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Autore: Hypnotic Poison    26/01/2007    17 recensioni
Erano sei anni che poteva considerare la sua vita – quasi – normale. Anche se di cose ne erano cambiate parecchie. [...]
« Beh! Che c’è, non si salutano più gli amici da queste parti? »
« Cosa ci fai tu qui! »
[...]
« Stamattina… non è scattato nessun allarme, niente di niente, ma i computer si sono riaccesi automaticamente sui dati del progetto Mew. » [...]
« Ora voi parlate. E vi conviene dire tutta la verità. »

[ATTENZIONE: STORIA IN REVISIONE. Aggiornati al 04/02/2024: 1-18]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Mint Aizawa/Mina, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Eleven – Moonlight sonata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ryou sospirò e spense il televisore, passandosi la mano libera tra i capelli: « È ufficiale, siete dappertutto. »
« Uuuh, siamo famose! »
« Meglio di no, Purin, » esalò stanca Zakuro, « È già abbastanza complicato così. »
Keiichiro spinse un carrello portavivande fino al tavolo che avevano occupato quella mattina, iniziando a distribuire tè e dolcetti di ristoro.
« Ci siamo già fatte battere dopo i primi dieci minuti, » borbottò Ichigo, di nuovo nei suoi vestiti, controllandosi il graffio sulla coscia, « Non è molto entusiasmante. »
« Ci ha preso alla sprovvista, vecchiaccia, » cercò di consolarla uno scanzonato Taruto, « La prossima volta non ci faremo prendere in giro. »
« Pensavo l’effetto sorpresa fossimo proprio noi… » brontolò Minto, riempendosi una tazza di tè e continuando a controllarsi i capelli per essere sicura di aver tolto ogni traccia di vegetazione e polvere.
« Comunque se ci pensate, siamo fortunate che ogni volta arrivino sempre dei gran gnocchi, » commentò allegra Purin, ricevendo immediatamente un’occhiata rovente da parte di Taruto e quelle più scettiche e scioccate delle amiche, « Che ho detto?! »
« Please… » Ryou si fece cadere su una sedia e si rivolse a Pai, « Ora che li avete incontrati direttamente, possiamo saperne qualcosa di più? »
Il viola sembrò rifletterci un istante, stringendo appena gli occhi: « A capo della squadra sembra esserci il tizio dai capelli azzurri di nome Rui, ma la sua autorità sembra essere messa in discussione dal Geota che ci ha attaccati direttamente… »
« Il buzzurro che sembra un gorilla? » domandò Minto, sorseggiando lentamente, e l’alieno annuì:
« È una testa calda, il che potrebbe anche giocare a nostro favore. Non siamo riusciti a capire i nomi degli altri tre, però. »
« E sui loro poteri? »
Di nuovo, Pai esitò un po’: « Confermo che il… secondo in comando utilizza un qualcosa di simile al vostro bazooka, che emette potenti getti d’aria. Rui portava una spada corta alla cintola, mentre un altro - »
« Quello biondo molto carino, devi stare attento alla concorrenza, capo. »
« - aveva arco e frecce, » concluse il maggiore degli Ikisatashi con un sospiro acido verso Purin, « Non sono stato in grado di percepire nessun tipo di abilità speciale, in loro. »
« Ma? »
« Ma sono forti, » s’intromise Kisshu, poggiandosi allo schienale della sedia, « Non che significhi nulla, sia chiaro. »
Minto lo guardò storto e poi tremò, ripensando a come il suo istinto avesse ruggito a trovarseli davanti: « A me mettono i brividi, » borbottò, « Soprattutto il gorilla. Non mi sembra molto disposto al dialogo. »
« Perché, invece, quello tutto scuro che non ha mai detto una parola? » Ichigo scosse la testa in un turbinio di ciocche carminio, « Lui sì che era inquietante. Sembrava stesse cercando di farmi i raggi X con gli occhi. »
« Dai, secondo me ci stiamo preoccupando troppo, non mi sembrano molto peggio di questi tre qui e il loro capo, » commentò Purin, sporgendosi sul tavolo per afferrare un pasticcino e al tempo stesso accennando agli Ikisatashi, « Anche Pai nii-san era particolarmente inquietante la prima volta che l’abbiamo visto. »
Retasu si concentrò per non strozzarsi con il sorso di tè caldo nel vedere la faccia spiazzata del menzionato, e le espressioni altrettanto confuse degli altri due, e Shirogane sospirò forte, passandosi entrambe le mani tra i capelli:
« Non per turbare l’ottimismo di Purin, ma cerchiamo di non prenderli troppo sotto gamba né di farci prendere troppo dal panico, d’accordo? »
« Dobbiamo essere ottimisti, capo! Ci basta riscaldarci, re-ingranare la marcia, rassodare un po’ i muscoli, e poi vedrete come gli facciamo il culo! »
Minto fece una smorfia al linguaggio della più giovane di loro, posando la tazza ormai vuota sul piattino: « L’unica che deve rassodare qualcosa qui è Ichigo. »
« Scusami!? E poi, ti sembra il momento!? »
« Vi prego. »
Si zittirono entrambe al sospiro esausto di Zakuro, che aveva già iniziato a massaggiarsi le tempie, e Pai ne approfittò per aggiungere: « Purin non ha tutti i torti. Potrebbe essere saggio assicurarci che anche voi riprendiate confidenza con i vostri poteri e con il combattimento. »
Ichigo gemette sottovoce, lanciando un’occhiata disperata ai dolcetti di cui si era già servita un paio di volte, e Ryou le poggiò una mano sul ginocchio con fare attento.
« Per oggi direi che è già abbastanza, » intervenne Keiichiro pacato, « Sono stati due giorni impegnativi in ogni caso, anche senza considerare questo primo incontro. Suggerirei di andare a riposarvi, di assimilare bene la situazione. Noi intanto scendiamo in laboratorio per cercare di studiarli un po’ di più, e per studiare una strategia a mente più fredda. Che ne dite? »
Un vago mormorio d’assenso poco convinto si levò dal tavolo, interrotto solo dal rumore delle ceramiche svuotate che venivano poggiate.
« D’accordo, » con un sospiro, Retasu controllò l’orologio che portava al polso, « Se mi sbrigo, riesco a fare in tempo per la lezione pomeridiana… »
« Vengo con te, » si accodò Zakuro, alzandosi con grazia e abbozzando un mezzo sorriso verso Minto, « Ho qualche telefonata di lavoro da fare e un paio di copioni da recuperare, niente che non possa fare da casa. »
« Onee-sama, sei sicura di voler andare da sola? »
« Me la cavo, Minto, non preoccuparti. E poi mi serve una passeggiata. »
« Mi raccomando, teniamoci in contatto con cellulari e medaglioni, » le ammonì Ichigo, « Alla prima sensazione che ci sia qualcosa che non va, avvertiamoci. »
« Basta che non sia perché ti sono spuntate le orecchie per l’ennesima volta, Momomiya. »
Captando chiaramente il continuo malumore di Minto, per una volta la rossa non controbatté ma si limitò a lanciarle uno sguardo di sbieco mentre si alzavano tutti lentamente dal tavolo, le ragazze scambiandosi un’ultima occhiata d’accordo.
« Forza, voi tre, andiamo di sotto. »
« Senti, biondo, non è che perché adesso fingiamo di lavorare qua che tu puoi darci ordini. »
« Wanna bet, kelp head? »
 
 
 
