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CAPITOLO
8 (Matthew)
Distruzione dei demoni.
"Ehi che sta succedendo qui?"
Chiese un vicesceriffo affacciandosi dalla volante mentre il
pugnale di Jack era ormai a pochi centimetri dalla mia faccia.
Ritrasse subito la lama e si
allontanò.
"Oh Matt, non finirà certo così
facilmente per te" sussurrò
prima di andarsene.
Insomma
se prima le cose andavano già abbastanza male, ora
sono decisamente peggiorate. Come
sono
caduto dalla padella alla brace? Ci
sto
giusto arrivando.
"Entrate
in macchina!" invitò il
vicesceriffo.
"Perché stavate
attaccando briga con Jack Trevor?"
chiese
"N-non stavamo attaccando
briga! Ha fatto tutto da
solo. Ci ha minacciati con un coltello, ma non lo ha visto?"
"Io ho sentito solo che gli
davi dello -stronzo- "
"Era perché...
lui... Oh andiamo
vicesceriffo, lei lo sa
benissimo! Sa chi
è Jack Trevor e sa
quello che fa. Forse
ho sbagliato a
urlargli che è uno stronzo ma se sono arrivato a questo, un
motivo c'era.
Perché non fate niente per fermarlo?"
"Ehi ehi, piano con le
insinuazioni, ragazzino! Come
predica tuo padre, prima di tutto dovresti giudicare te stesso. E
ringrazia il
cielo che non ti porto in centrale."
L'agente sapeva
benissimo qual era la situazione.
Jack Trevor era il
figlio dello sceriffo della contea, e nessun vice sceriffo
trovò mai il coraggio
di portarlo in centrale solo per aver sentito qualche assurda
dichiarazione dei ragazzini del posto.
Per mettere dentro
il
figlio di un pezzo grosso servono prove.
Nemmeno coglierlo il flagrante nell'atto di minacciare
qualcuno sarebbe bastato ad un qualunque agente poiché
davanti allo sceriffo
sarebbe stata la parola di uno dei suoi agenti contro quella di suo
figlio.
Pensai che erano solo una massa di codardi e corrotti.
Rimanemmo in silenzio. Sentivo dietro di me solo i sussulti
del mio fratellino ancora scosso per prima.
"Siamo
arrivati" Dichiarò
l'agente.
"Ora fa il bravo e vai a casa. Questa volta passi,
ma spero che la cosa non si ripeta mai più"
Non
risposi. Scesi
dalla volante e presi mio fratello per mano. Arrivati sulla soglia la
porta si
aprì.
"Cosa
è successo, ragazzi? Perché
vi ha riaccompagnati a casa la
polizia?"
Chiese mio padre preoccupato accogliendo Mark tra le sue
braccia.
"Jack Trevor papà. E' sempre colpa sua." Gli risposi.
"Trevor, Trevor, Trevor.
Quando imparerai a prenderti le tue
responsabilità, Matthew?
Ormai sei
grande, hai già 12 anni.
Venite a
mangiare, la cena è pronta."
Dopo
qualche minuto ci ritrovammo tutti a tavola come una
vera famiglia, ma contrariamente ad una vera famiglia non mi veniva
niente da
dire; udivo solo il rumore delle mie mandibole sulla pietanza a base di
carne
che mio padre aveva preparato.
Mio fratello invece stava
riepilogando nei minimi dettagli
tutte le inezie che avevamo fatto durante la giornata. Nulla di
insolito
insomma, finché non fu mio padre a parlare.
"Ragazzi dovete ascoltarmi,
molto attentamente. E' successo una cosa
ieri notte..."
Distolsi lo sguardo dal cibo e li
puntai su mio padre.
Ci disse che aveva avuto una visione la notte prima, una
visione divina.
Gli era apparso un angelo e gli aveva annunciato una
profezia. Gli disse
anche cosa Dio
avesse in mente per la nostra famiglia.
"...La fine del mondo
è prossima, si sta avvicinando.
L'angelo me l'ha mostrata.
Ci sono dei demoni tra di noi,
Satana li ha mandati per la battaglia finale.
L'angelo
mi ha anche detto che per impedire che altri
demoni continuino a sorgere nel mondo, dobbiamo distruggere i malvagi,
gli
ingiusti, gli immeritevoli. Tutti
coloro
insomma, che hanno le potenzialità per accogliere nel loro
corpo un
demone.
Prevenire
è meglio che curare, perché l'unico modo per
dare ad un immeritevole la possibilità di scontare le sue
pene in Purgatorio è
distruggerlo PRIMA che venga posseduto.
Se giungessimo troppo tardi la sua anima brucerebbe
all'Inferno fino
alla fine dei giorni"
"Papà, ho tanta
paura" piagnucolò
Mark.
"Non devi aver paura, tigre.
Siamo stati scelti da DIO.
Lui ci proteggerà. Ci ha affidato un incarico
speciale, non
dobbiamo temere i demoni.
