Salve mia adorata ciurma di
lettori! Capitan Fannysparrow è lieta di presentarvi il
capitolo conclusivo di questa long-song fic introspettiva e
sentimentale sulla coppia Jack & Angelica!
È stato un
progetto che mi ha impegnata ed appassionata molto,
tant’è che ci ho messo quasi un annetto a
concluderla, tralasciando altri racconti pur di renderla quanto
più curata possibile nello stile e nei dettagli,
documentandomi e lavorando un po’di psicanalisi.^^
Non so se sia riuscita
sempre a cogliere i reali pensieri e sentimenti di questi due
personaggi eccentrici, ma sicuramente mi sono divertita a scriverla e
il sostegno di chi in questi mesi mi ha seguita, letta e recensita, o
ha inserito questa mia ff tra preferite e ricordate, è stato
un importante stimolo per continuarla, anche e specialmente nei momenti
di blocco.
Credo che dei
ringraziamenti siano d’obbligo. Non volendo fare
disparità devo comunque citare innanzitutto 3 persone:
- stelly sisley
che ritrovo a seguire con lo stesso affetto e la stessa costanza
praticamente ogni mia produzione sui Pirati.
- Kengha, che
io continuerò a chiamare Dolly, la quale mi ha aiutata in
alcuni capitoli fornendomi consigli e informazioni, oltre ad avermi
affibbiato l’attributo di “somma” che mi
riempie di imbarazzo e gioia;
- LordBeckett
con cui spero di poter presto riallacciare i contatti, che da grande
esperto dei pirati con le sue recensioni attente, dettagliate e sempre
colme di gentilissime parole, mi ha dato conferma di aver centrato
l’obiettivo con le mie a volte contorte versioni e
speculazioni sui personaggi.
La mia riconoscenza va
ugualmente a Fauna96
e alla sua presenza puntuale, discreta e precisa, e a 22volteME
che si è aggiunta più tardi alla schiera di
lettori ma con i suoi commenti (e indirettamente con le sue storie) mi
ha spesso dato modo di riflettere sulla mia modalità di
scrivere, leggere gli animi dei protagonisti e articolare la struttura
della song-fic.
Un grazie di cuore anche
a chi, pur arrivando alla fine, mi ha espresso il suo apprezzamento per
come ho trattato la narrazione dei fatti e la resa di questi due
complessi personaggi:_Vivienne
e Ladeppins.
Riguardo questo finale,
premetto che non ho voluto sbilanciarmi troppo rispetto a
ciò che ci è stato mostrato nel film. Ho aggiunto
solo un flashback che avevo pensato da tempo e che sarebbe dovuto
andare nel capitolo scorso, e un paio di scene e battute da me ideate
per compensare dei vuoti di sceneggiatura, che spero apprezzerete.
La narrazione
è ancora una volta doppia, mentre la canzone adottata
è "Makes me wonder" dei Maroon 5.
Non vi trattengo
ulteriormente dalla lettura, che sarà più lunga
delle altre volte dato che non ho saputo accorciare più di
tanto, se avete osservazioni o richieste di chiarimento
basterà scrivermele nei vostri commenti, e vi
risponderò, come sempre!
Mi auguro davvero di non
deludere le vostre aspettative, e attendo curiosa i vostri pareri.
Al prossimo approdo!)
XVI:
MAKES ME WONDER
- È stata la
notte di passione più lunga della mia vita – le
avevo mormorato ansante all’orecchio, distaccandomi appena
dal suo collo profumato di pioggia e liscio come seta - … ed
anche la più bella. – avevo giurato con un sorriso
ruffiano e fallace, stendendomi al suo fianco senza smettere di
scorrere le dita sulla sua pelle accaldata.
- Sì, incluso
para mí – mi aveva confessato avvicinandosi per
rubarmi un altro rapido ma intenso bacio, accarezzandomi il pizzetto.
- Migliore perfino della
prima?! – avevo sbottato meravigliato, sollevandomi un
po’ dal cuscino e sbattendo involontariamente la nuca sulla
spalliera, tornando disteso.
Angelica si era lasciata
sfuggire una risatina e, passando amorevolmente le mani
sull’incipiente bernoccolo, mi aveva lisciato con
un’ultima occhiata languida, invitandomi ad appoggiarmi sul
suo seno e poi aveva ciarlato in un misto di inglese e spagnolo, come
faceva sempre quando non riusciva a controllare l’irruente
tempra latina: - La primera vez è stata la más
emozionante. Pero esta vez ho pensato solo alla mia felicidad. E alla
tua.
Le ultime
sillabe le erano uscite in un bisbiglio appena accennato, forse se ne
era vergognata lei stessa, e in seguito aveva taciuto. Aveva
indiscutibilmente straparlato; colpa del rum e delle troppe emozioni
forti della serata, che era iniziata con una fuga rocambolesca sotto un
acquazzone da una taverna dove erano capitati due tizi che non avevano
buona memoria di me.
Felicità.
È una cosa che sembra facile da capire, ma non è
facile da acciuffare.