 
La stanza rimaneva in penombra anche quando direttamente raggiunta dalla luce del sole, e Kert si domandò se non fosse il potere di Zaur a giocare qualche tranello, oltre alle spesse doppie tende di velluto rosso.
Lanciò un’occhiata al compagno d’armi, seduto per terra a gambe incrociate al centro del salone, intento in una delle sue sessioni di meditazione che, diceva, lo aiutavano a tenere in ordine sia la mente che l’energia che gli scorreva nelle vene.
Kert riteneva che fosse più utile ed efficace scaricarli a suon di attività fisica, anche di generi assai differenti, ma non c’era mai stato verso di convincere l’amico ad ascoltarlo. Né Zaur era mai stato capace di convincere lui a tentare di seguire i suoi metodi, fin troppo pacati per i gusti del maggiore dei fratelli Tha, una testa molto più calda di quanto a lui stesso piacesse ammettere.
Forse sarebbe stata la missione sulla Terra proprio la volta buona, si ritrovò a pensare mentre si sfregava un avambraccio, visto quanto gli sembrava che la sua stessa forza reagisse in maniera diversa a quel pianeta. O forse era solo tutta quella finta calma e quell’attesa infinita a renderlo più irrequieto del solito.
« Il Consiglio è stato avvisato degli ultimi sviluppi. »
Sbucato dalla porta principale alle loro spalle, Rui si lasciò cadere accanto a Kert con un sospiro pesante, il volto tirato e più pallido del normale; come sempre, le comunicazioni con il gruppo di undici saggi lo svuotavano di tutte le energie.
« Dovremo raccogliere più informazioni su queste Mew Mew e fare rapporto. Nel frattempo, continueranno i tentativi di comunicare con Duuar per capire cosa ci facciano tre di loro sulla Terra e se ci sono le basi per un… tradimento. »
Pharart, stravaccato sul divano perpendicolare al loro, alzò un sopracciglio: « In base a cosa pensano di stabilirlo? »
« Non lo so, » Rui si sfregò stancamente il viso, « Non è mia abitudine porre domande ai Consiglieri. »
« Già il fatto che si rotolino tra le lenzuola con quelle umane potrebbe essere un motivo valido per dichiararli disertori della patria. »
L’alieno dai capelli biondi spostò lo sguardo incuriosito, questa volta, sul maggiore dei due fratelli: « E tu che ne sai? »
Kert rise rasposo: « Ma non li hai visti? Quanto vuoi scommetterci che è la sola ragione per cui stanno qui? Bisogna solo capire chi con chi. »
Rui alzò gli occhi al cielo, ma non aggiunse altro, troppo esausto per assecondare quei vaneggiamenti.
« Hanno detto una cosa… » riprese Pharart dopo un po’, gli occhi verdi che si concentrarono nel vuoto nel tentativo di ricordare, « Qualcosa su una sostanza in grado di far rinascere un pianeta? »
Kert brontolò indispettito: « Ah, potrebbero dire qualsiasi cosa per distrarci o abbindolarci. La Terra puzza ed è sporchissima, non credo abbiano trovato proprio nulla. »
Zaur aprì svogliatamente un occhio e rilassò appena le spalle: « Abbiamo altri ordini? »
« Il Consiglio vuole deliberare su quale sia l’approccio migliore dato l’imprevisto, » rispose Rui, « Per questo vogliono saperne di più su quelle umane. Dobbiamo attendere una loro decisione prima di riprendere gli attacchi. »
« Seriamente? » Kert gemette esasperato e alzò gli occhi al cielo, « Il Consiglio ti ha dato il ruolo di Comandante, potrebbe anche lasciarti fare il tuo lavoro. »
« Si tratta solo di un paio di giorni, » tentò di placarlo il fratello, « Il tempo di fargli digerire le informazioni e aspettare la loro risposta. Non vuol dire che non faremo niente, nel frattempo, anzi. Voglio più turni di ricognizione, voglio scoprire quanto più possibile su di loro. Soprattutto i punti deboli. Così quando colpiremo… »
L’altro stese un ghignetto divertito: « Ci sarà da divertirsi. »
Pharart annuì, studiando con finta attenzione una crepa che correva lungo il soffitto: « Avremo bisogno dei sistemi di monitoraggio fissi. Kert e io possiamo andarli a prendere. »
« Non sarà facile individuarle, ma nemmeno impossibile, » confermò Zaur, « La presenza dei Duuariani giocherà a nostro favore, è un DNA molto più riconoscibile di quello umano. Soprattutto se Kert ha ragione. »
« Io ho ragione, vuoi scommettere? Cinquanta sheqli. (*) Anzi, cento. »
Gli occhi neri lo ignorarono del tutto: « Non appena arriverà l’ordine, saremo pronti. Dopotutto, abbiamo anche un altro asso nella manica. »
Rui si voltò molto lentamente verso Zaur, cui pure Kert rivolse un sopracciglio poco convinto.
« Non puoi stare dicendo sul serio. »
« Per una volta sono d’accordo con il mio fratellino, » ghignò l’alieno dagli occhi dorati, allungando un pollice verso il corridoio buio dietro di sé, « Soprattutto giudicando dai rumori che provengono dal bagno. »
Il fratello gli lanciò un’occhiata gelida, ma lui stesso – per motivi però diametralmente opposti a quelli di Kert – non poteva ignorare le pessime condizioni in cui verteva Espera da quando erano atterrati sul Pianeta Blu; si concentrò allora solo su Zaur, che fece spallucce.
« È qui, Rui. Tanto vale provarci, e verificare se sia davvero possibile. Prima che arrivi l’ordine diretto dal Consiglio. Lo vedranno sicuramente come un gesto tattico, per non dire degno di fiducia. »
Lui esalò piano tra i denti, gli anni di addestramento militare che si scontravano con le proprie idee e le proprie sensazioni.
« Non senza il suo consenso, » ringhiò infine, « E non finché non sarà in grado di reggersi in piedi. »
Kert alzò di nuovo gli occhi al cielo: « Allora staremo qui per un po’, » bofonchiò poco soddisfatto.
Rui non rispose, ma gli lanciò solo uno sguardo d’avvertimento e si alzò senza aggiungere altro.
 
 
 
 
Tra i banchi più in fondo possibile, Retasu cercò di rendersi ancora più invisibile mentre sbirciava con la coda dell’occhio ai suoi compagni di lezione. Praticamente tutti, chi tra cellulare e chi tra computer, stavano commentando con energia le immagini registrate quella mattina dal gruppetto di ragazze al parco di Shinjuku Gyo-en, che attestavano non solo inequivocabilmente l’arrivo di altri nemici dallo spazio, ma anche il ritorno delle Mew Mew.
Con un gesto quasi meccanico si accertò che la sua camicetta fosse ben chiusa attorno alla gola – un bottone in più del normale – e per un istante desiderò avere almeno un cappello per nascondere i suoi capelli così appariscenti. O almeno che pure i suoi acquisissero il colore della sua forma Mew solo durante la trasformazione, come succedeva a Ichigo e Minto (**). Qualsiasi cosa, pur di permettere che la vera identità della mewfocena non fosse mai, mai e poi mai ricollegata a lei.
Non sarebbe mai stata capace di gestirlo. I suoi genitori avrebbero avuto un infarto. E poi come spiegare che il suo ragazzo proveniva inoltra da un altro pianeta?! No, no, assolutamente no. Non aveva nemmeno detto esplicitamente di averlo, il fidanzato, presentarlo pure come extraterrestre sarebbe stato il colmo!
Le scappò un gemito sottile e si afflosciò ancora di più sulla sedia, infilando il naso tra i suoi appunti. Calma, doveva mantenere la calma; agitarsi non le avrebbe certo fatto bene e apparire sospetta o colpevole era la strategia sbagliata. Dopotutto l’aveva già affrontato ed era andato tutto bene, e dalla sua parte aveva ora il fatto di essere più adulta, più indipendente, non avrebbe dovuto inventarsi tutte le frottole che aveva intrattenuto durante le scuole medie per giustificare ogni assenza, ogni repentino cambio di piani, ogni volta che crollava a letto prima di cena perché fisicamente e mentalmente esausta.
Il ricordo, però, le generò uno scomodo senso di colpa: non sarebbe stato in ogni modo semplice dover mentire per forza alla sua famiglia, quasi come se fosse l’unica opzione disponibile. La faceva stare male, e nemmeno i discorsi sul bene superiore che Keiichiro aveva fatto loro in passato e che sapeva fossero dietro l’angolo riuscivano a cancellare del tutto quella sensazione di star facendo ai suoi genitori una grave mancanza. Ma d’altronde, cosa avrebbe potuto raccontargli? La verità era fuori questione, non avrebbe fatto altro che farli preoccupare all’inverosimile! Erano stati i primi testimoni della sua innata goffaggine e l’avevano incerottata decine di volte per i suoi piccoli incidenti domestici, pensare che si andasse a cacciare in maniera volontaria in veri e propri scontri con nemici sarebbe stata la loro fine!
Calmati, calmati, si ripeté per l’ennesima volta mentre la professoressa entrava in classe e richiamava gli studenti all’ordine, Una cosa alla volta.
Magari poteva incominciare presentando ufficialmente Pai ai suoi per arginare un po’ il problema di dover sempre scegliere un’amica diversa con cui dire di essere o dare risposte così vaghe da risultare palesi. Magari presentandolo esclusivamente come un normale, ordinario, perfino noioso umano con un lavoro assolutamente regolare e una storia di vita insignificante.
Sospirò così forte che la sua frangetta le svolazzò davanti agli occhi al frullo del suo cuore al pensiero di sottoporre l’idea all’alieno, e fu grata della voce monocorde della professoressa che le diede qualcosa di diverso su cui concentrarsi.
 
 
 
 
« Andiamo a casa? »
Ryou si domandò quando, esattamente, l’immagine di una Ichigo imbronciata sull’uscio del laboratorio fosse diventata una di quelle a lui più familiari.
« Mi sta anche venendo sonno. »
Lui rise, digitò un altro paio di volte sulla tastiera e poi si reclinò contro lo schienale della poltrona, voltandola verso di lei: « Però devo continuare a lavorare. »
« Il portatile è fatto apposta per lavorare di fianco a me mentre faccio un pisolino, » ribatté, allungando una mano verso di lui come a dirgli di spicciarsi, « Non hai scuse. »
« Non dire poi che faccio troppo rumore. »
Tiratosi in piedi con un sospiro, Ryou le prese il polso per tirarla a sé e l’abbracciò, nascondendo il viso contro al suo collo: « Non mi mancava vederti combattere. »
« Non è che abbiamo combattuto, » mugugnò lei, sfregando il volto contro di lui, « Ma condivido il sentimento. Però ho voglia di pareggiare, ora. »
Il biondo sbuffò poco divertito però non si spostò: « You’re so sexy with your costume on though. »
« Shirogane! »
« Non posso fare i complimenti a mia moglie? »
Ichigo avvertì le viscere contrarsi di un intenso calore a quelle parole, che risalì fino al petto e poi le infiammò le guance: « Se ti spicci e andiamo a casa magari ne possiamo parlare… »
Ryou rise sottovoce e per un istante la strinse più forte, poi le lasciò un bacio sulla fronte: « Dammi cinque minuti, copio questi dati per Pai e ti raggiungo. Tu raccogli le tue cose. »
La rossa annuì e gli strizzò le dita tra le sue per un secondo, prima di fare dietrofront e risalire le scale con passo pesante. Gli altri si erano già dileguati, Kisshu e Pai verso la loro astronave a fare chissà cosa – aveva da tempo perso la curiosità di andare a sbirciare come fosse davvero – e non voleva invece pensare dove si fossero rinchiusi Taruto e Pai. Poteva solo sentire Keiichiro canticchiare sottovoce in cucina mentre, senza dubbio, si dedicava a uno delle sue deliziose creazioni non per vera necessità, vista la temporanea chiusura del Caffè, ma più per scaricare la tensione di quella giornata che già le sembrava infinita.
Stava faticosamente raggiungendo l’ultimo gradino, quasi tirandosi attaccata al corrimano, quando il cellulare iniziò a vibrarle nella tasca posteriore dei jeans. Lì per lì, il cuore le schizzò in gola mentre si immaginava una delle ragazze di nuovo in pericolo – nonostante il silenzio di tutti i loro sistemi – invece si accigliò quando lesse il nome sul display e il nervosismo la colse per una ragione differente.
Sbrigandosi a salire del tutto le scale e lanciando un’occhiata furtiva a Keiichiro, e al passeggino parcheggiato accanto a lui, s’intrufolò di soppiatto nel bagno dello spogliatoio, rispondendo sottovoce: « Pronto, Aoyama-kun? »
« Ichigo, meno male che hai risposto, » la voce del ragazzo la raggiunse piena di sollievo, « Ho visto il telegiornale, e… sta succedendo di nuovo? »
Lei si morse il labbro mentre si sedeva sulla tazza e si sfregava il viso: « Ecco… sì, diciamo di sì. »
« State tutti bene? »
Non seppe perché continuò a sentirsi così in colpa mentre annuiva, pur conscia che lui non l’avrebbe vista: « Sì, per ora sì. Ci hanno colti alla sprovvista, ma… ce la caveremo. Come sempre. »
Masaya abbozzò a una risata di sostegno, poi sospirò forte: « Io non ho più i miei poteri. Altrimenti avrei… »
Ichigo strinse gli occhi per un istante, cercando di togliersi dalla mente l’immagine del ragazzo che si sovrapponeva a qualcuno a lui così simile, eppure totalmente opposto, e si mischiava ancora a quella di lunghi capelli dorati e un pastrano blu: « Grazie, Aoyama-kun. Gli Ikisatashi sono… davvero dalla nostra parte questa volta. Andrà tutto bene. »
« Mi raccomando, Ichigo. Se posso fare qualsiasi cosa - »
« Stai al sicuro, Aoyama-kun. È la cosa più importante. »
« Anche voi, mi raccomando. E buona fortuna. »
Rimase seduta sul water per un minuto buono non appena la telefonata terminò, a torturarsi una ciocca di capelli senza un reale motivo. Se anche Masaya era sembrato così preoccupato, nonostante tutto ciò che avevano passato – che lui e lei avevano passato – forse cercare di sentirsi ottimisti non era la scelta giusta…
« Ichigo, ci sei? »
Scattò come una molla quando la voce di Ryou la raggiunse, trafficando per infilare di nuovo il cellulare in tasca.
« Eccomi! » tossicchiò e quasi si lanciò fuori, cercando di mantenere l’espressione più neutrale possibile quando incontrò il viso del biondo fuori dalla soglia, « Possiamo and – ah, no, devo fare… »
Shirogane alzò un sopracciglio confuso: « Sei appena uscita dal bagno. »
« Sì ma stavo… lascia perdere, torno subito! »
Lui rimase perplesso quando la porta gli si richiuse in faccia, poi sospirò e scosse la testa verso Kimberly, tranquilla e allegra nel suo passeggino: « Just so you know, your mom’s weird. »
 
