scintillante frusta; entrambe le armi sfioravano da
troppo vicino
suo fratello maggiore per i gusti di Rui, ed era chiaro anche a lui che
quel
suo modo di fare noncurante e sprezzante stava solamente incrementando
l’astio
dei loro nemici nei suoi confronti.
Mentre era impegnato a parare, infatti, un colpo da parte
del loro antico compatriota, il lungo lazo viola dell’umana si
attorcigliò
attorno al suo ventre; Rui s’irrigidì e poté percepire da dov’era lo
sforzo di
MewZakuro, che tentò di tirare Kert verso terra. Nuovamente, la risata
sdegnosa
del maggiore dei Tha riempì l’aria.
« Bel tentativo, carina, » mormorò, avvolgendosi il nerbo
attorno al polso libero dall’accetta, « Ma non abbastanza. »
Tirò a sua volta, e MewZakuro, per quanto puntò i talloni
nel terreno, non riuscì a contrastare la forza dell’alieno e finì
invece a
pancia a terra, la frusta che si srotolò mollemente.
« MewZakuro! »
Il grido preoccupato di una sua compagna, seguito da un
fiotto di luce rosa che lo costrinse a chiudere gli occhi per un
secondo, lo
fece mettere in moto. Rui si scostò la frangia bagnata dagli occhi e
inspirò
profondamente, socchiudendo le palpebre per un istante mentre
riconquistava un
paio di metri dal suolo. Il corto pugnale che portava alla cintola
prese a
brillare di blu, sempre più intensamente: quando l’estrasse dal fodero,
si
rivelò una lunga spada, che pareva splendere della luce della Luna.
Appena arrivata sotto di lui, MewIchigo avvertì i peli
sulla coda rizzarsi di apprensione: « Oh, accidenti, » sibilò, « Non mi
piace,
non mi piace. »
Inspirò forte e strinse la sua campanella, cercando di
raccogliere quanta più energia mentre la puntava verso l’alieno dai
capelli
color ghiaccio: «
Ribbon Strawberry Surprise! »
Il colpo di luce viaggiò verso Rui, deciso e luminoso –
solo per essere scagliato lontano, con un rimbalzo, dalla larga lama.
Lasciando
il padrone della spada completamente illeso.
MewIchigo avvertì il respiro fermarsi in gola: «
Accidenti, accidenti,
accidenti! »
Si allontanò con un balzo agile non appena lo vide
avvicinarsi, persistendo in ogni caso a lanciargli contro attacchi
nella
speranza, quantomeno, di stancarlo; lei stessa poteva avvertire già la
fatica
crescere senza sosta, gli anni di riposo che premevano sui suoi muscoli
già
affaticati, i cambiamenti da cui il suo corpo non si era ancora ripreso
del
tutto.
« MewPurin! » esclamò a voce roca, notando che la
mewscimmia era la più vicina, attirando la sua attenzione.
La biondina si voltò rapida verso di lei, lanciando un
paio di attacchi svelti contro l’alieno; il budino gigante riuscì a
rallentare
la discesa di Rui, la cui spada fu avvolta dalla sostanza viscida. Gli
scapparono un paio di maledizioni sibilate mentre tentava di ripulire
la lama,
e fu Zaur a corrergli in soccorso, il corto bastone di legno rossastro
che
distrusse gli ultimi residui di materia.
« È quasi ora, » gli sussurrò il compagno dagli occhi
neri, « Dirò agli altri di tenersi pronti. »
Rui annuì, e le iridi blu divennero due fessure quando
l’ennesimo colpo di MewRetasu si diresse rapido verso di loro. Di
nuovo, la
spada brillò appena mentre lui prendeva un respiro e stendeva la mano
davanti a
sé: il tempo di un sospiro, poi Rui chiuse il pugno digrignando i denti
e il
getto d’acqua fu lanciato dalla parte opposta, a sfiorare Kert e Kisshu
che
ancora si sfidavano in cielo.
« Cazzo. »
MewIchigo non avrebbe potuto essere più d’accordo con
l’esclamazione di Taruto.
Il giovane alieno si lanciò ancora a testa bassa contro
Pharart, rispondendo alle frecce con un ammasso di piante a sua volta
che
saettavano nell’aria come sottili serpenti, spezzando i dardi e parando
le
ragazze al tempo stesso, evitando quanto più possibile che
germogliassero altre
seccature. Al tempo stesso, ne indirizzò altre verso Rui e Zaur, mentre
MewRetasu e MewIchigo persistevano ad attaccare.