Felicità non
è certo una donna; una donna è solo un piacevole
diversivo, o più spesso uno scocciante incidente.
Felicità
è navigare in mare aperto, ritrovare per caso una bottiglia
di rum quando pensavi fossero finite tutte, fregare clamorosamente chi
ti vorrebbe morto.
Avvertendo
il suo respiro divenire più lento, mi scostai tornando a
distendermi supino nella stretta metà del letto, con lo
sguardo fisso al soffitto, dove tremolante si scuoteva
l’ultimo barlume prodotto dall’unica candela
sistemata su una cassa.
Felicità.
C’era mai
stato qualcuno che avesse pensato alla mia? Spesso non ci avevo pensato
nemmeno io. Vivevo alla giornata, dopotutto.
Perché stava
cominciando a volersene occupare proprio lei?
Non chiusi occhio tutta
la notte.
Mi sveglio con gli occhi
iniettati di sangue
sforzandomi
di ricordare
come
mi sentivo fra le tue cosce.
Chissà se, dietro al sarcasmo e all’acredine con
cui seguita puntualmente ad apostrofarmi, è rimasta qualche
traccia della fanciulla che, ebbra di una inopportuna infatuazione, mi
prometteva il suo bene disinteressato …
L’odore intenso di erba umida e terra mi ridesta da tali
lontani ricordi nel bel mezzo di una giungla che pullula di molesti
insetti e ciangottanti uccelli. Le foglie larghe di una palma mi
riparano dal sole ormai alto.
Sono appoggiato a quest’albero già da un bel pezzo
per riprendermi dall’allegra sgambettata mattutina in una
radura vicina a caccia di maiali selvatici, in cui ho coinvolto anche
il buon vecchio Gibbs.
In realtà avrebbe dovuto occuparsi lui di tutto quanto.
Disgraziatamente è diventato troppo pesante e stagionato per
certe mansioni che richiedono agilità, forza, arguzia.
Così sono stato costretto ad aiutarlo, e mannaggia se
correva la bestia! Sparargli sarebbe stato un gioco da ragazzi, mi
serve vivo, però. Anche se a Joshamee non ho spiegato il
perché.
Mi diverte troppo osservare il tripudio di smorfie che gli sgualciscono
la faccia rubiconda. Gli ho affidato il guinzaglio del setoloso
quadrupede pregandolo di trattenerlo fino alla mia indicazione, senza
illustrargli l’ingegnoso piano che ha richiesto la sua
collaborazione.
È
così bello essere cattivi.
Nel silenzio punteggiato di esotici versi di ignote creature e di
borbottii irritati del mio primo ufficiale, il fruscio dei loro passi e
l’eco delle loro chiacchiere si coglie immediatamente per un
udito fino quale il mio, allenato a distinguere latenti minacce.
Angelica, potendo permettersi di fare la gradassa con
l’ausilio della mia bussola, è a capo della
combriccola. Pochi metri ci separano, l’ho intravista tra il
fogliame: - Com’è che non riusciamo a vederci
senza che me punti contro qualcosa? – commenta ironicamente
la spada che le ho sguainato contro sbarrandole la strada.
La trovo inconcertabilmente di buon umore. Devo preoccuparmi?
Probabilmente sì. Per adesso tuttavia devo concentrarmi per
giostrare al meglio i miei assi nella manica.
Finora questa contorta vicenda mi ha visto agire solo come uno
sfruttato comprimario. Facile dettare condizioni quando si ha il
coltello dalla parte del manico come il Signor Nera, ma in
quanto a provarci disarmati ci vuole una certa dimestichezza e
un’ammirevole sfacciataggine; qualità delle quali
grazie al cielo non difetto.
Mi accingo dunque a trattare con il burbero Barbanera, tenendolo in
scacco con la minaccia di regalare al suino indigeno i calici di Ponce
de Leon che ho così audacemente recuperato, come promesso: -
Ora, prima di consegnarvi il dovuto, avrei una o due condizioni.
Capitan Teach ha evidentemente fretta ma accondiscende per timore di
perdere il mio indispensabile apporto: - Sentiamo.
Ora o mai più: devo approfittare della sua ruvida
disponibilità per tutelare i miei discreti tornaconti.
- Prima cosa: ridatemi la mia bussola. No, no, no. È la
seconda – mi correggo precipitosamente – Prima
cosa: parola vostra che non farete del male ad Angelica – gli
impongo; non perché se lo meriti, ma non voglio ritrovarmela
sulla coscienza fra qualche anno pensando che avrei potuto evitarlo.
Con Hector di mezzo già si profila uno scontro cruento, e
intendo lasciargli campo libero per la sua furente e giustificata
vendetta. Né io né lei dovremmo rientrarci.
Lei mi scruta perplessa, mentre noto una leggera offesa sul truce volto
del Capitano: - Non giuro a quelli del tuo stampo, Sparrow –
mi incenerisce sdegnato – Ma non mi costa niente dover
ammettere che non è mai stata davvero in pericolo
– assevera ipocritamente stringendole una spalla, un gesto
all’apparenza premuroso e innocuo che tuttavia mi comunica
chiaramente di non intromettermi più tra di loro, come ho
già ardito fare.