 
 
 
Seduta al centro della stanzetta d’allenamento allestita all’ultimo piano di casa, Minto rovesciò il contenuto del borsone da danza, sparpagliandone i vari pezzi sul legno, per riordinare in vista della lezione alle bambine che – cascasse il mondo – avrebbe tenuto il pomeriggio seguente. Iniziò a piegare accuratamente i vari body, leggings, e top, dividendoli tra quelli che avrebbe indossato nei giorni successivi, quelli da lavare per far sì che non si rovinassero, quelli che ormai non la convincevano più e che avrebbero potuto essere aggiunti al cassetto dedicato del suo armadio.
Era un’azione che la rilassava, poter sistemare in quella maniera, annusare nuovamente il profumo familiare della lycra e del cotone, ristabilirsi nel suo elemento. Pur non usandole mai con le bimbe, si portava ancora dietro il sacchetto a rete con dentro tutte le ultime punte che aveva utilizzato, e si prese del tempo per esaminare anch’esse e decidere se – davvero – un paio fosse ormai troppo usurato per conservarlo.
Sfiorò con estrema tenerezza il paio decisamente consumato che sapeva appartenere al suo ultimo spettacolo ufficiale; era solita infatti distruggere le scarpette selezionate per una performance durante questa e partire subito con un paio semi-nuovo per lo show successivo, ma di alcune proprio non riusciva a disfarsene, per quanto inutilizzabili fossero la componente emotiva era fin troppo importante pure per lei. Conservava il primo vero paio di mezze punte, ormai sbiadite e logore, dentro una scatola chiusa da un fiocco e riposta al sicuro sul ripiano più alto della cabina armadio, figurarsi se non avrebbe tenuto ogni singolo paio di punte che rappresentavano qualcosa di significativo.
Il sussurro del teletrasporto le arrivò alle orecchie e lei lanciò solo uno sguardo verso la grande parete di specchi per assicurarsi che i suoi sensi non l’avessero tradita.
« Sarebbe meglio non comparire all’improvviso, ora. »
Kisshu sbuffò e la circumnavigò, scrutandola con un ghigno divertito: « Ti stai nascondendo? »
« Tanto mi trovi sempre. »
Quasi incredibilmente, gli rivolse un sorrisetto sincero mentre lui si lasciava cadere con uno sbuffo sul pavimento, a gambe divaricate: le afferrò poi il polpaccio destro, la tirò a sé – sordo alle sue proteste sul fatto che le sue cosce nude sfregarono il pavimento – e approfittò della sua elasticità per posarle la caviglia della stessa gamba sulla spalla per averla il più vicino possibile.
Minto lo guardò sollevando semplicemente un sopracciglio, e lui intrecciò le dita sull’incavo della sua schiena:
« Preferivi stare da sola? »
« Da quando in qua è un’opzione che ti interessa davvero? »
« E da quando in qua rispondi a una domanda con un’altra domanda? »
La mora sbuffò senza poter fermare un sorriso alla sua espressione irriverente, aggiustandosi un po’ di più contro di lui.
« No, in ogni caso, » mormorò, « Non è decisamente il momento. Anzi, sono preoccupata per la onee-sama. »
Kisshu giocherellò con uno dei boccoli che ormai le arrivavano al seno: « Mi preoccuperei di più per chi si possa mai mettersi in testa di trovarsi faccia a faccia con lei. »
« Sciocco, » lo ammonì subito, « Non è il caso di scherzare su queste cose. Non siamo… preparate. Non lo eravamo nemmeno la prima volta, però… »
Lui aumentò un poco la presa: « Dici per oggi, tortorella? Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a mostrargli chi è che comanda. »
Minto sbuffò e lo guardò un po’ storto: « Appunto. »
« Meglio, non sanno ancora cosa gli aspetta, » vedendo che i suoi tentativi di umorismo – come al solito – non parevano convincere la mewbird, l’alieno poggiò la fronte contro la sua, « Dico sul serio. Essere sottovalutati può rilevarsi estremamente efficace. Anche noi all’inizio non vi avevamo dato un centesimo, con quelle gonnelle troppo corte e troppo colorate, eppure guarda com’è andata a finire. »
La mora gli rivolse un’occhiata un po’ scioccata e indispettita che sottintendeva chiaramente un non me lo ricordare, per favore, poi abbassò la testa e borbottò: « Continua a non piacermi per niente. »
« Io qualche cazzotto a quelli là lo do volentieri. Però preferirei non ci andassi di mezzo tu. »
Lei non rispose, esalando solo tra i denti, e dopo un po’ Kisshu le tirò un po’ più dispettoso una ciocca di capelli, cercando di incrociare il suo sguardo: « Sei ancora arrabbiata con me? »
« Sì, » Minto rispose un po’ troppo velocemente e con un po’ troppa poca convinzione, ma lui fu abbastanza furbo da nascondere il ghignetto divertito, « E vedi bene di non fare il deficiente con tutte le clienti del Caffè. »
Lui le picchiettò la fronte con l’indice: « Lieto che sia questa la tua preoccupazione principale al momento, tortorella. »
La mora sbuffò ancora e tolse la gamba dalla sua spalla per passargliele sotto le braccia e raggomitolarsi un po’ di più contro di lui, incastrando la testa sotto alla sua gola così da non guardarlo in faccia: « Resti a cena? »
Kisshu ghignò e continuò ad accarezzarle i capelli: « Solo se me lo chiedi a voce più alta, che non ti fa male. »
« Cretino. »
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Pai esalò per l’ennesima volta e si massaggiò le tempie con i polpastrelli, premendo quanto più forte possibile. Non importava quanti radar avesse installato, con quanti parametri differenti, connettendo anche i pendagli delle ragazze e ogni singolo sistema disponibile tra lui e Shirogane: gli alieni proveniente da Gaia sembravano introvabili.
E il fatto di non essere sicuro al cento per cento che le loro posizioni fossero altrettanto nascoste ai loro nemici non faceva altro che peggiorare la situazione.
Non riusciva a capire come la tecnologia geota fosse così tanto più avanzata della loro, che già superava quella di Shirogane, che a sua volta era molto più precisa di quella umana per quanto riguardasse la vita extraterrestre. Già non essere riusciti a captare il loro arrivo era una macchia indelebile sulla sua coscienza, ma nemmeno riuscire a trovarli ora che si trovavano fisicamente a Tokyo…
Aveva anche tentato di controllare l’intera atmosfera terrestre, ovviamente, e quanto più possibile nello spazio attorno ad essa. In più, i sistemi di Duuar erano in grado di percepire dimensioni parallele come quelle che creavano lui e i suoi fratelli, e, anche se erano passati millenni da quando il loro popolo si era diviso, non riteneva che i poteri dei loro antichi cugini fossero così dissimili dai loro.
Imprecò di nuovo tra i denti e si costrinse a pensare al minimo dettaglio che avesse potuto scordarsi. Ci doveva essere qualcosa nell’etere, una vibrazione, un’anomalia che portasse almeno un indizio di forme di vita differenti. E lui doveva trovarlo.
« Sento puzza di bruciato e direi che è il tuo cervello. »
Pai utilizzò tutto l’autocontrollo addestrato negli anni per non friggere Kisshu lì sul posto ma limitarsi a grugnirgli contro in una maniera che faceva ben intendere che il sarcasmo era ben poco apprezzato. Il fratello di mezzo, ovviamente, sembrò non prenderlo abbastanza sul serio.
« Confermo che i registri della nave non hanno rilevato nulla per l’ennesima volta, solo quando i nostri nuovi amici si sono palesati al parco, » esclamò, gettando con inesistente grazia un dischetto rotondo davanti a Pai, « Ma hanno annotato qualche dato biometrico che potrebbe essere interessante. »
Il maggiore chiuse le dita attorno allo spazio di memoria esterno: « Non riesco a capire come sia possibile. Dovrebbe essere la migliore tecnologia che abbiamo. »
Kisshu si strinse nelle spalle: « Noi siamo molto più avanzati degli umani. Potrebbe essere successa la stessa cosa con i geoti. »
« Grazie, » sibilò il maggiore a denti stretti, « Un approfondimento davvero pioneristico. »
Il fratello gli rivolse un’occhiata irritata: « Sbatterci la testa contro non è utile. Sarebbe meglio ti concentrassi su come batterli. »
« Localizzarli è altrettanto importante, » insistette Pai, « Non sappiamo nemmeno se loro siano in grado di trovare noi, e vista la situazione non sarei così tranquillo. »
« Taruto ha innalzato una barriera attorno tutto al Caffè(***). Possono pure trovarci, ma i danni che possono provocare sono limitati. »
« E ogni abitazione? »
Kisshu sospirò, grattandosi la testa e chiudendo gli occhi per un istante: « Senti, se questo è il meglio che possiamo fare, per ora accontentiamoci, giusto? Le ragazze non sono delle sprovvedute, e a parte per Ichigo e Zakuro, direi che c’è sempre uno di noi con loro. E ci vogliono letteralmente cinque secondi per avvertirci e raggiungerle, in caso. »
Pai emise solo un grugnito che parve fungere da scettica accettazione delle parole dell’altro, sempre poco incline a dargli ragione.
« Non è la situazione ottimale. »
« Quando mai lo è stata? »
Il ghignetto sarcastico del verde non alleviò certo il suo malumore, però si sfregò la faccia e rifletté qualche secondo prima di ordinare spiccio: « Le Mew Mew possono comunicare tra di loro attraverso i loro pendagli, ma è meglio dotare ognuna anche di un nostro connettore così che possano raggiungerci più facilmente. Non mi fido di quegli aggeggi umani, il loro campo non è così stabile. »
« Sissignore, » la risposta di Kisshu fu un po’ troppo divertita, « Dovremmo averne abbastanza sulla nave. Altrimenti dovrai sfruttare ancora un po’ quel tuo potente cranio. »
Pai lo trucidò con lo sguardo, e Kisshu scivolò via con un sorriso prima che potesse infilzare uno o due ghiaccioli in punti poco piacevoli.
 