Dobbiamo acciuffarli uno ad uno e cacciarli da questo mondo"
Sorrise carezzando Mark sulla testa.
"Questo è quello
che Dio ha deciso per noi. L'angelo
ha detto che siamo la mano di
Dio"
"Come dei supereroi?" chiese Mark.
"Esatto"
rise mio padre.
"una
famiglia di supereroi che cerca di salvare il mondo"
Dubitavo
di lui.
Guardavo mio padre come fosse un pazzo, e forse lo era.
"Papà. Ma questa
cosa non ha senso" gli
dissi.
"Lo so che può
sembrare strana, Matt"
"Allora papà,
quali sono i nostri superpoteri?"
chiese mio fratello.
"Intanto noi possiamo vedere
i demoni. E poi Dio
mi ha dato delle armi magiche,
venite a vedere"
Non
sapevo cosa dire e come sentirmi. Ero troppo confuso per
riuscire a capire, non ci riuscivo davvero o forse rifiutavo di farlo.
Il mio
mondo felice e sicuro era stato capovolto e di fronte a me c'erano solo
cose
oscure... Molto oscure. E
la mia mente
non riusciva ad accettarle.
Si
alzò e distese una coperta sul tavolo, la scoprì
e rilevò
quelle che lui chiamava Armi Magiche.
C'era una motosega, un'ascia da taglialegna,
una sega circolare, un paio di guanti.
Mi
si agghiacciò il cuore.
Erano armi da serial killer, da pazzo psicopatico.
"Armi
da falegname" disse
mio padre toccando dolcemente la testa
di mio fratello.
"Falegname come Gesù Cristo.
Ora andate a dormire, ragazzi.
Ci aspetta un lavoro grandioso."
Andai
al letto, probabilmente era tutto un sogno, un incubo.
Niente di così folle poteva essere vero.
Nei giorni successivi nessuno parlò più di quella
faccenda,
tutto procedeva come al solito finché una notte io e mio
fratello fummo
svegliati nel sonno da mio padre.
"Ragazzi,
svegliatevi è ora di lavorare."
Pensavo di stare sognando, di nuovo, poi mi mise una mano
sulla spalla e mi parlò.
"Lo so che hai dei problemi ad accettare quello
che
sta succedendo e mi dispiace, ma è la volontà di
Dio, e dobbiamo ubbidire a
Dio."
"Forse lo hai solo sognato."
"Non l'ho sognato. Non potrei inventarmi una cosa
del genere"
"Forse sei stanco, esaurito."
"E' tutto vero, Matt. Te ne accorgerai presto.
Di questo volevo parlarti. Ho la prima lista."
"Papà. Questi
sono nomi di gente comune."
"Infatti. Lo sembrano, ma non lo sono.
Quando poserò le mani su di loro
vedrò tutto
quanto.
A questo servono i guanti."
"P-papà?...Perché indossi i tuoi guanti in questo
momento?"
"Seguitemi ragazzi."
Avevo
la mente annebbiata, il sapore del vomito in bocca.
Mio padre ci portò al vecchio capannone degli attrezzi e con
una chiave aprì la
botola di una vecchia cantina scavata da noi
molto tempo prima ma che non sfruttammo mai realmente.
"Per questo motivo la
scavammo. Dio aveva
visto tutto" disse
mio padre accendendo la luce.
La
vista di ciò che mi si presentò davanti mi fece
sussultare.
Adam Lester, il macellaio della
nostra via che conoscevo da
una vita era legato ad una sedia, la faccia tumefatta, il sangue che
gli colava
da una ferita in testa.
"Papà!...Questo
è..."
L'uomo
legato cercava di urlare, ma un panno in bocca glielo
impediva.
Adesso sapevo che non stavo sognando, era tutto vero.
Mio
padre s'avvicinò ad Adam e gli poggiò le mani
sulla
fronte mentre inutilmente si divincolava.
"TI PREGO PAPA' NON FARLO"
Quando lo toccò mio padre
incominciò a fare strani versi
come se avesse una crisi mistica. Incominciò a
tremare in modo assurdo, quasi epilettico, tutti i suoi
nervi erano in
tensione e i suoi occhi si spalancarono oltre ogni limite.
Poi la crisi cessò, mio padre si voltò,
afferrò l'ascia e
con sguardo severo guardò il vecchio Adam.
"Non
immaginavi che qualcuno lo sapesse eh?
MA DIO TI HA VISTO!"
"PAPA' NO, TI PREGO!" urlai
distogliendo lo sguardo mentre mio fratello incuriosito era rimasto a
guardare.
"STA
ZITTO!
NON SI SFUGGE ALL'IRA DEL
SIGNORE!"
L'ultima cosa che vidi fu l'ascia abbattersi su Adam una
volta, due volte, tre volte e tanto tantissimo sangue schizzare sulla
mia
faccia.
Il
macellaio era stato macellato.
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