È diventata una delle sue bambole. L’ha plagiata a
dovere con il suo nero carisma, lei si fida e gli si affida. Come
è possibile non si accorga quanto menta sui suoi sentimenti?
Non vede o non vuole vedere chi ha accanto. Forse perché
sono della stessa pasta.
È intrappolata in una ragnatela di menzogne che ha
avviluppato anche me.
Io l’ho avvertita con la necessaria schiettezza
sull’insanabile malvagità di quell’uomo.
Ma lei non usa la testa, è umorale, permalosa, cocciuta:
femmina. Completamente vacillante circa i suoi propositi.
Non
vale le conseguenze dopo quello,
dopo
quello cercare di riportarti indietro.
- Secondo, che prima era primo: dovete ridarmi la mia bussola. Per
favore, me la merito – li sollecito, lasciando prevalere per
un attimo la vena egoistica.
Sarei stato tentato di regalarla ad Angelica quella scatoletta magica,
per vedere se riuscirebbe a trovare finalmente una direzione.
I calici sono ciò che gli preme avere, così me la
restituisce. C’è un’ultima cosa da
sistemare perché il mio piano proceda: risparmiare mastro
Gibbs. Sciorino un discorso talmente elaborato da costringere il
Capitano alla resa. Richiesta accordata, a lui affido la bussola con un
messaggio in codice, augurandomi che lo afferri: - Ti
guiderà verso la libertà.
Con il cuore già sognante sul ponte della Perla Nera, inizio
a tentare di scoprire l’ingresso per la bramata fonte.
Questa ricerca non mi attizza più quanto avevo immaginato.
Forse perché mi sto convincendo che sia un’altra
la sfida che sto affrontando in questi giorni: beffare il grande e
temuto Barbanera …
E non solo.
Dacché ho intrapreso questo viaggio più che ad
assaggiare quell’acqua mi sono prodigato a difendere Angelica
dalla sua ingenua incoscienza.
Ho sempre nutrito un interesse esclusivamente pragmatico per gli altri.
Un pirata d’altronde non può affezionarsi a
qualcuno, perché deve sempre essere pronto ad andare via, a
tradire. Noi siamo, liberi, mobili e incostanti come il mare che ci da
la vita.
Di lei però mi sento responsabile, ed è una
sensazione che non mi capita spesso di provare.
Ci siamo conosciuti in labili circostanze, ci siamo persi senza
pentircene, ci siamo ritrovati quando cercavamo tutt’altro
che noi. Ma in fondo le nostre aspirazioni non sono poi tanto diverse.
Tempo e redenzione. Due motivi che senz’altro si intrecciano:
disperi di lambire la seconda se ti sta sfuggendo il primo. Lei vuole
entrambe le cose per il suo adorato papà; quanto a me, se
non potrò avere altri anni mi accontenterò di
dare un colpetto di spugna alla mia sporca coscienza, che andrebbe
strigliata con vigore per parecchie primavere prima di tornare linda.
Perché sono stato io, non volendo, a gettarla nelle fauci di
quel demonio. E mi è sorto il sospetto che trascinandomi in
questa impresa abbia voluto lanciarmi una tacita richiesta di soccorso.
L’ho sottratta al baratro della morte due volte ma prevedo
che non sia ancora al sicuro.
La questione è: perché mi ci applico tanto?
Non è cambiata molto, nonostante quello che vorrebbe darmi a
bere.
Continua a bistrattarmi, ed io ad un certo punto non sono mica un santo
martire!
Io
non ho ancora un motivo,
e tu
non hai il tempo.
E
davvero mi chiedo
se me
n’è mai fregato qualcosa di te.
Mi sorprende e mi imbarazza il suo apparente interesse per la mia
incolumità.
Con quale impudenza rivolge certe infide insinuazioni a mio padre?
L’unico uomo che mi abbia davvero voluta con sé
non pretendendo nulla.
Jack mi getta sabbia sugli occhi con queste sue inspiegabili uscite.
Fino all’ultimo si sta comportando esattamente al contrario
di come avrei giurato facesse. Per lo meno non ci ha fatto la
vigliaccata di disperdere le sue tracce, ma so di non potermi fidare
ciecamente di lui.
E sento crescere l’apprensione e la rabbia ad ipotizzare
quello che potrebbe tramare. Tanto più che ci ha confermato
che l’uomo senza una gamba è nei paraggi, e
sospetto lui lo conosca.
Sono trascorsi interminabili minuti da quando ci siamo lasciati alle
spalle la verde giungla incamminandoci nei cunicoli insidiosi di questa
labirintica caverna senza aria né luce.
Gli uomini si stanno giustamente innervosendo. È da stamane
che li abbiamo obbligati a marciare in mezzo all’intricata
vegetazione tropicale dopo una febbrile nottata di attesa alle pozze.