 
 
 
« Trovate. »
La voce bassa di Zaur non tradì molta emozione in quel pomeriggio per loro assurdamente afoso, ma riuscì invece a scatenare l’interesse dei compagni, che si alzarono per raggiungerlo nell’angolo più fresco del salone, dove sostava davanti a un largo monitor che pareva galleggiare nel nulla.
« Dopo solo tre giorni, magnifico, » commentò sarcastico Kert, sbirciando da sopra la spalla del compagno, « Sarà una missione molto breve. »
L’alieno dagli occhi neri picchiettò leggero sul monitor e l’immagine di una strana costruzione di colore rosa comparve in tre dimensioni davanti a loro.
« Cosa…. Sarebbe? »
La domanda di Pharart rimase sospesa per qualche secondo mentre Zaur corrugava la fronte e zoomava di più sul locale.
« Sei sicuro che siano le coordinate giuste? »
« La loro traccia biometrica porta esattamente qui, » rispose laconico, « Sono sicuro. »
Il biondo alzò una mano come a scusarsi, e in silenzio osservarono l’immagine in diretta che roteava di trecentosessanta gradi.
« Riesci a farci vedere l’interno? »
Zaur scosse la testa alla domanda di Rui: « Non del tutto, ma posso fare… così. »
Il Caffè rimase visibile nella sua interezza, ma tre ombre scure apparvero sovraimpresse su quello che sembrava il piano inferiore; anche con i contorni leggermente sbiaditi, i geoti riconobbero le sagome dei loro antichi compatrioti.
« Questo è il punto in cui convergono maggiormente le singole tracce e per la maggiore quantità. I livelli dei Duuariani sono molto più alti di quelli delle umane, » Zaur picchiettò con l’indice su una stringa di dati in alto a sinistra, « Il loro quartier generale. »
Rui studiò la scena, imprimendosi bene in mente la struttura di quella costruzione così bizzarra.
« Questo posto sta diventando sempre più strano. »
« Ehi, guarda lì. »
Pharart attirò la loro attenzione nell’angolo in basso a destra del video, in cui era comparsa l’umana dai lunghi capelli biondi. Kert fece una smorfia al contempo stupita e confusa: « È… diversa da come l’abbiamo vista noi. »
Con un paio di rapidi ticchettii, Zaur fece spuntare un’immagine presa dal loro ultimo scontro con le Mew Mew, accostandola al video in diretta.
« Non devono essere semplici umane, » Rui scosse la testa, stringendo gli occhi, « Non so se i Duuariani abbiano qualcosa a che vedere con tutto ciò, ma voglio una sorveglianza costante su questo posto. Studiate i loro movimenti, scoprite dove vanno, cosa fanno, in quali altri luoghi si incontrano. E perché diamine hanno delle orecchie animali che gli spuntano dalla testa. »
« Un aspetto che donerebbe a Kert. Soprattutto la coda. »
« Ah-ah-ah. »
« Non ti si può dar torto, Pharart, » una voce divertita, ma fioca, li raggiunse dalla soglia alle loro spalle.
Kert si rabbuiò all’istante, soffocando un ringhio, mentre Rui sorrise e si avviò verso la nuova arrivata, porgendole la mano: « Pensavo fossi a letto. »
« Sì, ma mi stavo annoiando e ho sentito che avete fatto scoperte interessanti, così vi ho raggiunti. »
« Come stai? »
Lei sorrise grata a Pharart: « Meglio, grazie. Io e Zaur stiamo testando delle calibrazioni che possano aiutare. Mi dispiace causarvi così tanti inconvenienti. »
« Figurati, principessina, » la prese in giro Kert con malcelato astio, « La tua presenza qui non è che fonte di gioia. »
Rui lo incenerì con lo sguardo, ma la risata cristallina dell’aliena dal viso tondo e stanco, incorniciato da una folta frangetta nera, gli fece capire che, come al solito, lei non avrebbe dato troppo peso alla battutina gratuita: « Ti ringrazio delle parole gentili, Kert. Ma potresti anche chiamarmi con il mio nome. »
« Cerco solo di renderti onore, Espera(****). »
Espera sorrise divertita, sfiorando con leggerezza il dorso della mano di Rui come a tranquillizzarlo, poi stese il collo fino a sbirciare il monitor sospeso nell’aria.
« Le avete identificate? »
« Il loro principale ritrovo, sì, » ricapitolò Rui, poggiandole una mano sull’incavo della schiena, « Ma ci sono ancora abbastanza incognite su di loro. »
La ragazza corrugò la fronte nell’osservare la figurina dai capelli color miele che entrava e usciva da una porta: « Sembra… così giovane. »
« Meglio così, » commentò roco Kert con soddisfazione, « Sarà più facile metterle fuori gioco e completare questa missione al più presto. Scommetto che la nostra inaspettata ospite non veda l’ora di tornare a casa. »
Questa volta, gli occhi blu scuro di Espera lo guardarono con una punta di fastidio: « Non attribuirmi parole che non ho mai detto. »
« Vuoi forse rispondere che, però, non sia vero? »
Lei lo scrutò per un’altra manciata di secondi, prima di sorridere: « È merito tuo se abbiamo trovato questa elegante casa abbandonata da utilizzare come nostro alloggio, Kert. Non posso certo lamentarmi, non ci manca nulla. »
Lo sguardo dorato brillò di fastidio prima che l’alieno grugnisse scontroso, e Zaur ne approfittò per domandare: « Come vuoi procedere? »
« Almeno ventiquattro ore di sorveglianza prima di un eventuale attacco. Così da avere dati sufficienti da condividere anche con il Consiglio. »
Kert si schiarì la gola, e un sorrisetto maligno si ridipinse sulle sue labbra: « E dell’altro pezzo del piano cosa ne pensiamo? »
Espera, se possibile, impallidì ancora di più mentre Rui, con un guizzo della mascella, sibilò tra i denti: « Non è da discutere qui. »
« Mi dispiace, fratellino, ma non sono d’accordo, » insistette lui, « Siamo qui apposta, stiamo discutendo la strategia. E tra cinque giorni… »
« Kert. »
« Lo sai che ho ragione. »
Il fratello, come al solito, lo squadrò con astio e impazienza, poi mosse il mento verso il monitor di Zaur mentre poggiava di nuovo la mano sulla schiena di Espera: « Monitorate e datemi tutte le informazioni più importanti. Zaur, affido a te il compito di scrivere un rapporto per il Consiglio. Lo invieremo domani. »
Non attese risposta mentre guidava elegantemente la ragazza fuori dal salone e lungo il corridoio buio fino alla camera da letto che condividevano. Non era certo il posto più formale in cui parlare di attività ufficiali legate alla loro missione, ma non sarebbe mai riuscito a trattarla del tutto come un membro effettivo di quella squadra.
Non come tutti gli altri, almeno.
« Sapevamo che sarebbe successo, » mormorò lei a mezza voce, cercando di suonare spensierata.
Rui si fermò nel centro della stanza e le prese il volto tra le mani: « Sì, ma non voglio forzarti. E l’ordine del Consiglio non è ancora arrivato. »
Espera gli strinse le dita e abbozzò un sorriso: « Scommetto che sappiamo entrambi a volte sia meglio non doverli aspettare. »
« La mia bellissima figlia della Notte, » lui poggiò la fronte contro la sua, « Dovremo vedere se questo nomignolo significa davvero qualcosa. »
« Bellissima? »
Il ragazzo sbuffò: « Di quello non devi dubitare. »
Lei ridacchiò e poi si morse il labbro: « Allora… tra cinque giorni? »
Le dita di Rui si strinsero appena contro al suo viso: « Non devi farlo obbligatoriamente. Sarebbe solo la prima Luna piena sulla Terra, e non abbiamo ancora combattuto come si deve contro le umane. Non succederebbe nulla se per questa volta… »
Espera fece schioccare la lingua e scosse la frangia: « Vorrebbe dire aspettare un altro mese per provarci. Non ha molto senso, rischieremmo di perdere un’occasione e di irritare il Consiglio. Mi hanno messo sull’astronave apposta, no? Se la profezia è vera... »
« Ripeto, avrei preferito che non fosse una sorpresa, » Rui insistette a tenerla ferma, « Solo se te la senti. Se non stai bene, se per caso… tu rimani qui. »
« Starò bene, » lo rassicurò convinta, il sorriso un po’ più sicuro, « Lo prometto. »
 