La lama baluginante, però, e il sottile bastone
continuavano a parare i colpi, i loro padroni che schivavano con
eleganza ed
efficienza i poteri delle Mew Mew.
Troppa efficienza, per il loro gusti, nonostante
l’evidente differenza numerica.
MewZakuro si prese un attimo di respiro, notando con la
coda dell’occhio Masha che svolazzava verso di lei; la voce preoccupata
di
Shirogane la raggiunse l’istante successivo.
«
State bene?! »
« Sì, » le uscì più un ringhio che una risposta sincera,
mentre continuava a tenere sott’occhio Pai, Kisshu e Kert che
persistevano a
scontarsi a una velocità tale che – doveva ammetterlo, pur con
l’orgoglio
ferito – lei e le altre non avrebbero sostenuto - « Ma non è… facile. »
Scattò all’indietro, evitando una doccia di punte di
freccia spezzate da Taruto che, pur avendo perso il loro potere,
l’avrebbero
tagliuzzata fin troppo.
«
Siete troppo divisi, » persistette l’americano,
«
Forse dovreste - »
Masha squittì e scartò velocemente di lato, un
Ribbon
Lettuce Rush che fu nuovamente respinto e usato come
protezione contro di
loro e che la mewlupo schivò per un soffio, avvertendo le goccioline
bagnarle
la coda. Digrignò i denti e corse verso le altre MewIchigo e MewRetasu,
le sole
a trovarsi contro due geoti in una volta, la fierezza che ruggiva nel
realizzare che le Mew Mew sembravano più impegnate a proteggersi che ad
attaccare.
« Non stiamo andando da nessuna parte! » esclamò alle
amiche, lanciando un
Ribbon Zakuro Pure verso Zaur
che almeno ottenne di
farlo allontanare di qualche metro.
Se questo è solo il primo scontro…
Non riuscì a terminare il pensiero che, per una seconda
volta, il buio intorno a loro sembrò tendersi, allargarsi e stringersi
allo
stesso tempo, premendo sui loro corpi come un’enorme massa invisibile,
farsi
più intenso anche contro la luce della Luna, ora ben visibile in cielo.
MewZakuro avvertì chiaramente MewIchigo, alla sua sinistra, trattenere
il respiro
e poi emettere un rantolo mentre inciampava e faticava a mantenere la
direzione
della sua campanella; al tempo stesso anche MewPurin, alla sua destra,
brontolò
una sequela di parolacce mentre sfregava contro il terreno per evitare
un colpo
di Pharart, come se avesse perso la sua innata agilità.
Il suo sesto senso di lupo percepì qualcosa di nuovo,
portato dal vento che si alzò in quell’istante e che la costrinse ad
alzare il
viso.
Dove una nuova figurina si stagliava esattamente davanti
alla Luna.
« Chi diavolo è? »
Il sussurro incattivito di Taruto risuonò nello spazio,
mentre l’intero scontro pareva sospendersi per un istante per osservare
ciò che
stava succedendo.
Tutti gli istinti animali delle ragazze vibrarono
allarmati all’unisono quando il vento crebbe di intensità, e la figura
aliena
sopra di loro apriva le mani in un turbinio di lunghi capelli e
prendeva a
brillare della stessa luce del satellite.
Per Rui fu come se una marea calda gli stesse riempendo
il petto, scorrendo fino ad ogni estremità dei suoi arti, tuonando
mentre
pretendeva di essere liberata.
Gli scappò una esclamazione di sorpresa, per una volta
vide anche sul volto di Zaur un’espressione più impressionata; si
studiò il
dorso della mano, che sembrava anch’essa avvolta da una luminescenza
bluastra.
Al successivo battito del suo cuore, più potente che mai,
strinse l’altro palmo intorno all’elsa e inclinò appena la lama, mentre
il
vento portava più vicino il suo sussurro.
Ora.
Un lampo esplosivo si propagò per l’aria, fatto del
bagliore proprio della Luna, come se Espera ne fosse diventato il faro;
colpì
esattamente la sua spada, ma non la fece rimbalzare via né sembrò
intaccarla:
la lama parve assorbire tutta quella potenza, il vago scintillio che
crebbe in
nitidezza e intensità.
Ne divenne un canale vero e proprio.