Ancora non so se rilassarmi, gioire o preoccuparmi. Ad ogni svolta
attendo impaziente di scorgere un segnale che richiami il possibile
ingresso della fonte. Non so che aspetto possa avere, nessuno di noi lo
sa, perciò siamo costretti a fare affidamento a Capitan Inaffidabile.
Lui dice di esserci stato, o quanto meno di possedere le conoscenze e
il senso d’orientamento necessari ad individuarlo.
Ma mi sembra che si muova a vuoto, come un pesce fuor d’acqua.
Si infila in un’altra curva, ormai siamo arrivati al fondo: -
Vicolo cieco.
Mio padre controlla a stento la collera montante: - Cieco e morto.
- Solo cieco – ci assicura Sparrow saettando però
con spaesamento gli occhi alle pareti compatte, prive di segni che
facciano pensare ad un’apertura, un passaggio.
Ci sentiamo tutti raggirati, e per di più, se giungesse
qualcuno saremmo davvero in trappola.
Tutti i nostri occhi sono fissi speranzosamente e ansiosamente su di
lui. E mi rendo conto di essere in parte anch’io responsabile
di questo probabile fallimento per avere caldamente raccomandato la sua
partecipazione a questa temeraria spedizione.
Dammi
qualcosa in cui credere
perché
io non credo più in te.
Mi decido a riscuotere dall’intontimento il nostro
tentennante condottiero: - Jack comincio a pensare che tu non sappia
dove vai.
- È il viaggio che conta non la destinazione – mi
risponde prontamente senza scalfirsi, quindi chiede al quartiermastro
di consegnargli i calici. Per un attimo credo che adesso abbia la
situazione in pugno, ma mi ravvedo quando comincia a far tintinnare le
coppe d’argento una contro l’altra.
Il silenzio che si crea attorno a lui è percorso da un
tacito sacramentare.
Che sta facendo? Qué idiota! Mi mette in ridicolo! Mi sto
spazientendo, ne ho piene le tasche di questi suoi stupidi scherzi,
sempre che di scherzi si tratti ...
Devo intervenire di nuovo prima che qualcuno gli faccia schizzare fuori
quel cervello bacato, anche se non li biasimerei: - Jack, hai mai, di
fatto, visto con i tuoi occhi la Fonte della Giovinezza? -–
lo provoco avvicinandomi tanto da potermi specchiare nel suo sguardo
offuscato dai dubbi.
Mi fissa come se pendesse ipnotizzato dalle mie labbra: - Ero
distratto. Com’era la domanda, scusa?
Sta tirando troppo la corda e non posso non pensare che sia tutto
studiato per qualche cosa che deve avere architettato durante la nostra
separazione.
Devo tenerlo d’occhio. Dovrei evitare di credergli, devo
provare a fidarmi.
Mi
chiedo se provarci farebbe la differenza.
Su ordine di mio padre il quartiermastro gli spara un colpo, lui si
ripara con gli stessi calici tenendoci con il fiato in sospeso: se si
rompessero perderemmo completamente le speranze di attuare il rituale.
Quando ecco accade qualcosa di straordinario: Jack legge le iscrizioni
incise sul bordo dei boccali argentei e al solo pronunciarle avvertiamo
uno scroscio d’acqua invadere tutta la caverna. È
ovunque attorno a noi, scorre sotto i nostri piedi e riempie il tetto
sulle nostre teste, senza scolarci addosso. Un fenomeno che va oltre il
razionale.
Jack mi lancia una fugace occhiatina superba e dispettosa, poi si fa
sorreggere da Scrum in modo da poter raggiungere il soffitto in cui si
è formato uno specchio liquido attraverso cui abbiamo con
meraviglia visto sparire un uccello. Jack vi svanisce ugualmente, come
risucchiato.
A turno io, mio padre e gli altri della ciurma decidiamo di seguirlo.
L’emozione mi mozza il respiro in gola, subito dopo i polmoni
mi si gonfiano assaporando l’aria mite e pulita di questo
piccolo paradiso di natura selvaggia e incontaminata. Avanziamo cauti
ammirando un paesaggio che pochi altri uomini nella istoria hanno avuto
occasione di contemplare e calpestando un suolo che forse pochissimi
altri piedi percorreranno.
È un luogo che traspira antichità e magia, dove
il tempo sembra essersi fermato.
Fra una leggera nebbiolina creata
dall’umidità finalmente scorgiamo il
nostro tesoro.
La mia felicità sfuma in un soffio: ho avvistato delle
sagome avanzare verso di noi, come fantasmi portatori di sciagure.
Davanti a tutti si distingue lui:
- Padre!
- L’uomo senza una gamba – mormora consapevole
Capitan Teach, senza aver bisogno nemmeno di voltarsi.
La mia voce tremula e angosciata l’ha adeguatamente edotto.
Io invece cerco immediatamente il volto del responsabile: -
L’hai portato qui – riconosco affranta e delusa.