 
 
 
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« Where are you? »
Zakuro, in piedi davanti alla larga porta finestra della camera da letto, si guardò sopra la spalla con l’accenno di un sorriso: « I’m right here. »
« No, you’re not. »
Lei fece una smorfia e ritornò a guardare fuori verso le molteplici luci notturne della città: « Non mi piace non sapere le cose, » mormorò piatta, stringendosi le braccia nude, « Non mi piace non capire. »
Il silenzio che le rispose, rotto solo da un fruscio leggero di lenzuola, la fece continuare sottovoce, sempre in inglese: « Non conosciamo ancora bene i nostri nemici, che non si fanno vedere né sentire da quasi una settimana. Non riesco a decidermi se sia una cosa positiva o negativa; forse ci stanno studiando e sanno dove colpirci, a differenza nostra; forse anche loro ci stanno mettendo così tanto perché presi alla sprovvista. Ma l’attesa mi innervosisce. »
« Thought I’d relaxed ya. »
Si voltò finalmente del tutto verso Joel, nascondendo un sorriso sotto il guizzo di un sopracciglio, ma non aggiunse altro; chiuse le tende, desiderosa di quanto più buio possibile, e si infilò di nuovo nel letto, poggiando la schiena contro la spalliera.
« Davvero non hai mai fatto domande a Shirogane quando ti ha coinvolto nel progetto? »
« Perché avrei dovuto? Paga bene. »
Zakuro sbuffò, e sotto lo sguardo zaffiro il texano si voltò su un fianco, issandosi su un gomito: « Sono un medico specializzato in genetica. Era l’occasione della vita. »
La modella batté le palpebre, rispondendo con un secondo di ritardo: « Un esperimento per cui non avresti mai potuto raccogliere gloria, però. »
« Non ho studiato medicina per la gloria, » rimbeccò lui, « Il DNA di animali in via d’estinzione vi regala superpoteri che aumentano la prestanza e la resistenza del vostro fisico. Ti sei mai chiesta come potrebbe essere possibile applicare una versione edulcorata di questa scoperta per combattere malattie neurodegenerative? O patologie per cui ancora non abbiamo trovato una cura? »
L’istinto del lupo della ragazza quasi le fece digrignare i denti: « Non siamo cavie da laboratorio. »
« Non ho detto questo, » Joel allungò un braccio per sfiorarle una gamba, « Non sto studiando voi. E neanche il vostro DNA direttamente. Però le ricerche di Shirogane in generale possono essere utili a più scopi. »
Zakuro scostò il viso solo per non fargli notare che stesso considerando che lui potesse aver ragione. Nessuna di loro si era effettivamente mai chiesta con esattezza in cosa consistessero gli studi condotti dai vari laboratori di Ryou e Keiichiro in giro per il mondo o dalle varie collaborazioni con altre aziende internazionali. Né avevano mai dubitato che le intenzioni dei due scienziati fossero altro che ottime. Al tempo stesso, non le piaceva che le fosse ricordato sempre, con estrema facilità, quanto la sua vita avesse preso una svolta non pianificata e così assurda; come fossero state trasformate in mutanti in nome del bene superiore.
« Il colpevole è sempre Shirogane, » scherzò sottovoce Joel, intuendo il suo malumore, « Io non c’entro niente con chi ha scelto, sono arrivato dopo. »
Zakuro non si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo: « Lui dice sempre che è stata la Terra a sceglierci. »
« Non l’avrei mai preso per uno così romantico. »
« Ass licker, you mean. »
L’americano rise e si girò meglio su un fianco: « Posso portarti, lo sai. A vedere cosa faccio. Il laboratorio a Sunnyvale(*****) è particolarmente delizioso, in primavera. »
Lei inclinò appena il capo, sollevando un sopracciglio: « Chi mi assicura non sia una trappola per rubare i segreti del mio DNA? »
La risata roca rimbombò nella stanza buia in risposta al suo sarcasmo: « I got you where I want right here. »
 
 
 
 
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Ichigo esalò e chiuse gli occhi, poggiando la testa contro lo schienale della sedia a dondolo mentre continuava a dare colpetti leggeri sulla schiena di Kimberly. Sperava solo che la bimba decidesse di dormire un po’ più a lungo del solito, almeno per quella sera. Le sarebbe bastata solo una sera.
Era così stanca che le pareva di sentire il rumore delle ossa che cigolavano sotto il peso di tutto quello che stava succedendo. Sfiorò con le labbra la testa della figlia e ne inspirò il profumo che riusciva sempre a calmarla.
La casa era silenziosa, Ryou era di nuovo rintanato nel laboratorio del Caffè a distruggersi il cervello cercando di scoprire quanto più possibile sui loro nemici. Ichigo sospirò piano e continuò a dondolarsi; lui non l’avrebbe mai ammesso, ma lei sospettava che in qualche maniera l’americano si sentisse in colpa per quanto accaduto mesi prima, per non essersi reso conto della riattivazione dei loro poteri o della nuova minaccia incombente – nonostante nemmeno i raffinatissimi strumenti degli Ikisatashi avessero dato molti frutti – e stesse quindi cercando una sorta di espiazione lavorando a ritmo più serrato che mai. Con lui, ovviamente, i tre alieni loro alleati; quella sorta di stasi in cui erano caduti da una settimana a quella parte aveva reso tutti attenti al più minuscolo dettaglio, alla ricerca di una qualsiasi risposta.
Era conscia che, almeno per Ryou e per Pai, fosse una risposta naturale per mantenere la calma e avere l’impressione, per quanto falsata, che la situazione fosse sotto controllo; ma per lei era come avere il cuore in un costante frullatore, e la modalità protettiva in cui erano scattati i ragazzi le era tutt’altro che di conforto.
Non che poi fosse effettivamente sicura di cosa volesse.
Sospirò di nuovo e si accomodò meglio contro la poltrona, canticchiando una ninna nanna a mezza voce mentre controllava che Kimberly si stesse effettivamente addormentando, scivolando in un sonnellino a sua volta quasi senza rendersene conto.
 
 
 
 
« Cazzo! »
« Purin! »
« Scusa, capo, » la biondina lo guardò con aria afflitta e si succhiò il pollice ferito, « Mi sono distratta. »
Ryou sospirò e le si inginocchiò accanto per aiutarla a raccogliere la moltitudine di forchette sparse per terra.
« Ti sei fatta male? »
« No, solo nell’onore. »
Lui esalò una risata: « Che ci fai ancora qui? »
Purin sistemò con molta cura le posate e fece spallucce: « Taru-Taru è giù con te e Kisshu nii-san. Non avevo voglia di stare a casa da sola, ho i nervi a fior di pelle con questa attesa. »
L’americano non poteva certo biasimarla, visto che stava cominciando ad avvertire una certa vibrazione nelle vene ed era comunque salito in cucina per l’ennesima tazza di caffè.
« E i tuoi fratelli? »
Lei fece una smorfia divertita: « Fuori con gli amici. Quando mio papà non c’è hanno la tendenza a svanire. »
« Per fortuna che non hanno una sorella che si preoccupa troppo. »
« E cosa gli potrei dire? Ciao, io a undici anni già combattevo i mostri, mi raccomando tornate entro mezzanotte? »
Ryou rise di nuovo e le arruffò i capelli mentre la superava per avvicinarsi alla macchina del caffè all’americana.
« Avete fame, di sotto? »
« C’è Kisshu, di sotto. »
Purin rise e infilò la testa nel frigo: « Con questa storia della finta ristrutturazione stiamo cominciando ad avere poche provviste. »
« La dispensa è piena! »
« Sì, ma Keiichiro nii-san non ci lascia più gli avanzi della giornata. »
« I don’t even know where you put all the stuff you eat… »
 
 
 
 
Si risvegliò di scatto quando il suo istinto le vibrò nelle orecchie, avvertendola che c’era troppa calma, troppa pace.
Si era fatta sera inoltrata, Kimberly era sempre stretta al suo petto e dormiva beata; Ichigo si alzò con cautela dalla sedia a dondolo e cercò il cellulare nella penombra, tastando con la mano libera. Erano solo le nove, eppure le sembrava molto più tardi. Si sorprese quando si rese conto di non essersi nemmeno svegliata per la fame, visto che a pranzo si era concessa solo uno spuntino veloce perché la bimba era stata di cattivo umore. Forse era davvero solo la stanchezza, però aveva uno strano nodo allo stomaco e quella sensazione di calma…
Non adagiò la figlia nella culletta ma la tenne con sé mentre marciava verso la propria camera da letto; corrugò la fronte quando l’interruttore della luce in corridoio scattò e la lampada al soffitto tremolò un paio di istanti prima di spegnersi del tutto. Ichigo soffiò tra i denti e riprovò un paio di volte, ma doveva essere saltata la lampadina, e lei non era nemmeno certa di dove fossero quelle di ricambio.
Fece partire la torcia del cellulare giusto per vederci bene, con Kimberly in braccio, ed entrò in camera da letto digitando un messaggio per Ryou; le scappò un altro mezzo sospiro di fastidio quando vide che pareva non esserci segnale e il messaggio rimaneva bloccato in uscita.
Poi alzò lo sguardo sulla finestra e il cuore le precipitò nello stomaco quando vide le luci dell’intera città spegnersi contemporaneamente davanti ai suoi occhi.
 