Rui la osservò ancora un paio di secondi, saggiando la
vibrazione contro al braccio, avvertendo quasi l’arma più leggera, più
viva.
Non ci aveva creduto veramente – non ci aveva voluto
credere – neanche all’ultimo secondo, neanche quando aveva acconsentito
di
portarla sul campo di battaglia. Ora aveva la prova inequivocabile
davanti agli
occhi.
Il piccolo cenno col capo di Zaur gli bastò per
convincersi.
MewIchigo impiegò una manciata di secondi a capire cosa
stesse succedendo.
Perché un raggio di luce stava venendo assorbito dalla
spada dell’alieno chiamato Rui dopo essere stato generato da
quell’altra tizia
mai vista prima.
Perché le pareva che si fossero fermati tutti e che
l’intera attenzione fosse catalizzata proprio lì.
E perché adesso quel fascio di luce si stava dirigendo
dritto verso di loro.
Il suo istinto felino reagì prima che lei potesse e lei
saltò all’indietro, evitando per un soffio che metà della sua coda
venisse
bruciata. Non ebbe il tempo di respirare, però, in quanto l’alieno
fendette
l’aria una seconda volta, scendendo veloce verso di loro, e un altro
scoppio di
energia cadde vicino a lei, provocando una profonda crepa nel terreno.
« Ragazze! » MewIchigo alzò la campanella e tentò di
rispondere ai colpi o quantomeno bloccarli, continuando a schivare
attacchi con
sempre più affanno, MewRetasu accanto a lei che la seguiva serrata.
«
Fuu Shi Sen! »
Pai comparve all’improvviso accanto a loro non appena
l’energia parve avvicinarsi troppo alla mewverde; lo spostamento d’aria
causato
dai suoi poteri, però, non fu abbastanza per fermare l’energia di Rui,
ma
questa fu in parte assorbita dal ventaglio del moro, diventato così
largo che
MewIchigo non riuscì a non chiedersi come riuscisse a reggerlo in mano.
« Cosa facciamo?? » domandò angosciata, quasi
rannicchiata dietro l’alieno, « I nostri poteri non sembrano avere
abbastanza
effetto! »
Pai digrignò i denti mentre un ennesimo colpo si
schiantava contro di loro, costringendoli a fare qualche passo indietro.
« Dobbiamo disarmarlo, » mormorò, « Forse Taruto - »
S’interruppe quando Rui sbriciolò la terra sotto i loro
piedi, facendo perdere loro l’equilibrio. MewZakuro e MewMinto si
pararono loro
davanti, entrambe intente a tempestare il geota di colpi che però
continuavano
a rimbalzare senza effetto contro la larga spada che lui brandiva come
se non
avesse peso.
La risata roca di Kert riecheggiò chiara anche sopra il
rumore di quello scontro: « Però, fratellino. Allora forse non è
inutile come
pensavo. »
L’unica risposta di Rui fu un ringhio più simile a quello
di un animale mentre guadagnava anche gli ultimi metri e posava i piedi
a
terra, la spada ancora avvolta dalla luce bianca.
«
Ribbon Pudding Ring Inferno! »
Il colpo di MewPurin riuscì ad ottenere ben poco, venendo
spiattellato in tutte le direzioni; Taruto le fu subito davanti, a
coprirla
mentre riusciva a far spuntare un paio di radici che si strinsero
attorno alle
caviglie di Rui, quanto bastava perché lo rallentassero, facendolo
incespicare.
«
Ribbon Zakuro Pure! »
La mewlupo fu svelta a lanciargli contro la propria
frusta, ma la spada fu più veloce a evitare anche quell’attacco.
Rui alzò di nuovo il braccio, pronto a scagliare
l’ennesimo fendente che avrebbe prodotto quella marea di energia,
quando lo
scintillio di quel potere sulla lama si bloccò di colpo; d’istinto, lui
si
voltò giusto in tempo per vedere Espera ondeggiare a mezz’aria prima di
iniziare a cadere senza sosta.
Reprimendo un urlo, ormai noncurante dei nemici né dei
compagni, Rui si teletrasportò il più vicino possibile a lei, volando
per gli
ultimi centimetri e riuscendo ad afferrarla in tempo prima che si
schiantasse a
terra. Il cuore gli si fermò in petto nel trovarla ancora più pallida
del solito,
un rivolo di sangue scuro che le scorreva dal naso.