È come se uno stiletto mi fosse stato conficcato nel petto a
pochi centimetri dal cuore.
- Lo farei mai? – si discolpa con assoluta insolenza.
Mi ero quasi ricreduta sul suo conto.
Diablo de uno Sparrow!
Vorrei avere la fuerza de strozzarte non una, ma cento volte! Non lo
sopporto più. Sono stanca delle sue bugie. Gliela
farò pagare cara, stavolta.
Capitan Teach sta affrontando con coraggio un duello con il feroce
emissario del fato; io mi occuperò del suo insospettabile
complice. Seguo le sue mosse come una leonessa che attende di
scagliarsi sulla sua preda; ha raggirato il povero Scrum, ora
dovrà affrontare me.
È inutile che tenta di fare il furbo.
- No, Jack, te l’ho detto. Mi servono anni e adesso
prenderò i tuoi – è una vana minaccia
la mia.
Per riuscirci dovrei costringerlo a bere dell’acqua, cosa che
non gli ho mai visto fare.
È sufficiente che mi distragga con questa sciocca
considerazione che lui si riprende la lacrima e i calici, fregando
Scrum e me. Poi lancia la sacca vicino alla sorgente e ci precipitiamo
tutti e due a recuperarla.
All’improvviso gli scontri si interrompono. Altra gente ci ha
raggiunti, sono soldati e dal loro accento riconosco che sono spagnoli.
Siamo circondati, perciò Jack vigliaccamente mi appioppa i
calici che aveva preso prima di me ed io li afferro, convinta di
poterli nascondere e difendere.
Il capitano dell’armata li ha adocchiati e mi viene incontro
con espressione austera chiedendomi di consegnarglieli. Li stringo, non
mi arrendo: dovranno strapparmeli con la forza!
Nessuno si intromette e me li sottraggono con facilità.
- Solo Dio può dare la vita eterna, non
quest’acqua pagana! – sentenzia lo spagnolo
schiacciando i calici sotto gli stivali e buttandoli nelle
profondità di una pozza. Con essi anche le mie ultime
speranze di riscatto precipitano in un immenso baratro.
Quindi
questo è un addio.
Assistiamo impotenti all’inesorabile devastazione di questo
luogo leggendario.
Le loro ragioni un tempo le avrei condivise, la vita vera fuori dal
convento ha rimesso in discussione le mie superstiziose convinzioni.
Non esistono limiti quando si ama. Non ci sono neppure quando si odia.
E il misterioso uomo dalla gamba di legno deve essere infervorato da
questo letale sentimento. Non ho neppure la prontezza di avvertire mio
padre scorgendo la sua lama mortale brillare sinistramente alle sue
spalle. Lo trafigge. Spietato, freddo, brutale, livido.
Mi libero della fastidiosa stretta di due soldati piombandomi a
soccorrerlo, temendo però che sia troppo tardi.
Quell’uomo si è preso tutto quanto in un baleno:
la sua anima, la mia, i nostri uomini e la nostra Revenge.
- No! Angelica! Ferma! È veleno! - Jack mi urla qualcosa ma
la paura e la disperazione che mi attanagliano sono talmente devastanti
da non consentirmi di afferrare distintamente le sue parole. Ne colgo
dopo il valore.
“Dannazione,
mi gira la testa.”
- Jack!
Ecco. Lo sapevo che finiva male.
Barbossa è stato davvero in gamba con Barbanera …
ma se mi porta via anche lei la pagherà.
Certo che pure Angelica ha le sue colpe: si comporta da novellina!
Quante volte l’ho ammonita ad impugnare la spada
dall’elsa?
Questo posto sta diventando un cimitero, altro che fonte di vita
eterna.
Che sfiga! Decenni di ricerche distrutti. Non c’è
quasi più acqua, non ho quasi più tempo.
I calici sono spariti. Mi chiedo quanto sia profondo questo lago.
C’è qualcosa che luccica, forse non è
fondo che qualche metro, farei in tempo a nuotare e tornare. Ma
… un attimo … Sono i calici che stanno venendo da
me. Com’è possibile?
- Non sprecare la mia lacrima.
Era la sirenetta che avevano catturato.
Non ho intenzione di favorire Capitan Teach, permettendogli di tirare
avanti qualche altro anno per seminare altro terrore, perché
sono sicuro che se ne servirà esclusivamente per questo.
Checché ne pensi la sventurata figlia quel tizio
è stato plasmato dal Diavolo ed è destinato a
ricongiungersi ad esso.
C’è un rivolo sottile, poche gocce, spero che
basteranno. Non solo a guarirla dal veleno.
Quegli anni li avrei voluti ottenere per me. Sto contravvenendo alla
mia stessa indole che dovrebbe ignorare chi resta indietro.
Adesso
devo riposare
sulle
decisioni che hanno fatto il mio letto
e
affrontare le cose che ho lasciato non dette.
Sono allo stremo delle forze, mi avvento avidamente sul calice che
Sparrow mi ha offerto e dal quale mio padre mi ha chiesto di bere. Io
sono in pace. Posso andarmene serenamente da questo mondo di
sofferenza.