 
 
 
Il frigorifero morì con un sonoro sospiro mentre tutto il Caffè piombava nel buio.
« Non sono stata io! » si difese subito Purin, chiudendo lo sportello per preservare il freddo quanto più possibile, « Che succede?! »
Ryou sussurrò un’imprecazione in inglese e non le rispose, prendendo invece il cellulare in mano e controllandolo: la sua intuizione era stata tristemente sbagliata, e il dispositivo gli stava chiaramente comunicando la totale assenza di linea.
Il rumore sordo del generatore di emergenza – che riempì il locale di una fredda luce bluastra, e lui ringraziò mentalmente Keiichiro di aver insistito così tanto, tutti quegli anni prima – coincise con il trambusto degli Ikisatashi che salivano di corsa dal laboratorio.
« Non c’è corrente in tutta Tokyo, » il tono di Kisshu era teso, « E i segnali - »
« Devo andare da Ichigo, » Ryou lo interruppe e si voltò verso Purin, « Dove sono le altre? »
« Retasu-chan è con Pai nii-san, Minto nee-san è sul set con Zakuro nee-san… »
« Chiamale attraverso il vostro pendaglio e dì loro di trovarsi pronte, » la biondina annuì e lui guardò Taruto, « Potresti…? »
L’alieno annuì vigorosamente: « Andiamo a prendere Ichigo-chan e torniamo subito, » aggiunse, più diretto alla mewscimmia che già brandiva la spilla da Mew Mew che agli altri.
« Localizzate la loro posizione non appena i radar rivelano qualcosa e trovatevi lì, io chiamo Keiichiro e vi seguiamo dal computer! »
 
 
 
 
Pharart fischiò tra i denti mentre osservava il panorama buio dell’enorme città sotto di loro, il vento della sera che gli scompigliava i capelli biondi davanti agli occhi: « Peeerò. Ci sei andato giù pesante. »
Kert ghignò soddisfatto: « La principessina vuole la Luna, chi sono io per non accontentarla? »
« Se gli umani sono messi in difficoltà da un blackout, non vedo come possano essere un problema, » commentò con voce annoiata Zaur, a fianco a loro, « Mi stupisco non siano dotati di dispositivi di soccorso. »
« Qualcosa là c’è, » rispose il secondo in comando, muovendo il mento verso le poche luci che si riaccendevano qua e là, « Ma niente che ci possa mettere in difficoltà. Sempre che questo piano funzioni. »
« Funzionerà, » Rui apparve accanto a loro, i capelli raccolti da una fascetta di pelle, « Attenderemo il momento esatto in cui sarà alta in cielo, e funzionerà. »
Il fratello minore si limitò a scuotere le spalle mentre il ghigno si faceva più largo: « Nel frattempo, divertiamoci. »
 
 
 
 
Ichigo soffocò un urlo solo per non svegliare Kimberly quando percepì lo spostamento d’aria e il sibilo sottile di quello che solo in seguito realizzò essere il teletrasporto, mentre quasi saltava sul posto voltandosi indietro e puntava la torcia contro il rumore.
« Sono io, sono io, » Ryou le andò incontro e le strinse il viso tra le mani, « Siamo venuti a prenderti, dobbiamo… »
Lei deglutì a vuoto tre volte di seguito per calmare il battito sforzato del cuore mentre rimetteva insieme i pezzi nella mente, capendo che fosse arrivato il momento di entrare in azione; tentennò in ogni caso a passargli la bimba ancora addormentata, gemendo piano quando il calore del corpicino lasciò il suo.
« Torniamo al Caffè, » l’affrettò Taruto, niente altro che un vago contorno sfumato nel buio del corridoio, « Purin ci starà aspettando là, e da lì ci uniremo agli altri. »
Ichigo annuì e si frugò nelle tasche alla ricerca del suo ciondolo Mew, seguendo con lo sguardo il biondo che infilava con cura Kimberly nel passeggino e agguantava la borsa d’emergenza che avevano iniziato a tenere sempre pronta per qualsiasi evenienza.
Un altro sguardo incoraggiante da parte di Taruto, che lei poté scorgere solo perché gli occhi dell’alieno parevano brillare anche al buio, e con un luccichio rosato MewIchigo fece la sua comparsa. Non si scambiarono molte altre parole mentre l’Ikisatashi le stringeva la mano e afferrava il polso di Ryou per portarli velocemente al locale, dove Purin li stava attendendo anche lei già trasformata.
« Fuori non si vede un accidenti, » esclamò la biondina, le orecchiette da scimmia che fremevano nervose, « Le altre sono pronte, Kisshu ha raggiunto Minto nee-san e Zakuro nee-san. »
MewIchigo, il viso ancora più pallido sotto la luce fredda del sistema secondario, inspirò profondamente e poi le rivolse un cenno del capo: « Andiamo. »
 
 
 
 
« Non capisco perché fosse necessario fare tutto ‘sto casino. »
Quasi in contemporanea, MewZakuro e Pai lanciarono un’occhiataccia a Kisshu per intimargli di stare zitto, mentre tutti si concentravano per captare qualsiasi segnale che potesse indicare con più precisione dove fossero i loro nemici.
Dopo i primi quindici minuti di estrema confusione per quel blackout totale e improvviso, su Tokyo era scesa una calma innaturale: i clacson della gente che tentava di tornare a casa si erano interrotti, così come gli strepiti di chi chiedeva cosa stesse succedendo e chi si preoccupava a voce alta.
« Chissà quanta gente è bloccata sui treni… » mormorò sottovoce MewRetasu, le dita un po’ sudate per l’ansia attorno alle sue nacchere.
« Akasaka-san sta cercando di comprendere da dove sia partito, » rispose piano MewZakuro, sia per tranquillizzarla che per evitarle troppe distrazioni, « Ora pensiamo ai nostri nuovi ospiti. »
Una folata leggera di vento portò sotto al suo naso un odore che stava imparando a temere:
« Parlate di noi, bellezze? »
La mewlupo girò sul posto, la frusta che sfrigolò tra le dita. Tre dei loro avversari stavano sospesi a pochi metri da loro, quello dagli occhi dorati con un irritante sorrisetto stampato in volto e l’arma già imbracciata.
« Non ci siete tutte, » continuò irriverente, « Vi abbiamo già fatto perdere la speranza e vi siete date per vinte? »
« Tu dai un po’ troppa aria alla bocca, » latrò Kisshu, roteando i sai con maestria, « Scendi e parliamone, di chi deve darsi per vinto. »
« Oppure sali tu e ritorni sulla buona strada. Anche se capisco l’attrattiva di questa. »
Un ringhio speculare risalì dalla gola di MewZakuro e Kisshu, quest’ultimo che si mosse in avanti per coprire MewMinto, mentre Pai faceva d’istinto un passo di lato per riparare MewRetasu.
Kert rise di gusto e lanciò uno sguardo ai suoi due compagni, quello biondo e quello bruno: « Quanti erano gli sheqli? »
L’alieno dagli occhi così neri che l’iride pareva indistinguibile dalla pupilla si limitò ad alzare un sopracciglio: « Smettiamola di perdere tempo. »
« Non potrei essere più d’accordo. »
Veloce come un fulmine, Kert puntò la propria arma contro le Mew Mew e i loro alleati, scatenando nuovamente un’enorme bolla d’aria che schizzò rapida nella loro direzione.
« VIA! »
MewZakuro, MewRetasu, MewMinto e i due Ikisatashi scartarono all’indietro, questa volta più pronti rispetto all’incontro precedente, ma la velocità di quella sfera trasparente era incredibile e anche a distanza ne avvertirono l’implacabile onda d’urto che li fece caracollare per terra.
« Ribbon Pudding Ring Inferno! »
L’enorme budino gelatinoso di MewPurin apparve all’improvviso dalla loro sinistra, schiantandosi contro il colpo d’aria di Kert: si frantumò in mille pezzi, spargendo piccoli blob appiccicosi ovunque, ma riuscì a smorzare l’efficacia dell’attacco.
« Che cazzo è quello adesso, » sibilò l’alieno tra i denti, scambiandosi un’occhiata confusa con i compagni.
« Ragazze! State bene?! »
Le ultime due Mew Mew raggiunsero di corsa le loro compagne, aiutandole ad alzarsi in piedi. Kisshu soffiò qualche parolaccia sottovoce e si rialzò borbottando:
« Grazie della preoccupazione, micetta. »
MewIchigo non lo degnò di uno sguardo, fronteggiando invece i geoti con la campanella ben stretta in mano.
Sentire il potere scorrerle nelle vene era una sensazione familiare ma al tempo stesso spaventosa, complessa; corrugò la fronte e deglutì, non era il momento di perdersi ma di dimostrare perché era stata scelta come paladina e come leader.
« Ribbon Strawberry Sur - »
Non riuscì a terminare il suo attacco che fu come se l’oscurità attorno a loro si fosse fatta più densa, avviluppandole quasi le spire di un serpente e mozzandole il respiro. Poi, il sibilo di tre frecce che giunsero contemporaneamente all’ennesimo getto d’aria.
Si conficcarono con uno scintillio nel terreno alle sue spalle, vicino alle sagome delle sue compagne ma abbastanza distante da non costituire una minaccia.
« Non mi ha presa! » esclamò MewPurin con un sospiro di sorpresa, « Ragazze, vo – ah! »
Una risatina soddisfatta echeggiò nell’aria mentre dalla punta della freccia spuntava una grossa radice verdognola e bitorzoluta che scattò velocissima contro la mewscimmia e le si avviluppò alla gamba, scagliandola a terra con forza.
« MewPurin! » MewMinto fu abbastanza svelta da librarsi in aria e riuscire a evitare un’altra radice all’apparenza senziente diretta dritto verso la sua vita, e incoccò il suo arco per colpire, invece, quelle che avevano afferrato MewRetasu e MewZakuro. Prima che potesse scoccare, però, una corrente d’aria la prese in pieno, facendola capitombolare via e perdere la freccia. Riuscì a raddrizzarsi poco dopo, la testa che girava, solo per trovarsi Kert a pochi centimetri da lei.
« Che esserini curiosi, » ringhiò con crudele interesse, sganciando la fibbia di pelle che teneva ferma una piccola accetta alla cintola, « Che razza di poteri avete? »
MewMinto deglutì, le dita che si contrassero meccanicamente attorno alla propria arma, ma non fece in tempo a sollevarla che la schiena di Kisshu le si parò a un paio di millimetri dal naso. Gli occhi dorati dell’alieno loro nemico, che notò non essere così dissimili da quelli che conosceva così bene, si tinsero di rabbia:
« Non rendere il tuo tradimento ancora più profondo, duuariano. Dovremmo stare dalla stessa parte. »
Kisshu schioccò la lingua, sarcastico, e con un movimento di polso fece ruotare un sai: « Sto bene dove sto. »
Una scarica elettrica precedette il suo lanciarsi contro Kert, che però riuscì a deflettere il colpo all’ultimo secondo; il geota ringhiò, le nocche che impallidirono attorno al manico dell’accetta.
« Allora vediamo se vi insegnano qualcos’altro oltre alla galanteria. »
La mewbird considerò più efficace spostarsi e ritornare in soccorso dalle amiche quando i due cozzarono uno contro l’altro, con una forza tale che lo stridio delle relative armi echeggiò nell’aria ancora pesante.
Taruto stava ancora tentando di prendere il controllo di quelle strane radici, Pai che forniva loro una protezione grazie ai colpi del suo ventaglio, ma le piante parevano non rispondere per nulla ai suoi poteri.
« Lascia perdere, » ringhiò MewZakuro, riuscendo finalmente a liberare un braccio per afferrare la sua frusta, « MewRetasu, non ti muovere. »
La verde rispose con un mugolio poco convinto, ma smise di combattere contro l’escrescenza attorno ai suoi fianchi: l’attacco della mewlupo la liberò con precisione pochi istanti dopo, la radice che si spezzò a metà con uno sfrigolio inquietante.
« MewIchigo, datti una mossa! » strillò MewMinto da sopra la spalla, colpendo con una freccia la radice ancora intorno alla gamba di MewPurin e che lei stava prendendo a randellate con il tamburello, inveendole contro con molta poca grazia. La mewrosa, che insieme a Taruto aveva provato ad artigliare le piante, sembrò riscuotersi nonostante la pressione che ancora sentiva sul petto e quella strana oppressione che le pesava sulle membra.
Senza dirle nulla, MewRetasu le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso comprensivo e di incoraggiamento, cui la mewgatto rispose con un cenno, prima di squadrare le spalle e rivolgersi nuovamente ai nemici.
 