« Espera, » sussurrò, scuotendola piano e passandole il
pollice sotto la narice anche per assicurarsi che respirasse ancora, «
Espera,
svegliati. »
L’aliena emise solo un mugolio confuso, la testa che si
abbandonò contro al suo petto quando la prese in braccio, e Rui
combatté il
moto di rabbia che sentì risalirgli per la gola.
« Ritiriamoci, » sussurrò ai compagni che li avevano
raggiunti a mo’ di protezione.
Kert sbuffò, l’accetta ancora ben salda in mano: « Guarda
che – »
Il fratello lo raggelò con un’occhiataccia che non
ammetteva repliche: « Ho detto ritiriamoci. »
Si teletrasportò via prima che qualcun altro potesse
aggiungere qualcosa, Zaur e Pharart che lo seguirono poco dopo; il
maggiore
rimase qualche altro istante di più, lanciandosi solo uno sguardo
strafottente
sopra la spalla.
« Ritenetevi fortunati, questa volta. »
Kisshu gli lanciò dietro uno dei suoi sai, così
velocemente che fu quasi sicuro di sfiorargli uno zigomo una frazione
di secondo
prima che scomparisse nel nulla.
Con un sospiro generale, seppure confuse da tutta la
situazione, le Mew Mew si lasciarono cadere a terra, MewPurin che si
stese a
pancia all’aria come una stella esalando ad alta voce.
« Non ci ho capito un accidente. Ma mi serve una doccia
gelida. »
« Ci serve una tattica migliore, » commentò freddo
Kisshu, facendo roteare piano il braccio sinistro con una smorfia di
fastidio, mentre
andava a recuperare l’altra metà della sua arma, « Almeno sono riuscito
a
tirargli un paio di fulmini. »
MewRetasu annuì sconsolata, portandosi una mano al petto
mentre cercava di regolarizzare il respiro: « Posso dire che è un po’
un casino?
»
« Non utilizzerei termini così cortesi, pesciolina. »
MewMinto gli lanciò un’occhiataccia mentre accettava la
mano che lui le porgeva per tirarsi in piedi, Masha che svolazzò più
convinto
tra di loro.
«
Avete fatto un ottimo lavoro. Stanno ripristinando
la corrente in città, » la voce di Keiichiro le raggiunse
quasi come un
calmante, e si voltarono tutti ad osservare le luci che pian piano si
riaccendevano tra i vari quartieri, «
Su, l’importante ora è
tornare a casa.
»
(*)
Da siclo/sciclo
(shekel in
inglese, shèquel in ebraico), antica unità di peso
che divenne poi una
valuta in Mesopotamia e in Medio Oriente (e da cui poi anche il nome
della
attuale moneta israeliana).
https://en.wikipedia.org/wiki/Shekel
(**) Correggetemi
se sbaglio perché io non solo anziana, ma ci sono sempre
versioni contrastanti. Nell’anime originale arrivato in Italia nel
2004, NONOSTANTE
GLI OTTOCENTO ERRORI A PUNTATA PER QUANTO RIGUARDA I COLORI, quando
Ichigo
si trasforma ha i capelli (e gli occhi) rosa, mentre Minto ha capelli
(e occhi)
blu, ovvero il colore del loro costume/potere/etc. Questo direi
che non
succede nel manga originale (tranne sulle copertine dei volumetti), né
in Re-Turn
né nel reboot del 2022, dove l’unica cosa che cambia alle
ragazze da
trasformate sono gli occhi (Retasu li ha infatti verdi in forma Mew).
(***) Liberamente
ispirato dall’episodio 18 dell’anime, in cui
Taruto non solo “costruisce” una casa, ma rassicura anche Kisshu che
essa è
introvabile dalle Mew Mew grazie appunto a una barriera protettiva
(****)
Mentre
i nomi
degli altri alieni non vogliono dire una cippa di minchia – o almeno,
non che io
mi ricordi xD – Espera deriva dritto dal greco
antico e significa sera
(oppure occidente). Con la lettera maiuscola si
identifica anche proprio
Espera (o
Espere), una delle Esperidi =
le ninfe “figlie
della notte” che custodivano l’omonimo giardino dei pomi d’oro.
Scusate, ho
fatto il classico (cit.)!
(*****) Sembra
il nome di un quartiere di
The Sims ma non è. Sunnyvale si trova nella Silicon Valley in
California e, fun
fact, è considerata la culla dell’industria dei videogiochi
– visti i miei headcanon,
dove altro poteva avere affari il nostro biondo preferito?