Senza di me lui potrà salvarsi? Vorrei poter vegliare sul
suo cammino.
Voglio
tuffarmi dentro di te.
- Fermi tutti! Mi sa che invece era tutto il contrario.
No.
Jack mi ha ingannata ancora una volta.
Ha deciso per me. Ha condannato mio padre.
- Sei un bastardo! Come hai potuto! – gli vomito tutto il mio
cocente risentimento, mentre un turbine si sta trascinando via il mio
genitore, ripetendo un incubo che mi ha tormentata sin
dall’infanzia.
- Tuo padre ti ha salvata. La sua anima forse ora è redenta,
eh? – tenta maldestramente di consolarmi. Non
potrà mai convincermi che sia giusto quello che è
successo.
Mi ha uccisa insieme a lui, non sarò più la
stessa. Il cuore mi si sta colmando di dolore e di livore, sento che
potrebbe benissimo spaccarsi, sgretolarsi in polvere come lui.
Rimango una porzione incalcolabile di tempo ad osservarla.
Il dolore può infiammarti oppure congelarti per sempre. Lei
appare una scultura di pietra, prostrata sul pavimento, sembra
diventata quasi parte delle decorazioni architettoniche di questa
grotta. Devo parlare.
- Hai una lunga vita davanti. Non vorrai seppellirti qui? –
la rimbrotto con debole sarcasmo e inconfessata angustia.
Dimentica
quello che stai passando.
Non reagisce, copre i resti frantumati del pirata più temuto
dei Caraibi sfilandosi la giacca e il cappello. L’ha amato
per davvero; quale spreco. Non lo meritava.
Le passo accanto con indifferenza: - Fa’ come vuoi. Io tolgo
le tende. Là fuori il mondo mi aspetta – dichiaro
impenitente allungando una gamba.
Io
resto indietro, fa’ la tua mossa.
Dimentica
la verità.
L’ho già tirata fuori dai guai decenni fa quando
l’ho mollata al suo destino, ma quella, non contenta, ha
usato il lanternino per cercarsi il peggio in circolazione.
L’avrà compreso?
Sento frenare il mio incedere, è lei che mi si è
aggrappata alla fusciacca. Guardandomi muta e cupa si alza e mi fa
cenno con uno sguardo scontroso di muovermi.
Mi scanso dai suoi occhi vuoti e velati di lacrime, cercando di
ritrovare il passaggio dal quale siamo arrivati. Vi pongo i piedi e
dopo qualche secondo come d’incanto mi accorgo di essere
stato trasportato sulla costa, in uno dei punti di approdo
all’isola.
Una trovata geniale della natura per rendere irreperibile la fonte.
La Queen Anne’s Revenge è sparita.
Siamo soli. Io e lui.
Solo ora mi rendo conto di quello che ha speso, di quello che ha perso.
Ci tiene a me, sebbene ha una maniera tutta sua di dimostrarmelo. Mi ha
fatto soffrire, non smetterà. È nella sua indole,
non voglio illudermi più.
C’è una scialuppa ormeggiata poco sotto la ripida
scogliera. Come ha intenzione di agire?
Ci sottraiamo ad un contatto visivo. Jack mi nasconde il suo viso,
rivolgendo lo sguardo all’orizzonte che brama di
riconquistare, io gli celo il mio, rivolgendo gli occhi alla foresta
dove è rimasta una parte importante di me. Ci muoviamo
piano, accennando intenti che sono ignoti a noi stessi, come ragazzini
impacciati e timorosi di esporsi a qualcosa di nuovo che inizia a
turbarli, benché non sappiano bene cosa sia.
Noi forse lo sappiamo, l’abbiamo provato, apprendendone le
molteplici e segrete armi che ci hanno lasciato segni indelebili.
D’un tratto le sue braccia mi avvolgono; non
c’è prepotenza né dolcezza in questo
abbraccio.
È solo conforto, è solo bisogno. Le mie membra
non rispondono.
È troppo presto per dimenticare, ma la sua presa, salda e
indolente, con mio dispetto sta accendendo un piccolo fuoco che le sue
labbra tra i miei capelli alimentano.
- Mi dispiace – mi sussurra accalorato e dolente,
intrecciando le dita alle mie e portandomi le braccia dietro la schiena
– Non posso lasciarti andare, tesoro – sostiene con
un guizzo di cattiveria.
E solo ora mi accorgo che sta allacciandomi i polsi: - Toglimi le tue
sporche mani di dosso! Assassino! Traidor! Perro! – mi metto
a strillare divincolandomi, così favorendolo
perché il nodo diventa più stretto. Mi tiene
sotto tiro con la sua pistola, obbligandomi a salire sulla scialuppa.
Gli obbedisco: tanto questi lacci non mi tratterranno.
Non dovevo voltargli le spalle! È sempre subdolamente
pericoloso! Come ho potuto sottovalutarlo?