 
 
 
Rui lanciò uno sguardo veloce allo scontro sotto di loro, osservando confuso quelle figurine colorate che stavano incredibilmente tenendo testa ai suoi compagni. Schioccò la lingua e si voltò verso Espera, il volto più pallido del solito.
« Aspetta fino a che la Luna non sarà del tutto alta, d’accordo? »
Lei annuì e gli strinse le dita con un palmo sudato, gli occhi blu velati d’argento e tremolanti: « Capito. »
Lui non riuscì a trattenere un sospiro preoccupato mentre le accarezzava una guancia, scostandole i capelli dal viso: « Preferirei tu non fossi qui. Non lo dovessi fare. »
« Lo so, » replicò sottovoce, « Ma va bene così. »
Rui la osservò un altro paio di secondi, poi sciolse le loro mani lentamente.
« Stai quanto più lontano possibile. »
La baciò velocemente sulla fronte, avviandosi verso il basso prima di cambiare idea riguardo il lasciarla sola.
« Grazie per averci raggiunti, » lo accolse Zaur, più nelle retrovie rispetto agli altri due compagni, la voce piatta che non conteneva la minima goccia di rimprovero, « Come sta? »
Rui esalò tra i denti: « Vediamo di fare in fretta. »
Si lanciò in avanti, pronto a colpire il fianco scoperto di quella strana umana dai capelli rosa, quando un fiotto d’acqua gelida lo colpì di sorpresa, facendolo barcollare pericolosamente verso il suolo. Gli ci volle un istante per riprendersi dallo sconcerto e dal profondo fastidio di essere stato colpito proprio da qualcosa che…
La risata roca di suo fratello lo distrasse, spingendolo a cercarne la figura a mezz’aria:
« Due contro uno? Seriamente? »
Kert stava infatti scontrandosi con il duuariano dai capelli verdi, che brandiva due sottili tridenti, e l’umana vestita di viola e armata di una scintillante frusta; entrambe le armi sfioravano da troppo vicino suo fratello maggiore per i gusti di Rui, ed era chiaro anche a lui che quel suo modo di fare noncurante e sprezzante stava solamente incrementando l’astio dei loro nemici nei suoi confronti.
Mentre era impegnato a parare, infatti, un colpo da parte del loro antico compatriota, il lungo lazo viola dell’umana si attorcigliò attorno al suo ventre; Rui s’irrigidì e poté percepire da dov’era lo sforzo di MewZakuro, che tentò di tirare Kert verso terra. Nuovamente, la risata sdegnosa del maggiore dei Tha riempì l’aria.
« Bel tentativo, carina, » mormorò, avvolgendosi il nerbo attorno al polso libero dall’accetta, « Ma non abbastanza. »
Tirò a sua volta, e MewZakuro, per quanto puntò i talloni nel terreno, non riuscì a contrastare la forza dell’alieno e finì invece a pancia a terra, la frusta che si srotolò mollemente.
« MewZakuro! »
Il grido preoccupato di una sua compagna, seguito da un fiotto di luce rosa che lo costrinse a chiudere gli occhi per un secondo, lo fece mettere in moto. Rui si scostò la frangia bagnata dagli occhi e inspirò profondamente, socchiudendo le palpebre per un istante mentre riconquistava un paio di metri dal suolo. Il corto pugnale che portava alla cintola prese a brillare di blu, sempre più intensamente: quando l’estrasse dal fodero, si rivelò una lunga spada, che pareva splendere della luce della Luna.
Appena arrivata sotto di lui, MewIchigo avvertì i peli sulla coda rizzarsi di apprensione: « Oh, accidenti, » sibilò, « Non mi piace, non mi piace. »
Inspirò forte e strinse la sua campanella, cercando di raccogliere quanta più energia mentre la puntava verso l’alieno dai capelli color ghiaccio: « Ribbon Strawberry Surprise! »
Il colpo di luce viaggiò verso Rui, deciso e luminoso – solo per essere scagliato lontano, con un rimbalzo, dalla larga lama. Lasciando il padrone della spada completamente illeso.
MewIchigo avvertì il respiro fermarsi in gola: « Accidenti, accidenti, accidenti! »
Si allontanò con un balzo agile non appena lo vide avvicinarsi, persistendo in ogni caso a lanciargli contro attacchi nella speranza, quantomeno, di stancarlo; lei stessa poteva avvertire già la fatica crescere senza sosta, gli anni di riposo che premevano sui suoi muscoli già affaticati, i cambiamenti da cui il suo corpo non si era ancora ripreso del tutto.
« MewPurin! » esclamò a voce roca, notando che la mewscimmia era la più vicina, attirando la sua attenzione.
La biondina si voltò rapida verso di lei, lanciando un paio di attacchi svelti contro l’alieno; il budino gigante riuscì a rallentare la discesa di Rui, la cui spada fu avvolta dalla sostanza viscida. Gli scapparono un paio di maledizioni sibilate mentre tentava di ripulire la lama, e fu Zaur a corrergli in soccorso, il corto bastone di legno rossastro che distrusse gli ultimi residui di materia.
« È quasi ora, » gli sussurrò il compagno dagli occhi neri, « Dirò agli altri di tenersi pronti. »
Rui annuì, e le iridi blu divennero due fessure quando l’ennesimo colpo di MewRetasu si diresse rapido verso di loro. Di nuovo, la spada brillò appena mentre lui prendeva un respiro e stendeva la mano davanti a sé: il tempo di un sospiro, poi Rui chiuse il pugno digrignando i denti e il getto d’acqua fu lanciato dalla parte opposta, a sfiorare Kert e Kisshu che ancora si sfidavano in cielo.
« Cazzo. »
MewIchigo non avrebbe potuto essere più d’accordo con l’esclamazione di Taruto.
Il giovane alieno si lanciò ancora a testa bassa contro Pharart, rispondendo alle frecce con un ammasso di piante a sua volta che saettavano nell’aria come sottili serpenti, spezzando i dardi e parando le ragazze al tempo stesso, evitando quanto più possibile che germogliassero altre seccature. Al tempo stesso, ne indirizzò altre verso Rui e Zaur, mentre MewRetasu e MewIchigo persistevano ad attaccare.
La lama baluginante, però, e il sottile bastone continuavano a parare i colpi, i loro padroni che schivavano con eleganza ed efficienza i poteri delle Mew Mew.
Troppa efficienza, per il loro gusti, nonostante l’evidente differenza numerica.
MewZakuro si prese un attimo di respiro, notando con la coda dell’occhio Masha che svolazzava verso di lei; la voce preoccupata di Shirogane la raggiunse l’istante successivo.
« State bene?! »
« Sì, » le uscì più un ringhio che una risposta sincera, mentre continuava a tenere sott’occhio Pai, Kisshu e Kert che persistevano a scontarsi a una velocità tale che – doveva ammetterlo, pur con l’orgoglio ferito – lei e le altre non avrebbero sostenuto - « Ma non è… facile. »
Scattò all’indietro, evitando una doccia di punte di freccia spezzate da Taruto che, pur avendo perso il loro potere, l’avrebbero tagliuzzata fin troppo.
« Siete troppo divisi, » persistette l’americano, « Forse dovreste - »
Masha squittì e scartò velocemente di lato, un Ribbon Lettuce Rush che fu nuovamente respinto e usato come protezione contro di loro e che la mewlupo schivò per un soffio, avvertendo le goccioline bagnarle la coda. Digrignò i denti e corse verso le altre MewIchigo e MewRetasu, le sole a trovarsi contro due geoti in una volta, la fierezza che ruggiva nel realizzare che le Mew Mew sembravano più impegnate a proteggersi che ad attaccare.
« Non stiamo andando da nessuna parte! » esclamò alle amiche, lanciando un Ribbon Zakuro Pure verso Zaur che almeno ottenne di farlo allontanare di qualche metro.
Se questo è solo il primo scontro…
Non riuscì a terminare il pensiero che, per una seconda volta, il buio intorno a loro sembrò tendersi, allargarsi e stringersi allo stesso tempo, premendo sui loro corpi come un’enorme massa invisibile, farsi più intenso anche contro la luce della Luna, ora ben visibile in cielo. MewZakuro avvertì chiaramente MewIchigo, alla sua sinistra, trattenere il respiro e poi emettere un rantolo mentre inciampava e faticava a mantenere la direzione della sua campanella; al tempo stesso anche MewPurin, alla sua destra, brontolò una sequela di parolacce mentre sfregava contro il terreno per evitare un colpo di Pharart, come se avesse perso la sua innata agilità.
Il suo sesto senso di lupo percepì qualcosa di nuovo, portato dal vento che si alzò in quell’istante e che la costrinse ad alzare il viso.
Dove una nuova figurina si stagliava esattamente davanti alla Luna.
« Chi diavolo è? »
Il sussurro incattivito di Taruto risuonò nello spazio, mentre l’intero scontro pareva sospendersi per un istante per osservare ciò che stava succedendo.
Tutti gli istinti animali delle ragazze vibrarono allarmati all’unisono quando il vento crebbe di intensità, e la figura aliena sopra di loro apriva le mani in un turbinio di lunghi capelli e prendeva a brillare della stessa luce del satellite.
 
