A ghost named simon cap 4
Capitolo 4
Rigirai a lungo tra
le mani quella cornice, osservandola da ogni angolatura possibile. Ma
non c'era alcun dubbio: l'attestato dietro il vetro apparteneva a Carl,
non a me.
- Non capisco
- biascicai. - E' passato troppo poco tempo.
- A quanto
pare il tuo capo è uno che fa le cose in fretta -
replicò Alex, riappendendo il quadro.
- Alla faccia
della fretta! Sono morto solo ieri sera!
L'Angelo si
strinse nelle spalle. Per un attimo sembrò volesse
aggiungere qualcosa, poi ci ripensò.
Io, dal canto
mio, ero rimasto davvero senza parole. Erano passate... quante? Dieci
ore? Beh, ero morto da poco più di dieci ore e tutti
sembravano non farci caso.
Mi avvicinai
alla libreria situata sulla parete opposta alla vetrata. Non c'era
più niente di mio, nemmeno i libri. Ero stato cancellato
come si cancella un segno in matita su un disegno. Eliminato, come se
non fossi mai esistito.
Ma quello che
mi dava più fastidio era chi aveva occupato il mio ufficio.
Una simile carognata non me la sarei mai aspettata, non da Carl.
- Quindi,
facendo due rapidi calcoli... mia moglie ha un amante e a lavoro non
hanno aspettato tanto a sostituirmi.
- Sono queste
le 'questioni irrisolte' di cui parlavo - mi informò Alex.
- Oh,
fantastico. E dì un po', ce n'è ancora o posso
andare finalmente dovunque io debba andare?
- Credo che
ci sia ancora qualcosa che devi vedere.
Borbottai
qualcosa di incomprensibile mentre mi concentravo su un altro luogo a
me molto familiare.
- Andiamo da
mio padre - sbottai. - Con un po' di fortuna scoprirò di
essere stato adottato.
Il giorno del
mio decimo compleanno, mia madre mi chiese cosa volessi fare da grande.
E io, nonostante avessi già pronte un sacco di risposte,
rimasi qualche istante a pensarci. Avrei potuto tirar fuori tutto
quello che avevo in mente: pompiere, giocatore di baseball,
batterista... Invece la guardai dritto negli occhi e dissi: "Voglio
essere come papà."
Anche mio
padre era un avvocato. Vedevo in lui una sorta di Superman che
difendeva le persone buone e evitava loro di andare in prigione. Mi ero
impegnato a fondo per assomigliare a lui, studiando per anni e
rinunciando a gran parte del mio tempo libero. E alla fine ce l'avevo
fatta. L'esperienza mi aveva insegnato, però, che se volevo
mantenere il mio lavoro, non potevo difendere sempre e solo le persone
buone; molte volte mi era toccato mettere da parte l'orgoglio per
occuparmi di soggetti che tanto buoni non erano, ma erano in grado di
pagare la mia parcella.
Un'altra cosa
che ammiravo in mio padre era il costante buonumore. Non l'avevo mai
visto nervoso, arrabbiato o triste. E con 'mai', intendo davvero 'mai'.
Per questo fu
un duro colpo trovarlo seduto in poltrona, la mia foto stretta al
petto, il volto rigato dalle lacrime. Non mi ero soffermato a pensare a
quanto la mia morte potesse dolorosa per le persone che mi avevano
amato veramente. E anche se avevo scoperto che mio padre era l'unico a
cui importasse davvero qualcosa, alla fine non mi importava
granché. Volevo solo che non soffrisse così tanto.
- Non puoi
fare in modo che mi veda, anche solo per un attimo? - chiesi al mio
Angelo.
Lui scosse la
testa.
- Sono
l'unico che può vederti - mormorò. - E anche se
ci fosse un modo... pensaci bene: gli daresti la vana speranza di
averti ritrovato, sapendo che tra quattro giorni spariresti
definitivamente?
No, non avrei
potuto farlo. Non avrei potuto causargli più dolore di
quanto già ne provava.
Mi avvicinai
a lui e stesi un braccio, sfiorandogli la guancia con una mano. Non fu
esattamente come quando avevo trapassato l'amante di Victoria, ma mi
diede comunque un po' di soddisfazione. Mio padre sussultò
appena, gli occhi sbarrati. Mi aveva sentito. Beh, aveva
sentito solo un soffio d'aria fredda sul viso, ma non aveva importanza.
Gli avevo dato un segno della mia presenza, e tanto bastava.
- Mi dispiace
- sussurrai, più a me stesso che a lui. - Mi dispiace di non
essere stato un buon figlio, di non aver mai chiamato, di non esserti
stato vicino dopo la morte della mamma. Mi dispiace di essere stato
tanto egoista, papà.
Poi mi volsi
di nuovo verso Alex, sospirando.
- Questa era
l'ultima? - chiesi.
- No.
- Perfetto.
Mi concentrai
e, dopo pochi secondi, svanii.
Il mio
funerale fu esattamente come me lo aspettavo.
Da una parte
stava Victoria, tutta presa dalla sua recita di vedova affranta. Sapevo
che ogni sua lacrima era una bugia.
Poi vidi Carl
avvicinarsi a lei e abbracciarla; mi venne automatico chiedermi se
anche lui avesse occupato il mio posto nel nostro letto, qualche volta.
Non mi sarei più stupito di niente.
Dall'altra
parte stava mio padre. La testa bassa, una fiore tra le mani, fissava
la bara come se si aspettasse di vedermi saltar fuori all'improvviso ed
esclamare 'Era tutto uno scherzo!". Avrei tanto voluto poterlo fare.
Mia moglie e
i miei colleghi avevano davvero una bella faccia tosta, dovevo
ammetterlo.
Ad un certo
punto, quando metà della funzione era già
passata, girai la testa verso destra. E la vidi.
Se ne stava
nascosta dietro il tronco di un albero, osservando l'intera scena da
lontano. In testa portava un berretto da baseball che celava gran parte
del suo viso e dal quale spuntavano corti capelli neri. Ero attratto da
quella figura, senza sapere perché.
Mi avvicinai
lentamente, cercando nel contempo di ricordare dove avessi visto quella
donna.
Quando le fui
accanto e potei vedere il suo volto per intero, la riconobbi e sorrisi.
Poi lei mi
guardò, mi riconobbe e si mise a urlare.
E dopo quasi due anni...
un nuovo capitolo! Carramba, che sorpresa!
Ok, sappiate che mi vergogno a morte per essere stata così
tanto tempo senza aggiornare. Non era mia intenzione farvi aspettare
così tanto - ammesso che qualcuno stesse realmente
aspettando -, ma tra il poco tempo, le tante storie e il blocco che ho
avuto su questa storia... beh, ci ho messo davvero troppo.
La cosa buona, però, è che nel frattempo ho
scelto le 'facce' per i personaggi: le potete trovare qui .
Un grazie a Haley_Gin91,
Isy_264
e Tinella_Periwinkle
per le recensioni allo scorso capitolo!
A presto, spero! :)
Baci8
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