Ci sono cascata proprio come la stupida novizia che gli ha aperto la
porta della sua stanza a Siviglia. È entrato di nuovo,
approfittando meschinamente della mia persistente debolezza. Credevo di
conoscerlo, forse invece non l’ho mai capito cosa voglia.
Ed in quanto a me?
Io
non ho ancora un motivo,
e tu
non hai il tempo.
E
davvero mi chiedo
se me
n’è mai fregato qualcosa di te.
Melodrammatica! Sta sbandierando i pretesti più scriteriati
per indurmi a non lasciarla su questo accogliente sputo di terra.
Lo faccio per lei, prima ancora che per me. L’ingrata deve
imparare dai suoi sbagli. Se è sopravvissuta sulla nave di
Barbanera scamperà egregiamente a qualche giorno di
solitudine e digiuno meditativo. Non potrà che risultarle
benefico.
Non voglio più sentire un’altra delle sue
improbabili frottole. Avverto i suoi passi concitati sulla sabbia: -
Fermo! – insiste a trattenermi, tirandomi bruscamente per un
braccio; la ascolto annoiato e pronto a confutarla.
- Fermo, c'è una cosa che devi sapere. È da tanto
tempo che te la voglio dire, dal primo momento che ci siamo visti...
Adesso sembra quasi dolce e sincera. Quanto è brava!
- Coraggio – la sostengo curioso e accomodante, temo si stia
giocando l’ultima carta, ormai.
Il suo volto incantevole mi abbaglia, risplendendo di adorazione: - Ti amo.
Tutto qui? Una dichiarazione scontata.
È proprio disperata. Sapesse quante donne mi hanno sospirato
questa laconica frase in frangenti che non implicavamo il timore di
essere abbandonate su un’isola deserta.
Non mi tange. Non può bastarmi, non dopo le ingiurie con cui
mi ha diffamato, non dopo il sacrificio che ho compiuto e quello che
è accaduto alla Perla.
E tu
mi hai detto quel che provi
ma io
non credo più sia vero.
Voglio godermi questo momento. Si merita una risposta altrettanto
incresciosa.
Ricambio le sue iridi languide vagando con le mie pupille sul suo
sorriso, mentre le poso delicatamente le mani sotto il mento: -
Anch’io ti amo. Sempre amata, sempre ti amerò
– affermo con misurata enfasi da sentimentale, socchiudendo
le palpebre all’unisono con le sue, ma un millimetro prima di
riassaporare le sue labbra prudentemente mi sottraggo – E ti
saluto!
Mi
chiedo se farebbe la differenza piangere.
Allora
questo è un addio.
Se ne sta andando! In che altro modo avrei dovuto convincerlo? Che
altro voleva sentirsi dire?
Ho cercato di aggrapparmi a lui. Non si fida più di me.
Magari se si ferisse un braccio, non potrebbe remare … Cerco
la pistola che mi ha lasciato e gli sparo contro, prima che sia troppo
lontano.
- Mancato! – esclama beffardo.
Sono stata impulsiva. E adesso?
Questo gusto amaro che mi impasta la bocca lo conosco bene:
è la sconfitta.
Ci
sono stata prima
un
giorno a settimana
e non
farà più male.
Sono sconfitta e sono viva. Avrei preferito vincere e morire. Perderme
e non perdere lui.
Dopotutto Jack aveva ragione di odiare entrambi, però ha
voluto salvare me.
Mi detesta così cordialmente da avermi condannata a vivere
senza di lui.
E mi adora così insopportabilmente da avermi dispensato la
sua rara bontà.
Mi
hai intrappolata in una bugia
non
ho alibi.
Il suo orgoglio suppongo di averlo sfregiato, con quello cui
l’ho costretto.
Gli ci vorrà del tempo per riprendersi.
Le
parole che dici non hanno senso perché ...
Io
non ho ancora un motivo,
e tu
non hai il tempo.
E
davvero mi chiedo
se me
n’è mai fregato qualcosa di te.
I suoi strepiti mi arrivano confusi e lontani, la sua
figura quasi non si distingue più, non seguiterà
ad assillarmi.
Continuo a remare, verso la mia salvezza e il mio unico amore. Agogno
riammirarla.
L’ho scampata per un pelo, anche stavolta. Non è
andata a mio favore, ma sono vivo.
Sono solo; lo sono sempre stato in realtà. Non
crederò mai che un giorno potrebbe andare diversamente.
E poi io e Angelica non abbiamo proprio nulla in comune, se si esclude
la propensione a calamitare fregature. Se restassimo insieme questo
circolo vizioso si rafforzerebbe.
Lei e la Fonte della Giovinezza sono un capitolo chiuso.
Allora
questo è un addio.
Il mio ricongiungimento con la Perla Nera resta
un’annosa ambizione.
Un amore impossibile il nostro, troppo contrastato, perennemente
ardente.
Confido ancora che la nostra storia abbia un lieto fine. E se non
riuscissi a liberarla da questa ignobile prigione di vetro, la porterei
con me fino alla tomba in ogni caso.