 
 
 
Per Rui fu come se una marea calda gli stesse riempendo il petto, scorrendo fino ad ogni estremità dei suoi arti, tuonando mentre pretendeva di essere liberata.
Gli scappò una esclamazione di sorpresa, per una volta vide anche sul volto di Zaur un’espressione più impressionata; si studiò il dorso della mano, che sembrava anch’essa avvolta da una luminescenza bluastra.
Al successivo battito del suo cuore, più potente che mai, strinse l’altro palmo intorno all’elsa e inclinò appena la lama, mentre il vento portava più vicino il suo sussurro.
Ora.
Un lampo esplosivo si propagò per l’aria, fatto del bagliore proprio della Luna, come se Espera ne fosse diventato il faro; colpì esattamente la sua spada, ma non la fece rimbalzare via né sembrò intaccarla: la lama parve assorbire tutta quella potenza, il vago scintillio che crebbe in nitidezza e intensità.
Ne divenne un canale vero e proprio.
Rui la osservò ancora un paio di secondi, saggiando la vibrazione contro al braccio, avvertendo quasi l’arma più leggera, più viva.
Non ci aveva creduto veramente – non ci aveva voluto credere – neanche all’ultimo secondo, neanche quando aveva acconsentito di portarla sul campo di battaglia. Ora aveva la prova inequivocabile davanti agli occhi.
Il piccolo cenno col capo di Zaur gli bastò per convincersi.
 
 
 
 
MewIchigo impiegò una manciata di secondi a capire cosa stesse succedendo.
Perché un raggio di luce stava venendo assorbito dalla spada dell’alieno chiamato Rui dopo essere stato generato da quell’altra tizia mai vista prima.
Perché le pareva che si fossero fermati tutti e che l’intera attenzione fosse catalizzata proprio lì.
E perché adesso quel fascio di luce si stava dirigendo dritto verso di loro.
Il suo istinto felino reagì prima che lei potesse e lei saltò all’indietro, evitando per un soffio che metà della sua coda venisse bruciata. Non ebbe il tempo di respirare, però, in quanto l’alieno fendette l’aria una seconda volta, scendendo veloce verso di loro, e un altro scoppio di energia cadde vicino a lei, provocando una profonda crepa nel terreno.
« Ragazze! » MewIchigo alzò la campanella e tentò di rispondere ai colpi o quantomeno bloccarli, continuando a schivare attacchi con sempre più affanno, MewRetasu accanto a lei che la seguiva serrata.
« Fuu Shi Sen! »
Pai comparve all’improvviso accanto a loro non appena l’energia parve avvicinarsi troppo alla mewverde; lo spostamento d’aria causato dai suoi poteri, però, non fu abbastanza per fermare l’energia di Rui, ma questa fu in parte assorbita dal ventaglio del moro, diventato così largo che MewIchigo non riuscì a non chiedersi come riuscisse a reggerlo in mano.
« Cosa facciamo?? » domandò angosciata, quasi rannicchiata dietro l’alieno, « I nostri poteri non sembrano avere abbastanza effetto! »
Pai digrignò i denti mentre un ennesimo colpo si schiantava contro di loro, costringendoli a fare qualche passo indietro.
« Dobbiamo disarmarlo, » mormorò, « Forse Taruto - »
S’interruppe quando Rui sbriciolò la terra sotto i loro piedi, facendo perdere loro l’equilibrio. MewZakuro e MewMinto si pararono loro davanti, entrambe intente a tempestare il geota di colpi che però continuavano a rimbalzare senza effetto contro la larga spada che lui brandiva come se non avesse peso.
La risata roca di Kert riecheggiò chiara anche sopra il rumore di quello scontro: « Però, fratellino. Allora forse non è inutile come pensavo. »
L’unica risposta di Rui fu un ringhio più simile a quello di un animale mentre guadagnava anche gli ultimi metri e posava i piedi a terra, la spada ancora avvolta dalla luce bianca.
« Ribbon Pudding Ring Inferno! »
Il colpo di MewPurin riuscì ad ottenere ben poco, venendo spiattellato in tutte le direzioni; Taruto le fu subito davanti, a coprirla mentre riusciva a far spuntare un paio di radici che si strinsero attorno alle caviglie di Rui, quanto bastava perché lo rallentassero, facendolo incespicare.
« Ribbon Zakuro Pure! »
La mewlupo fu svelta a lanciargli contro la propria frusta, ma la spada fu più veloce a evitare anche quell’attacco.
Rui alzò di nuovo il braccio, pronto a scagliare l’ennesimo fendente che avrebbe prodotto quella marea di energia, quando lo scintillio di quel potere sulla lama si bloccò di colpo; d’istinto, lui si voltò giusto in tempo per vedere Espera ondeggiare a mezz’aria prima di iniziare a cadere senza sosta.
Reprimendo un urlo, ormai noncurante dei nemici né dei compagni, Rui si teletrasportò il più vicino possibile a lei, volando per gli ultimi centimetri e riuscendo ad afferrarla in tempo prima che si schiantasse a terra. Il cuore gli si fermò in petto nel trovarla ancora più pallida del solito, un rivolo di sangue scuro che le scorreva dal naso.
« Espera, » sussurrò, scuotendola piano e passandole il pollice sotto la narice anche per assicurarsi che respirasse ancora, « Espera, svegliati. »
L’aliena emise solo un mugolio confuso, la testa che si abbandonò contro al suo petto quando la prese in braccio, e Rui combatté il moto di rabbia che sentì risalirgli per la gola.
« Ritiriamoci, » sussurrò ai compagni che li avevano raggiunti a mo’ di protezione.
Kert sbuffò, l’accetta ancora ben salda in mano: « Guarda che – »
Il fratello lo raggelò con un’occhiataccia che non ammetteva repliche: « Ho detto ritiriamoci. »
Si teletrasportò via prima che qualcun altro potesse aggiungere qualcosa, Zaur e Pharart che lo seguirono poco dopo; il maggiore rimase qualche altro istante di più, lanciandosi solo uno sguardo strafottente sopra la spalla.
« Ritenetevi fortunati, questa volta. »
Kisshu gli lanciò dietro uno dei suoi sai, così velocemente che fu quasi sicuro di sfiorargli uno zigomo una frazione di secondo prima che scomparisse nel nulla.
Con un sospiro generale, seppure confuse da tutta la situazione, le Mew Mew si lasciarono cadere a terra, MewPurin che si stese a pancia all’aria come una stella esalando ad alta voce.
« Non ci ho capito un accidente. Ma mi serve una doccia gelida. »
« Ci serve una tattica migliore, » commentò freddo Kisshu, facendo roteare piano il braccio sinistro con una smorfia di fastidio, mentre andava a recuperare l’altra metà della sua arma, « Almeno sono riuscito a tirargli un paio di fulmini. »
MewRetasu annuì sconsolata, portandosi una mano al petto mentre cercava di regolarizzare il respiro: « Posso dire che è un po’ un casino? »
« Non utilizzerei termini così cortesi, pesciolina. »
MewMinto gli lanciò un’occhiataccia mentre accettava la mano che lui le porgeva per tirarsi in piedi, Masha che svolazzò più convinto tra di loro.
« Avete fatto un ottimo lavoro. Stanno ripristinando la corrente in città, » la voce di Keiichiro le raggiunse quasi come un calmante, e si voltarono tutti ad osservare le luci che pian piano si riaccendevano tra i vari quartieri, « Su, l’importante ora è tornare a casa. »
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(*) Da siclo/sciclo (shekel in inglese, shèquel in ebraico), antica unità di peso che divenne poi una valuta in Mesopotamia e in Medio Oriente (e da cui poi anche il nome della attuale moneta israeliana).
https://en.wikipedia.org/wiki/Shekel

 
(**) Correggetemi se sbaglio perché io non solo anziana, ma ci sono sempre versioni contrastanti. Nell’anime originale arrivato in Italia nel 2004, NONOSTANTE GLI OTTOCENTO ERRORI A PUNTATA PER QUANTO RIGUARDA I COLORI, quando Ichigo si trasforma ha i capelli (e gli occhi) rosa, mentre Minto ha capelli (e occhi) blu, ovvero il colore del loro costume/potere/etc. Questo direi che non succede nel manga originale (tranne sulle copertine dei volumetti), né in Re-Turn né nel reboot del 2022, dove l’unica cosa che cambia alle ragazze da trasformate sono gli occhi (Retasu li ha infatti verdi in forma Mew).
 
(***) Liberamente ispirato dall’episodio 18 dell’anime, in cui Taruto non solo “costruisce” una casa, ma rassicura anche Kisshu che essa è introvabile dalle Mew Mew grazie appunto a una barriera protettiva
 
(****) Mentre i nomi degli altri alieni non vogliono dire una cippa di minchia – o almeno, non che io mi ricordi xD – Espera deriva dritto dal greco antico e significa sera (oppure occidente). Con la lettera maiuscola si identifica anche proprio Espera (o Espere), una delle Esperidi = le ninfe “figlie della notte” che custodivano l’omonimo giardino dei pomi d’oro. Scusate, ho fatto il classico (cit.)!
 
(*****) Sembra il nome di un quartiere di The Sims ma non è. Sunnyvale si trova nella Silicon Valley in California e, fun fact, è considerata la culla dell’industria dei videogiochi – visti i miei headcanon, dove altro poteva avere affari il nostro biondo preferito?
   
 
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