- Jack! … E quella ragazza?
Gibbs, Gibbs … Sempre a girare inconsapevolmente il coltello
nella piaga.
- È al sicuro. L’ho lasciata su
un’isoletta disabitata dove non potrà arrecar
danno a nessuno, spero – lo informo indispettito, affrettando
l’andatura.
Un cozzare di bottiglie mi si appressa: - Scusami tanto, ma non dovevi
salvarla?
Quant’è puntiglioso! Lo squadro di sbieco: -
L’ho salvata, infatti – gli confermo esasperato,
aggiungendo fugace – Da suo padre, Barbanera.
Joshamee apre e chiude la bocca ad una cotale rivelazione: -
… La donna di Siviglia era la figlia di Barbanera?
Annuisco rassegnato: - Eh, sì.
- Pensa un po’ – ribatte di contro stupito il mio
compare.
Tesori inventati, gravidanze senza concepimento … Con tutte
le fandonie che mi ha rifilato non l’ho mica capito se alfine
quella parentela fosse autentica.
- Questo spiega la sua innata inclinazione per il crimine –
gli spiego con ovvietà.
Perciò l’ho ripudiata.
Dammi
qualcosa in cui credere
perché
io non credo più in te.
Mi
chiedo se provarci farebbe la differenza.
- Non per essere indiscreto, Jack …
Persevera! Lo è, eccome!
- Non pensi che adesso quella donna sia ancora più maldisposta nei
tuoi riguardi?
Ha rinnegato l’orgoglio, si è pure prostrata a
manifestarmi i suoi sentimenti.
E io sono fuggito.
E tu
mi hai detto quel che provi,
ma io
non credo più sia vero …
Scuoto la testa con decisione: - Avrà molto tempo per
riflettere e capirà che ho agito per il suo bene, in buona
fede. E mi perdonerà – asserisco tranquillamente.
- Se lo dici tu … - gorgoglia dubbioso Gibbs, scaricando il
pesante fagotto sulla sabbia per riposare la schiena.
Mi metto davanti a lui con le mani sui fianchi: - Avverto una vaga
derisione nel tuo tono, Joshamee – lo rimprovero incavolato.
Un macigno mi opprime il petto.
Rabbia, rimpianto, rimorso, tristezza, mi infestano il corpo, non
trovano sfogo.
Mi
chiedo se farebbe la differenza piangere.
Il sole sta tramontando, dovrei organizzarmi per la notte, accendere un
falò.
Non so quanto sono rimasta seduta qui nell’attesa di
avvistare un segno che potesse ridestare il mio spirito.
Cielo e mare si fondono ma c’è qualcosa che
galleggia, la risacca lo sta conducendo da me.
Mi alzo per raccoglierlo e una burrasca mi scuote le budella.
Questa è opera di mio padre.
Funzionerà ancora? Bastano due dita, tentare non nuoce
… me.
La nostra contesa è riaperta, Jack Sparrow.
Allora
questo è un arrivederci.
- Stai bene? – Gibbs si premura di domandarmi
strabuzzando.
Mi è fuoriuscito un rauco rantolo e mi sono piegato in due.
Diamine, non può essere! L’ho percepita. Il tocco
malefico di Angelica, il suo femmineo profumo.
Allora
questo è un arrivederci.
È soltanto suggestione.
I wake up with blood-shot eyes,
struggled to memorize
the way it felt between
your thighs,
pleasure that made you
cry.
Feels so good to be bad,
not worth the aftermath,
after that
after that
try to get you back
I still don't have the
reason
and you don't have the
time
and it really makes me
wonder
if I ever gave a fuck
about you
Give me something to
believe in
cause I don't believe in
you anymore
anymore
I wonder if it even
makes a difference to try
(Yeah)
So this is goodbye
God damn my spinning
head
decisions that made my
bed
now I must lay in it
and deal with things I
left unsaid
I want to dive into you
forget what you're going
through
I get behind, make your
move
forget about the truth
I still don't have the
reason
and you don't have the
time
and it really makes me
wonder
if I ever gave a fuck
about you
Give me something to
believe in
cause I don't believe in
you anymore
anymore
I wonder if it even
makes a difference,
it even makes a
difference to try
and you told me how
you're feeling
but I don't believe it's
true anymore
anymore.
I wonder if it even
makes a difference to cry
(Oh no)
So this is goodbye
I've been here before
one day I'll wake up
and it won't hurt
anymore
you caught me in a lie
I have no alibi
the words you say don't
have a meaning.
Cause
I still don't have the
reason
and you don't have the
time
and it really makes me
wonder
if I ever gave a fuck
about you
and I...and so this is
goodbye
Give me something to
believe in
cause I don't believe in
you anymore
anymore
I wonder if it even
makes a difference,
it even makes a
difference to try
and you told me how
you're feeling
but I don't believe it's
true anymore
anymore
I wonder if it even
makes a difference to cry
(Oh no)
So this is goodbye.
So this is goodbye,
yeah.
So this is goodbye.
So this is goodbye.
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